[Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e altro

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
skydrake
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da skydrake » giovedì 12 luglio 2012, 7:48

Sará un antivirale , ma è una classe tutta a se (a parte altri pochissimi altri antagonisti del CCR5, anch'essi poco studiati anche per via di basse emivita). Dello stesso Maraviroc (o dovrei dire Maraviglioc?) ho trovato molti meno studi di altri. Ad esempio quando si citano i gli antiretrovirali capaci di superare la barriera emato-encefalica solitamente non viene citato, eppure è una molecola piccola e quindi dovrebbe essere in grado di farlo. Oppure la supera ma poi non si distribuisce ugualmente nel cervello in maniera uniforme come alcuni antiretrovirali?



Dora
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da Dora » giovedì 12 luglio 2012, 11:00

Dora ha scritto:
nordsud ha scritto:Ma quante belle qualità che ha il Maraviroc, prima Savarino ed adesso questi dell'università della Pennsylvania. In fin dei conti è un antivirale: e come tutti gli antivirali dovrebbe risultare impotente contro le cellule hiv latenti (prendendo per buona tutta la storia sulla latenza così come c'è la raccontano, comprese le varianti ), ma questo Maraviroc ha una marcià in più.
Domanda che sorge lecita: Nelle sperimentazioni cliniche, che si presume siano iper-monitorate, non si sono mai accorti di tutte queste belle qualità ?
Premessa non maliziosa, ma anche non trascurabile: la Pfizer è il maggiore finanziatore di questo trial.
I dati sulla Graft a me sembrano impressionanti e, se saranno confermati, il Maraviroc potrebbe dare un aiuto enorme nei trapianti allogenici.
Due cose da aggiungere al post di questa mattina:

(1) Un lungo articolo uscito sul Philadelphia Inquirer in cui, a quanto già riportato sulla sperimentazione della Penn, si aggiungono due particolari interessanti:
  • - si sta pensando di testare il Maraviroc, insieme alle terapie anti-rigetto standard, anche nel caso di trapianti di organi solidi;

    - alcuni ricercatori indipendenti, che non hanno preso parte a questo studio, ritengono che l'idea di "bloccare il traffico" [dei linfociti T, nati dalle staminali trapiantate, verso organi che ritengono estranei e che si apprestano ad attaccare] grazie al Maraviroc - un'idea che è stata vanamente perseguita fin dagli anni '90 e che per la prima volta pare realizzabile - potrebbe imprimere una svolta importante nella pratica dei trapianti.
(2) La premessa che la Pfizer è il maggior finanziatore della sperimentazione di Ran Reshef e colleghi non era poi così maliziosa. Il particolare, infatti, è stato colto da Forbes, che fin dal titolo dell'articolo ricorda le promesse mancate del Maraviroc: "Immune Reversal: How A Pfizer AIDS Drug That Disappointed Investors Might Help Transplant Patients".
  • "A Pfizer drug that failed to thrive as a treatment for HIV may now present a great hope for a deadly consequence of the bone marrow transplants used to treat blood cancers such as leukemia, myeloma, and lymphoma, according to a small study of 38 patients published this evening in the New England Journal of Medicine.

    (...) Selzentry was approved in 2007 as a treatment for HIV patients whose HIV had entered their cells using CCR5 as a gateway. At the time, industry analysts expected Selzentry would generate $500 million in annual sales in 2011. In 2010, it generated only $128 million, far short of those expectations and far less than other AIDS medicines such as Merck‘s $1.1 billion Isentress and Gilead’s $6 billion HIV drug franchise.

    If the results pan out, it will be one of the best examples yet of an idea known as drug rediscovery.
    One of the potentially big results from research emerging from the study of human genetics, this is the idea that existing drugs could treat new diseases. In some case, as with Merck’s Cozaar, which has shown promise against Marfan syndrome, a hereditary disorder, this can mean a relatively cheap medicine can help a population of people who were not thought of as large enough to warrant a big pharmaceutical research effort.

