COVID-19: la ricerca di una cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » domenica 6 dicembre 2020, 7:38

Dora ha scritto:
venerdì 18 settembre 2020, 14:33
Dora ha scritto:
giovedì 16 aprile 2020, 6:36
EIDD-2801: UN ANTIVIRALE CHE SFRUTTA LA MUTAGENESI LETALE

Non risveglia ricordi gioiosi, la mutagenesi letale, in chi ha seguito le vicende di Koronis Pharma e il suo KP-1461 contro HIV. Ma è una carta che viene giocata spesso quando non si sa bene come aggredire un virus e si cerca di rivolgergli contro la sua capacità di mutare verso versioni di sé progressivamente meno virulente. Infatti, all'inizio dell'epidemia di nuovo coronavirus è stata subito proposta l'opzione della ribavirina, un farmaco usato nelle vecchie terapie contro HCV, noto proprio per la sua capacità di accelerare il tasso di mutazioni dei virus. Non mi pare abbia avuto successo, ma oggi è il momento di parlare di EIDD-2801, un antivirale nuovo, uscito dai laboratori dell'Emory Institute for Drug Development (EIDD) di Atlanta e della University of North Carolina at Chapel Hill.

[...]

Su Science Translational Medicine, il 6 aprile scorso, è uscito

An orally bioavailable broad-spectrum antiviral inhibits SARS-CoV-2 in human airway epithelial cell cultures and multiple coronaviruses in mice

In questo lavoro, l'epidemiologo della University of North Carolina Ralph Baric e colleghi descrivono l'inibizione di SARS-CoV-2 in cellule umane, e di coronavirus affini come SARS- e MERS-CoV in topi, da parte di un nuovo antivirale ad ampio spettro studiato inizialmente contro l'influenza: l'analogo ribonucleosidico EIDD-1931 (β-D-N4-idrossicitidina, un profarmaco dell'NHC - N-idrossicitidina), di cui esiste una versione, l'EIDD-2801, che può comodamente essere somministrata per bocca, a differenza ad esempio del remdesivir che deve essere iniettato.

EIDD-2801, e in generale l'NHC, ha un meccanismo d'azione che si basa sul concetto di mutagenesi letale: durante il processo di replicazione del codice genetico virale, l'NHC si inserisce al posto della citosina o dell'uracile, causando in questo modo un progressivo accumularsi di errori nell'RNA virale, che esitano nell'impossibilità per il virus di replicarsi.

I ricercatori della Emory, insieme a colleghi della University of North Carolina, Chapel Hill, hanno studiato l'attività antivirale e il meccanismo d'azione dell'NHC contro diversi tipi di coronavirus e hanno visto che è in grado di inibirne la replicazione sia in diversi modelli cellulari, sia in vivo nei topi infettati con SARS-CoV-1 e MERS-CoV.
Hanno inoltre confermato che l'attività antivirale di questa molecola in vitro si associa a un aumento del tasso di mutazione virale.

[...]

Nei modelli in vivo, benché modelli murini con SARS-CoV-2 ancora non esistano e quindi gli esperimenti siano stati fatti con topi infettati con SARS-CoV-1 e con MERS-CoV, si è visto che la massima efficacia terapeutica si ottiene quando il farmaco è somministrato presto e diminuisce con l'aumentare della viremia e il progredire dell'infezione. Una caratteristica che ritroviamo ogni volta che si deve curare un'infezione virale.
Qui si è osservato che, se sommnistrato nelle prime 12-24 ore dopo l'infezione (ma sono topi, per l'uomo la finestra di opportunità è senz'altro più ampia), l'EIDD-2801 riesce a ridurre sia il danno polmonare, sia la perdita di peso.
Si potrebbe quindi anche pensare a un uso profilattico del farmaco, soprattutto in contesti ad alto rischio, ad esempio per gli operatori sanitari.

Un aspetto particolarmente interessante di questo lavoro è la dimostrazione che l'NHC è efficace contro diversi coronavirus che hanno sviluppato mutazioni resistenti al remdesivir.

[...]

