
ANTICORPI NEUTRALIZZANTI AD AMPIO SPETTRO TRISPECIFICI
Un paio d'anni fa, abbiamo visto in questo thread il lavoro di John Mascola e colleghi del Vaccine Research Center del NIAID sulla costruzione di un anticorpo bispecifico. Ora è appena uscito su Science un articolo - Trispecific broadly neutralizing HIV antibodies mediate potent SHIV protection in macaques - che è una collaborazione fra NIAID (Mascola, appunto) e Sanofi (Gary Nabel) e che ci permette di approfondire il ragionamento sulla creazione di superanticorpi capaci di interagire con più di un elemento presente sulla Env di HIV e così di neutralizzare quasi tutte le varianti di HIV che si conoscono.
Il lavoro pubblicato oggi ha dimostrato la ottima capacità di proteggere dei macachi dall'infezione con SHIV di un nuovissimo bNAb, che questa volta non è bi- ma trispecifico poiché si lega al CD4bs (CD4-binding-site, la regione di HIV che si lega al recettore CD4) e a due diversi siti sulla proteina Env (MPER e V1V2); ma è molto interessante anche per il versante terapeutico dell'uso dei bNABs, che seguiamo nel thread Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura.
Inoltre, soprattutto se lo vediamo insieme a un altro lavoro pubblicato in questi giorni su Science Translational Medicine - Protection against a mixed SHIV challenge by a broadly neutralizing antibody cocktail - in cui Dan Barouch e colleghi di Boston hanno dimostrato che un gruppo di scimmie che si infettavano con SHIV se avevano ricevuto un solo bNAB erano invece protette se di bNABs ne avevano ricevuti due (10-1074 e PGT121), offre l'ennesima conferma all'ipotesi che si è fatta strada in questi anni di sperimentazioni cliniche della necessità di usare insieme più di un anticorpo per aggirare un problema che fatalmente si presenta dopo che i bNABs sono stati somministrati per un certo tempo in monoterapia: quello della formazione di varianti virali che presentano mutazioni resistenti all'anticorpo.
Avremmo dunque una sorta di terapia anticorpale combinata (cABT - direi, mentre cANT suonerebbe malissimo), sul genere della terapia anti-latenza combinata di cui parliamo da qualche anno (cALT), e della terapia antiretrovirale combinata (cART), che ha segnato la prima vera svolta nella gestione dell'infezione da HIV.
Continuando un lavoro fatto negli scorsi anni, in cui avevano esplorato la combinazione di bNAbs che ottimizzassero potenza e ampiezza di protezione e avevano iniziato a costruire degli anticorpi che si legassero da un lato al CD4bs e dall'altro a diverse regioni della Envelope di HIV, come ad esempio la regione esterna della membrana (gp41 membrane-proximal external region - MPER) o il dominio V1/V2 (peptidoglicano della gp120), oltre alla combinazione di cui parlammo due anni fa diretta ai linfociti T per attivare l'espressione di HIV e insieme stimolare la distruzione delle cellule infette, Mascola e colleghi questa volta hanno ipotizzato che l'ampiezza e la potenza di neutralizzazione di un singolo anticorpo sarebbero risultate molto maggiori se fossero riusciti a far attaccare diversi epitopi di HIV da una singola molecola.
Di tentativi ne hanno fatti molti, usando decine di anticorpi differenti bi- e - qui la grande novità del lavoro - trispecifici e giocando su diverse varianti del medesimo anticorpo per trovare quelle che avevano l'emivita più lunga, finché non sono arrivati a costruire un anticorpo TRIspecifico, che in sostanza è formato combinando in un'unica struttura tre bNAbs differenti: VRC01, PGDM1400 e 10E8v4.


Potevano dargli un nome semplice, ma invece hanno deciso di chiamarlo VRC01/PGDM1400-10E8v4 - proprio così.
Ne hanno poi testato in vitro l'efficacia contro un gran numero di varianti di HIV, osservando che sia l'ampiezza, sia la potenza di neutralizzazione dell'anticorpo trispecifico erano notevolmente aumentate rispetto ai bNAbs bispecifici e che l'anticorpo di combinazione arrivava a distruggere uno straordinario 99% dei 208 virus con cui era entrato in contatto. Questo nuovo bNAb trispecifico, oltre ad essere più efficace della somma dei suoi componenti, è anche più solubile degli anticorpi bispecifici e ciò lo rende più adatto per una produzione su ampia scala e per la traslazione alla fase clinica.

Quando infine i ricercatori sono passati alla sperimentazione in vivo su scimmie, l'hanno impostata in questo modo: hanno preso 2 ceppi diversi di SHIV, uno sensibile alla neutralizzazione da parte di VRC01 e dell'anticorpone trispecifico, ma resistente a PGDM1400, e uno sensibile alla neutralizzazione di PGDM1400 e del bNAb trispecifico, ma resistente a VRC01.
A 8 macachi hanno fatto un'infusione di solo VRC01, a 8 un'infusione di PGDM1400, ad altri 8 un'infusione dell'anticorpo trispecifico.
Dopo 5 giorni hanno cercato di infettare tutti i 24 macachi con un mix dei due virus.
Per farla breve: 6 su 8 macachi del gruppo VRC01 e 5 su 8 del gruppo PGDM1400 si sono infettatti. Invece, del gruppo di macachi che aveva ricevuto l'anticorpo trispecifico NON SE NE È INFETTATO NESSUNO.
Il risultato è BELLISSIMO ma, anche se il suo comportamento nelle scimmie fa ritenere che il superbNab si comporti come tutti gli altri anticorpi convenzionali, resta da capire se sia davvero immunogenico in vivo negli esseri umani e se la sua emivita sia davvero simile a quella degli anticorpi monoclonali già sperimentati (cioè circa 2 settimane) come si è constatato essere nei macachi.
Partirà dunque un trial clinico su volontari sani nel 2018 per studiare sicurezza e farmacocinetica di questo superanticorpone in funzione preventiva.
E l'altra bella notizia è che il NIAID si sta accordando con l'ACTG per far partire anche un trial di fase I su persone con HIV per studiarne un possibile ruolo terapeutico, da solo o in combinazione con altri interventi, per controllare la viremia in assenza di farmaci.