RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO

Dedicato alle altre realtà che, a vario titolo, si occupano di HIV.
Dora
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Re: RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO

Messaggio da Dora » mercoledì 10 aprile 2024, 8:18

Puzzle ha scritto:
martedì 9 aprile 2024, 18:25
Putin e tutto il suo entourage sono dei criminali.
Amén.

(... però anche i milioni e milioni e milioni di russi che si fanno andar bene il Russkiy Mir tanto brave persone non mi sembrano. E meno male che ci sono quei pochi che, come la tua amica, se ne vanno e quei pochissimi che restano e finiscono in galera in Siberia, quegli eroi che danno la loro vita per un'idea di libertà che ai più pare una parola vuota. Non so se basteranno a salvare l'anima della Russia, ma almeno ci stanno provando.)



a_mammeta

Re: RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO

Messaggio da a_mammeta » martedì 16 aprile 2024, 15:18

Dora ha scritto:
giovedì 19 gennaio 2017, 15:57
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RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO


UNA LUNGA CATENA DI NYET!

La storia dell'infezione da HIV in Russia può essere vista come una storia di negazioni, che si sono susseguite dall'inizio dell'epidemia fino ai nostri giorni. Anche altri Paesi hanno avuto grandi difficoltà a dare risposte istituzionali tempestive e adeguate alla realtà del problema, ma la Russia mi sembra costituisca un caso di particolare inadeguatezza, perché la realtà dell'HIV sembra così estranea alla visione di sé che il regime sovietico prima e quello putiniano poi hanno nutrito in tutti questi anni, da averli resi incapaci - o forse non desiderosi - di attuare politiche sanitarie e sociali in grado di contrastarla efficacemente: è talvolta più facile negare l'entità di un problema, o la sua stessa esistenza, che modificare le proprie visioni di sé stessi e del mondo per potervi far fronte. Ma se il problema ha una vita indipendente dalle nostre fantasie, negarlo fa sì che questo cresca e dilaghi - proprio come sta avvenendo in Russia con l'HIV/AIDS da ormai almeno 15 anni.

In questo thread intendo studiare la situazione dell'infezione da HIV in Russia partendo dalle diverse narrative che sull'infezione sono state sviluppate e cercando di capire come queste narrative abbiano contribuito a produrre un'esplosione dell'epidemia e al contempo la propagazione di quella particolare declinazione del negazionismo dell'HIV/AIDS che fa capo a Peter Duesberg, al Gruppo di Perth e all'organizzazione Rethinking AIDS - in breve la negazione che HIV sia causa di AIDS.

Dividerò la trattazione in tre parti:

  • 1. IL NEGAZIONISMO DEL REGIME
    2. IL NEGAZIONISMO DELLA CHIESA ORTODOSSA
    3. IL NEGAZIONISMO DEI NEGAZIONISTI DELL’HIV/AIDS



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1. IL NEGAZIONISMO DEL REGIME

Negli anni ’80 del secolo scorso, quando la Russia era l’Unione Sovietica, l’AIDS lì non esisteva.
Non esisteva come epidemia perché, mentre nel resto del mondo l’infezione dilagava pandemica, l’Unione Sovietica sembrava esserne magicamente immune. E non esisteva neppure come rischio per i singoli cittadini, perché l’uomo e la donna sovietici erano moralmente “sani”, diversi dagli occidentali libertini e decadenti, e non mettevano in atto comportamenti che potessero portarli a contatto con un virus che, notoriamente, era una creazione dei servizi segreti americani: non si drogavano, non si prostituivano, non facevano sesso fuori dal matrimonio, meno che meno gli uomini facevano sesso con altri uomini.

  • I primi anni del discorso sovietico sull'AIDS - scrive l'antropologo Jarrett Zigon in "HIV is God's Blessing" - Rehabilitating Morality in Neoliberal Russia - corrispondono a quanto Susan Sontag ha descritto come la "doppia genealogia metaforica" dell'AIDS. Prima fu descritto metaforicamente come inquinamento, il risultato dell'avere un comportamento "sporco" e "immorale". Poi fu dipinto come un'invasione, o nel caso sovietico come un'invasione potenziale. Sontag discute la metafora dell'invasione principalmente nei termini del microprocesso della malattia all'interno del corpo, mentre la propaganda sovietica ha politicizzato la metafora, così che l'AIDS si è trovata a rappresentare una possibile arma d'invasione da parte di un Occidente straniero e alieno. La paura dell'invasione divenne manifesta nelle leggi sovietiche che richiedevano che tutti gli stranieri che rimanevano nel Paese per più di tre mesi fossero testati per HIV (una legge valida ancor oggi), e lo stesso valeva per tutti i cittadini sovietici che trascorrevano più di un mese all'estero. Erano anche in vigore forti ammonimenti a non avere relazioni sessuali con stranieri.


Era una narrativa profondamente paranoica, che faceva acqua da tutte le parti, ma poteva godere di alcuni punti di forza, che le permettevano di adattarsi in qualche modo alla realtà dell’URSS.
Il primo punto di forza era l'estrema chiusura dell'Unione Sovietica: la difficoltà di movimento sia all'interno del Paese, sia soprattutto verso e dall'esterno rese oggettivamente difficile l'ingresso al virus.
Il secondo punto di forza era il rigido controllo sociale esercitato dal regime, sia mediante una legislazione che puniva i rapporti omosessuali come un crimine passibile di condanna fino a 5 anni di prigione e puniva con il carcere il possesso di anche minime quantità di droga, sia mediante l'obbligo di denuncia di qualsiasi infezione trasmessa sessualmente e la ricostruzione forzata, pena il carcere, dei rapporti avuti dalla persona contagiata - se questo distruggeva le relazioni familiari e sociali di quella persona, consentiva però di bloccare rapidamente la diffusione delle infezioni.

