Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivazione

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivazione

Messaggio da Dora » mercoledì 7 gennaio 2015, 13:30

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Raymond Schinazi è un grande farmacologo, il padre di un numero impressionante di antiretrovirali contro l’HIV (emtricitabina, lamivudina, stavudina …) e anche di farmaci contro l’HCV e l’HBV (telbivudina).
Nato in una famiglia di commercianti ebrei di Alessandria, da bambino dovette scappare dall’Egitto di Nasser dopo la crisi di Suez del 1956, abbandonando tutto ciò che la famiglia possedeva. E proprio all’Egitto, che ha la maggior prevalenza al mondo di epatite C, Gilead l’anno scorso ha “regalato”, per un centesimo del suo costo negli Stati Uniti, Sovaldi – l’ultimo farmaco inventato da Schinazi che, con uno stile di basso profilo che abbiamo imparato ad apprezzare un paio d’anni fa, si è limitato a commentare: “Quello che accade in Egitto è molto triste, ma l’ironia è che questo ragazzino ebreo nato in Egitto ha inventato un farmaco che può salvare gli egiziani”.

Ho deciso di parlare oggi di una delle ricerche di Schinazi, perché è stata presentata il mese scorso a Miami, in occasione dell’HIV DART 2014, e si appresta a entrare in fase clinica, in un trial finanziato insieme da NIH e ACTG.
Inoltre, mi affascina l’idea di “cura funzionale” sottostante al progetto, perché è speculare rispetto ai vari tentativi di “shock and kill” che abbiamo visto in questi anni: invece di svegliare il virus dalla latenza per poi distruggerlo insieme alle cellule infette riattivate, l’idea di Schinazi è al contrario di sopprimere l’HIV, di impedirgli di riattivarsi quando è in latenza, rendendolo così simile alle decine di virus soppressi che ospitiamo nei nostri corpi, che possono riattivarsi solo quando il nostro sistema immunitario è seriamente compromesso.

Una via per arrivare a questo tipo di cura è, secondo Schinazi, quella che passa attraverso il blocco del percorso JAK-STAT.

Le Janus chinasi appartengono alla famiglia delle chinasi, la più grande famiglia di enzimi esistente in natura - “Just Another Kinase” (JAK) furono infatti chiamate quando vennero scoperte e solo in seguito è intervenuto il riferimento a Giano, il dio dalle due facce. Questi enzimi hanno il compito di attivare dei fattori di trascrizione – cioè delle proteine - chiamati STAT (Signal Transducers of Activated Transcription) che, interagendo con specifiche sequenze di DNA nel nucleo delle cellule, innescano l’espressione di specifici geni che regolano diversi aspetti della crescita, della sopravvivenza e della differenziazione cellulare.

Questo meccanismo, che si osserva sovente disfunzionale nei tumori, in cui porta a un aumento di angiogenesi e quindi a una aumentata sopravvivenza delle cellule tumorali, si attiva presto anche durante l’infezione da HIV e si attiva in diversi tipi di cellule target del virus, dai linfociti ai macrofagi. Questo causa l’innescarsi di una cascata di eventi che comportano

  • - la produzione di fattori infiammatori,
    - l’iperattivazione delle cellule infette,
    - l’induzione omeostatica – via IL-7 e IL-15 – della proliferazione dei CD4 della memoria centrale e transitoria e dei CD4 simil staminali, che contribuisce al mantenimento del reservoir di HIV latente,
    - una disfunzione immune generalizzata in siti diversi, compresi il tratto gastrointestinale e il sistema nervoso centrale.


Come abbiamo più volte ricordato - soprattutto parlando del lavoro di Steven Deeks nel thread Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica? - l’attivazione immunitaria e l’infiammazione, oltre a causare danni d’organo, disfunzione immune e traslocazione microbica, sono responsabili di diversi eventi, che favoriscono la persistenza dell’HIV pur in presenza di terapia antiretrovirale soppressiva e vanno

  • - dalla aumentata produzione di virus nelle cellule infette
    - alla predisposizione a infettarsi delle cellule vicine a una cellula infetta,
    - al reclutamento di cellule target non infette nei siti di infezione,
    - alla riattivazione di virus latente nei reservoir.


