Immagini nei post originariDora ha scritto: ↑venerdì 18 settembre 2020, 14:33Dora ha scritto: ↑giovedì 16 aprile 2020, 6:36EIDD-2801: UN ANTIVIRALE CHE SFRUTTA LA MUTAGENESI LETALE
Non risveglia ricordi gioiosi, la mutagenesi letale, in chi ha seguito le vicende di Koronis Pharma e il suo KP-1461 contro HIV. Ma è una carta che viene giocata spesso quando non si sa bene come aggredire un virus e si cerca di rivolgergli contro la sua capacità di mutare verso versioni di sé progressivamente meno virulente. Infatti, all'inizio dell'epidemia di nuovo coronavirus è stata subito proposta l'opzione della ribavirina, un farmaco usato nelle vecchie terapie contro HCV, noto proprio per la sua capacità di accelerare il tasso di mutazioni dei virus. Non mi pare abbia avuto successo, ma oggi è il momento di parlare di EIDD-2801, un antivirale nuovo, uscito dai laboratori dell'Emory Institute for Drug Development (EIDD) di Atlanta e della University of North Carolina at Chapel Hill.
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Su Science Translational Medicine, il 6 aprile scorso, è uscito
An orally bioavailable broad-spectrum antiviral inhibits SARS-CoV-2 in human airway epithelial cell cultures and multiple coronaviruses in mice
In questo lavoro, l'epidemiologo della University of North Carolina Ralph Baric e colleghi descrivono l'inibizione di SARS-CoV-2 in cellule umane, e di coronavirus affini come SARS- e MERS-CoV in topi, da parte di un nuovo antivirale ad ampio spettro studiato inizialmente contro l'influenza: l'analogo ribonucleosidico EIDD-1931 (β-D-N4-idrossicitidina, un profarmaco dell'NHC - N-idrossicitidina), di cui esiste una versione, l'EIDD-2801, che può comodamente essere somministrata per bocca, a differenza ad esempio del remdesivir che deve essere iniettato.
EIDD-2801, e in generale l'NHC, ha un meccanismo d'azione che si basa sul concetto di mutagenesi letale: durante il processo di replicazione del codice genetico virale, l'NHC si inserisce al posto della citosina o dell'uracile, causando in questo modo un progressivo accumularsi di errori nell'RNA virale, che esitano nell'impossibilità per il virus di replicarsi.
I ricercatori della Emory, insieme a colleghi della University of North Carolina, Chapel Hill, hanno studiato l'attività antivirale e il meccanismo d'azione dell'NHC contro diversi tipi di coronavirus e hanno visto che è in grado di inibirne la replicazione sia in diversi modelli cellulari, sia in vivo nei topi infettati con SARS-CoV-1 e MERS-CoV.
Hanno inoltre confermato che l'attività antivirale di questa molecola in vitro si associa a un aumento del tasso di mutazione virale.
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Nei modelli in vivo, benché modelli murini con SARS-CoV-2 ancora non esistano e quindi gli esperimenti siano stati fatti con topi infettati con SARS-CoV-1 e con MERS-CoV, si è visto che la massima efficacia terapeutica si ottiene quando il farmaco è somministrato presto e diminuisce con l'aumentare della viremia e il progredire dell'infezione. Una caratteristica che ritroviamo ogni volta che si deve curare un'infezione virale.
Qui si è osservato che, se sommnistrato nelle prime 12-24 ore dopo l'infezione (ma sono topi, per l'uomo la finestra di opportunità è senz'altro più ampia), l'EIDD-2801 riesce a ridurre sia il danno polmonare, sia la perdita di peso.
Si potrebbe quindi anche pensare a un uso profilattico del farmaco, soprattutto in contesti ad alto rischio, ad esempio per gli operatori sanitari.
Un aspetto particolarmente interessante di questo lavoro è la dimostrazione che l'NHC è efficace contro diversi coronavirus che hanno sviluppato mutazioni resistenti al remdesivir.
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È in uscita proprio in questi giorni sul Journal of Transitional Medicine un affascinante lavoro italiano, fatto in collaborazione con niente di meno che Robert Gallo, che mostra la grande variabilità della RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRp), una fondamentale proteina del SARS-CoV-2 contro cui dovrebbe agire il remdesivir, che è appunto un antivirale che ha per bersaglio la RNA-polimerasi. Il rischio che questo farmaco selezioni mutazioni resistenti è molto alto e questo lo si sta già osservando in Europa, quindi avere la possibilità di usarlo in combinazione con altri farmaci - in una terapia combinata come si fa contro HIV, non a caso un altro virus a RNA - diventa una priorità.
