Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

La condizione di sieropositività, la malattia da HIV e relativi problemi, di salute e no.
Dora
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Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da Dora » giovedì 1 settembre 2011, 11:51

Questo thread è la continuazione di due discussioni di argomento affine: Stress post-traumatico: causa e effetto infezione HIV e QUESTIONARIO SU ASPETTI PSICOLOGICI E MALATTIA DA HIV.

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Verso metà agosto, quando avevo appena ripreso il questionario sugli aspetti psicologici e l’infezione da HIV per segnalare che la ricerca era stata in parte presentata allo IAS, il Dottor Norcini Pala è tornato a trovarci e si è detto pronto a rispondere ad alcune nostre domande.
In quei giorni eravamo tutti o molto indaffarati, o in vacanza, ma lasciar cadere la disponibilità di uno dei ricercatori con cui siamo in contatto mi pare uno calcio alla buona sorte, oltre che un gesto poco cortese nei suoi confronti. Sarei quindi felice se, pur con gli ovvi tempi lunghi che queste cose richiedono, chi è interessato mi aiutasse a raccogliere domande o curiosità o semplici perplessità, per coinvolgere il Dottor Norcini Pala nella vita del nostro forum.

La pubblicazione su JAIDS di una review dedicata alla depressione quale causa di scarsa aderenza alla HAART (Depression and HIV/AIDS Treatment Nonadherence: A Review and Meta-analysis) mi fornisce l’occasione per riaprire il discorso.


Quanto segue è basato sulla recensione all’articolo scritta oggi da Michael Carter per aidsmap.com (Consistent relationship between depression and poor adherence to HIV therapy).

Stando a una meta-analisi pubblicata sull’edizione online del Journal of Acquired Immunodeficiency Syndromes, la depressione ha un impatto significativo sull’aderenza alla terapia antiretrovirale.

I ricercatori hanno preso in considerazione i risultati di 95 studi, che hanno coinvolto 36.000 pazienti e la conclusione che ne hanno tratto è una conferma a tanti discorsi che abbiamo già affrontato: LA DEPRESSIONE È ASSOCIATA IN MODO CONSISTENTE CON LA NON-ADERENZA ALLE TERAPIE.
E si precisa che “degli interventi volti ad alleggerire i sintomi della depressione e un corretto utilizzo della HAART potrebbero avere grandissima influenza sulla salute [dei pazienti]”.

Il trattamento contro l’HIV funziona al meglio se si assumono correttamente (quasi) tutte le dosi dei famraci. Tuttavia, molti pazienti hanno difficoltà ad aderire alla terapia e una scarsa aderenza si associa a un aumentato rischio di fallimento terapeutico.

In genere, non assumere occasionalmente i farmaci può dipendere da semplice dimenticanza ed è improbabile che abbia un qualche effetto clinico. Tuttavia, una scarsa aderenza può dipendere da una situazione sociale difficile oppure dalla concomitante presenza di altre malattie, inclusi problemi di salute mentale.
La depressione e i sintomi depressivi sono comuni fra i pazienti con HIV, al punto che certi studi parlano di una prevalenza del 36%.
Molte ricerche hanno indagato la relazione fra depressione e scarsa aderenza alla terapia, ma fino ad oggi mancava una meta-analisi che mettesse insieme tutti i risultati, valutandone la validità e la coerenza.

Perciò un team di ricercatori, guidato dal Dr Jeffrey Gonzales dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, ha fatto una ricerca in letteratura per identificare gli studi pubblicati a partire dal 1996, che hanno preso in esame l’impatto della depressione sull’aderenza.
In sostanza, si è identificata una relazione molto forte fra depressione e non-aderenza (p < 0,0001). L’effetto complessivo della depressione sull’aderenza è in realtà abbastanza modesto (p < 0,19); ma è dello stesso ordine di grandezza di quello osservato da altre meta-analisi sugli effetti della depressione sull’aderenza in altre patologie croniche.

