R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da Dora » giovedì 12 aprile 2012, 12:57

Non so bene in quale sezione del forum collocare questo thread. Scelgo “Verso una cura”, perché spero di dare un seguito alla discussione, magari postando una serie di studi recenti sui vaccini terapeutici.


Ricordate Richard Jefferys? È l’attivista newyorkese di TAG (Treatment Action Group) che accusò la giornalista negazionista Celia Farber di essere una raccontaballe e di avere per anni spacciato argomentazioni fraudolente per diffondere la teoria completamente screditata di Duesberg, secondo cui sono l’uso di droghe e la malnutrizione – e non l’HIV – a causare l’AIDS. Bene, Ms Farber – forse dopo qualche seduta di troppo nella scatola della vita ad ascoltare il magico suono dell’amore – ebbe l’ispirazione di querelarlo per diffamazione e – ohibò, ohibò – PERSE LA CAUSA (una bella intervista a Richard si trova in quackdown.info: How Celia Farber tried to sue an AIDS activist - and lost).

Ora Richard ha scritto per TAG un chiaro ed esauriente lavoro sui vaccini terapeutici. La versione completa è tradotta qui sotto; se invece ne volete un riassunto ad opera di Tim Horn, potete leggerlo qui: http://www.aidsmeds.com/articles/hiv_th ... 2220.shtml.




The Odyssey of Therapeutic Vaccines for HIV

Nei primi tempi dopo la scoperta dell’HIV a metà anni ’80, dominava l’incertezza su come il sistema immunitario rispondesse al virus. All’inizio, si pensava che il tempo fra il momento dell’infezione e lo sviluppo di una immunodeficienza grave e della malattia fosse un periodo di inattività virale o di latenza. In questo contesto, parve logico ipotizzare che forse una vaccinazione potesse essere utilizzata per sostenere la risposta immunitaria all’HIV e quindi rimandare, o addirittura evitare, lo sviluppo della malattia.

Ma i primi tentativi di raggiungere questo obiettivo rapidamente fecero della ricerca di un vaccino terapeutico oggetto di controversia, stendendo un velo iniziale sul campo, perché ogni candidato fallì nel dimostrare una qualche efficacia. Inoltre, il razionale scientifico dell’approccio si evolse, quanto più si veniva a conoscenza della patogenesi dell’infezione da HIV e dei tipi di risposte immunitarie che possono essere efficaci – e inefficaci – nel controllare il virus. Dopo un periodo in cui l’entusiasmo per la prospettiva dei vaccini terapeutici era svanito, la recente rinascita dell’interesse per una ricerca che aspira a curare l’infezione da HIV ha offerto nuove ragioni per perseguire il loro sviluppo.

STORIA

La controversia riguardo la ricerca iniziale di una vaccinazione terapeutica iniziò a metà anni ’80, quando uno scienziato francese, Daniel Zagury, ottenne un vaccinia virus dai National Institutes of Health, che era stato modificato in modo da contenere alcune componenti dell’HIV, e si mise a testarlo sia su persone con HIV sia su persone non infettate a Parigi e in Zaire, senza un’adeguata approvazione normativa (il costrutto del vaccinia virus era stato creato solo allo scopo di condurre studi su animali). Molti fra i partecipanti alla sperimentazione che avevano l’HIV morirono, e questo fatto venne omesso dai report sugli esperimenti che vennero pubblicati (che, invece, tentavano di suggerire che il vaccino fosse efficace).

Sulla scia di questa débâcle, sono rapidamente seguiti altri due contrattempi ancora più penosi, connessi a dei candidati vaccini terapeutici per l’HIV. Una compagnia chiamata MicroGeneSys creò un vaccino che conteneva la proteina gp160 dell’HIV, e Robert Redfield, uno scienziato che lavorava per il Walter Reed Army Institute of Research, condusse delle sperimentazioni su persone con HIV. Alla International AIDS Conference di Amsterdam del 1992, Redfield sostenne che i risultati preliminari erano incoraggianti, ma venne subito attaccato, perché aveva gonfiato i risultati. La situazione peggiorò ulteriormente, perché riuscì a ottenere dal Congresso uno stanziamento specifico di 20 milioni di dollari per condurre uno studio di efficacia sul vaccino, aggirando i normali meccanismi di revisione della ricerca (quel denaro fu poi utilizzato diversamente, quando si dimostrò che l’analisi iniziale di Redfield era inattendibile).

La International AIDS Conference di Berlino nel 1993 fu l’occasione per il terzo colpo alla credibilità della ricerca di un vaccino terapeutico. Un grande entusiasmo aveva accompagnato l’avventurarsi di Jonas Salk nel campo [della ricerca sull’HIV] a fine anni ’80, quando Salk aveva descritto lo sviluppo di un vaccino che comprendeva un isolato dell’HIV reso innocuo [whole-killed], che doveva essere testato come vaccino preventivo e come vaccino terapeutico. A causa di problemi normativi riguardo alla sicurezza dei vaccini costruiti con virus morti ma antigenicamente attivi in persone HIV negative, Salk si concentrò sugli studi terapeutici. I risultati erano attesissimi e avrebbero dovuto essere presentati a Berlino, ma non furono presentati al congresso, bensì durante una conferenza stampa; questa decisione diffuse diffidenza e rabbia fra i partecipanti, ancor prima che i dati venissero presentati. I risultati insignificanti delle sperimentazioni, che Salk e la Immune Response Corporation (la compagnia creata per produrre il vaccino) tentarono di spacciare come positivi, furono l’insulto finale.