Nonostante le cortine - di ferro e ideologiche - tuttavia, il virus riuscì a farsi strada all'interno dell'Unione Sovietica. Solo che il primo caso conclamato di immunodeficienza acquisita, diagnosticato a una donna nel 1984, fu negato dalle autorità sanitarie e soltanto nel 1987-88 si cominciò timidamente a nominare l'AIDS nelle fonti ufficiali. Si era così dato il tempo al virus di stabilirsi nel Paese.

Quando a inizio anni '90 l'Unione Sovietica si dissolse e la Russia tornò in vita in una situazione di gravissima depressione economica e sociale, alcune delle barriere che avevano rallentato la diffusione di HIV vennero meno: la circolazione delle persone aumentò rapidamente, l'eroina prodotta in Afghanistan trovò nei russi, che avevano visto crollare le strutture sociali in cui erano nati, dei clienti affamati, la prostituzione offrì qualche sollievo alla disperazione degli uomini e alla povertà delle donne, l'attitudine puritana verso il sesso imposta con la repressione dal Partito Comunista lasciò il posto a una mentalità "individualistica ed edonistica" di stampo occidentale.

Gli indici di morbilità e mortalità si impennarono, mentre le prospettive di vita media crollavano, insieme agli indici di natalità, già bassi durante tutto il periodo sovietico. Fra il 1992 e il 2009, la popolazione russa diminuì di quasi 7 milioni - cioè in 17 anni la Russia perse nel nulla quasi il 5% della propria popolazione. Una crisi demografica quale nessun Paese industrializzato ha mai visto in un periodo di pace.

Dover fare fronte a malattie diffuse e gravi quali l'alcolismo e i problemi cardiovascolari, per di più in una situazione di perdita del proprio ruolo geopolitico, di confusione sociale e di impoverimento generalizzato, poteva già essere una giustificazione sufficiente a spiegare la sottovalutazione del problema causato dall'infezione da HIV, che poteva essere relegata a questione marginale per numero di persone coinvolte, tale da non richiedere una risposta immediata ed efficace.
Ma ci fu molto di più, perché l'infezione colpì all'inizio dei gruppi sociali che erano particolarmente mal tollerati dal regime prima sovietico e poi russo e dalla popolazione in generale: i tossicodipendenti e le persone che si prostituivano costituivano infatti la prova dolente del fatto che la narrativa che vedeva l'uomo sovietico tornato russo e cristiano ortodosso come immune dai vizi occidentali era inadeguata a descrivere la realtà russa.
Erano (e in gran parte ancora sono) considerati dei reietti, così come rifiuti della società sono considerati i carcerati, mentre gli omosessuali sembravano proprio vivere al di fuori dell'orizzonte mentale dell'uomo sovietico-russo, tanto che nel 1988 l'incidenza della popolazione omosessuale veniva stimata come un improponibile 1 su 100.000 abitanti.

Fu facile quindi tradurre la narrativa paranoica di era sovietica, che vedeva nell'alterità dell'HIV/AIDS un'invasione da parte dell'Occidente, in una versione adatta alla Russia neo-liberale di oggi, in cui l'altro sono le persone considerate immorali - i tossicodipendenti, gli omosessuali - che infiltrano con il loro stile di vita occidentale la sana compagine della società russa. Bastò passare dall'invasione politica dell'alieno occidentale a un'invasione morale.

Lo stigma nei confronti di questi gruppi di popolazione è in buona parte all'origine della sottovalutazione della gravità dell'epidemia e delle disastrose politiche adottate dal governo russo per far fronte all'infezione da HIV.

Per aumentare la ricchezza e il potere del Paese dopo il disastro degli anni '90, la leadership russa ha basato la crescita economica sui benefit derivati dagli alti prezzi dell'energia e su una sempre più stretta disciplina fiscale, ma l'ha fatto a scapito della spesa sociale; mentre ora le pensioni e gli stipendi pubblici vengono pagati, non sono invece stati fatti investimenti nei programmi sociali e soprattutto nel campo della salute.
Putin ha ammesso in anni recenti che la salute è uno dei problemi principali della Russia, ma la sua politica è stata quella di esortare la popolazione a fare esercizio e adottare uno stile di vita più sano, non quella di proporre riforme del settore sanitario.

D'altra parte, se la sua popolarità si basa sull'aver ridato al Paese stabilità politica e una maggiore prosperità, questo si adatta molto male all'immagine di debolezza che promana dall'infezione da HIV:

  • Questo non è un contesto in cui la leadership russa è disposta ad ammettere che, proprio come l'India, il Sud Africa, la Nigeria e la Cina, si sta trovando ad affrontare una crisi della salute, della stabilità sociale e dello sviluppo. Chiunque inizi a esplorare la questione dell'HIV in Russia viene subito avvertito che i funzionari pubblici e gli opinion leader russi rifiutano l'AIDS in Africa come indicatore di quello che l'AIDS può essere in Russia. La Russia è europea, ha armi nucleari ed è un protagonista importante sulla scena internazionale. L'HIV non si adatta all'immagine della Russia che i suoi leader cercano di proiettare nella loro politica interna ed estera.


Queste parole Celeste Wallander le scriveva in The politics of Russian AIDS Policy, un bel saggio del 2005. Sono passati ben 12 anni, ma mi pare che l'atteggiamento politico sia rimasto invariato. Invece l'epidemia è esplosa.

L'HIV/AIDS è stato trattato fin dagli inizi come un problema esclusivamente sanitario di prevenzione dell'infezione e di trattamento degli individui malati, senza che se ne tenessero in alcun conto le enormi implicazioni sociali.