Gli studi che hanno misurato l’aderenza mediante interviste hanno trovato una relazione molto più forte fra depressione e non-aderenza rispetto agli studi che si sono basati su questionari auto-compilati, come quello messo online da Steca e Norcini Pala (p = 0,03).
Inoltre, si è visto che la depressione incide sull’aderenza allo stesso modo negli studi trasversali e in quelli longitudinali.
Anche sintomi di depressione leggeri erano associati a scarsa aderenza. E i ricercatori sostengono che i loro risultati spingono a pensare che la relazione fra depressione e non-aderenza alla HAART non sia limitata a un confronto fra pazienti che corrispondono ai criteri di depressione clinica e quelli che non vi corrispondono, perché gli studi che hanno preso in esame solo una chiara diagnosi di depressione hanno dato risultati equivalenti agli studi che hanno misurato la depressione sulla base di una scala di gravità dei sintomi.

Problema: questa meta-analisi non è stata in grado di spiegare in che modo la depressione influenzi l’aderenza.
L’ipotesi fatta dai ricercatori è che ciò dipenda dall’impatto che la depressione ha sulla concentrazione, sull’appetito, sull’autovalutazione del proprio valore [ricordate il Dr. Norcini Pala!!] e sulla capacità di prendersi cura di sé.



bluevelvet

Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da bluevelvet » giovedì 1 settembre 2011, 19:06

Io al momento non ho domande, se non un forte interesse a sapere i risultati di ciò che stanno testando al Sant’Orsola (cito il dottor Norcini Pala per maggior comprensione):

“ Rispetto alla depressione, il TNF-alpha e Il-6 producono la deplezione del triptofano che è il precursore della serotonina, il neurotrasmettitore, o meglio la sua mancanza, che è associato alla depressione. Attualmente presso il policlinico Sant’Orsola di Bologna stiamo appunto testando tale ipotesi”

e, nel caso si confermasse questa ipotesi, mi chiedo se un integratore di triptofano potrebbe rivelarsi utile (anche se immagino non sia così scontato che introdurre dall’esterno la sostanza mancante equivalga a ripristinare certe funzioni, a volte vi è proprio una sopravvenuta incapacità dell’organismo ad utilizzare certe sostanze, però in questo caso mi pare proprio di capire che si associ la depressione alla deplezione con conseguente “mancanza” di triptofano).
Inoltre c’è questa affermazione che veramente mi sembra una novità importantissima e Dora prima di me l'aveva evidenziata. Cito:

“È altresì interessante riscontrare in letteratura scientifica alcuni studi che hanno evidenziato come la presenza di TNF-alpha favorisca la replicazione del virus quiescente”

Sarà per questo che poi il dottor Norcini Pala conclude con:

“Per quanto riguarda il TNF-alpha può avere molti effetti negativi, ma entro certi livelli ha una sua funzione quindi non è solo da condannare”?

Mi piacerebbe molto che fosse così, ma temo che per “sua funzione” intendesse proprio altro :(



Dora
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Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da Dora » venerdì 2 settembre 2011, 10:52

bluevelvet ha scritto:Io al momento non ho domande, se non un forte interesse a sapere i risultati di ciò che stanno testando al Sant’Orsola (cito il dottor Norcini Pala per maggior comprensione):

“ Rispetto alla depressione, il TNF-alpha e Il-6 producono la deplezione del triptofano che è il precursore della serotonina, il neurotrasmettitore, o meglio la sua mancanza, che è associato alla depressione. Attualmente presso il policlinico Sant’Orsola di Bologna stiamo appunto testando tale ipotesi”

e, nel caso si confermasse questa ipotesi, mi chiedo se un integratore di triptofano potrebbe rivelarsi utile (anche se immagino non sia così scontato che introdurre dall’esterno la sostanza mancante equivalga a ripristinare certe funzioni, a volte vi è proprio una sopravvenuta incapacità dell’organismo ad utilizzare certe sostanze, però in questo caso mi pare proprio di capire che si associ la depressione alla deplezione con conseguente “mancanza” di triptofano).
Anche a me interessa vedere i risultati della ricerca fatta a Bologna, ma temo ci vorrà parecchio tempo prima che raccolgano, elaborino e pubblichino i dati. Abbiamo però un insider (Davidino), che ha promesso di raccontarci tutto, almeno dal punto di vista del paziente. (*)

Per quanto riguarda il triptofano in funzione anti-infiammatoria, vorrei ricordare che viene studiato – credo in modo più rigoroso rispetto a quanto potrebbe emergere da una ricerca come quella bolognese – dal gruppo di Peter Hunt e Mike McCune alla University of California, San Francisco. Se poi questo potrà avere delle ricadute anche sul miglioramento dei sintomi associati alla depressione, credo sia presto per dirlo; anche se sarebbe proprio una bella cosa.