Parallelamente all’accumularsi di questi disastri, i progressi scientifici minarono il razionale originario dell’approccio. L’idea che l’HIV rimanesse latente durante la fase asintomatica dell’infezione fu rovesciata dai dati che mostravano che il virus si replica costantemente e che questa replicazione è accompagnata da una continua proliferazione e morte dei CD4. I miglioramenti fatti dagli strumenti per valutare le risposte immunitarie rivelarono che si verifica una massiccia risposta specifica all’HIV che, nella maggior parte delle persone, non è in grado di controllare la replicazione virale; e ciò porta a una situazione in cui il sistema immunitario si agita vanamente davanti al virus durante il corso dell’infezione. Inoltre, si è dimostrato che i CD4 che rispondono all’HIV (cioè il linfociti T CD4 HIV-specifici) sono in genere infetti, il che contribuisce alla loro scarsa funzionalità e alla loro incapacità di aiutare in modo appropriato le altre componenti essenziali di una risposta immunitaria antivirale: i linfociti T CD8, la cui funzione primaria è il riconoscimento e l’uccisione delle cellule infette dal virus, e i linfociti B, che generano anticorpi che – quando efficaci – si agganciano alle particelle virali che si aggirano libere e impediscono loro di infettare nuove cellule. Queste scoperte hanno messo seriamente in discussione l’idea che l’aggiungere più antigeni anti-HIV mediante una vaccinazione terapeutica – quando il virus di per sé falliva nell’indurre una protezione immunitaria – potesse essere utile. Anche se la ricerca non si è fermata completamente, non era considerata prioritaria e le speranze di arrivare a un vaccino terapeutico si erano affievolite.

UN SECONDO TENTATIVO

Ci si sarebbe potuti aspettare che il successo crescente della triplice combinazione di antiretrovirali (ART) a metà anni ’90 diminuisse ulteriormente l’interesse per i vaccini terapeutici, invece portò a una lieve ripresa dell’interesse, per due ragioni principali. Anzitutto, i farmaci erano chiaramente imperfetti sia in termini di sicurezza, sia per gli effetti collaterali, e questo rendeva attraenti degli approcci che consentissero di usare la HAART in modo intermittente o di ritardarne l’inizio. In secondo luogo, l’intensa soppressione della replicazione dell’HIV mediata dalla HAART facilitava la ricostituzione del sistema immunitario e alcuni scienziati ritenevano che questo potesse offrire l’opportunità di usare vaccini che inducessero nuove risposte immuni HIV-specifiche, che potessero svilupparsi (o “maturare”, per usare il linguaggio dei vaccini) senza che il virus interferisse, dal momento che i farmaci lo tenevano sotto controllo.

Queste idee diedero vita a un gran numero di nuove sperimentazioni, che combinavano molti candidati vaccini insieme con la HAART. Fra questi candidati c’erano il vaccino di Salk con l’HIV reso innocuo (ora chiamato Remune), dei virus attenuati usati come vettori per trasportare antigeni anti-HIV (simili all’ALVAC, basato sul canarypox e all’MVA, basato sul vaiolo bovino), costrutti di ”DNA nudo”, che trasportano il codice genetico entro le cellule per costruirvi all’interno antigeni del vaccino. I dati furono prodotti mostrando che le risposte dei CD4 e dei CD8 HIV-specifici erano notevolmente superiori rispetto a quelle presenti prima della vaccinazione. Ma la questione cui non si riusciva a dare risposta era se questi apparenti effetti immunologici dei vaccini terapeutici potevano essere tradotti in benefici per la salute che fossero misurabili.

Remune fu testato in un grande trial di fase III, randomizzato, controllato con placebo, che valutò se la vaccinazione riusciva a ridurre la morbilità e la mortalità nelle persone con HIV, la maggioranza delle quali erano in HAART. Non si videro differenze significative nell’incidenza delle infezioni opportunistiche o delle morti, ma l’interpretazione dei risultati fu resa più difficile dal fatto che la cura standard cambiò da due a tre antiretrovirali proprio mentre la sperimentazione era in corso, e dal fatto che – fortunatamente – ci furono pochissimi casi estremi , sia nel braccio che ricevette il Remune, sia in quello che ricevette il placebo. Dal momento che l’efficacia della HAART rese essenzialmente impossibile dimostrare che la vaccinazione terapeutica apportasse un beneficio ulteriore, presero piede delle impostazioni di ricerca alternative.