Insomma, l’infiammazione è un elemento chiave per capire la difficoltà di eradicare l’HIV ed è una questione chiave da affrontare se si vuole arrivare a una cura dell'infezione.

È dunque evidente che l’inibizione farmacologica del meccanismo JAK-STAT, impedendo una serie di eventi immunomodulati dall’HIV in diversi tipi di cellule, può indirettamente aiutare a inibire la replicazione del virus.
Ed è possibile che un trattamento di durata limitata con qualche farmaco che interferisca nel meccanismo JAK-STAT comporti più alti numeri di CD4, più bassi livelli di attivazione immunitaria e di infiammazione cronica e dunque, nel complesso, una migliore sopravvivenza libera dagli innumerevoli disturbi causati da infiammazione e attivazione.

Da qualche anno Raymond Schinazi e il suo gruppo di lavoro a Emory studiano i JAK inibitori – due, in particolare, che sono di recente stati approvati per trattare patologie autoinfiammatorie: il ruxolitinib (Jakafi o Jakavi), contro la mielofibrosi, che è una patologia in cui il midollo osseo viene sostituito da tessuto fibrotico e in cui sono coinvolte molte citochine infiammatorie coinvolte anche nell’infezione da HIV, e il tofacitinib (Xeljanz), contro l’artrite reumatoide (ma funziona pure contro l’alopecia).

Entrambi questi farmaci, bloccando la trasduzione del segnale che le Janus chinasi inviano alle STAT, hanno dimostrato - in vitro su linfociti e macrofagi e in vivo nei macachi - non soltanto di bloccare la produzione di citochine infiammatorie (in particolare IL-6, TNF-α e IL-10), come ci si poteva attendere trattandosi di farmaci anti-infiammatori, ma anche di regolare lo stato di attivazione delle cellule, rendendo le cellule sane attorno a una cellula infetta meno suscettibili di essere infettate e impedendo quindi all’HIV di diffondersi.

Inoltre, ruxolitinib e tofacitinib hanno dimostrato di avere anche una capacità inattesa: un’attività direttamente antivirale, che sopprime la replicazione dell’HIV nelle cellule, e un’inibizione della riattivazione dell’HIV latente.
Il tutto a dosaggi molto bassi (submicromolari) dei farmaci, senza tossicità significative sulle cellule, senza la selezione di virus resistenti e, per di più, agendo contro ceppi di HIV resistenti ai principali NRTI.

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Il fatto che si sia vista in vitro un’attività antivirale diretta nei macrofagi, oltre a quella mediata dalla diminuzione dell’infiammazione, suggerisce poi che in vivo questi due JAK inibitori siano in grado di bloccare la replicazione dell’HIV nei reservoir virali presenti in cellule della linea mieloide (i macrofagi e le microglia), riuscendo così a colpire la replicazione virale attiva che persiste in questi comparti cellulari raggiunti in modo subottimale dagli antiretrovirali standard. Passando la barriera ematoencefalica, i JAK inibitori potrebbero ridurre la disfunzione neurocognitiva associata all’HIV, che si associa a sua volta con gli eventi infiammatori che si verificano nel sistema nervoso centrale.

Sulla base dei risultati molto incoraggianti visti nei macachi con infezione cronica da SIV, nei quali, trattati con dosi di Jakafi che corrispondono a 10 mg due volte al giorno negli uomini, si è confermato che non si aveva nessun aumento nelle viremie, all’HIV DART è stato reso pubblico il protocollo di una sperimentazione clinica congiunta NIH-ACTG, che in una riunione dell'ACTG network a inizio dicembre veniva data "in sviluppo".