Il sistema politico russo si è formato in continuità con quello sovietico. In particolare, ne ha ereditato l'impostazione della sanità, che continua ad essere prevalentemente pubblica, burocratizzata e gerarchizzata.
Ha purtroppo anche ricevuto una pesante eredità dalla scienza sovietica, che in una sua parte consistente privilegiava l'ideologia a scapito dell'evidenza, non aveva grande dimestichezza con gli standard adottati nel resto del mondo per le sperimentazioni cliniche randomizzate, giungendo quindi a proporre ai malati trattamenti che la medicina basata sulle prove considera pura ciarlataneria, e scontava l'isolamento politico del Paese anche con un ridotto accesso alla letteratura scientifica mondiale. Questo isolamento in parte ancora persiste, con uno stimato 95% di medici che non leggono l'inglese e la ancora scarsa diffusione nelle università delle riviste che pubblicano la scienza più aggiornata. I vincoli alla libertà della Rete imposti dal governo negli ultimi anni non hanno migliorato la situazione.

Esiste in Russia un sistema di sorveglianza e trattamento dei casi di HIV/AIDS basato sui Centri AIDS regionali e locali, coordinati dal Centro AIDS Federale (Federal Scientific Research Centre for the Prevention and Control of AIDS) che è una agenzia del Ministero della Sanità, ma di fatto finanziati dai budget locali, separati dal sistema sanitario federale e senza rapporti con ministeri che non siano quello della Sanità.
Lo stesso Centro AIDS Federale fu creato nel 1995, ma non fu reso operativo che nel 2005: offre suggerimenti sulle politiche da adottare per prevenire e trattare l'infezione, ma non ha alcun potere per realizzare quelle politiche.
Inoltre, il sistema di sorveglianza sia delle nuove infezioni, sia delle popolazioni maggiormente a rischio di contrarre l'infezione, è inefficiente o del tutto mancante e questo rende inaffidabili i dati ufficiali sull'infezione.
Neppure il governo può però ormai negare che i numeri delle infezioni siano aumentati vertiginosamente - quello che ancora si ostina a non voler usare è la parola epidemia, e questo spiega quanto siano forti le resistenze ad affrontare il problema per quello che è.

Eppure il numero delle persone HIV positive registrate a inizio 2016 ha ormai superato il milione, raddoppiando dal 2011 (1,5 i milioni di russi stimati sieropositivi oggi) e costituendo ormai l'1% della popolazione. Può sembrare una bassa prevalenza rispetto a quella di alcuni Paesi dell'Africa, ma la Russia - che nel 2015 ha rappresentato il 64% delle nuove infezioni in Europa - ha uno dei tassi di incidenza delle nuove infezioni più alti al mondo, che aumenta del 10-12% da un anno all'altro, e perfino il Ministro della Sanità, Veronika Skvortova, ha ammesso che il numero delle persone con infezione potrà arrivare a 2,5 milioni nel 2020.

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Inoltre, se l'infezione è stata per molti anni confinata prevalentemente fra i tossicodipendenti (fra gli anni '80 e l'inizio dei 2000 quasi il 90% dei nuovi casi si verificava fra gli IDU), nell'ultimo decennio sempre più infezioni sono avvenute per via sessuale: oggi il 53% dei nuovi casi si verifica fra gli IDU e il 42% sono trasmessi sessualmente e, se solo circa l'1,5% dei nuovi casi si possono attribuire agli MSM, la percentuale delle nuove infezioni fra le donne è passata dal 10% prima del 2005 al 37% nel 2015 - a indicazione del passaggio dell'epidemia alla popolazione generale.
Un altro dato estremamente allarmante è l'1% di donne incinte che scoprono l'infezione proprio durante la gravidanza (in alcune regioni la percentuale sale a più del 2%). In termini epidemiologici, infatti, se l'1% di una popolazione generale e l'1% delle donne in gravidanza hanno l'infezione, allora è legittimo parlare di epidemia generalizzata.

Poiché, poi, ad essere prevalentemente infetta è la classe d'età produttiva (ha l'HIV l'1% della popolazione russa d'età compresa fra 15 e 49 anni, l'80% delle persone oggi viventi con HIV in Russia ha meno di 30 anni e il 70% delle nuove infezioni si verificano nella classe 29-39 anni), questo implica un rischio incalcolabile per l'economia del Paese, che ora è in recessione e da decenni è in crisi demografica e che quindi vedrà nei prossimi anni ridursi drasticamente la propria forza lavoro e le proprie capacità militari.
Con lo sbilanciamento della piramide demografica, anche i proventi dalle tassazioni rischiano di diminuire in modo sensibile, con effetti negativi sui servizi sociali che lo Stato potrà offrire alle fasce più deboli della popolazione, bambini e anziani.
Non è esagerato ritenere che il modo in cui la questione HIV verrà gestita a partire da oggi sarà decisivo per il futuro dell'intero Paese.

Per completare il quadro sulla gravità della situazione, a questi numeri sono da aggiungere i 300 nuovi infetti al giorno e i quasi 30.000 morti all'anno.

In tutto questo, se nel 2016 i russi che hanno ricevuto dalla sanità pubblica gli antiretrovirali sono stati 200.000, sono però stati 50.000 in meno rispetto all'anno precedente.

Nel 2014 UNAIDS ha incluso la Russia nell'elenco dei Paesi (alcuni dell'Africa più l'Indonesia) che affrontano la "triplice minaccia": alta prevalenza dell'infezione, bassa copertura terapeutica, nessun declino nelle nuove infezioni. Un'epidemia che sta rischiando di diventare irreversibile, come continua a ripetere la voce più lucida e coraggiosa che arriva dal mondo medico russo, quella di Vadim Pokrovsky, infettivologo, membro dell'Accademia delle Scienze e capo del Centro AIDS Federale con sede a Mosca: una catastrofe nazionale.