C’erano due approcci principali. Il primo consisteva nell’immunizzare persone in HAART e poi valutare gli effetti sui livelli dei CD4 e della viremia durante una sospensione della terapia (con la speranza di consentire lunghi periodi di interruzione della HAART).
Il secondo consisteva nel somministrare vaccini terapeutici a persone in fase precoce dell’infezione, prima dell’inizio della HAART (con la speranza di riuscire a dimostrare che si otteneva un differimento nel raggiungimento della soglia dei CD4 sotto la quale si considerava opportuno iniziare la HAART).
I dati da questo genere di sperimentazioni di tanto in tanto hanno mostrato che la somministrazione di vaccini terapeutici era associata a una migliore preservazione del numero dei CD4 e una viremia un poco più bassa durante le interruzioni della HAART, anche se almeno un trial sull’ALVAC dimostrò il contrario. Un trial sud-africano che non è ancora stato pubblicato su un vaccino a DNA suggerisce che questo potrebbe avere leggermente ritardato il declino dei CD4 e quindi la connessa indicazione a iniziare la terapia.

UNA NUOVA ALBA SVANISCE

Una volta di più, tuttavia, i progressi scientifici servirono ad indebolire il razionale sotteso a questi studi. In particolare, l’idea che la HAART potesse venire interrotta in tutta sicurezza finché il numero di CD4 non crollava è stata dimostrata sbagliata dai risultati dello studio SMART (Strategic Management of Antiretroviral Therapy): dei risultati che fanno riflettere. Lo SMART aveva l’obiettivo specifico di stabilire se una terapia intermittente, guidata dal numero dei CD4, potesse essere efficace quanto una terapia continuativa; ma il trial ha dovuto essere sospeso prima del tempo, perché le persone nel braccio della terapia intermittente hanno raddoppiato il rischio di malattia e di morte. Le analisi hanno dimostrato che questi eventi erano connessi all’infiammazione che deriva da una viremia non soppressa e hanno portato a ulteriori indagini sul nesso fra marker infiammatori, replicazione virale incontrollata e risultati in termini di salute.
Questo tipo di ricerca è stato effettuato ormai in coorti multiple e in diversi contesti globali ed ha rafforzato le conclusioni tratte dallo SMART: i marker infiammatori sono connessi alla viremia ed hanno associazioni significative sia con la morbilità sia con la mortalità; si è inoltre dimostrato che le misurazioni dell’esposizione cumulativa alla viremia prima dell’inizio della HAART sono associate con un rischio di morbilità e di mortalità dopo l’inizio della terapia.

LA TERZA VOLTA ANDRÀ MEGLIO?

Anche se costituisce un problema per i piani di sviluppo commerciale di alcune società, è chiaro che l’asticella per i vaccini terapeutici è stata alzata. La questione-chiave è divenuta se sia possibile che un vaccino terapeutico generi risposte immunitarie HIV-specifiche in grado di contenere completamente la replicazione virale quando la HAART viene sospesa. Questo può sembrare un ostacolo spaventoso, dati i risultati raggiunti fino ad oggi, ma è coerente con la ricerca che sta emergendo adesso, che ha fatto rinascere i vaccini terapeutici per la terza volta. Questa ricerca persegue il fine ultimo: una cura per l’infezione da HIV.

Alcune presentazioni al CROI 2012 hanno contribuito insieme ad evidenziare questo nuovo razionale dei vaccini terapeutici. Uno degli obiettivi principali della ricerca di una cura è l’identificazione e l’eliminazione dei reservoir di cellule infettate dall’HIV, che rimangono nell’organismo nonostante la HAART (cellule latentemente infette). Per molti anni, gli scienziati hanno studiato sostanze che possano svegliare l’HIV dormiente, ma non era chiaro se questa strategia sarebbe stata sufficiente ad assicurare l’uccisione delle cellule infette. Al CROI, Lian Shan, del laboratorio di Robert Siliciano alla Johns Hopkins ha presentato delle prove convincenti del fatto che risvegliare semplicemente l’HIV non è sufficiente; servono i CD8 per dare il colpo di grazia e uccidere le cellule infette. Shan ha dimostrato che nella maggior parte delle persone che hanno un’infezione da HIV cronica, i CD8 HIV-specifici non funzionano abbastanza bene per fare quel che devono, ma hanno bisogno di essere stimolati da antigeni anti-HIV prima di mescolarsi con i CD4 infetti – sostanzialmente l’equivalente in laboratorio di una vaccinazione terapeutica.
Lo studio è stato pubblicato nel numero di Immunity dell’8 marzo 2012 e gli autori sono chiarissimi riguardo alle sue implicazioni. Infatti scrivono: “ Il nostro studio suggerisce con forza che migliorare le risposte CTL [dei linfociti T CD8] mediante una vaccinazione prima di riattivare il virus può essere essenziale per l’eradicazione dell’infezione da HIV-1”. [cfr. [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL da qui in poi: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 360#p15360]

C’è poi un’altra ragione per studiare i vaccini terapeutici nel contesto della ricerca di una cura. Alcuni studi hanno dimostrato che una parte dei CD4 latentemente infetti che persistono nonostante la HAART sono specifici per gli antigeni HIV; ciò fa ipotizzare che la stimolazione con un vaccino terapeutico potrebbe anche riattivare il virus in queste cellule. Uno studio dei vaccini terapeutici nei bambini con HIV ha fornito qualche supporto a questa idea, poiché ha mostrato la prova di una transitoria diminuzione nel numero dei CD4 latentemente infetti durante le immunizzazioni.
Un trial che è attualmente in corso sugli adulti – l’ERAMUNE 02 – è specificamente volto ad esplorare questa possibilità in modo più approfondito.