È in uscita proprio in questi giorni sul Journal of Transitional Medicine un affascinante lavoro italiano, fatto in collaborazione con niente di meno che Robert Gallo, che mostra la grande variabilità della RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRp), una fondamentale proteina del SARS-CoV-2 contro cui dovrebbe agire il remdesivir, che è appunto un antivirale che ha per bersaglio la RNA-polimerasi. Il rischio che questo farmaco selezioni mutazioni resistenti è molto alto e questo lo si sta già osservando in Europa, quindi avere la possibilità di usarlo in combinazione con altri farmaci - in una terapia combinata come si fa contro HIV, non a caso un altro virus a RNA - diventa una priorità.

I dati esposti nel lavoro di Baric e colleghi supportano lo sviluppo clinico dell'EIDD-2801, quindi nel comunicato stampa si prevede l'inizio delle sperimentazioni sull'uomo per la tarda primavera.

Da EIDD-2801 a MK-4482 (il cugino bello del remdesivir cambia nome)

Non ho tempo di preparare un post sul cambiamento di nome dell'EIDD-2801, acquisito da Merck e diventato MK-4482 in attesa di ricevere un nome vero e proprio - ne scriverò uno quando usciranno i risultati della sperimentazione. [...]
Immagini nei post originari


DA MK-4482/EIDD-2801 A MOLNUPIRAVIR: sperimentato nei furetti, blocca la trasmissione di SARS-CoV-2

Delle sperimentazioni cliniche del cugino bello del remdesivir non si sa ancora nulla, anche se penso avremo presto notizie perché uno dei trial è stato completato. In compenso, è appena stato pubblicato su Nature Microbiology un lavoro di ricercatori della Georgia State University basato sui furetti, un modello animale adatto a ricapitolare l'infezione da SARS-CoV-2 come si manifesta prevalentemente nei giovani sani, perché presenta facile trasmissibilità del virus e scarsa patogenicità (malattia asintomatica o con sintomi lievi), quindi va bene per testare l'impatto terapeutico di un farmaco sulla trasmissione del coronavirus:

Therapeutically administered ribonucleoside analogue MK-4482/EIDD-2801 blocks SARS-CoV-2 transmission in ferrets

I ricercatori guidati da Richard Plemper hanno anzitutto descritto e validato il modello animale: i furetti si infettano molto facilmente con il SARS-CoV-2 e altrettanto facilmente e rapidamente lo trasmettono a quelli che stanno nelle vicinanze sia mediante contatto diretto delle secrezioni nasali, sia per via aerea (droplets e aerosol); a loro volta questi in nemmeno un giorno cominciano a trasmettere virus (dettagli nell'articolo).

Poi hanno infettato alcuni furetti e iniziato il trattamento con MK-4482/EIDD-2801 (che dal comunicato stampa sembra aver finalmente ricevuto un nome da antivirale: molnupiravir) nel momento in cui gli animali hanno iniziato a spargere virus dal naso.
Hanno così potuto misurare l'efficacia del farmaco - che, lo ricordo ancora una volta perché è un suo punto di forza, a differenza del remdesivir si somministra oralmente - contro SARS-CoV-2: il trattamento dei furetti con MK-4482/EIDD-2801 ha ridotto in modo significativo le viremie entro sole 12 ore dalla somministrazione in diversi gruppi di dosaggio. Dettagli qui:

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Poi hanno messo i furetti infettati e trattati con il farmaco nella stessa gabbia con furetti sani e hanno potuto constatare che nessun furetto sano si è infettato.

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Il farmaco dunque, che è stato ben tollerato, si è comportato come un antivirale che si rispetti (meglio del remdesivir, insomma, dei cui effetti sulle viremie le sperimentazioni che hanno portato all'approvazione hanno sempre prudentemente taciuto): entro 24 ore dalla prima somministrazione avvenuta appena il virus cominciava ad essere rilasciato dal naso, ha ridotto sotto il livello di rilevabilità la viremia presente nelle vie respiratorie superiori, impedendo agli animali SARS-CoV-2+ di infettare quelli negativi chiusi nella medesima gabbia.
Parimenti irrilevabile la viremia nei campioni prelevati dal tratto gastrointestinale - questo conferma che il molnupiravir raggiunge bene tutti i tessuti molli (ad eccezione del fegato). Almeno nei furetti, perché che cosa accada in vivo nell'uomo non è ancora chiaro.
Sembra che sia anche confermato in vivo che questo farmaco agisce inducendo una mutagenesi nel virus così ampia, davvero catastrofica, che lo porta a fare così tanti errori da far collassare l'intera popolazione virale (per mutagenesi letale e relativa catastrofe da errori, cfr qui).