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La reazione del governo di Dimitri Medvedev fu di accusare l'Occidente di avere gonfiato i dati e Pokrovsky di essersi venduto agli interessi occidentali.

Per la prima volta dall'inizio della pandemia, però, nell'ottobre 2015 il governo russo ha ordinato al Ministro della Sanità di approntare una strategia di contrasto all'infezione (definita con un documento reso pubblico nell'ottobre 2016) e contestualmente ha annunciato che nel 2016 avrebbe raddoppiato i finanziamenti destinati alla prevenzione e al trattamento, passando da 300 a 600 milioni di dollari. Per farsi un'idea di quanto irrisoria sia la cifra stanziata, basti pensare che nello stesso periodo gli Stati Uniti hanno speso per la prevenzione e il trattamento dell'HIV/AIDS sul loro territorio 25,3 miliardi. Né la Russia può più contare sull'aiuto del Fondo Globale, perché questo nel 2012 ha sospeso i finanziamenti - ufficialmente, perché la Russia è ormai considerata dalle Nazioni Unite un Paese ricco; di fatto, per il deteriorarsi delle relazioni fra le organizzazioni internazionali e il governo russo, che sistematicamente rifiuta i suggerimenti occidentali su come affrontare la prevenzione dell'infezione.

Questo ci porta ad analizzare brevemente le strategie adottate dal governo russo nei confronti delle diverse popolazioni a maggior rischio d'infezione.
Vedremo come, in ciascun caso, le politiche scelte non siano basate su evidenze scientifiche consolidate, ma rispondano all'esigenza di mantenere intatta la narrativa che dell'infezione da HIV propone il regime putiniano.

IL REGIME E LE DROGHE

Esistono, e sono ben note da anni, delle strategie che si sono dimostrate efficaci per contenere l'espandersi del contagio fra i tossicodipendenti: la distribuzione gratuita di siringhe e l'uso di oppiacei sostitutivi che si assumono oralmente, come il metadone e la buprenorfina.
Ma il governo russo ritiene che la tossicodipendenza non sia una malattia, quanto piuttosto un vizio occidentale artatamente diffuso in Russia da potenze straniere per indebolire il popolo russo, una frivolezza e un fallimento morale, che deve essere sanzionato anche dal punto di vista penale.
Data la narrativa nazionalistica e politicizzata dominante, contro le droghe il governo russo ha sempre adottato politiche di tolleranza zero, ma di fatto ha prevalentemente criminalizzato i consumatori, agendo invece con grande debolezza sui trafficanti, tanto che il sistema finanziario del Paese si è trovato progressivamente sempre più compenetrato dai profitti del narcotraffico che, soprattutto ora con le sanzioni imposte alla Russia per l'annessione della Crimea, fornisce una fonte di liquidità di cui il regime non sembra poter fare a meno.
Queste ambiguità, insieme all'atteggiamento profondamente ideologico che le consente, si riflettono nelle politiche retrograde e inefficaci attuate contro il traffico e il consumo di stupefacenti e nella difficoltà di collaborazione con le agenzie internazionali.

Il governo russo ritiene che la distribuzione di siringhe e i trattamenti sostitutivi siano un incentivo ai tossicodipendenti a perpetuare i loro comportamenti viziosi o a sostituire una forma di dipendenza con un'altra e, se da un lato non ha reso illegale, ma ostacola in ogni modo - utilizzando ad esempio una legge del 2012 che definisce "agente straniero" qualunque ONG che riceva finanziamenti dall'estero - il lavoro sul campo delle ONG che, come la Fondazione Andrey Rylkov, forniscono gratuitamente siringhe agli IDU, dall'altro nel 1997 ha reso l'uso di metadone illegale, punibile con condanne che arrivano a 20 anni di prigione. I dottori che hanno cercato di aggirare il divieto di somministrare metadone sono perfino stati aggrediti fisicamente da gruppi di teppisti appoggiati dal Cremlino.

D'altra parte, la Russia ha ereditato una specializzazione della psichiatria sovietica chiamata "narcologia", che prevede l'arresto del tossicodipendente con incarcerazioni che possono arrivare a un mese e un processo di disintossicazione forzata di breve durata presso dei dispensari narcologici, seguito dalla dimissione senza ulteriore follow-up e con l'immediato ritorno alla vita precedente da parte delle persone "trattate".
L'alternativa russa ai metodi di disintossicazione e reinserimento praticati in Occidente consiste nel promuovere uno stile di vita più sano basato sullo sport.

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Poiché l'articolo 230 del 1996 del Codice Criminale Russo considera l'"inclinazione al consumo" di droghe illegali un reato, così come un reato è il possesso anche di minime quantità di droghe, i dispensari narcologici mantengono stretti legami con la polizia e i tossicodipendenti arrestati vengono forzatamente iscritti in un registro. Questo comporta che non possano avere accesso ad alloggi pubblici, né a posti di lavoro connessi in qualsiasi modo con il governo, e che verranno tenuti sotto controllo di polizia per i successivi 5 anni.
Poiché non c'è alcun obbligo di mantenere la riservatezza, l'iscrizione nei registri dei tossicodipendenti comporta molto spesso la perdita del posto di lavoro e tutte le discriminazioni connesse allo stigma che grava sui consumatori di droghe.

Nel 2010 la International AIDS Conference, che quell'estate si teneva a Vienna, proclamò una Dichiarazione - la Dichiarazione di Vienna, appunto, rivolta prevalentemente alla Russia e ai Paesi dell'ex Unione Sovietica - in cui si sosteneva che la politica nei confronti delle droghe dovrebbe essere basata su evidenze scientifiche e non su ideologie e che le pratiche di disintossicazione forzata, gli arresti e in generale il modo in cui il problema delle droghe viene affrontato in Russia avevano l'effetto di spingere i tossicodipendenti a nascondersi sempre di più, con il risultato di rendere sempre più difficile la prevenzione del contagio da HIV.