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Lo studio A5336 su Jakafi è un trial multicentrico di fase IIa, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo.
Durerà 12 settimane, durante le quali verranno fatte 9 visite. Saranno arruolate 60 persone stabilmente in ART, con viremia soppressa da almeno 2 anni e almeno 350 CD4.
I regimi terapeutici devono includere TDF/FTC, ABC/3TC più un NNRTI o un INSTI per almeno due mesi.
La randomizzazione 3:1 comporterà che 10 mg di ruxolitinib siano somministrati oralmente due volte al giorno a 40 pazienti e un placebo a 20 per 5 settimane, seguite da 7 settimane di follow up.
Obiettivi primari della sperimentazione saranno la valutazione della sicurezza e tollerabilità del farmaco e il confronto dei livelli di IL-6 nei pazienti trattati con ruxolitinib e in quelli trattati con placebo durante le 5 settimane di trattamento.
Obiettivi secondari saranno la valutazione di una serie di marker di infiammazione e di attivazione e la misurazione mediante single copy assay (SCA) dell’HIV RNA nel plasma, dell’HIV DNA integrato e dei circoli 2 LTR.

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FONTI:



ThunderGuy
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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da ThunderGuy » mercoledì 7 gennaio 2015, 17:46

Si usano anche per trattare l'ostico HTLV. Sono efficaci, pare, ma molto pericolosi (possono causare linfomi). Abbassano le difese immunitarie in maniera importante, che io sappia.

Sicuramente però i JAK inhibitors rappresentano il futuro, anche per trattare tutta una serie di (devastanti) malattie autoimmuni (Artrite Reumatoide, Sclerosi Multipla)…

PS: Il Tofacitinib NON è stato approvato in Europa, a fronte di uno sfavorevole rapporto rischi/benefici.



Dora
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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da Dora » mercoledì 7 gennaio 2015, 18:00

ThunderGuy ha scritto:Il Tofacitinib NON è stato approvato in Europa, a fronte di uno sfavorevole rapporto rischi/benefici.
Vero, è stato finora approvato solo in Svizzera (e Russia e Turchia). Ma a quanto pare Pfizer non demorde e sta raccogliendo nuovi dati per caratterizzare meglio il profilo di sicurezza e rifare domanda all'EMA (fonte, giugno 2014: http://press.pfizer.com/press-release/p ... thritis-be).

E vorrei aggiungere una cosa per tranquillizzare un po' tutti: questi farmaci, quando sono usati per trattare patologie autoimmuni, vengono dati per periodi lunghissimi, mesi e addirittura anni. Nei trial finalizzati a trovare una cura dell'HIV, la somministrazione è di poche settimane. Questo dovrebbe consentire di limitare molto i possibili danni.
Credo valga per i JAK inibitori lo stesso discorso che sta valendo per gli HDACi e i vari altri farmaci testati nei trial per la cura.



ThunderGuy
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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da ThunderGuy » mercoledì 7 gennaio 2015, 18:07

Dora ha scritto: E vorrei aggiungere una cosa per tranquillizzare un po' tutti: questi farmaci, quando sono usati per trattare patologie autoimmuni, vengono dati per periodi lunghissimi, mesi e addirittura anni. Nei trial finalizzati a trovare una cura dell'HIV, la somministrazione è di poche settimane. Questo dovrebbe consentire di limitare molto i possibili danni.
Credo valga per i JAK inibitori lo stesso discorso che sta valendo per gli HDACi e i vari altri farmaci testati nei trial per la cura.

Giusta precisazione… grazie per l'ottimo lavoro, ci dai sempre notizie di speranza. Io non ho HIV, ma ho i miei problemi.. quindi queste notizie comunque rallegrano anche me ;)



Dora
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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da Dora » sabato 29 luglio 2017, 15:54

IAS 2017 - I JAK INIBITORI IN UNA STRATEGIA DI CURA DI TIPO "BLOCK AND LOCK"

Mentre il trial di fase II di cui si parla nel post che ha dato inizio a questo thread è ancora in corso e si attendono i primi dati fra 6-8 mesi, Christina Gavegnano, Emory University, ha presentato a Parigi un poster in cui è stata studiata la capacità del JAK inibitore Ruxolitinib di bloccare eventi che impediscono l'eradicazione di HIV: Jak Inhibitors Employ Novel Mechanisms to Block Reservoir Seeding and HIV Persistence.