LA STRADA DA FARE

Nonostante la storia di controversie e incertezze, il proseguire della ricerca di una cura ha fornito un razionale forte e scientificamente fondato per continuare gli studi sui vaccini terapeutici. Ora gli obiettivi sono molto più chiari: ottenere il contenimento della replicazione dell’HIV e prevenire la progressione della malattia in assenza di trattamento (ora si parla di “cura funzionale”); oppure giungere a una completa eliminazione del virus (“cura sterilizzante”).
Sono in corso le prime valutazioni dei vaccini terapeutici in questo nuovo contesto, ma restano da risolvere alcune questioni rilevanti, in particolare la definizione delle risposte immunitarie ideali che dovrebbero essere indotte e la valutazione se queste risposte possano essere efficaci e durature.
I ricercatori devono anche esplorare quali altre strategie anti-latenza dovrebbero essere combinate con i vaccini terapeutici, e se si debbano combinare fra loro diversi candidati vaccini per raggiungere i risultati migliori.
Potrebbe anche esserci un ruolo per dei vaccini terapeutici nel contesto degli approcci di terapia genica, come strumento per aumentare il numero dei CD4 HIV-specifici modificati geneticamente.
Mentre è chiaro che c’è ancora della strada da fare, c’è – finalmente – almeno un senso e pare che [gli studi per] i vaccini terapeutici abbiano preso la giusta direzione.



Leon
Messaggi: 1462
Iscritto il: mercoledì 21 febbraio 2007, 7:33

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da Leon » sabato 14 aprile 2012, 8:50

Leggendo, mi sono reso conto ancora una volta di quanto siamo ormai intollerabilmente vecchi io, questo virus stramaledetto e l'associazione delle due cose: tutto - perfino il "vaccino" di Zagury, che si perde nella notte dei tempi - ha per me il sapore dell'attualità, una "vecchia attualità" ma comunque attualità.

Mi pare che l'articolo non dimentichi nessuna "avventura" significativa, fuorché quella dell'MRKAd5 della Merck, che era sì nato e stato sperimentato come vaccino profilattico e non terapeutico, ma nel nostro campo questa distinzione è molto sfumata (a priori, almeno). Per me, il buco nell'acqua (anzi, peggio, perché i vaccinati si infettarono più di quelli che avevano ricevuto il placebo!) fatto dal suddetto MRKAd5 rappresentò un colpo non indifferente, sia perché la costruzione di questo candidato vaccino e il razionale sottostante non erano certo da buttar via, sia perché era la prima volta (e rimane per ora l'unica) che un colosso farmaceutico (la Merck, appunto) metteva il proprio nome, le proprie risorse e i propri capitali in qualcosa che non fosse un antiretrovirale.

Ecco, i "colpi". Grosso modo, direi che la durezza dei colpi è inversamente proporzionale alla scontatezza del fallimento di qualcosa e invece direttamente alla cupezza degli eventuali scenari aggiuntivi che tale fallimento disvela.

Per esempio, a quella scemenza del vaccino basato sulla gp160 (vedere articolo sopra) non ci credeva nessuno (degli addetti ai lavori, intendo) GIA' AI TEMPI, quando pure non era lampante come adesso che il teatro della "guerra HIV" è l'immunità cellulare, non quella umorale. Solo un vero e proprio miracolo (con la caratteristica inspiegabilità dei medesimi) avrebbe potuto far funzionare una cosa che, in totale, stimolava la produzione di anticorpi (peraltro già spontaneamente prodotti dall'organismo infetto) contro una CERTA VARIANTE (scelta più o meno a casaccio) di una glicoproteina dell'involucro dell'HIV (la gp160, appunto), che muta come una pazza (anche se il vero miracolo, a ben vedere, è il fatto che un'ingenua porcata del genere sia potuta arrivare alla conclusione di una fase III).

Se dunque nessuno ha sussultato di sorpresa né si è strappato i capelli per il fallimento dell'"anti-gp160", ben diversi sono stati altri colpi, tra i quali citerei senz'altro lo SMART: un Vajont da cui, a sorpresa e contro ogni ipotesi/speranza iniziale, si è originato il gigantesco fiume di <edit automatico> che, attualmente, va sotto il nome di "patologie non-AIDS", con tutti i connessi discorsi, putroppo clinicamente assai rilevanti, dell'infiammazione e dell'iperattivazione immunitaria croniche ecc. ecc.

