[II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » sabato 1 febbraio 2014, 15:00

alfaa ha scritto:Ma savarino da chi sta ricevendo i finanziamenti? Non dall'italia a quanto ho capito,quindi i trial dove si stanno svolgendo?
La sperimentazione clinica non è ancora iniziata e io non so più di quanto Savarino ci ha detto lo scorso dicembre:
Andrea Savarino ha scritto:dato che, almeno per ora, l’intero carico economico della sperimentazione graverà su fondi esteri, sarà saggiato solo auranofin. Sarebbe stato bello aggiungere anche BSO e sospendere le terapie, ma ciò prevedrebbe un’ospedalizzazione che, per quanto breve, alzerebbe i costi. Io parteciperò scientificamente, ma, non avendo voce in capitolo sul lato economico, dovrò adeguarmi alle decisioni di altri. Non mi è pertanto possibile, al momento, fare previsioni sulle tempistiche della sperimentazione di auranofin e BSO. Per quanto riguarda lo studio proof of concept di auranofin, prevedo (ma non posso giurare) che si possa iniziare nella prima metà del 2014 in almeno uno dei due paesi coinvolti (Brasile e USA).
Appena avrò qualche notizia, sia sulla data di inizio, sia sui dettagli del trial, naturalmente ve la comunicherò.



alfaa
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da alfaa » lunedì 3 febbraio 2014, 0:29

Dora ha scritto:
alfaa ha scritto:Ma savarino da chi sta ricevendo i finanziamenti? Non dall'italia a quanto ho capito,quindi i trial dove si stanno svolgendo?
La sperimentazione clinica non è ancora iniziata e io non so più di quanto Savarino ci ha detto lo scorso dicembre:
Andrea Savarino ha scritto:dato che, almeno per ora, l’intero carico economico della sperimentazione graverà su fondi esteri, sarà saggiato solo auranofin. Sarebbe stato bello aggiungere anche BSO e sospendere le terapie, ma ciò prevedrebbe un’ospedalizzazione che, per quanto breve, alzerebbe i costi. Io parteciperò scientificamente, ma, non avendo voce in capitolo sul lato economico, dovrò adeguarmi alle decisioni di altri. Non mi è pertanto possibile, al momento, fare previsioni sulle tempistiche della sperimentazione di auranofin e BSO. Per quanto riguarda lo studio proof of concept di auranofin, prevedo (ma non posso giurare) che si possa iniziare nella prima metà del 2014 in almeno uno dei due paesi coinvolti (Brasile e USA).
Appena avrò qualche notizia, sia sulla data di inizio, sia sui dettagli del trial, naturalmente ve la comunicherò.

Ah ok scusa,non avevo letto che avrebbe iniziato in uno o entrambi,di questi 2 paesi



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » lunedì 3 febbraio 2014, 2:05

alfaa ha scritto:Ah ok scusa,non avevo letto che avrebbe iniziato in uno o entrambi,di questi 2 paesi
Ma figurati! Con tutto quel che stai leggendo in questi mesi, ci mancherebbe pure che dovessi ricordarti ogni dettaglio ... Immagine



alfaa
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da alfaa » martedì 4 febbraio 2014, 0:55

:)



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » martedì 1 luglio 2014, 12:17

PARTE GOLDRAKE


Vai, distruggi il male, vai! ... Mille armi tu hai, non arrenderti mai, perché il bene tu sei, sei con noi ... Vai!

Immagine
(questa è per Uffa)

Sponsorizzato dal VGTI (Vaccine and Gene Therapy Institute) Florida e in collaborazione con la University of Miami, è stato iscritto la settimana scorsa in ClinicalTrials.gov il trial, nato dalla ricerca di Andrea Savarino e del suo gruppo di lavoro, che nessuno ha voluto finanziare in Italia:


Uno studio "interventional", in aperto, di fase 1/2, su un singolo gruppo di presumibilmente 30 persone con HIV stabilmente in terapia soppressiva (<50 copie/ml per almeno 3 anni), con alti CD4 (almeno 500 cellule/µl in due prelievi successivi nei 6 mesi prima dell'inizio del trial) e ottima situazione clinica generale, che avrà lo scopo primario di valutare sicurezza e tollerabilità della somministrazione di auranofin (Ridaura®) in compresse, in dosi successive da 3 a 6 mg al giorno per 12 settimane.
L'obiettivo secondario sarà la valutazione dei cambiamenti del reservoir latente durante le 12 settimane di somministrazione di auranofin e nelle 8 settimane successive. Le dimensioni del reservoir saranno misurate valutando la frequenza di CD4 contenenti HIV DNA totale e integrato e la frequenza di CD4 che contengono HIV RNA capace di replicazione. Oltre ad analizzare i CD4 circolanti nel sangue, verranno fatte delle biopsie per studiare i CD4 presenti nel tessuto intestinale.

Lo studio sarà condotto in due fasi: in una prima fase le dosi di auranofin saranno aumentate in sequenza, così da poter valutare l'effetto di due dosi del farmaco; in una fase successiva, a 20 pazienti il dosaggio sarà aumentato fino ad arrivare alla massima dose tollerata (MDT).

Si prevede che il trial cominci a gennaio dell'anno prossimo e che sia completato entro gennaio 2017 (con i dati su sicurezza e tollerabilità disponibili a gennaio 2016).

https://www.youtube.com/watch?v=jANO2-6IM9E


E ora, dopo lo stacco musicale di buon augurio, dal momento che la ricerca sull'auranofin è serissima, che l'Italia è stata così miope da puntare tutto su un vaccino che non c'è e farsi sfuggire l'opportunità di fare (e gestire) qui la prima sperimentazione clinica e che di voglia di scherzare temo ne abbiamo poca tutti, vi ricordo brevemente di che cosa stiamo parlando.

Per farlo, trarrò ispirazione da saccheggerò a piene mani una review scritta da Iart Shytaj e Andrea Savarino per Retrovirology alla fine dell'anno scorso: A cure for AIDS: a matter of timing?
È un articolo che tratta delle diverse strategie di cura dell’infezione da HIV che sono state perseguite in questi anni e dei pochi casi di successo che le hanno ispirate, dal quale emerge in modo molto chiaro il senso della sperimentazione su auranofin (e BSO – il protocollo del trial clinico in partenza ora non contempla questo secondo farmaco, ma in questo modo il razionale rimane incompleto e si dovranno fare altri trial per vedere se l’aggiunta di butionina sulfossimina permetterà di replicare negli uomini i buoni risultati avuti con i macachi).

Tutto (o molto) sta nei tempi, ci dicono Shytaj e Savarino – tutto sta nel ricreare artificialmente in persone che hanno un’infezione da HIV cronica quella finestra di magnifiche opportunità che è la fase acuta, la cosiddetta infezione primaria.

Il trattamento durante la fase primaria dell’infezione sembra comportare delle risposte immuni anti-HIV ampie e forti, ridotta attivazione immunitaria, rapida ripresa dell’immunità della mucosa gastrointestinale e limitata evoluzione del virus. Inoltre, si sta osservando proprio in questi ultimi anni che l’inizio precoce della ART può limitare il formarsi di reservoir di virus latente: i CD4 memoria centrale (Tcm) sono una componente chiave del reservoir di HIV e, a differenza di altri CD4 memoria che muoiono in fretta, hanno una vita molto lunga. Bene, si è visto che l’inizio molto precoce della ART limita la creazione di reservoir proprio in cellule della memoria centrale.

Inoltre, una serie ben consolidata di evidenze dimostra che, quando le persone che hanno iniziato la ART in fase cronica sospendono i farmaci, presentano, in generale, un rapido risorgere della viremia fino ai livelli che erano stati raggiunti prima del trattamento.
Invece, gli studi sui post treatment controllers, cioè persone che – come ad esempio i pazienti della coorte VISCONTI – hanno iniziato la ART molto presto, appena dopo aver contratto l’infezione o nei primissimi mesi successivi, e poi hanno sospeso le terapie ci mostrano persone che riescono a controllare da sole la replicazione del virus per periodi anche assai lunghi.
E lo studio dei reservoir nei post treatment controllers mostra che i loro reservoir hanno dimensioni molto limitate e sono soprattutto localizzati in un sottogruppo di CD4 – quelli della memoria transitoria (Ttm) – che hanno una vita assai più breve rispetto ai Tcm.