Riporto una citazione dal thread [IAS 2011] I reservoirs e i meccanismi di progressione:

L’ultima presentazione, quella di Peter Hunt, è stata sul catabolismo del triptofano come possibile obiettivo contro l’infiammazione. L’enzima IDO causa il catabolismo del triptofano. Diminuire la produzione di triptofano può danneggiare la proliferazione dei linfociti T (con un ruolo nella tolleranza al cancro e nel mancato rigetto del feto da parte della madre). L’induzione dell’IDO potrebbe comportare un difetto proliferativo nelle cellule T, ma anche nella traslocazione microbica. In Uganda sono state prese in considerazione 500 persone HIV+ all’inizio della HAART. Un alto catabolismo del triptofano al basale si è visto associato con una migliore ripresa dei CD4 nell’anno seguente l’inizio della terapia. Ma era anche predittivo di una ripresa dei CD4 limitata nel periodo successivo. Ed era pure predittiva di mortalità più precoce. Il catabolismo del triptofano ha continuato ad essere predittore di mortalità durante HAART soppressiva. Una dieta povera di triptofano potrebbe comportare maggiori difetti nei linfociti T, ma anche minore traslocazione microbica, mentre una dieta più ricca di triptofano potrebbe comportare meno difetti nelle cellule T, ma anche maggiore traslocazione microbica. Non si è però trovata una correlazione fra assunzione di proteine e mortalità. Hunt ha concluso che colpire l’IDO potrebbe in futuro diventare una nuova strategia.

Ricordo anche che dell’IDO abbiamo parlato diffusamente qui: Finanziamenti amfAR (ben) mirati alla ricerca di una cura (e in particolare qui).


(*) Segnalo che esiste un trial clinico degli NIH dedicato allo studio della deplezione del triptofano per capire il ruolo della serotonina nei processi emozionali: Investigating the Role of Serotonin in Emotional Processing Through the Use of Tryptophan Depletion.



P.S. Per il TNF-alfa credo che, come tutte le citochine infiammatorie che hanno la loro nesessarissima funzione, debba essere trattato con le pinze: è fondamentale quando serve per stimolare l'infiammazione in fase acuta e regolare le cellule immunitarie (è infatti coinvolto nell'attivazione dei linfociti in caso di infezioni virali); ma è disastroso quando permane alto nell'infiammazione cronica, stimolando la morte per apoptosi delle cellule, la loro proliferazione in senso tumorale e tante altre rogne a non finire. Anche il discorso sulla stimolazione della replicazione virale, che a metà agosto mi aveva incuriosito, forse è da vedere più come un pericolo che come un'opportunità di risvegliare l'HIV dalla latenza.



skydrake
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Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da skydrake » venerdì 2 settembre 2011, 14:09

Un alimento ricco di triptofano è la carne di tacchino. La sua influenza sul sistema immunitario mi era ignota, viceversa sapevo che come alimento favorisce l'abbiocco dopo mangiato (del resto aumenta la serotonina). Ora mi sovviene un sospetto: piuttosto che il triptofano direttamente, che gli effetti benefici sul sistema immunitario fossero piuttosto imputabili alle pennichelle dopo pranzo di cui fa aumentare la frequenza?
Visto che oggi non ho il mio collega in ufficio, quasi quasi stacco il telefono, chiudo la porta a chiave e mi faccio un pisolino di un'oretta :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:



bluevelvet

Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da bluevelvet » sabato 3 settembre 2011, 0:04

Grazie per le segnalazioni, Dora.