I dati esposti nel lavoro di Baric e colleghi supportano lo sviluppo clinico dell'EIDD-2801, quindi nel comunicato stampa si prevede l'inizio delle sperimentazioni sull'uomo per la tarda primavera.
Da EIDD-2801 a MK-4482 (il cugino bello del remdesivir cambia nome)
Non ho tempo di preparare un post sul cambiamento di nome dell'EIDD-2801, acquisito da Merck e diventato MK-4482 in attesa di ricevere un nome vero e proprio - ne scriverò uno quando usciranno i risultati della sperimentazione. [...]
DA MK-4482/EIDD-2801 A MOLNUPIRAVIR: sperimentato nei furetti, blocca la trasmissione di SARS-CoV-2
Delle sperimentazioni cliniche del cugino bello del remdesivir non si sa ancora nulla, anche se penso avremo presto notizie perché uno dei trial è stato completato. In compenso, è appena stato pubblicato su Nature Microbiology un lavoro di ricercatori della Georgia State University basato sui furetti, un modello animale adatto a ricapitolare l'infezione da SARS-CoV-2 come si manifesta prevalentemente nei giovani sani, perché presenta facile trasmissibilità del virus e scarsa patogenicità (malattia asintomatica o con sintomi lievi), quindi va bene per testare l'impatto terapeutico di un farmaco sulla trasmissione del coronavirus:
Therapeutically administered ribonucleoside analogue MK-4482/EIDD-2801 blocks SARS-CoV-2 transmission in ferrets
I ricercatori guidati da Richard Plemper hanno anzitutto descritto e validato il modello animale: i furetti si infettano molto facilmente con il SARS-CoV-2 e altrettanto facilmente e rapidamente lo trasmettono a quelli che stanno nelle vicinanze sia mediante contatto diretto delle secrezioni nasali, sia per via aerea (droplets e aerosol); a loro volta questi in nemmeno un giorno cominciano a trasmettere virus (dettagli nell'articolo).
Poi hanno infettato alcuni furetti e iniziato il trattamento con MK-4482/EIDD-2801 (che dal comunicato stampa sembra aver finalmente ricevuto un nome da antivirale: molnupiravir) nel momento in cui gli animali hanno iniziato a spargere virus dal naso.
Hanno così potuto misurare l'efficacia del farmaco - che, lo ricordo ancora una volta perché è un suo punto di forza, a differenza del remdesivir si somministra oralmente - contro SARS-CoV-2: il trattamento dei furetti con MK-4482/EIDD-2801 ha ridotto in modo significativo le viremie entro sole 12 ore dalla somministrazione in diversi gruppi di dosaggio. Dettagli qui:
Poi hanno messo i furetti infettati e trattati con il farmaco nella stessa gabbia con furetti sani e hanno potuto constatare che nessun furetto sano si è infettato.
Il farmaco dunque, che è stato ben tollerato, si è comportato come un antivirale che si rispetti (meglio del remdesivir, insomma, dei cui effetti sulle viremie le sperimentazioni che hanno portato all'approvazione hanno sempre prudentemente taciuto): entro 24 ore dalla prima somministrazione avvenuta appena il virus cominciava ad essere rilasciato dal naso, ha ridotto sotto il livello di rilevabilità la viremia presente nelle vie respiratorie superiori, impedendo agli animali SARS-CoV-2+ di infettare quelli negativi chiusi nella medesima gabbia.
Parimenti irrilevabile la viremia nei campioni prelevati dal tratto gastrointestinale - questo conferma che il molnupiravir raggiunge bene tutti i tessuti molli (ad eccezione del fegato). Almeno nei furetti, perché che cosa accada in vivo nell'uomo non è ancora chiaro.
Sembra che sia anche confermato in vivo che questo farmaco agisce inducendo una mutagenesi nel virus così ampia, davvero catastrofica, che lo porta a fare così tanti errori da far collassare l'intera popolazione virale (per mutagenesi letale e relativa catastrofe da errori, cfr qui).
La conclusione di Plemper e colleghi è che
Al momento, la distribuzione nei tessuti e l'efficacia antivirale nell'uomo di MK-4482/EIDD-2801 sono ancora ignoti. Tuttavia, se i dati sull'inibizione di SARS-CoV-2 basati sui furetti sono predittivi dell'effetto sugli uomini, i pazienti con COVID-19 potrebbero divenire non-infettivi entro 24-36 ore dall'inizio del trattamento orale. Il trattamento con MK-4482/EIDD-2801, in particolare quando iniziato presto, appena dopo l'infezione, ha dunque il potenziale di offrire tre ordini di benefici: può mitigare il rischio di progressione verso la malattia grave e accelerare la guarigione, alleggerire il peso emotivo e socio-economico associato all'isolamento obbligatorio prolungato e aiutare a interrompere rapidamente i focolai locali.