Passando, con un salto, alle botte fresche, non avrei dubbi sullo scegliere quella appena assestataci da Shan-Siliciano, che, come ho già scritto nel relativo thread, fa letteralmente a pezzi l'ipotesi della sola forzatura della trascrizione provirale come metodo di eradicazione. Al riguardo, nelle parole dell'autore dell'articolo mi sembra di aver colto qualche sfumatura rosea, come già a suo tempo in quelle di Dora; io personalmente, forse per tutto il nero che domina il quadro, non riesco proprio a vedercela.
Ultima modifica di Leon il sabato 14 aprile 2012, 9:02, modificato 1 volta in totale.



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da Dora » sabato 14 aprile 2012, 9:00

Leon ha scritto:Passando, con un salto, alle botte fresche, non avrei dubbi sullo scegliere quella appena assestataci da Shan-Siliciano, che, come ho già scritto nel relativo thread, fa letteralmente a pezzi l'ipotesi della sola forzatura della trascrizione provirale come metodo di eradicazione. Al riguardo, nelle parole dell'autore dell'articolo mi sembra di cogliere qualche sfumatura rosea, come già a suo tempo in quelle di Dora; io personalmente, forse per tutto il nero che domina il quadro, non riesco proprio a vedercela.
Siliciano e Shan propongono di rafforzare le reazioni CTL con un vaccino terapeutico, come ricorda Richard (ma quanto mi piace, 'sto ragazzo!!).
Kitchen e Zack, nostre vecchie conoscenze che lavorano invece sulle staminali, hanno proprio due giorni fa pubblicato un lavoro su PLoS ONE in cui pare che siano riusciti - in vivo, su topi umanizzati - a sopprimere il virus grazie a CD8 "rinforzati", derivati da staminali modificate.
Una possibile risposta alternativa alla nuova botta data da Bob.

Spero nel weekend di riuscire a leggermi bene il lavoro e poi a parlarne qui.
Magari aiuta a tirati un po' su ... Immagine



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da Dora » sabato 9 febbraio 2013, 7:20

Dora ha scritto:Kitchen e Zack, nostre vecchie conoscenze che lavorano invece sulle staminali, hanno proprio due giorni fa pubblicato un lavoro su PLoS ONE in cui pare che siano riusciti - in vivo, su topi umanizzati - a sopprimere il virus grazie a CD8 "rinforzati", derivati da staminali modificate.
Una possibile risposta alternativa alla nuova botta data da Bob.
Per il lavoro di Kitchen e Zack sulle staminali e le relative perplessità di Leon e mie, vedere il thread



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da Dora » sabato 9 febbraio 2013, 7:20

Un rapido aggiornamento per riprendere la questione dei vaccini terapeutici: un post di Benjamin Ryan pubblicato su POZ tre giorni fa sembra riallacciarsi al post di Richard Jefferys che apre questo thread.


Therapeutic Vaccines: Escaping the “Viral Escape”

Con il loro futuro offuscato dai fallimenti passati, i vaccini terapeutici forniscono una nuova speranza come possibile integrazione alle terapie. Ma gli scettici dubitano che funzioneranno mai.

Con un passato movimentato, segnato da decenni di passi falsi, vicoli ciechi, controversie e la continua necessità di cambiare la direzione delle ricerche, la ricerca di un vaccino terapeutico per l’HIV sta tracciando una via lenta, ma tenace.
Lavorando in base alla teoria che innescare la risposta immune naturale dell’organismo può aiutare le persone che hanno l’HIV a combattere il virus, negli ultimi anni questo impegno è stato focalizzato meglio – in particolare da quando si è avuta un’impennata dell’entusiasmo intorno alla possibilità di trovare una cura e la ricerca recente ha suggerito che i vaccini possono rivelarsi un complemento vitale nelle terapie finalizzate alla cura delle persone con HIV.

Un piccolo trial clinico condotto di recente in Spagna ha fornito una “proof of concept” per un vaccino terapeutico. I risultati sono stati pubblicati su Science Translational Medicine: i ricercatori hanno modificato le cellule dendritiche – cioè le cellule immunitarie che inducono i CD4 a combattere i patogeni e che portano il virus fino ai CD4 - dei partecipanti HIV positivi per aiutarle a combattere meglio il virus. Il vaccino è riuscito ad abbassare il set point della viremia per diversi mesi. Tuttavia, alla fine i set point della viremia di tutti i partecipanti sono cresciuti di nuovo. (*)

Risultati all’inizio promettenti di un relativamente scarso numero di altre ricerche si sono poi dimostrati elusivi. E gli scettici dubitano che un vaccino terapeutico possa mai essere possibile, a causa di verità ineludibili sulla relazione fra l’HIV e il sistema immunitario.
Gli scienziati che fanno ricerca sui vaccini terapeutici riferiscono che i finanziatori evitano di finanziare qualsiasi tipo di ricerca che riguardi un vaccino, tutti fin troppo consapevoli degli enormi fallimenti, da miliardi di dollari, in cui sono incorsi i vaccini preventivi.
Kevin Fisher, capo della strategia di AVAC: Global Advocacy for HIV Prevention, il cui team ha recentemente condotto un’indagine fra chi fa ricerca di un vaccino terapeutico, dice: “ho sentito da parte dei ricercatori che rispondevano alle nostre interviste che la gente non segna ‘vaccino terapeutico’ nelle domande di finanziamenti perché è solo un bacio della morte”.