La figura che segue descrive il contributo dei diversi tipi di CD4 al reservoir dell’HIV in base alla diverse fasi di infezione ed è tratta da una review che Caroline Passaes e Asier Sáez-Cirión hanno pubblicato su Virology pochi mesi fa, dedicata a HIV cure research: Advances and prospects.

Immagine

Come ricordano Passaes e Sáez-Cirión, non è che tutto sia chiaro nella situazione dei post treatment controllers. Ad esempio, non sappiamo esattamente quali siano i meccanismi che presiedono al controllo delle viremie, né come sia possibile aumentare la probabilità che una persona con HIV diventi un post treatment controller. L’ipotesi che sta raccogliendo maggiori conferme empiriche, però, è che il momento di inizio e la durata della ART svolgano un ruolo cruciale nel permettere di mantenere un controllo duraturo sulla replicazione virale una volta che la ART viene sospesa.
Altri fattori che possono avere influenza sono la viremia di partenza e lo stato di attivazione immunitaria. Invece, se il tipo di terapia scelta durante la fase primaria abbia un qualche ruolo non è ancora stato studiato.
In ogni caso, sottolineano Passaes e Sáez-Cirión, l’assenza di marker che predicano il successo dopo l’interruzione della terapia sconsiglia in ogni modo che l’interruzione della ART avvenga al di fuori di un protocollo strutturato (niente “sospensioni fai da te”, come abbiamo ricordato in questi giorni nel thread ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZIONI?).

La figura qui sotto, tratta dalla review di Shytaj e Savarino, descrive il controllo spontaneo della viremia in persone che hanno iniziato la ART durante l’infezione primaria: i pallini verdi sono le cellule produttivamente infette, quelli azzurri le cellule latentemente infette, la linea rossa continua indica la viremia e quella tratteggiata indica l’andamento della viremia nei post treatment controllers:

Immagine

Nel loro articolo, Shytaj e Savarino ricordano come tutti gli studi sulla cura/eradicazione dell’HIV in persone con infezione cronica fatti finora, che si tratti di terapie geniche o di farmaci contro la latenza, hanno comportato rischi molto più consistenti rispetto alle strategie adottate in fase acuta. Ne segue che

  • la possibilità di indurre uno scenario simile a quello della fase acuta in uno stadio più avanzato della malattia può rappresentare un’opzione unica di aprire una nuova finestra di opportunità per interventi terapeutici da adottarsi durante la fase acuta.


Qui entra in gioco l’auranofin, un farmaco in uso da tempo contro l'artrite reumatoide che ha dimostrato di poter agire da agente anti-reservoir in vivo quando è stato somministrato a macachi cronicamente infettati da SIVmac251.
Un aspetto interessante di questo farmaco è che ha la capacità di indurre a differenziarsi (e dunque a morire) soprattutto quei CD4 della memoria centrale e transitoria che, come abbiamo visto, costituiscono il grosso del reservoir latente di HIV:

Immagine

Ma, oltre a causare un effetto anti-reservoir, l’avere aggiunto auranofin a un regime di ART che aveva portato alla completa soppressione della viremia, ha modificato radicalmente la dinamica della viremia nei macachi: quando tutti i trattamenti sono stati sospesi, infatti, i macachi che avevano ricevuto ART + auranofin hanno avuto un rebound della viremia con un picco simile a quello che si verifica durante la fase acuta, ma con un set point fino a 1 log più basso rispetto a quello raggiunto dalle scimmie prima della terapia, e con manifestazioni tipiche della fase di infezione primaria quali un aumento delle risposte immuni specifiche.
Questo ha permesso di trattare nuovamente i macachi con un breve ciclo di ART e così di indurre un ulteriore abbassamento del set point della viremia quando la terapia è stata nuovamente sospesa in due macachi. Il numero delle scimmie è basso, ma durante un lungo follow up si è visto che riuscivano a mantenere il controllo della viremia a dei livelli bassissimi.