    But the idea of “rediscovering” a drug can also create business challenges, because drugs are priced based on the diseases they treat. In one case, Celgene dramatically raised the price of thalidomide after it was found to be effective not just against complications of HIV and leprosy, but the blood cancer multiple myeloma. If Selzentry is effective against graft versus host disease, Pfizer might have reason to try a similar approach. The U.S. patent on Selzentry lasts at least until the end of 2019.
    "



Leon
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da Leon » venerdì 13 luglio 2012, 21:15

Dora ha scritto:(2) La premessa che la Pfizer è il maggior finanziatore della sperimentazione di Ran Reshef e colleghi non era poi così maliziosa. Il particolare, infatti, è stato colto da Forbes [...]
E' triste doverlo ammettere, ma anch'io temo che il punto stia proprio qui. Il maraviroc/"Celsentri", infatti, come farmaco anti-HIV:

1) HA DELUSO, nello stesso senso in cui ha deluso il (suo coetaneo) raltegravir/"Isentress", perché da entrambi questi farmaci, non solo per il fatto che erano di classi nuove ma anche perché andavano a interferire specificamente con due momenti cruciali del ciclo di replicazione del virus (rispettivamente "abbordaggio" della cellula e integrazione del provirus nel suo genoma), ci si aspettava "qualcosa di più e di diverso" (leggi, se non eradicazione, qualcosa che andasse in quella direzione).
Questo (che peraltro ricordo benissimo che, nel caso dell'Isentress, era stato recisamente escluso da Markovitz già quando aveva presentato, non so più in occasione di quale congresso, i dati non ricordo se di fase IIb o III del raltegravir a una platea in orgasmo davanti alla curva di decadimento della viremia caratteristica dell'Isentress, che pure è effettivamente singolare rispetto a quelle di tutti gli altri ARV) NON si è verificato, come hanno ampiamente dimostrato i miseri fallimenti di tutti i trial di "intensificazione", i quali continuavano appunto a girare attorno a Celsentri e/o Isentress.

2) A differenza dell'Isentress, che resta comunque un signor farmaco e che si usa, NON RIESCE A TROVARE UNA SUA COLLOCAZIONE. Dora ha raccolto un notevolissimo elenco di molti (anche se forse nemmeno tutti i) prodigi che, nel corso degli ormai non pochi anni trascorsi dalla sua comparsa, si è detto (e contraddetto) che il Celsentri compirebbe. Evidentemente, nessuno di questi gode di un consenso generale o di grande considerazione, visto che, dati alla mano, il Celsentri non viene dato quasi a nessuno, e tanto meno a quelli che sarebbero i suoi "destinatari naturali", cioè gli infettati di fresca data (anche perché costa un botto).
Per giunta, anche se ormai da tempo seguo poco e quindi è possibilissimo che mi sbagli, mi pare che il Celsentri non se lo sia filato nessuno nemmeno per quanto riguarda le terapie NRTI-sparing (o no-nukes, o non ricordo più come le hanno ancora ribattezzate ultimamente, ma insomma quelle senza NRTI e composte da meno dei classici tre farmaci), nell'ambito delle quali pure, almeno in teoria, avrebbe potuto trovare un suo ruolo.

3) Può categorizzarsi pomposamente quanto gli pare ("antagonista del corecettore CCR5"), ma credo proprio che nessuno di noi riesca a ravvisare la benché minima parentela tra quello che fa (???) il Celsentri e quello che succede mettendo VERAMENTE fuori uso il CCR5 in UN PO' DI CD4 MATURI (alludo, ovviamente, alla "sangamizzazione" in versione "dei poveri").

Morale: non mi stupisce che il Celsentri stia cercando amatori fuori dall'ambito HIV, anche perché questa cosa della graft mi torna con un (impreciso) ricordo che avevo rispolverato non molto tempo fa rispondendo a Dora, e cioè che già Hütter, ai tempi, aveva fatto notare che, a livello strettamente ematologico, trapiantare delle staminali normali o invece CCR5- NON era la stessa cosa.

Resta il mistero di perché il povero Tim sia stato SFASCIATO dalla graft, ma probabilmente è un falso mistero che si spiega col fatto che ricevere un midollo CCR5- è diverso dal riceverne uno normale e prendere intanto il maraviroc e - perché no? - anche che un conto è la leucemia e un altro la malattia da HIV (nel secondo caso, tanto per cambiare, ci si morde la coda).