La conclusione di Plemper e colleghi è che

Al momento, la distribuzione nei tessuti e l'efficacia antivirale nell'uomo di MK-4482/EIDD-2801 sono ancora ignoti. Tuttavia, se i dati sull'inibizione di SARS-CoV-2 basati sui furetti sono predittivi dell'effetto sugli uomini, i pazienti con COVID-19 potrebbero divenire non-infettivi entro 24-36 ore dall'inizio del trattamento orale. Il trattamento con MK-4482/EIDD-2801, in particolare quando iniziato presto, appena dopo l'infezione, ha dunque il potenziale di offrire tre ordini di benefici: può mitigare il rischio di progressione verso la malattia grave e accelerare la guarigione, alleggerire il peso emotivo e socio-economico associato all'isolamento obbligatorio prolungato e aiutare a interrompere rapidamente i focolai locali.



Dora
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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » sabato 12 dicembre 2020, 8:28

Pochi giorni fa, l'AIFA ha rilasciato nuove Linee Guida per il trattamento ospedaliero e per il trattamento domiciliare dei malati di COVID-19. Qui vengono raccomandati ai medici i farmaci da usare e quelli da non usare e, come abbiamo già visto, l'Agenzia Italiana del Farmaco accoglie l'indicazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ad usare il Remdesivir con estrema cautela, solo in casi selezionati. Sempre in casi specifici suggerisce l'uso di cortisone ed eparina, mentre esclude vari immunomodulanti come il Tocilizumab o i JAK inibitori, e poi, soprattutto nella terapia domiciliare, antibiotici, vitamine, aerosol.
Mantiene inoltre l'esclusione dell'uso off label dell'idrossiclorochina decisa lo scorso luglio.
Le indicazioni sono sintetizzate in queste due schede:

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A confondere le cose sul fronte dell'idrossiclorochina, però, è arrivato ieri un intervento dell'autorità giudiziaria sotto la forma di un'ordinanza del Consiglio di Stato, che ha accolto in sede cautelare il ricorso di un gruppo di medici e ha sospeso la nota del 22 luglio 2020 di Aifa che vietava la prescrizione off label del farmaco per malati di COVID-19.

L'ordinanza parla di incertezza riguardo all'efficacia terapeutica dell'idrossiclorochina, mentre studi su studi, su studi - per quanto nella maggior parte fatti male, alcuni malissimo - sembrano proprio aver tolto ogni dubbio sul fatto che il farmaco non funziona, né come prevenzione, né come trattamento dell'infezione in fase media o avanzata. C'è forse una remota possibilità che faccia qualcosa se preso in fase molto precoce, ma in sostanza è l'ennesimo farmaco che ha creato speranze e poi ha fallito. Ne abbiamo visti tanti che sembravano promettenti in vitro e poi cadevano nelle sperimentazioni cliniche, perché non accettare che la dimostrazione di efficacia di un farmaco sono i trial randomizzati come prevedono le regole della medicina basata sulle prove e non le intuizioni, le simpatie o le impressioni dei clinici? Non abbiamo niente di meglio degli studi randomizzati e controllati, possiamo permetterci di farne strame, soprattutto in un momento difficile come questo?
Se all'inizio dell'epidemia si poteva capire che si andasse alla sperindio, ora è una pratica inaccettabile e i medici di medicina generale dovrebbero usare la loro scienza e coscienza per capirlo.

E invece, sulla base di una non assoluta consonanza presente nella comunità scientifica (e quando mai c'è?!), il Consiglio di Stato decide di rimettere all'autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico la decisione - in scienza e coscienza - di prescrivere il farmaco senza tener conto di tutto quello che è successo da marzo a oggi. Al paziente che decide di accogliere il consiglio del medico spetta comunque di pagarselo di tasca sua, perché la prescrizione off label di idrossiclorochina continua ad essere esclusa dal regime di rimborsabilità.