Dora
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Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da Dora » giovedì 24 maggio 2012, 7:55

Riesumo il discorso sul PTSD, perché mi sono appena imbattuta in una notizia su Sanità News, che è di particolare attualità per chi ha subito traumi da catastrofi naturali, ma credo possa avere un interesse più generale.
Inoltre, quando leggo di certe provate corrispondenze fra eventi del mondo esterno, reazioni psichiche e "hardware" cerebrale, mi viene sempre da pensare che lì stia una spiegazione del perché le psicoterapie basate solo sulla parola falliscano così spesso.


La notizia è stata ripresa dalle News di Science, quindi è all’articolo di due giorni fa di Elizabeth Norton (Japanese Earthquake Yields Clues to Posttraumatic Stress Disorder) che faccio riferimento.

Si sapeva che molte persone che subiscono un trauma non sviluppano né i vividi flashback, né i pensieri ossessivi su quanto avvenuto, che sono tipici del PTSD. Quello che non era affatto chiaro era come il trauma possa modificare il cervello e se il cervello di alcune persone sia più suscettibile al PTSD rispetto a quello di altre.

Un gruppo di neuroscienziati giapponesi, che hanno lavorato con i sopravvissuti al terremoto e allo tsunami del 2011, hanno identificato una regione del cervello la cui dimensione sembra predire la suscettibilità ai sintomi del PTSD e un’altra regione, che è leggermente più piccola nelle persone che presentano un maggior numero di sintomi.

Studi di imaging fatti in passato avevano osservato che in chi soffre di PTSD le parti del cervello che hanno a che fare con la memoria, la paura e il controllo dell’umore sono più piccole rispetto a quelle di chi ha subito un trauma e ne esce senza averne subito particolari danni. Ma non si era riusciti a capire se queste differenze fossero preesistenti o fossero una conseguenza del trauma.
Invece, i neuroscienziati della Tohoku University di Sendai – nella regione che è stata colpita più duramente dal terremoto e successivo tsunami - hanno potuto confrontare le risonanze magnetiche fatte a studenti universitari prima e dopo il terremoto. Hanno così scoperto che anche prima del trauma una regione della corteccia anteriore, destinata a monitorare e controllare le emozioni, era più piccola in chi presentava sintomi di trauma più severi.

Secondo gli scienziati giapponesi, questo fa ritenere che la dimensione possa costituire un “fattore di vulnerabilità” in chi subisce gravi traumi.

L’obiettivo – ancora non proprio a portata di mano – è di arrivare a sviluppare farmaci neuroprotettivi per specifiche aree del cervello.



L’articolo su Molecular Psychiatry: Brain structural changes as vulnerability factors and acquired signs of post-earthquake stress.



mariolinoa

Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da mariolinoa » giovedì 24 maggio 2012, 9:28

L’obiettivo – ancora non proprio a portata di mano – è di arrivare a sviluppare farmaci neuroprotettivi per specifiche aree del cervello.
a me vien da pensare che non san più dove cercare per illudere la gente che si possa scampare alla vita e alla sua normalità. i nodi prima o poi delle paure irrisolte o non affrontate vengono al pettine. a meno forse di non voler vivere in "anestesia" di sentimenti e di emozioni. si. perchè non studiano anche quali emozioni rendere attive e quali no? facciamo dei bei cervelli a menù. nei quali uno si possa attivare le emozioni preferite e desiderate no? e la droga invece cosè? non è forse un pò questo che si chiede o cerca nell'eroina. il benessere ,il piacere , la pace artificiale..in opposizione alla vita alle sue emozioni alla paura che bisogna sentire e superare ..alla VITA!!



Dora
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Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da Dora » giovedì 24 maggio 2012, 9:51