In particolare, l'obiettivo era capire - lavorando su linee cellulari e su CD4 di persone in terapia soppressiva - se questo JAKi è capace di bloccare:

  • - la replicazione di HIV
    - l'infezione e attivazione delle cellule circostanti
    - i marker di proliferazione omeostatica del reservoir
    - le dimensioni del reservoir stesso
    - l'espansione del reservoir.


I CD4 sono dunque stati messi a coltura per 6 giorni con JAKi + IL-15, oppure con JAKi + AZT/EFV/RAL e la misurazione di un gran numero di marker ha dimostrato che il JAK inibitore, in dosi nanomolari, è riuscito a inibire la replicazione di HIV nei CD4, sia in vitro, sia ex vivo. E questo l'ha fatto

  • - bloccando l'induzione del reservoir (cioè la produzione di virus) che viene attuata da 3 interleuchine: IL-2, IL-7 e IL-15
    - bloccando la sovraregolazione del CCR5 nei CD4, che è indotta dalla presenza del virus e che permette al virus di infettare comodamente le cellule
    - bloccando la riattivazione del virus latente indotta dall'IL-15 o dalla PMA
    - bloccando la proliferazione dei CD4 circostanti e quindi la loro infezione
    - diminuendo la frequenza di CD4 che contengono HIV DNA integrato.


Le conclusioni dei ricercatori di Emory sono che, dal momento che l'attivazione del meccanismo JAK-STAT si correla in vivo con i marker che indicano la persistenza di HIV, comprese le dimensioni del reservoir latente, bloccare farmacologicamente questo meccanismo significa ridurre sia i marker di persistenza virale, sia la replicazione del virus, l'attivazione da esso indotta, l'infiammazione, le dimensioni del reservoir, il mantenimento e l'espansione delle cellule latentemente infette.

Tutto questo sembra funzionare bene in vitro ed ex vivo. I risultati del trial clinico ci diranno se continua a funzionare anche in vivo e se i JAK inibitori potrebbero essere usati per raggiungere uno stato di cura funzionale, che permetta di sospendere gli antiretrovirali senza avere rebound della viremia.

Questa è una strategia opposta allo "shock and kill" e invece molto simile a quella perseguita da Susana Valente con la cortistatina-A. Valente le ha dato recentemente un nome: "block and lock" - mettere il virus perennemente in sonno, impedirgli di svegliarsi, lasciarlo lì, chiuso a chiave nel genoma delle cellule latentemente infette.


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Un altro JAKi candidato alla sperimentazione clinica: il baracitinib (cfr. abstract #OA2-2, C. Gavegnano, Jak inhibitors employ novel mechanisms to block reservoir seeding and HIV persistence - nel I Libro degli abstract del Forum sulla Cura).



Semola
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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da Semola » domenica 30 luglio 2017, 9:12

Io credo fortemente che tra qualche hanno il ruxolitinib sarà incluso nella serie di farmaci per la cura.
E non lo dico così a random ma questo è un farmaco molto interessante.
Questo è dovuto in parte all'effetto pan che ruxolitinib ha sul sistema immunitario, dai macrofaci ai linfociti favorendone, diciamo così, "il flusso di differenziamento"...
Da una parte blocca la proliferazionene dei T che sono il target prediletto dell'HIV e in cui si replica, dall'altra favorisce la formazione di linfociti T più "maturi" tipo i Treg. Anche per le altre componenti della risposta innata ha un bell' effetto tipo sui macrofagi che, modificandone le citochine, favoriscono la differenziazione anche delle B con produzioni di anticorpi più specifici.