I giudici del Consiglio di Stato mostrano di avere notato che si è scatenata nei mesi scorsi una guerra santa pro- o contro-idrossiclorochina, ma che questa guerra, ideologica molto più che scientifica, non abbia fatto un gran bene alla credibilità dei medici e della scienza sembra non toccarli minimamente.
Infatti scrivono:
Non si tratta qui, si deve ribadirlo, di avallare un incontrollabile intuizionismo sperimentale del singolo medico nella scelta della cura né di approvare illusorie opzioni terapeutiche inutili o dannose o, ancor peggio, di alimentare credenze pseudoscientifiche o attese miracolistiche, ma di riconoscere doverosamente alla scienza medica, nell’incertezza perdurante circa l’efficacia della terapia sulla base degli standard scientifici più accreditati, e pertanto al singolo medico tutta la responsabilità di valutare il singolo caso e di umanizzare e personalizzare la cura sulla base delle acquisizioni scientifiche disponibili, per quanto limitate e controverse”.
La scienza decisa a suon di sentenze, con la giurisprudenza che prima entra in un campo minato a dire la sua, confonde acque che già erano limacciose oltre ogni tollerabilità, e poi si disinteressa delle conseguenze dei suoi pronunciamenti scaricandole sulla scienza e coscienza dei medici.
I giudici di Rimini che hanno accolto il falso legame vaccino MPR - autismo, insieme a quelli di Stamina e Di Bella, che hanno imposto sperimentazioni e terapie che la comunità scientifica era compatta (in quei casi, sì) a ritenere non efficaci o truffaldine, hanno fatto scuola.



Dora
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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » domenica 13 dicembre 2020, 7:09

La pagina Facebook dell'avvocato Erich Grimaldi, il cassazionista che ha portato la causa del gruppo di medici prima al TAR del Lazio e poi al Consiglio di Stato, è molto interessante.
A partire dalle pagine correlate:

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passando per i post in cui - legittimamente orgoglioso - segnala come il suo successo al Consiglio di Stato sia stato subito rilanciato in giro per il mondo dai crociati dell'idrossiclorochina, e arrivando ai commenti dei suoi lettori.
Tipo questi, che fanno ben comprendere perché le pagine correlate siano quelle di Messora, Tarro e Montanari. E immagino che quell'antisemita di Blondet non compaia solo perché non è lui personalmente su Facebook.

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Povera idrossiclorochina. Un farmaco onesto e prezioso, che si è trovato al centro di una crociata politica sovranista ed è stato promosso come panacea da maghi, stregoni, complottisti, negazionisti, ciarlatani della peggior risma, con medici per bene che si sono trasformati in utili idioti in un gioco che è passato sopra le loro teste.
Non se lo meritava, questo, l'idrossiclorochina. No.



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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da skydrake » domenica 13 dicembre 2020, 8:05

A me semmai ha colpito abbastanza questa notizia:

https://www.csl.com/news/2020/20201211- ... 19-vaccine

Ripreso anche in Italia:
https://www.ilmessaggero.it/salute/focu ... 38828.html

Quindi le somiglianze tra la gp41 dello spike del COVID e dell'HIV, di cui parlavamo in primavera, sono confermate.
Che il vaccino COVID australiano possa essere utile anche contro l'HIV?



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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » domenica 13 dicembre 2020, 8:28

skydrake ha scritto:
domenica 13 dicembre 2020, 8:05
A me semmai ha colpito abbastanza questa notizia:

https://www.csl.com/news/2020/20201211- ... 19-vaccine

Ripreso anche in Italia:
https://www.ilmessaggero.it/salute/focu ... 38828.html

Quindi le somiglianze tra la gp41 dello spike del COVID e dell'HIV, di cui parlavamo in primavera, sono confermate.
Che il vaccino COVID australiano possa essere utile anche contro l'HIV?
Non ti so dire. Però c'è un trial del NIAID su sicurezza e immunogenicità di un vaccino preventivo contro HIV che si basa sulla gp41.