Vedremo più avanti una delle reazioni del governo russo alla Dichiarazione di Vienna; così come più avanti avremo modo di vedere come la Chiesa Ortodossa, in assenza di un coordinato intervento da parte dello Stato e in una situazione in cui i centri privati di riabilitazione sono scarsissimi e molto costosi, si è assunta il compito di rieducare i tossicodipendenti dopo il breve periodo di disintossicazione forzata.

Con il numero di persone con HIV in continua crescita, nel novembre 2016 il primo ministro Medvedev ha reso pubblica la nuova strategia che dovrebbe consentire di mettere l'infezione sotto controllo entro il 2020, ma si tratta ancora di vaghi impegni a prevenire il contagio e mettere in terapia un maggior numero di persone malate, senza che però siano indicate politiche concrete e senza che i finanziamenti stanziati siano minimamente adeguati.
La reazione delle ONG è stata inoltre quella di ricordare che senza l'uso di metodi scientifici di riduzione del rischio e di distribuzione di aghi puliti, senza campagne di test fatte in modo capillare, anche una strategia di contenimento efficace come Treatment as Prevention potrà fare ben poco.


IL REGIME E L'OMOSESSUALITÀ

L'omosessualità è stata depenalizzata in Russia solo nel 1993 e nei confronti delle persone LGBT permangono pregiudizi in molta parte della popolazione. Nonostante, come abbiamo visto, i contagi fra omosessuali continuino ad essere una percentuale molto piccola del totale, non confrontabile con quella che si ha invece in Occidente, sui gay il regime di Putin fa ricadere gran parte della responsabilità del diffondersi dell'infezione.
Nel giugno 2013, il Parlamento russo ha approvato una legge che bandisce la "propaganda omosessuale" ai minorenni, rendendo un crimine - passibile di multa fino a 16.000 dollari per i cittadini russi e di arresto ed espulsione per i cittadini stranieri - la "diffusione di informazioni volte a indurre un comportamento sessuale non tradizionale fra i bambini, suggerendo che questo comportamento sia attraente e facendo false dichiarazioni sulla natura socialmente equivalente delle relazioni tradizionali e non tradizionali".
Inoltre questa legge, che è stata ispirata e fortemente voluta dalla Chiesa Ortodossa e si basa sull'idea che le persone LGBT costituiscano una minaccia per gli eterosessuali, equipara omosessualità a pedofilia, proibisce eventi pubblici che promuovano i diritti degli omosessuali, prevede l'oscuramento di siti internet giudicati inappropriati per i giovani e impedisce a coppie europee dello stesso sesso di adottare bambini dagli orfanotrofi russi.
Una legge che viola palesemente i diritti umani delle persone LGBT e che, prima ancora di essere approvata, ha offerto a gruppi di delinquenti omofobi la giustificazione per commettere atti di violenza nei confronti di gay e lesbiche.

Ma quello che mi preme evidenziare qui è che questa legge, se da un lato si inserisce nella costruzione di un regime sempre più autoritario, anti-democratico, neo-imperiale e cripto-fascista, in cui torna a risplendere il motto zarista "Dio, Zar e Patria", dall'altro spinge gli omosessuali a nascondersi, a non testarsi, a non curarsi, contribuendo alla "catastrofe nazionale" di cui parla Vadim Pokrovsky.

Il regime che vuole rendere la "Russia Great Again", accecato dalle sue narrative completamente distaccate dalla realtà, scava la fossa al Paese.

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Nella stessa direzione va un report pubblicato lo scorso maggio dal Russian Institute for Strategic Research (RISR), un comitato di esperti creato nel 2012 dal governo, in cui si sostiene che la diffusione dell'HIV in Russia è causata dai condom e che le stime sul dilagare dell'infezione nel Paese sono propaganda occidentale, parte della guerra di informazioni che l'Occidente sta conducendo contro la Santa Madre Russia.
Il vice capo dell'organizzazione governativa, Tatyana Guzenkova, ha dichiarato alla stampa che ci sono due modi per combattere l'HIV - quello occidentale e quello russo. Mentre quello occidentale dimostra "disinteresse nei confronti delle sensibilità nazionali ed è troppo centrato su alcuni gruppi a rischio come i tossicodipendenti e le persone LGBT", quello russo "tiene conto delle caratteristiche culturali, storiche e psicologiche della popolazione russa ed è concentrato sui valori tradizionali". Secondo gli esperti putiniani, poiché la promiscuità e l'omosessualità sono la causa del diffondersi dell'infezione, il modo per fermarla è fare ricorso ai "valori tradizionali". È la disponibilità dei condom ciò che incoraggia i giovani a fare sesso, quindi ciò che aumenta il rischio di infettarsi.
E naturalmente i condom sono disponibili perché chi li produce ha interesse a venderli e l'industria del porno ha bisogno di aumentare i propri clienti e quindi le persone sono incoraggiate alla promiscuità sessuale.
Il modo migliore per proteggersi dall'infezione - dicono gli esperti russi - è di "vivere in una famiglia eterosessuale, in cui entrambi i partner sono fedeli l'uno all'altro".

Per far vedere che gli esperti sono presi sul serio, a giugno i condom della Durex sono stati bannati dalla Russia.