Un momento chiave nel tentativo di creare un vaccino terapeutico è quello che è noto come “escape virale”. Durante le prime settimane dell’infezione, l’organismo monta una risposta immune. Ma, come accade quando si ha un fallimento terapeutico con gli antiretrovirali, dei virus mutati che sfuggono dalla risposta immune crescono rapidamente e diventano la popolazione virale predominante (nel linguaggio della microbiologia, i CD8 non riescono a riconoscere gli epitopi mutati nelle molecole dell’HIV).
La conseguenza di questa “evasione” per la ricerca di un vaccino terapeutico è stata che, se si alimenta la risposta immunitaria del corpo, si finisce solo con l’aumentare il calore su una linea di difesa che è relativamente inefficace. E in effetti è probabile che questo processo di escape virale contribuisca allo sviluppo del reservoir virale, il principale obiettivo delle terapie finalizzate alla cura.

“Se il virus è sfuggito, è sfuggito. E non c’è nulla che tu possa fare perché il sistema immunitario lo riconosca”, dice Daniel Douek, capo del settore di immunologia umana del Vaccine Research Center ai National Institutes of Health (NIH) a Bethesda, Maryland, uno scettico dichiarato riguardo alla possibilità che i vaccini terapeutici abbiano successo.

Richard M. Koup, capo del laboratorio di immunologia al centro di ricerca sui vaccini del NIAID agli NIH, ha appena diretto uno studio, non ancora pubblicato, in cui lui e il suo team hanno iniettato diversi geni dell’HIV in persone HIV positive. Questo ha indotto un aumento della risposta immunitaria al virus, ma non ha comportato alcun cambiamento nella viremia o nel reservoir. Koup ipotizza che la risposta immune possa non essere stata abbastanza potente, ma anche che l’escape virale abbia precluso qualsiasi successo del loro tentativo.
“Se il virus è sfuggito”, dice Koup, “tutto quel che abbiamo fatto è stato di espandere una risposta immune dalla quale il virus era già sfuggito”. Il che significa che rinforzare la risposta immune non serve a niente se questa non è in grado di riconoscere e colpire il virus.
“Mi sono sentito obbligato a testare questa ipotesi in persone con HIV”, dice Koup, che sostiene che la ricerca ha valore sia che abbia successo, sia che fallisca – i risultati possono, quanto meno, servire per studi futuri e far dirigere altrove i tentativi, spostandoli da strade senza uscita. “Ma”, aggiunge, “non ho molta fiducia nel fatto che vaccinare persone già infette porterà a grandi risultati”.
“Follia significa fare la stessa cosa più e più volte e aspettarsi un risultato diverso”, dice, “ed io penso che l’industria del vaccino terapeutico sia per molti versi bloccata in questo solco”.

Altri hanno sostenuto che inoculare in una persona un vaccino terapeutico durante le settimane cruciali subito dopo l’infezione potrebbe evitare il verificarsi dell’escape virale. Ma se si considera il piccolissimo numero di persone che vengono diagnosticate subito dopo l’infezione – e che il test per l’HIV non cerca il virus, ma gli anticorpi che si sviluppano solo dopo qualche settimana – questo approccio è davvero poco pratico.

Ma i vaccini terapeutici possono servire ad altro: come componente di una più ampia terapia volta alla cura. Un importante studio condotto da Robert Siliciano, professore al Johns Hopkins Howard Hughes Medical Institute, ha dimostrato che anche se si ripuliscono i reservoir virali, non si riesce di fatto a uccidere il virus. Al contrario, sono i CD8 che devono dare il colpo fatale, tuttavia la maggior parte delle persone con HIV non ha CD8 in grado di farlo.
Ecco che un vaccino terapeutico potrebbe stimolare i CD8 o a distruggere completamente il virus (“cura sterilizzante”) o a controllarlo bene senza bisogno di prendere ogni giorno gli ARV (“cura funzionale”). (**)
“Sarà essenziale avere entrambi, sia una efficace strategia che inverta la latenza, sia una vaccinazione terapeutica”, dice Siliciano. “Nessuna delle due da sola funzionerà”.
Siliciano sfida lo scetticismo di coloro che ritengono che l’escape virale precluda ogni speranza di sviluppare un vaccino terapeutico e indica delle ricerche ormai consolidate che mostrano che il decorso della malattia da HIV durante l’infezione non trattata sarebbe molto peggiore senza la risposta immune. Questo indica che il sistema immunitario continua a controllare una minore popolazione di un virus che non è sfuggito. Siliciano ipotizza che le cellule immunitarie stimolate dal vaccino riconoscerebbero almeno alcuni di questi epitopi dell’HIV che non sono mutati.