Credo però che non avrà lo stesso impatto della cortistatina-A in un'ipotetica strategia di "block and lock" perchè non ha grande attività epigenetica come ce l'ha la molecola della Valente. Ad essere onesto, questa tecnica della Valente non mi entsiasma più di tanto... Anche se per una cura, per lo meno funzionale, potrebbe dare qualche informazione in più... vediamo i risultati che darà!



Blast
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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da Blast » mercoledì 2 agosto 2017, 20:15

Io invece credo che, dal momento che il pathway JAK/STAT è uno dei più comuni, e che tra l'altro caratterizza anche il signaling delle citochine ANTI-infiammatorie (e.g. IL4-JAK-STAT6, IL10-JAK-STAT3), in vivo potrebbe dare un bel po' di problemini. Ma è solo una mia opinione.


CIAO GIOIE

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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da Semola » mercoledì 2 agosto 2017, 22:11

Blast ha scritto:Io invece credo che, dal momento che il pathway JAK/STAT è uno dei più comuni, e che tra l'altro caratterizza anche il signaling delle citochine ANTI-infiammatorie (e.g. IL4-JAK-STAT6, IL10-JAK-STAT3), in vivo potrebbe dare un bel po' di problemini. Ma è solo una mia opinione.
Si, senza dubbio in alcuni contesti patologici si è visto che possono avere un effetto deletereo per alcuni loro effetti sulle componenti anti-infiammatorie delel citochine.
Secondo me, potrebbe valere la pena di testarli in pazienti con HIV che hanno un milieu di citochine decisamente sbilanciao sulla componente pro-infiammatoria.
Nel mieloma multipo hanno avuto una grande efficacia.



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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da Dora » giovedì 3 agosto 2017, 5:19

Semola ha scritto:Secondo me, potrebbe valere la pena di testarli in pazienti con HIV che hanno un milieu di citochine decisamente sbilanciao sulla componente pro-infiammatoria.
Cioè - praticamente - tutti.

Dato che non vorrei che qualcuno avesse l'impressione che Raymond Schinazi è un signor nessuno che si diletta di immunologia e virologia, se non è chiaro qualcosa nell'introduzione al thread, per favore fatemelo sapere e cercherò di spiegare meglio.
Per orientarsi nei problemi dell'infiammazione, suggerisco il thread Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica? e in particolare questo post, scritto di recente: ACCHIAPPA LA TALPA! Aggiornamento sugli interventi clinici contro l'attivazione immunitaria/infiammazione e sui marker contro i quali tentare interventi terapeutici



Semola
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Re: Schinazi: JAK inibitori contro infiammazione e riattivaz

Messaggio da Semola » giovedì 3 agosto 2017, 20:09

Dora ha scritto:Semola ha scritto:
Secondo me, potrebbe valere la pena di testarli in pazienti con HIV che hanno un milieu di citochine decisamente sbilanciao sulla componente pro-infiammatoria.

Cioè - praticamente - tutti.

Dato che non vorrei che qualcuno avesse l'impressione che Raymond Schinazi è un signor nessuno che si diletta di immunologia e virologia, se non è chiaro qualcosa nell'introduzione al thread, per favore fatemelo sapere e cercherò di spiegare meglio.
Per orientarsi nei problemi dell'infiammazione, suggerisco il thread Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica? e in particolare questo post, scritto di recente: ACCHIAPPA LA TALPA! Aggiornamento sugli interventi clinici contro l'attivazione immunitaria/infiammazione e sui marker contro i quali tentare interventi terapeutici

Bhe si, è esattamente quello che dicevo... Vale la pena provarli nei pazienti con HIV che hanno, TUTTI, una alta componente pro-infiammatoria.
Era semplicemente per dire che l'effetto benefico dei JAK inibitori potrbbe essere considerevole in condizioni di estrema infiammazione come l'HIV e non avere quegli effetti deleterei visti in altre atologie autoimmuni dove l'infiammazione è meno generalizzata e più mirata ad auto-antigeni... tutto qui, forse mi sono espresso male!



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