mariolinoa ha scritto:
L’obiettivo – ancora non proprio a portata di mano – è di arrivare a sviluppare farmaci neuroprotettivi per specifiche aree del cervello.
a me vien da pensare che non san più dove cercare per illudere la gente che si possa scampare alla vita e alla sua normalità. i nodi prima o poi delle paure irrisolte o non affrontate vengono al pettine. a meno forse di non voler vivere in "anestesia" di sentimenti e di emozioni. si. perchè non studiano anche quali emozioni rendere attive e quali no? facciamo dei bei cervelli a menù. nei quali uno si possa attivare le emozioni preferite e desiderate no? e la droga invece cosè? non è forse un pò questo che si chiede o cerca nell'eroina. il benessere ,il piacere , la pace artificiale..in opposizione alla vita alle sue emozioni alla paura che bisogna sentire e superare ..alla VITA!!
Un'obiezione che, se può forse funzionare nel caso di personalità immature, che non imparano ad affrontare le difficoltà ordinarie, nel caso del PTSD mi pare quanto mai generica, colpevolizzante e sostanzialmente priva di senso. Qui nessuno mira ad anestetizzare le emozioni normali della vita. Il disturbo da stress post-traumatico è una tragedia che la vita te la distrugge anche se sei la persona più forte e meglio risolta sulla terra. Infatti, in questo caso, di solito anni di psicoterapia non curano un bel niente.



mariolinoa

Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da mariolinoa » giovedì 24 maggio 2012, 10:06

mi sembra di capire.. forse sbaglio , che stiano cercando una soluzione che permetta di "anestetizzare" aree del cervello in soggetti più predisposti. cioè ...in fase preventiva "curare" dare farmaci per proteggere le persone da eventi che potrebbero anche non succedere mai.ho capito male?



Dora
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Re: Depressione, stress post-traumatico e infezione da HIV

Messaggio da Dora » giovedì 24 maggio 2012, 10:32

mariolinoa ha scritto:mi sembra di capire.. forse sbaglio , che stiano cercando una soluzione che permetta di "anestetizzare" aree del cervello in soggetti più predisposti. cioè ...in fase preventiva "curare" dare farmaci per proteggere le persone da eventi che potrebbero anche non succedere mai.ho capito male?
Forse mi sono spiegata male io, ma non mi pare proprio di aver scritto nulla del genere. Non credo che l'obiettivo ultimo di queste ricerche sia una sorta di PrEP indiscriminata, ma piuttosto la creazione di un supporto farmacologico mirato (ora si danno antidepressivi generici, che funzionano poco e male) per chi ha subito un trauma così grave da portarne tracce invalidanti per il resto della vita. Insomma, un intervento a posteriori solo in chi ne ha bisogno: si individua chi, fra coloro che hanno subito un trauma grave, potrebbe sviluppare PTSD e si cerca di risparmiargli sofferenze inenarrabili.

Per evitare ulteriori fraintendimenti, però, ti riporto in inglese alcuni paragrafi dell'articolo originale, così decidi tu.
  • "Our longitudinal study provides further evidence of the causal relationships between brain structural changes and posttraumatic responses. Previous longitudinal studies have investigated brain structural changes only after the traumatic events, but failed to find any brain volume reduction in patients with PTSD. (...)

    The cognitive functions of the OFC [orbitofrontal cortex] indicate posttraumatic responses of the survivors soon after the earthquake. A principal function of the OFC is associated with extinction of conditioned fear.
    Previous lesion studies revealed that OFC lesion caused resistance to the extinction of conditioned fear in both non-human primates and human patients with OFC lesions. Neural responses in the OFC were preferentially enhanced with those in the amygdala during extinction, and this relationship is crucial in the voluntary regulation of emotions. In particular, the left lateral part of the OFC is involved in emotional distraction. The left OFC is also involved in suppression of emotional distracters during working memory performance. In fact, patients with PTSD had less activity in the OFC than normal control subjects during extinction to conditioned fear and emotion regulation.
    Given the previous findings, our results indicate that decreased OFC volume might reflect difficulty in distracting emotional memories of experiences related to the earthquake. Therefore, survivors with high CAPS scores [PTSD symptoms were also assessed using the Japanese version of the clinician-administered PTSD scale (CAPS) structural interview] are likely to have more difficulty in distracting emotional memories compared with those with low CAPS scores. (...)

    (...) the present longitudinal study could distinguish structural changes representing a vulnerability factor from structural changes representing an acquired sign of PTSD symptoms in the early stage of adaptation to trauma. These findings may be essential to discriminate between survivors with and without PTSD symptoms soon after a traumatic event, and between survivors who will and will not develop PTSD, even in the normal population. These findings provide a better understanding of the posttraumatic responses in the early stage of adaptation to trauma, and may contribute to the development of effective methods to prevent PTSD in the normal population."



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