Dora
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da Dora » sabato 14 luglio 2012, 8:09

Leon ha scritto:
Dora ha scritto:(2) La premessa che la Pfizer è il maggior finanziatore della sperimentazione di Ran Reshef e colleghi non era poi così maliziosa. Il particolare, infatti, è stato colto da Forbes [...]
E' triste doverlo ammettere, ma anch'io temo che il punto stia proprio qui. Il maraviroc/"Celsentri", infatti, come farmaco anti-HIV:
(...) mi pare che il Celsentri non se lo sia filato nessuno nemmeno per quanto riguarda le terapie NRTI-sparing (o no-nukes, o non ricordo più come le hanno ancora ribattezzate ultimamente, ma insomma quelle senza NRTI e composte da meno dei classici tre farmaci), nell'ambito delle quali pure, almeno in teoria, avrebbe potuto trovare un suo ruolo.
Credo tu abbia proprio ragione (ça va sans dire) per quanto riguarda gli studi importanti tipo MONARK, PROGRESS, SPARTAN.
Ho rivisto un post di un paio di mesi fa sulle semplificazioni no-nukes e il maraviroc è stato valutato finora soltanto in due piccolissimi studi pilota:
  • - studio A4001078: confronto di sicurezza/efficacia di ATV/r + MRV vs ATV/r + TDF/FTC. Meglio il regime convenzionale (a 6 mesi l’80% dei pazienti in trattamento privo di NRTI e l’89% di quelli in trattamento standard ha raggiunto HIV RNA < 50 copie/ml);

    - studio VEMAN: 55 pazienti con virus R5 sono stati randomizzati a ricevere LPV/r + MRV oppure LPV/r + TDF/FTC. A un anno, il 100% dei pazienti in trattamento con il regime privo di NRTI aveva HIV RNA/ml < 50 copie/ml.



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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da Dora » lunedì 10 dicembre 2012, 15:51

Dora ha scritto:In agosto [2011] sono usciti due articoli, uno sul New England Journal of Medicine e uno su Science Translational Medicine, a firma di David Porter e Carl June. Vi si racconta come, mediante la terapia genica, sia stato possibile creare dei linfociti T “serial killer”, capaci di distruggere grandi masse di cellule leucemiche e di mandare in remissione (completa in due casi, parziale in uno) tre pazienti con leucemia linfatica cronica ormai refrattaria alle chemioterapie e la cui unica speranza era un trapianto, di cui ben conosciamo i rischi e le difficoltà.

Detto molto brevemente, è andata così: la leucemia linfatica cronica (CLL) è un cancro dei linfociti B, quella componente del sistema immunitario che serve a produrre anticorpi per combattere le infezioni. Tutti i linfociti B, che siano sani o malati, presentano sulla superficie una proteina, detta CD19, e il lavoro dei ricercatori della Pennsylvania University è consistito nel riprogrammare i linfociti T di tre pazienti in modo da consentire alle cellule T di individuare il CD19 e attaccare e distruggere i linfociti B. Per inserire i pezzi di DNA necessari a modificare i linfociti T creando un “recettore dell’antigene chimera” (CAR) capace di legarsi al CD19, hanno utilizzato come vettore un virus HIV-1 opportunamente reso incapace di replicarsi. La metodica era già stata dimostrata efficace e sicura in una sperimentazione clinica su persone HIV+ nel 2003 (cfr. VIRxSYS' RNA Immuno-Therapy Solution for HIV/AIDS e il trial clinico Evaluate the Tolerability and Therapeutic Effects of Repeated Doses of Autologous T Cells With VRX496 in HIV). La scelta dell’HIV come vettore lentivirale è dipesa dal fatto che questo virus ha come bersaglio proprio le cellule T.
Gli obiettivi erano 4: che i linfociti modificati fossero in grado di riconoscere il cancro, attaccarlo, moltiplicarsi e continuare a vivere all’interno del paziente.
I linfociti T dei pazienti sono quindi stati separati dal resto del loro sangue, modificati e reiniettati in tre successive infusioni. Nel frattempo, i pazienti sono stati trattati con chemioterapici per distruggere ogni linfocita T eventualmente rimasto e così evitare che le cellule originarie potessero impedire la crescita di quelle modificate.
I risultati sono stati impressionanti: le cellule modificate sono aumentate di almeno 1000 volte in ciascun paziente e ciascuna cellula reinfusa è stata capace di uccidere migliaia di linfociti B, scatenando una sindrome da lisi tumorale (molto pesante per i pazienti: una decina di giorni di brividi, febbre alta, spossantezza e nausea), a seguito della quale non si sono più trovate tracce di cellule leucemiche.
Dopo un anno di follow up, due pazienti continuano ad essere in remissione totale, mentre uno è in remissione parziale. Le cellule modificate sembrano continuare a vivere nel corpo dei pazienti e quindi essere capaci di replicarsi; pare, inoltre, che si siano formati anche dei linfociti T memoria, che potrebbero continuare a combattere le cellule cancerose ove queste si ripresentassero.