Anche se il meccanismo sottostante alla drastica modificazione del rebound virale indotto da auranofin non è del tutto chiaro, è però verosimile che auranofin abbia indotto il controllo sulle viremie proprio riducendo le dimensioni del reservoir.
Di qui l’idea che sia possibile indurre il “ritorno ad una fase che abbia le caratteristiche della fase acuta” in persone che sono in fase cronica e poi sfruttare quella situazione per instaurare un controllo senza farmaci della replicazione del virus.

Per capire la sperimentazione clinica in partenza negli Stati Uniti potremmo fermarci qui. Ma la ricerca di Savarino prevede l’intervento di un secondo farmaco – la BSO, una sostanza che inibisce la produzione di glutatione ed è usata come chemioterapico per indurre l'apoptosi di alcune cellule per via dei radicali liberi - allo scopo di migliorare le risposte immuni specifiche e così aiutare il controllo spontaneo della viremia. Savarino ha lavorato su scimmie, quindi le risposte immuni che ha stimolato con la BSO sono state quelle contro la proteina Gag dell’SIVmac251.

C’è ormai un generale consenso nella comunità scientifica sull’idea che risvegliare il virus latente nei reservoir non sia sufficiente per arrivare alla distruzione delle cellule riattivate, ma sia necessario stimolare in qualche modo le reazioni immuni dei CD8. La BSO è la via proposta da Savarino.

Diversi studi hanno dimostrato che forti risposte immuni anti-Gag si associano con viremie basse e CD4 alti – e questo non solo nei macachi, ma anche negli uomini. Inoltre, sta iniziando a ricevere delle conferme l’idea che i CD8 possano ridurre il reservoir virale riconoscendo gli antigeni Gag prodotti dai CD4 quiescenti latentemente infetti (vedere verso la fine di questo post un accenno alla ricerca di Una O'Doherty).
Rinforzando le risposte immuni anti-Gag con la BSO aggiunta al trattamento con ART e auranofin, si è visto che le scimmie arrivavano a uno stato simile a quello di una cura funzionale.
Ma per sapere se questo sarà possibile anche negli esseri umani dovremo aspettare un’altra sperimentazione clinica.



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da uffa2 » martedì 1 luglio 2014, 14:10

Essendo io un mostro, da ragazzino non apprezzavo particolarmente le avventure di Goldrake: ero già troppo grande per non chiedermi come gli alieni fossero così stupidi da non saper approfittare degli immensi momenti di inabilità del pupazzo d’acciaio (in questo tipo di serie si ripeteva sempre una sequenza lunghissima in cui il robot prendeva forma o si associava a ad altri mezzi: inizialmente era un modo per risparmiare sulle animazioni, poi è diventato un topos dei cartoni coi robot) per farlo in mille pezzi. Però, com’è come non è, si tratta di un momento della mia infanzia e ci sono, ora, affezionato: che gli americani, senza saperlo (Goldrake si chiama così solo in Italia), abbiano evocato quegli anni mi ha divertito ed emozionato.
Poi mi sarei emozionato anche se si fosse chiamato “the Trota study”, perché stiamo dietro a quest’ipotesi da anni, e vedere che finalmente si vanno a scoprire le carte mi riempie di attesa.
Se solo in questo sciagurato Paese la ricerca fosse finanziata meglio (non di più), forse avremmo potuto essere i protagonisti di questa avventura, ma si dovevano inseguire gli aquiloni pontini, e già ci va bene che questa bella idea abbia comunque attecchito altrove.
…Va’, distruggi il male, va’! ;)


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Re: R: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli

Messaggio da admeto » venerdì 4 luglio 2014, 9:24

Anche se usa un farmaco già approvato questa sperimentazione dovrà seguire le consuete fasi I, II e III, vero? Il solo tempo che si potrebbe risparmiare è quello per la registrazione?