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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » mercoledì 23 dicembre 2020, 16:35

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LA MOLTO POCO NOBILE QUERELLE SUGLI ANTICORPI

Come abbiamo visto qui in diverse occasioni, e come ribadito da decine di commentatori sia all'estero, sia in Italia (valga per tutti questo articolo uscito a metà dicembre su The Vision), gli anticorpi, per i tempi e i modi in cui devono essere somministrati e per il costo che hanno, non sono la panacea universale in attesa che il vaccino risolva tutto. Due di essi - quello di Eli Lilly e una combinazione di Regeneron - hanno ricevuto dalla FDA una autorizzazione di emergenza sulla base di risultati di efficacia assai dubbi, mentre in Europa restano trattamenti sperimentali.

Purtroppo, c'è chi li ha invece spacciati per mesi per quel che non sono, creando in molti delle aspettative che non corrispondono alla realtà e che ricordano il modo in cui ci si voleva affidare fideisticamente all'Avigan, al plasma, all'idrossiclorochina ... Fra questi anche - e lo dico con enorme rammarico - il Prof Guido Silvestri, che ne ha scritto più volte nella pagina Facebook Pillole d'Ottimismo, di cui è ispiratore e Editor in Chief (e qui molte sono le perplessità al pensiero che uno scienziato rispettabile possa creare un simulacro di rivista scientifica su Facebook, che ingenera in chi legge il rispetto che ancora in molti attribuiamo a priori alla forma di comunicazione regina delle idee scientifiche, senza che però esista un puntuale controllo di quel che viene pubblicato - ma così è, ri-purtroppo).
E un altro elemento di rammarico è che pure il Patto Trasversale per la Scienza sia saltato sul carro a dare sostegno al suo fondatore superstite (l'altro, il Prof Burioni, se ne è andato da un po'), con toni da agitatori di folle incomprensibili da parte di una persona seria come Guido Poli, il nuovo presidente, succeduto a Lopalco, che si è dato alla politica in Puglia.

Dai social il malcontento è passato ai quotidiani, e se ne è fatta portavoce soprattutto un'inchiesta del Fatto Quotidiano, che ha attaccato mezzo mondo, dall'EMA all'AIFA, allo Spallanzani, con i toni da "c'è una cura e ciela nascondono" più adatti ai gruppi complottisti su FB che a un quotidiano che aspiri a un minimo livello di credibilità (sì, va bene, è il Fatto Quotidiano).
Questo ha portato a una risposta furibonda del Prof Ippolito a nome dello Spallanzani e a una molto argomentata riflessione del Prof Gabriele Costantino.
La risposta dell'AIFA è arrivata ieri, durante la conferenza stampa in cui il presidente Palù e il direttore generale Magrini riferivano di come l'Agenzia del Farmaco Italiana abbia recepito l'approvazione dell'EMA del vaccino Pfizer in tempi da record.
Alla fine della conferenza, il Fatto Quotidiano e altri 2 giornalisti hanno chiesto degli anticorpi e Magrini ha smesso di tormentarsi le mani per dare una risposta così secca ai vari aspiranti Masaniello che ho fatto io un sobbalzo sulla sedia al posto loro. Palù, un tempo virologo serio e oggi premiato con la presidenza dell'AIFA dopo una serie di poco memorabili e improvvide uscite sulla pandemia, sedeva lì di fianco e non ha fatto una piega.
Un articolo su Quotidiano Sanità riporta la posizione dell'AIFA sulla querelle, da cui sembra proprio di capire che il Fatto Quotidiano non abbia raccolto le informazioni corrette prima di sparare a zero:

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A completare la brutta giornata degli anticorpi, ieri è uscito un articolo sul New England, in cui si conclude che l'anticorpo di Eli Lilly, in combinazione con quell'altro bel campione del remdesivir, è inefficace in pazienti ospedalizzati in condizioni non troppo gravi.

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Ehm... allora tanto vale il placebo:

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Io non ho ancora conclusioni da trarre. Sto qui, seguo con apprensione l'evoluzione dell'ennesima crociata di cui nessuno sentiva il bisogno, e aspetto che chi ha rimestato nella pancia addolorata dell'opinione pubblica si prenda la responsabilità di quel che ha fatto.