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E sempre verso la catastrofe nazionale rischia di andare l'ultima iniziativa del governo, il regalo per il nuovo anno fatto al popolo russo: il registro federale delle persone con HIV, lanciato il I gennaio dal Ministero della Sanità. Nelle intenzioni dichiarate dalla nota dell'agenzia Tass, il registro serve per razionalizzare e personalizzare la distribuzione degli antiretrovirali, che avverrà su base non più locale, ma federale, dopo l'errore commesso nel 2013, quando il Ministero smise di comprare farmaci a livello federale e trasferì la responsabilità alle autorità locali, causando problemi di approvvigionamenti che vedremo in qualche dettaglio più avanti.
Non è previsto l'obbligo d'iscrizione al nuovo registro ma se, per avere accesso ai farmaci una persona deve esservi iscritta, questo potrà significare solo due cose: o una persona si iscrive e così aumenta la probabilità di essere schedata e discriminata, proprio come avviene per i registri dei tossicodipendenti; oppure non si iscrive e così resta senza farmaci.

Invece di sviluppare un piano complessivo e realistico per combattere l'infezione, i legislatori russi producono provvedimenti legislativi incoerenti e controproducenti, come la proposta fatta nel 2015 di imporre il test HIV alle coppie che intendono sposarsi, come avveniva in epoca sovietica e come accade nelle legislazioni locali di Stati prevalentemente musulmani della Federazione. Non risulta che la Duma abbia ancora approvato la legge; se lo farà, il rischio sarà naturalmente quello di scoraggiare i Russi dal registrare le loro relazioni per paura di perdere il partner o subire discriminazioni.


IL REGIME E LE ONG

Un altro aspetto della questione HIV/AIDS che viene gestito dal governo russo in modo molto diverso da quanto la ricerca scientifica di questi decenni ha dimostrato essere efficace è il rapporto con le organizzazioni non governative.
In Occidente, infatti, le associazioni per i diritti dei gay prima e poi quelle per la tutela delle persone con HIV/AIDS hanno avuto storicamente un ruolo chiave nel far avanzare la ricerca medica e i servizi e le politiche sociali, nell'allargare la somministrazioni di antiretrovirali a un numero sempre più grande di persone, nello stimolare l'approvazione di leggi che tutelassero i diritti delle persone con HIV. Parallelamente, si è visto che l'opera delle ONG è preziosa nel contattare i gruppi di persone più a rischio, nel fare prevenzione e informazione, e anche nel tenere i rapporti con le organizzazioni internazionali.

Le enormi difficoltà che la società civile sta trovando ad emergere nella Russia post-sovietica sono ben esemplificate dai continui ostacoli che vengono opposti all'azione sul campo delle ONG, sia locali, sia internazionali.
Il governo russo ha mantenuto in tutti questi anni un atteggiamento ambiguo nei confronti delle ONG: infatti, se da un lato ha sovente riconosciuto l'utilità delle organizzazioni provenienti dalla società civile per affrontare in modo efficace la prevenzione e il trattamento dell'infezione, dall'altro ha continuamente messo in atto misure volte al controllo delle ONG, così vanificando buona parte dei loro sforzi. L'ha fatto ad esempio nel 2008 quando, a seguito della crisi economica, ha decurtato i finanziamenti federali per prevenzione e trattamento e ridotto a zero i contributi ai programmi centrati sulle popolazioni a rischio come IDU, MSM e sex workers; l'ha fatto non finanziando mai programmi di educazione sessuale nelle scuole, nonostante una legge del 1997 prevedesse corsi per gli adolescenti, gli IDU e gli operatori sanitari; l'ha fatto mediante regolamenti molto rigidi per la registrazione e le attività delle associazioni; l'ha fatto con la legge del 2012 che dichiara "agente straniero" qualunque ONG che riceva finanziamenti dall'estero, che viene così trattata come minaccia all'integrità della cultura e della nazione russa.

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La scritta "agente straniero" deve essere stampata su tutto il materiale fatto circolare dalle ONG:

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È chiaro che, come nel caso dei rapporti con gli IDU e con le persone LGBT, anche nel caso dei rapporti con le ONG, molta parte del problema è l'indisponibilità da parte del regime putiniano a riconoscere dei diritti e delle libertà civili che in Occidente sono - almeno sulla carta - sacrosanti, che si tratti del diritto a vivere la propria sessualità o a veder riconosciuta nella tossicodipendenza una malattia, oppure del diritto delle persone ad associarsi in modo libero e indipendente e a perseguire i propri interessi anche qualora questi non corrispondano agli interessi del governo di turno.

Anche se non c'è mai stata in Russia - come avvenne invece nel Sud Africa di Thabo Mbeki - una presa di posizione ufficiale da parte del governo contro la scienza dell'infezione da HIV e in favore del negazionismo dell'HIV/AIDS, né mai le teorie di Duesberg e soci sono state tradotte in politiche del governo, gli ostacoli opposti all'azione delle organizzazioni che non si conformano alla visione putiniana della Russia mostrano, ancora una volta, come sia una narrativa ideologica basata su miti, stigma e discriminazione, e non una politica basata su evidenze scientifiche consolidate, a guidare le scelte della leadership russa nel contrasto all'epidemia di HIV.

Nei rapporti dello Stato con la Chiesa Ortodossa, invece, le cose vanno in tutt'altro modo.
ma cos'è questo? un sito antisoveitico o un sito sulla comunità sieropositiva in ITALIA? trovo imbarazzante questa tirata davvero ridicola contro uno dei TUTTI paesi che ha discriminato i malati e i positivi dal 1980 ad oggi. vivevo a nyc tra il 1981 e il 1984 e lavoravo in un bagno gay (brodway bath) proprio dietro time square, le schifezze e i maltrattamenti che si perpretavano negli US in quel periodo sono decisamente orribili, prima era la malattia dei fagots (con tutto quello che ne conseguiva specie nei docks) poi tramutò in virus da extasy con ripercussioni sulle comunità gay e alternative di tutti gli states devastanti, per non parlare di quello che si leggeva nei giornali italiani financo a tutto il 1990 dove giornali come il messaggero raccomandavano di non bere caffe al bar o di berlo tenedo la tazzina come i mancini (sono pure mancino inoltre) per correr meno rschi di prendersi l'aids e qui si parla della russia? parliamo di putin che forse aveva 25 anni quando è sorto il problema? fatemi capire se questo è un sito pro nato e ucraina o un sito per aiutare e far condividere a dei malati che vivono i problemi nella sanità in decadanza italiana o se dobbiamo fare collette per spedire soldi a scopo di guerre

grazie



uffa2
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Re: RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO

Messaggio da uffa2 » martedì 16 aprile 2024, 17:56

Carissimo,
ho il drammatico sospetto che ti sia sfuggito qualcosa: forse non te ne sei accorto ma questo thread è stato aperto il 19 gennaio 2017.
Questo thread ha più di sette anni: oltre sette anni fa, Dora, che già per dieci anni è stata il motore delle battaglie di questo Forum contro il negazionismo dell’HIV, ha iniziato un lavoro di indagine, veramente doloroso, ricordo la sua rabbia e il suo sconforto a ogni capitolo, che ancora oggi è praticamente l’unico contributo in italiano su questa storia così schifosa.

Quando parliamo di Russia, non si tratta di mere discriminazioni legate alla paura, che pure ci sono state anche in Europa. È servita lady Diana nel Regno Unito, è servito il professor Aiuti in Italia per fermare l’isteria, ma l’isteria non era il programma politico né di un partito né di intero Stato, in Russia sì.
Rileggiti con attenzione il lavoro certosino fatto da Dora: non troverai la mera discriminazione perpetrata da singoli cittadini, troverai un disegno criminale per costruire un nemico interno e usarlo per la propaganda, troverai complicità scandalose tra negazionisti, chiesa ortodossa e potere politico.

È esatto: questo è un sito dedicato all’HIV, e Dora ha offerto alla comunità italiana dell’HIV una vista esclusiva e approfondita su una realtà dietro l’angolo, ma sconosciuta. Di più, lo ha fatto quando nessuno era interessato a leggere, esattamente come ha fatto con le altre battaglie del Forum contro il negazionismo dell’HIV in Italia e non solo.
Il negazionismo è un animale dagli infiniti tentacoli che lega luoghi e persone incredibilmente distanti, in modo sotterraneo e sorprendente. Il racconto sulla Russia, i racconti sul movimento negazionista che Dora ha postato in tutti questi anni, hanno mostrato una realtà spaventosa: solidarietà, programmi, denaro da un capo all’altro del mondo.
Quando tutti pensavano allegramente a qualcos’altro, Dora ci mostrava la disinformazione del Cremlino al lavoro, quella disinformazione che abbiamo imparato molto bene a conoscere anche noi negli anni più recenti.

Dopodiché, credo di doverti spiegare anche un’altra cosa.
Gli “editori” di questo Forum, chiamiamoli così, hanno tutti delle salde convinzioni liberali, dove per liberale non si intende una persona tollerante e comprensiva, bensì una persona convinta che l’individuo, le sue libertà e i suoi diritti debbano sempre essere affermati, senza timori né moderazione.
Dal 2007 combattiamo una battaglia che non è soltanto di informazione sanitaria, ma è di dignità e di libertà per le persone con HIV; questo vuol dire che non abbiamo alcuna compiacenza per regimi che hanno usato i nostri fratelli e le nostre sorelle come comode vittime su cui testare le proprie strategie di repressione dei diritti individuali che poi avrebbero applicato su tutti i cittadini.

Questo vale per il passato; per quanto riguarda il presente, tu sei iscritto da poco e non puoi sapere che questo Forum ha sostenuto le organizzazioni ucraine delle persone sieropositive nel 2022.
Personalmente, infine, ma so di poter parlare anche per Dora e tanti altri, non ho alcun problema a dirti che spendo ogni possibile occasione per sostenere la resistenza del popolo ucraino: a Mosca io finirei in galera senza medicine, a Kyiv si è celebrato il Pride fino al 2021.


HIVforum ha bisogno anche di te!
se vuoi offrire le tue conoscenze tecniche o linguistiche (c'è tanto da tradurre) o sostenere i costi per mantenere e sviluppare HIVforum, contatta con un PM stealthy e uffa2, oppure scrivi a staff@hivforum.info

a_mammeta

Re: RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO

Messaggio da a_mammeta » mercoledì 17 aprile 2024, 16:40

uffa2 ha scritto:
martedì 16 aprile 2024, 17:56
Carissimo,
ho il drammatico sospetto che ti sia sfuggito qualcosa: forse non te ne sei accorto ma questo thread è stato aperto il 19 gennaio 2017.
Questo thread ha più di sette anni: oltre sette anni fa, Dora, che già per dieci anni è stata il motore delle battaglie di questo Forum contro il negazionismo dell’HIV, ha iniziato un lavoro di indagine, veramente doloroso, ricordo la sua rabbia e il suo sconforto a ogni capitolo, che ancora oggi è praticamente l’unico contributo in italiano su questa storia così schifosa.

Quando parliamo di Russia, non si tratta di mere discriminazioni legate alla paura, che pure ci sono state anche in Europa. È servita lady Diana nel Regno Unito, è servito il professor Aiuti in Italia per fermare l’isteria, ma l’isteria non era il programma politico né di un partito né di intero Stato, in Russia sì.
Rileggiti con attenzione il lavoro certosino fatto da Dora: non troverai la mera discriminazione perpetrata da singoli cittadini, troverai un disegno criminale per costruire un nemico interno e usarlo per la propaganda, troverai complicità scandalose tra negazionisti, chiesa ortodossa e potere politico.