Dora
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Re: R: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli

Messaggio da Dora » venerdì 4 luglio 2014, 17:30

admeto ha scritto:Anche se usa un farmaco già approvato questa sperimentazione dovrà seguire le consuete fasi I, II e III, vero? Il solo tempo che si potrebbe risparmiare è quello per la registrazione?
Admeto, poiché il farmaco è già approvato, le fasi I e II possono essere accorpate. Resta comunque da dimostrare che quel farmaco è sicuro e tollerabile in combinazione con gli antiretrovirali.
Io speravo che, in occasione della partenza del trial clinico, arrivasse da parte dell'Istituto Superiore di Sanità un comunicato stampa, che descrivesse la sperimentazione. Purtroppo non è stato così - e temo che la situazione di estrema tensione in cui si trova da qualche tempo abbia fatto perdere all'ISS l'opportunità di far notare al mondo che questa è la prima ricerca di ispirazione italiana e collaborazione internazionale destinata a trovare una cura dell'infezione da HIV che arrivi in fase clinica.
Ho quindi rivolto un paio di domande direttamente al dottor Andrea Savarino, che di questa strategia è il padre. Mi auguro che nelle sue risposte tu possa trovare le informazioni che cerchi.



● Quando, esattamente un anno fa, è uscito l’articolo su Retrovirology, il comunicato stampa dell’Istituto Superiore di Sanità che accompagnava l’articolo annunciava che la sperimentazione clinica sarebbe cominciata ad inizio 2014. Quando poi lo scorso dicembre avete portato al workshop sui reservoir di Miami un approfondimento della vostra ricerca, con il buon risultato ottenuto sui macachi che avevano ricevuto il protocollo completo di potente ART, auranofin e BSO, sembrava ancora che qualcosa bloccasse il passaggio alla fase clinica e, nella breve intervista che mi hai rilasciato, mi spiegavi che le motivazioni del ritardo non erano da cercare in qualche impedimento di natura scientifica, ma nel mancato interesse per la vostra ricerca da parte del Ministero della Salute e nella mancanza di fondi.
Ora la sperimentazione è finalmente in partenza – purtroppo non in Italia. Che cosa è accaduto nel corso dell’ultimo anno?


Vedendo lo scarso interesse sulla mia ricerca in Italia, sono andato negli USA dove ho discusso con persone motivate e competenti. Ne è nato il programma che hai discusso in questo thread. Purtroppo gli USA hanno molte lungaggini burocratiche, che è assolutamente necessario rispettare. Al mio ritorno in Italia ero finalmente riuscito a sbloccare la situazione, ma il ministro Lorenzin ha avviato le pratiche di commissariamento dell'Istituto, cosa che -inutile negare- certo non aiuta le nuove ricerche a decollare rapidamente. Non vorrei che le polemiche recentemente scatenatesi sul vaccino Tat, su cui, per correttezza professionale, non mi esprimo, essendo il fautore di una teoria sulla cura in conflitto con quella della Dr.ssa Ensoli, venissero usate da taluni come pretesto per bloccare in generale la ricerca italiana sulla cura dell'AIDS. Il commissariamento, che non si è ben capito in che cosa consisterà, inoltre è preoccupante non solo per la mia ricerca ma per tutto l'Istituto.

Tornando all'approccio da me seguito, la sua innovatività è, fra l'altro, stata recentemente riconosciuta dal governo americano, che ha concesso licenza brevettuale all'ISS sull'approccio. Bloccare questa ricerca significa anche favorire le farmaceutiche che hanno brevetti in competizione. Ve ne sono molti, di cui ho visto che hai ampiamente discusso con grande competenza.


● La sperimentazione americana parte come trial di fase I/II e scopo primario è la valutazione di sicurezza e tollerabilità della soministrazione di auranofin. Manca la terza componente del protocollo completo – la BSO – e manca l’interruzione della terapia allo scopo di ricreare artificialmente una fase acuta, da cui ripartire per instaurare un controllo della viremia in assenza di farmaci, che è l’obiettivo intermedio cui la vostra strategia mira per raggiungere la cura dell’infezione.
Tutti i trial clinici fatti o iniziati finora volti a cercare una cura sono impostati così, con moltissima cautela. In Italia, di grandi discussioni sulla necessità e urgenza di arrivare a una cura purtroppo non se ne vedono. Ma nel mondo anglosassone è il tema in assoluto più dibattuto e vede la stretta cooperazione di scienziati, autorità regolatorie e attivisti, che stanno lavorando insieme per arrivare a impostare delle sperimentazioni cliniche in cui sia possibile valutare l’efficacia di strategie di cura senza però mai trascurare la tutela dei partecipanti ai trial che, non dimentichiamolo, sono persone la cui infezione è molto ben controllata tramite la ART.
Vorrei che mi spiegassi perché anche con auranofin, che è un farmaco già approvato e il cui profilo di tossicità è ben noto, si è deciso di muoversi con i piedi di piombo.