Vi lascio con tre Letture di Natale:
E chiudo, questa volta per davvero, con un Sommesso Pensierino di Natale di Dora (Uffa non c'entra!): come sarebbe bello se i virologi tornassero nei laboratori a produrre scienza, senza sentirsi investiti dalla missione divina di propinare alle masse spaventate quintalate di oppio ...



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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da uffa2 » venerdì 25 dicembre 2020, 19:34

È con profondo dolore che posto questo articolo del professor Costantino, vorrei che si trattasse una mezzasega qualunque, purtroppo non è così: è una voce autorevole della scienza italiana, che da qualche settimana cerca di fare il dovere di ogni bravo scienziato: non raccontare palle all’opinione pubblica e spiegare che no, per il momento il cavaliere bianco non è in arrivo, e gli anticorpi monoclonali -che pure tanto hanno fatto e tanto stanno facendo nella medicina del XXI secolo – al momento non sono l’arma finale contro il COVID.

Veramente non vorrei dover postare questo articolo, ma deve essere chiaro che, al momento tre sono le sole cose che possiamo fare tutti contro il COVID: evitare il nostro prossimo appena possibile, indossare questa cazzo di mascherina, vaccinarci, quando sarà il momento.
Buona (si fa per dire) lettura.


TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL PERCHE’ (QUESTI) ANTICORPI NON FUNZIONANO E NESSUNO VI HA MAI DETTO

Di Gabriele Costantino, docente ordinario di Chimica farmaceutica e tossicologica, Direttore del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell’Università di Parma



HIVforum ha bisogno anche di te!
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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » sabato 26 dicembre 2020, 6:51

Un post davvero chiaro e utilissimo per inquadrare il problema. Il Prof Costantino sta facendo un eccellente lavoro di divulgazione sulla questione del possibile ruolo dei mABs, di questi specifici mABs, nel trattamento della COVID-19 e contribuisce a spazzare via illusioni consolatorie, che magari funzionano per alleviare momentaneamente l'ansia, ma finiscono anche per portare a scelte e comportamenti disastrosi.

In questi mesi, quando leggo le derive prese dall'ottimismo a tutti i costi, mi viene spesso in mente la battuta di Winstone Zulu, un negazionista dell'AIDS che è rinsavito e si è trasformato in un grande attivista nella lotta contro l'AIDS in Zambia: Dopo la diagnosi di HIV, l'unica cosa che volevo sentirmi dire era che l'HIV non causa l'AIDS. Ma il negazionismo dell'AIDS è un po' come stampare moneta quando l'economia va male, o come farsi la pipì nei pantaloni quando fa freddo - al momento ti riscalda, ma alla lunga è un guaio.

A me pare anche molto ragionevole questo commento del prof Beretta:
Forse se riportiamo tutta questa discussione ad un livello molto più elementare troviamo qualche risposta. Che funzionino o non funzionino stiamo parlando di trattare pazienti paucisintomatici nella fase iniziale di una malattia che ha il 95% (vado a spanne) di probabilità di avere una risoluzione spontanea o in ogni caso benigna, con farmaci biologici che richiedono il trattamento in un contesto rigorosamente ospedaliero. Il che vuole dire due cose: la prima è che la decisione sul trattare o non trattare la deve prendere il medico di medicina generale sulla base di una sintomatologia quantomeno vaga e di quali markers? come minimo serve sapere se il paziente ha già sviluppato una sua risposta anticorpale (stando ai dati del trial della Regeneron) perchè i monoclonali non funzionano se sono già comparsi gli anticorpi. Quale è l'intervallo di tempo per prendere la decisione? 3-4-5-6 giorni? tempi della refertazione ? fattori di rischio? se si aspetta non funzionano. Rischi per il paziente relativi all'iniezione di un farmaco biologico? reparti ospedalieri dedicati? di quanti pazienti stiamo parlando? costi globali (non solo il farmaco) e a fronte di quale riduzione complessiva delle ospedalizzazioni? per non parlare dell'impiego come farmacoprofilassi che mi sembra a dir poco un sogno (se non un pillolone per ottimisti). Il problema più importante sollevato dalle osservazioni di Garbriele è che per raggiungere una concentrazione sufficiente per un minimo di efficacia i monoclonali richiedono una procedura di somministrazione che li rende, nella pratica clinica, inutillizzabili. Altra cosa se funzionassero nelle fasi più avanzate della malattia. Ma anche quella ipotesi sembra impraticabile per mancanza di efficacia.
E a proposito di cavalieri bianchi, cavalleria, toni da "arrivano i nostri" manco fossimo in un fumetto western, in cui chi legge viene trattato come un bambino non solo nel cherry picking delle fonti e nella superficialità delle interpretazioni, ma perfino nelle scelte linguistiche ... a me tutto 'sto parlar di cavalieri dopo quest'anno apocalittico fa venire in mente Dürer. Sappiamo che l'arrivo di quei quattro tanto bene non porta quindi, se non per la coscienza di non avere imbroccato una previsione che sia una, almeno per scaramanzia, forse con la cavalleria sarebbe meglio chiuderla qui.