Hans-Peter Kiem, che sta facendo ricerche su terapie genetiche e cellulari al Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, offre una possibile via per aggirare l’ostacolo dell’escape virale: il trapianto di cellule staminali e di cellule immunitarie modificate geneticamente per controllare l’HIV. Queste cellule diventerebbero la forza dominante nell’organismo e sarebbero più recettive alla somministrazione di un vaccino. (***)

Harriet Robinson è il capo delle ricerche della GeoVax di Atlanta, che al momento sta lavorando a un vaccino che insegni al corpo a creare anticorpi che combattano l’HIV e che generi anche dei CD4 capaci di riconoscere e uccidere le cellule infettate dall’HIV. Robinson rimane ottimista sulla possibilità di combinare farmaci e vaccini per controllare meglio e magari anche curare il virus.
“Nessuno avrebbe mai immaginato che saremmo stati in grado di controllare l’infezione come invece facciamo”, dice, riferendosi ai giorni bui dell’epidemia di AIDS prima dell’avvento degli ARV a metà anni ’90. “In questo momento, molte persone non credono che riusciremo ad eradicare l’infezione. Ma ciò non significa che entro i prossimi 20 anni non avremo capito come riuscirci, con una combinazione di farmaci e un vaccino.
Dobbiamo soltanto insistere”, dice.



(*) Cfr. il thread Vaccino a cellule dendritiche controlla replicazione HIV.
(**) Cfr. il thread [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL da questo post in poi http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 460#p15460.
(***) Cfr. per esempio il thread Kitchen-Zack_staminali modificate per creare CD8 più cattivi.



sun
Messaggi: 53
Iscritto il: sabato 16 agosto 2014, 22:26

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da sun » sabato 13 settembre 2014, 1:28

Il controverso Remune (vaccino terapeutico)
Remune ( vaccino terapeutico) a febbraio di quest'anno è stato approvato per uso pediatrico.
Il 28 luglio ha chiesto l'approvazione per uso espanso.
Come ha fatto ad arrivare fino qui?

http://www.prlog.org/12353108-immune-re ... erapy.html

Luglio 28, 2014 - NEW YORK - risposta immunitaria BioPharma, Inc. a cercare l'approvazione FDA per l'uso espanso di Blockbuster HIV / AIDS Vaccine Remune per l'HIV / AIDS in monoterapia in quanto produce enormi germogli verdi di cellule T CD8 + cellule killer Bianco Sangue. Remune ha stato concesso FDA orfano designazione per il trattamento pediatrico HIV / AIDS nel febbraio 2014. CD8 + cellule T sono una componente fondamentale della risposta immunitaria cellulare e svolgono un ruolo importante nel controllo di infezione virale, celle di memoria stabilite e mantenute, memoria CD8 T cellule sono una componente importante di immunità protettiva contro le infezioni virali come l'infezione da HIV. "IRBP cercherà l'approvazione della FDA per l'utilizzo esteso di Remune per il trattamento in monoterapia di HIV / AIDS popolazione infetta. Remune produce forti aumenti di cellule T CD8 + questi globuli bianchi vanno e uccidere le cellule infettate da virus cattivi, questo è molto importante per il controllo del carico e virus la replicazione virale. Questi sono aumenti significativi di questi globuli bianchi nello studio monoterapia Remune gruppo risponditore Remune prodotta in media, aumentato responder cellule T CD4 + da 134.00 cellule / ul, CD8 + sono aumentate 295,25 cellule / ul, questi sono significativi germogli verdi di globuli bianchi. Remune deve essere utilizzato a discrezione di medici e non legato ai farmaci HAART, in realtà dovrebbe essere consentito il vaccino da dare liberamente a qualsiasi persona infetta da HIV / AIDS senza essere costretti a prendere farmaci tossici con esso, questa è una sciocchezza & criminale tenere questo vaccino lontano dalla popolazione HIV / AIDS. Remune avversari sembrano avere qualche conflitto di interesse finanziario nel mantenere il vaccino fuori dal mercato, uno che o sono terroristi cattivi. Se la FDA non riesce a dare l'HIV / AIDS, l'accesso della popolazione ai Remune IRBP è disposti a cercare rimedio giurisdizionale con il Dipartimento di Giustizia e Corte Federale, mantenendo Remune fuori dal mercato è effettivamente omicidio colposo, la FDA ha bisogno di agire in modo responsabile qui e aiutare queste persone, è irresponsabile continuare a tenerli agganciati su farmaci tossici, prendendo i loro soldi da loro. Il suo un asse del male guidato da Big Pharma, che ha scatenarsi come un spacciatore di crack strada con farmaci anti-HIV. Solo gli americani vogliono tenere la gente malata di profitto fuori di loro, questo è quanto in basso la nostra società ha affondato, i pazienti di HIV / AIDS hanno sofferto a lungo big pharma né il nostro Governo non ha dato loro una pausa. Remune una prima in classe, best in class e vaccino di scelta per l'HIV / AIDS vaccini. "CEO IRBP Mr. Buswell ha commentato. Remune è un vaccino terapeutico destinato a suscitare risposte immunitarie contro una varietà di antigeni di HIV in pazienti con HIV. Consiste di una sospensione di particelle di HIV-1 virus uccisi che sono stati emulsionato con adiuvante incompleto di Freund ( IFA, una miscela di Mannide-oleato e un olio minerale altamente purificato). REMUNE® deriva da zairese HIV-1 ceppo HZ-321, composto di gp 120-impoverito HIV-1 propagato in cellule HUT-78 e inattivato in beta -propiolactone e irraggiamento Il materiale inattivato viene emulsionata con olio minerale (incompleto adiuvante di Freund) a 1:.. 1 ratio Ogni dose da 1 ml (almeno 100 mcg o 10 unità) ha proteina virale e p24. PASSATO USA RISULTATI PROVA: Questi precedente clinico studi di REMUNE® hanno dimostrato benefici distinti in entrambi i parametri immunologici e virologici in HIV-1 individui infetti sottoposti a trattamento. soggetti sottoposti a trattamento con REMUNE® hanno mostrato miglioramenti nella percentuale di cellule CD4, HIV-1 DNA in PBMC, e peso. Precedenti studi indicano inoltre che REMUNE® può tranquillamente essere somministrato in associazione con farmaci antivirali. IR103 / Remune, a differenza dei farmaci antivirali, in grado di indurre una risposta specifica anti-HIV, che ora è considerato da numerosi ricercatori ad essere importante nel controllo della replicazione dell'HIV. . Remune è stato somministrato a oltre 2.000 pazienti in più di 25 studi clinici separati, ha un eccellente profilo di sicurezza, è ben tollerato ed è facile da gestire tramite iniezione intramuscolare nel muscolo deltoide Dati da studi clinici di Remune suggeriscono che essa può: Indurre una HIV-specifica risposta T-cellulare; lavorare in pazienti con resistenza Multi-Drug Indurre citochine e chemochine, sostanze che interferiscono con il virus di fissaggio e infettare le cellule normali; Lavora con farmaci antiretrovirali come trattamento complementare per l'infezione da HIV; Lavoro in pazienti farmaco-naïve per ritardare la necessità di iniziazione di HAART; e Essere sicuro, senza effetti collaterali negativi, Ridurre Viral Load, Aumentare le cellule T CD4 + e CD8 + T cellulare conteggi risposta immunitaria BioPharma, Inc. Forse Trovato sul World Wide Web @ http://www.immuneresponse.net