Purtroppo l'unica ricerca che è riuscita ad andare avanti sugli umani in modo velocissimo è quella della Sangamo. A prescindere dai risultati ottenuti, anche la ricerca sul vorinostat stesso, che pur ha una grande farmaceutica dietro, è proceduta con molta cautela. Non c'è quindi da stupirsi se negli USA si applichi molta cautela ad una ricerca innovativa, oltre tutto proposta da un italiano.

A tale proposito, continuo a dire che varie iniziative proposte dall'Italia non aiutano certo ad innalzare l'immagine della ricerca sanitaria italiana all'estero. Guardiamo ad esempio le priorità dettate del ministro Lorenzin per il semestre UE a guida italiana. Mentre in altri paesi come gli USA o la Francia la ricerca di una cura per HIV/AIDS è considerata una priorità, qui si parla solo di prevenzione. Sono poi rimasto allibito vedendo che gli studi su malattie da Orbivirus superano la ricerca sulla cura per HIV/AIDS nella scala di priorità. Gli Orbivirus determinano malattie come "blue tongue" (lingua blu) nelle pecore e solo molto raramente colpiscono l'uomo, specie in Europa.


● Quando sostanze antilatenza su cui si riponevano molte speranze sono state messe alla prova in sperimentazioni cliniche, i risultati sono stati assai deludenti. Buona parte delle ragioni del “fallimento” di quei trial è stata attribuita a una sorta di sfasamento fra i modelli cellulari su cui i farmaci antilatenza erano stati testati e la maggiore complessità dei processi di riattivazione del virus latente nell’organismo dei pazienti.
La sperimentazione su auranofin, per certi versi, parte avvantaggiata, perché i risultati su cui si basa sono quelli ottenuti con i macachi. Siamo un passo ben oltre i sistemi cellulari. È così?


Sì. Ricordiamoci che la ricerca sugli inibitori delle istone deacetilasi in generale è partita svantaggiata perché i dati non sono nemmeno stati promettenti nel modello di scimmia. L'approccio da noi seguito è fin ora una delle ricerche rivelatesi più promettenti sui primati. Ma, nonostante l’uomo e il macaco condividano il 93% del DNA, non si può escludere che le nostre iniziative cliniche possano non essere coronate da successo. Ricordo quindi che, non esistendo al momento ancora una cura per l’AIDS né un vaccino, è consigliabile non abbassare la guardia con la prevenzione. Raccomando anche a chi ha contratto il virus una stretta aderenza alle terapie antiretrovirali, che sono al momento l’arma migliore per avere una normale aspettativa di vita.






Vai contro i mostri lanciati da Vega
Vai ché il tuo cuore nessuno lo piega
e la razza umana non morirà...

(Certo, non a causa degli Orbivirus :lol: )



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da uffa2 » venerdì 4 luglio 2014, 19:27

Andrea Savarino è stato veramente molto gentile a rispondere alle tue domande, perché ha permesso di chiarire alcune cose importanti e perché in questi giorni chi lavora all'ISS credo viva un momento un po' critico, per cui la sua disponibilità è doppiamente meritoria.
Speriamo che le sue intuizioni trovino, anche se fuori dai nostri confini, una robusta conferma.

Circa gli orbivirus...
ma si può essere più sfortunati di così?
:twisted:


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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » lunedì 7 luglio 2014, 16:55

Ho pensato di ascoltare una voce indipendente. Ho dunque rivolto al professor Guido Silvestri, Emory University, delle domande sulla ricerca del dottor Savarino e sulla sperimentazione clinica in partenza. Con grande gentilezza, mi ha risposto (grazie!).