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Dora
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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » mercoledì 24 febbraio 2021, 6:39

Un articolo molto equilibrato su FACTA analizza lo stato delle terapie domiciliari contro la COVID-19:
Questa la sintesi:
Le terapie proposte dal Comitato Cure Domiciliari Covid sono in una zona grigia, né pseudoscientifica né pienamente basata su prove. Le loro ipotesi si basano su presupposti di per sé scientifici, come prove di funzionamento in vitro, e alcuni dei farmaci da utilizzati sono effettivamente efficaci e parte dei protocolli ufficiali di cura a domicilio contro la Covid-19. Altri farmaci, però, sebbene con dati preliminari che sembravano promettenti, hanno dimostrato – in praticamente tutti gli studi clinici rigorosi – di non essere capaci di funzionare, anche se potrebbero mancare evidenze solide su alcuni precisi tipi di dosaggi e categorie di pazienti e quindi l’argomento non è del tutto chiuso dal punto di vista scientifico.

In ogni caso il Comitato non pubblica i propri schemi terapeutici, né rilascia pubblicamente la propria controanalisi della letteratura accademica, rendendo impossibile una valutazione aperta da parte della comunità scientifica. Sia il dottor Mangiagalli del Comitato, sia il dottor Addis di Aifa, ci hanno detto che le due realtà hanno tentato di dialogare, ma entrambi hanno descritto l’interazione con l’altra parte come per nulla proficua.

Resta il fatto che le criticità dell’assistenza domiciliare ai malati Covid-19, in particolare la carenza di personale rispetto all’altissimo numero di pazienti, sono reali e concrete, e a lungo termine sembrano in via di peggioramento. In questa situazione non stupisce che una realtà come quella del Comitato, che ha organizzato tramite social network una rete che mette in comunicazione sia i medici coinvolti sul territorio, sia i pazienti con i medici disposti ad aiutarli, abbia goduto di enorme successo a prescindere dal rigore scientifico delle terapie da essi proposte.

I medici del Comitato sono sconcertati dal fatto che in gran parte il protocollo domiciliare ufficiale si limiti ad attendere lo sviluppo della malattia, intervenendo in modo mirato con farmaci solo in alcuni casi. Ma forse questo dipende dalla nostra fame di risposte anche quando non ci sono. Come ci ha detto sempre Antonio Addis: «questi fenomeni si sviluppano dove la scienza non sa dare risposte rapide e tempestive. La scienza non ha abituato il pubblico a sentirsi dire “io non lo so”, ma continua a dire “io so”. Abbiamo disabituato i pazienti a capire che a volte, semplicemente, non sappiamo cosa fare».



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Re: COVID-19: la ricerca di una cura

Messaggio da Dora » giovedì 3 giugno 2021, 5:51

Brava, Roberta Villa!
Della comunicazione della scienza in bianco e nero, che tanto facilmente si trasforma in crociata e guerra di religione, con le sue processioni di dogmi e sacerdoti, non se ne può più.

https://www.youtube.com/watch?v=bgJl8BlViBM



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