skydrake
Messaggi: 9918
Iscritto il: sabato 19 marzo 2011, 1:18

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da skydrake » sabato 13 settembre 2014, 8:01

Per favore, le traduzioni automatiche fanno venire i brividi (o fanno ridere a crepapelle, a seconda dell'umore).....



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da Dora » lunedì 15 settembre 2014, 11:33

Quello che segue è un elenco - aggiornato a luglio 2014 - dei vaccini terapeutici in corso di sperimentazione clinica.
La mia idea è di non stare a inseguire per il mondo le tantissime sperimentazioni, ma di scriverne se e quando vengono presentati dei risultati a qualche congresso importante o viene pubblicato un articolo di un certo rilievo.
Se però qualcuno ha voglia di cercare informazioni sui singoli studi, prometto che - tempo e forze fisiche permettendo - cercherò di contribuire alle ricerche.

Immagine



sun
Messaggi: 53
Iscritto il: sabato 16 agosto 2014, 22:26

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da sun » lunedì 15 settembre 2014, 12:10

Altro elenco di vaccini e farmaci in sviluppo allego il link.

http://www.phrma.org/sites/default/file ... v-aids.pdf (vaccini pagina 10-11-12)

Con sorpresa ho trovato che Immune Response BioPharma ha due vaccini Remune e Remunex (?) in fase III, più una richiesta di accesso espanso alla FDA.
Ero rimasta a circa10-12 anni fà che poteva essere un coaudivante.
Hanno fatto progressi reali?
Perchè sono giunti a fase III (anche se non significa niente)? Tanti farmaci sono stati bocciati in fase tre.

Loro affermano che il loro vaccino incrementa i CD+8, ma a questo incremento corrisponde anche una educazione del CD+8 a combattere il virus o questo incremento è solo numerico?
Che benefici potrebbero apportare l'aumento numerico di CD+8 non educati?



alfaa
Messaggi: 1465
Iscritto il: giovedì 24 ottobre 2013, 17:41

Re: R. Jefferys: L’odissea dei vaccini terapeutici per l’HIV

Messaggio da alfaa » lunedì 15 settembre 2014, 13:09

Ci sono veramente tanti vaccini in ricerca.... Di soldi per vaccini ne sono stati spesi una cifra stratosferica immagino.... Ma un vaccino che è valso tutti questi soldi non dovrebbe funzionare ALMENO come cura funzionale, senza piu farmaci? Che senso ha continuare a spendere tutti questi soldi( che potrebbero essere spesi x cose piu radicali) se tutti i vaccini sembrano essere dei meri coadiuvanti?! Sempre meglio cge niente, ma il gioco non vale la candela

O forse si augurano che un vaccino potrebbe essere usato come cura funzionale? Cioe so che questa è la speranza ma la stessa ensoli parla di coadiuvante ad esempio..



Rispondi