● Quali sono, a suo parere, i punti di forza e di debolezza del razionale ART + auranofin + BSO?

L'idea di usare Auranofin e BSO per ridurre i reservoir virali in corso di ART e' innovativa ed ha un suo razionale ben definito. Questa idea e' stata sviluppata dal Dr. Savarino in alcuni interessanti lavori sul modello SIV nel macaco. Al momento pero' i dati anche se promettenti sono limitati come numero di scimmie trattate ed il trial clinico non e' neanche cominciato. Quindi come sempre bisogna limitare gli entusiasmi, ed infatti Savarino ed i suoi mi sembrano, giustamente, molto cauti in questo senso, e sempre pronti a mettersi in discussione se si levano delle voci critiche.


● L’impostazione del trial clinico in partenza in Florida rispecchia l’impostazione di altre sperimentazioni quali quelle fatte finora sugli HDACi ed è improntata alla massima cautela: dosaggi gradualmente aumentati, nessuna interruzione della ART; solo la somministrazione di auranofin viene estesa a coprire 12 settimane, mentre nel caso del vorinostat si è arrivati al massimo a 2 settimane. È quello che si è imposto come standard in sperimentazioni di questo tipo, oppure la cautela è d’obbligo anche con un farmaco approvato e dal profilo di tossicità ben noto come auranofin?

Credo che la cautela sia sempre molto utile in questo tipo di studi "pilota", quindi penso che l'impostazione del trial clinico di cui lei parla sia valida.


● Gli studi sui modelli animali, in particolare sui macachi infetti da SIV, quanto possono essere predittivi dei risultati che si hanno quando si passa alle sperimentazioni su esseri umani? In particolare, lavorando su scimmie, Savarino ha osservato l’instaurarsi di un ottimo e prolungato controllo delle viremie in assenza di ART in due macachi che avevano ricevuto il protocollo completo di auranofin + BSO, tanto che ha parlato del raggiungimento di uno stato di “cura funzionale”. Immaginando che si riesca ad arrivare ad un trial clinico in cui venga messo alla prova il protocollo completo, quali sono le caratteristiche umane che potrebbero non corrispondere a quanto visto nei macachi?

Il modello preclinico SIV nel macaco e' utilissimo, forse e' il miglior modello proclitico che abbiamo mai avuto per una malattia umana, ma non e' detto che questi dati prevedano al 100% quello che succederà' negli uomini. Il ruolo fondamentale del modello e' di creare le basi ed il razionale per studi clinici successivi, come e' appunto avvenuto in questo caso.


● La strategia di cura dell’infezione da HIV perseguita da Andrea Savarino è la prima ricerca di ispirazione italiana ad arrivare in fase clinica. Il fatto che, però, la sperimentazione clinica si svolga all’estero, sembra costituire uno scacco per la ricerca italiana. Un’occasione mancata per ridare credibilità a un’istituzione – l’ISS – la cui immagine è notevolmente appannata dalle vicende di questi ultimi mesi. L’impressione che ne ho tratto io, al di là delle polemiche e della situazione oggettivamente difficile in cui versa l’ISS con il commissariamento, è che in Italia non ci sia un grande interesse per il tema della cura. E la priorità data agli studi sugli orbivirus nel semestre di presidenza italiana della UE, senza nulla togliere alla preoccupazione per la salute delle pecore, mi pare una conferma di questo sguardo disattento alla malattia da HIV. Mentre nel resto del mondo non si fa altro che discuterne, qui pare che di curare l’infezione da HIV interessi a pochi. Condivide questa mia impressione?

Come lei sa io vivo fuori dall'Italia, quindi mi e' difficile commentare su cosa sia percepito o meno come una priorità nell'ambito della ricerca sull'AIDS (o sui virus in generale) a livello di politica, pubblica amministrazioni, media etc. Credo che la cosa più' importante sia mantenere una comunicazione aperta, trasparente, e soprattutto onesta tra tutte le parti in causa. Quanto al fatto che questo studio si faccia in Florida anziché a Roma non mi sembra un problema... l'importante e' che si arrivi a guarire questa infezione, non se il trial viene fatto in un posto o nell'altro.



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