È esatto: questo è un sito dedicato all’HIV, e Dora ha offerto alla comunità italiana dell’HIV una vista esclusiva e approfondita su una realtà dietro l’angolo, ma sconosciuta. Di più, lo ha fatto quando nessuno era interessato a leggere, esattamente come ha fatto con le altre battaglie del Forum contro il negazionismo dell’HIV in Italia e non solo.
Il negazionismo è un animale dagli infiniti tentacoli che lega luoghi e persone incredibilmente distanti, in modo sotterraneo e sorprendente. Il racconto sulla Russia, i racconti sul movimento negazionista che Dora ha postato in tutti questi anni, hanno mostrato una realtà spaventosa: solidarietà, programmi, denaro da un capo all’altro del mondo.
Quando tutti pensavano allegramente a qualcos’altro, Dora ci mostrava la disinformazione del Cremlino al lavoro, quella disinformazione che abbiamo imparato molto bene a conoscere anche noi negli anni più recenti.

Dopodiché, credo di doverti spiegare anche un’altra cosa.
Gli “editori” di questo Forum, chiamiamoli così, hanno tutti delle salde convinzioni liberali, dove per liberale non si intende una persona tollerante e comprensiva, bensì una persona convinta che l’individuo, le sue libertà e i suoi diritti debbano sempre essere affermati, senza timori né moderazione.
Dal 2007 combattiamo una battaglia che non è soltanto di informazione sanitaria, ma è di dignità e di libertà per le persone con HIV; questo vuol dire che non abbiamo alcuna compiacenza per regimi che hanno usato i nostri fratelli e le nostre sorelle come comode vittime su cui testare le proprie strategie di repressione dei diritti individuali che poi avrebbero applicato su tutti i cittadini.

Questo vale per il passato; per quanto riguarda il presente, tu sei iscritto da poco e non puoi sapere che questo Forum ha sostenuto le organizzazioni ucraine delle persone sieropositive nel 2022.
Personalmente, infine, ma so di poter parlare anche per Dora e tanti altri, non ho alcun problema a dirti che spendo ogni possibile occasione per sostenere la resistenza del popolo ucraino: a Mosca io finirei in galera senza medicine, a Kyiv si è celebrato il Pride fino al 2021.
ecco l'immancabile avvocato drammaticista (carissimo a chi? come ti permetti?), che sia dal 2017 o dal 200 ac non mi cambia di una virgola il mio pensiero. mi è bastato leggere l'introduzione (che, in teoria, dovrebbe essere la prefazione ai concetti che verrano eviscerati nel thread e nno ho alcuna voglia di sorbirmi i particolari del suo certosino lavoro, qui siamo in una paese al collasso, la struttura che mi seguiva (un'eccellenza mondiale per molti!) da 32 anni ha 4 dottori per 4000 utenti e stiamo morendo a causa della pochezza che imperversa, nel 2017 le cose non andavano troppo meglio e un papelo anti russo senza alcuna logica non mi fa che imbestialire, come mai il paese dov'è 'nato' questo virus e nel quale sono state fatte la azioni pià disgustose e spregevoli non merita una molto più grande condanna allora, visto che tutti i farmaci da lì arrivano e i metodi sono copiati ma, in compenso, dobbiamo pupparci una insignificante tirata sulla russia? imbarzzanti te e chi l'ha scritto. una tazebao insignificante senza senso, ora farò degli strudi sul metodo ucraino o kossovaro su questa malattia i metodi intrapresi dai vari governi (già perchè qui passiamo da gorbaciov a putin) qundi potremmo fare una paccottiglia tra obama (bono quello) a trump (peggio me sento)
è bastata lady diana per farmi capire l'inutilità di quello che galleggia qua dentro! i farmaci sono tutti made in usa il terrore e l'orrore prolificato in italia è figlio di quell terrore e non certo quello russo che fino ad oggi mi era veramente oscure e che non cambia le dinamiche degli orrori che si perpretano in italia, sono stato all'inps ieri a chiedere l'esenzione per mia madre che ha92 anni e che percepecisce la pensione da 35 anni e ogni anno deve chiederla. questo è il 'sistema' italia
una porcataunica e dobbiamo pupparci la russia, no grazie

il donbass è martoriato dagli ucraini dal molto prima del 2017 (guardatevi il video di mattarella che ringrazia putin proprio nel 2017 o era 2016 per gli orrori che il governo ucraino commetteva in quella zona? youtube mattarella putin facile da trovare.
Vogliamo parlare di guerra di soldi investiti in armi che uccidono invece che farmaci che aiutano?
siamo nel posto giusto?

o è un forum o è un estenzione di una demagogia politica, voi mi sembrate la 2nda che ho detto (quelo insegna)
lo schifo che provo per gente che tenta di diffondere ideologie antipacifiste che dimenticano quanti anni sono che un regione tormenta è teatro di morti torture e violenze camuffando il tutto con una malatia è disgustoso SCHIFOSO



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Re: RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO

Messaggio da uffa2 » mercoledì 17 aprile 2024, 17:52

a_mammeta ha scritto:
mercoledì 17 aprile 2024, 16:40
ecco l'immancabile avvocato drammaticista (carissimo a chi? come ti permetti?),
non vado neppure avanti nella lettura: addio.


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Re: RUSSIA – DOVE EPIDEMIA DI HIV/AIDS E NEGAZIONISMI DILAGANO

Messaggio da uffa2 » mercoledì 17 aprile 2024, 17:59

Ai nostri tradizionali lettori,
come sapete, in oltre tre lustri qui hanno scritto migliaia di persone, non sempre si è stati d'accordo su tutto, ma le regole del forum sono spietate: non c'è spazio per scortesia.
Né il sottoscritto né altri hanno tempo da perdere con le persone scortesi, quindi applicherò le nostre regole senza perdere troppo tempo: user cancellato.

Buona serata a tutti


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