Questa è una scheda che sintetizza i diversi passaggi:


Immagine
  • ► ► ► L'intervista al Prof. Lambertenghi può essere letta qui.◄ ◄ ◄

Carl June e colleghi della University of Pennsylvania hanno appena presentato all'ASH 2012 (2012 American Society of Hematology Annual Meeting and Exposition) il follow-up della sperimentazione di cui abbiamo parlato più di un anno fa. I dati confermano il grande successo annunciato l'anno scorso.

Molto bella la storia di una bambina di 7 anni con una leucemia linfoblastica molto aggressiva, cui June e colleghi hanno modificato e poi trapiantato i linfociti T, e che ora è in remissione completa.
La storia è raccontata su Science Daily in modo più tecnico ed è in prima pagina del New York Times con tanti dettagli aneddotici.

Ma, al di là degli aneddoti, i pazienti trattati sono stati ben 12 (2 i bambini) e a 9 le cose sono andate davvero bene: alcuni sono in remissione da più di due anni (vedere anche il comunicato stampa della UPenn).
Qui un articolo tratto da http://gaianews.it:

Leucemia: ingegneria genetica offre nuove speranze

Dodici pazienti affetti da leucemia sono rimasti in remissione per più di 2 anni dopo la terapia con cellule T ingegnerizzate

I ricercatori dell’Università della Pennsylvania hanno riportati i risultati su 12 pazienti, tra cui due bambini

ATLANTA – Nove dei dodici pazienti affetti da leucemia che hanno ricevuto infusioni di proprie cellule T dopo che le cellule erano state geneticamente modificate per attaccare i tumori dei pazienti hanno risposto alla terapia, degli scienziati della Scuola di Medicina di Perelman presso l’Università della Pennsylvania . I risultati sono stati presentati all’American Society of Hematology’s Annual Meeting and Exposition.

I partecipanti alle sperimentazioni cliniche avevano tumori avanzati, inclusi 10 pazienti adulti affetti da leucemia linfocitica cronica trattati presso l’Ospedale dell’Università della Pennsylvania (HUP) e due bambini con leucemia linfoblastica acuta trattati presso l’Ospedale dei Bambini di Philadelphia. Due dei primi tre pazienti trattati con il protocollo HUP sono rimasti in buona salute e in remissione completa per più di due anni dopo il loro trattamento, avendo le cellule ingegnerizzate ancora in circolazione. I risultati sono la prima dimostrazione positiva e costante dell’uso della terapia genica.

Secondo gli esperti “E’ possibile che in futuro questo approccio possa ridurre o sostituire la necessità di trapianto di midollo osseo.”

I risultati aprono la strada ad un potenziale cambiamento di paradigma nel trattamento di questi tipi di tumori del sangue, che in fase avanzata hanno la possibilità di una cura solo con trapianto di midollo osseo. La procedura richiede un ricovero lungo e ha un rischio di mortalità del 20 per cento – e anche in questo caso offre solo una possibilità limitata di cura per i pazienti la cui malattia non ha risposto ad altri trattamenti.

Il protocollo per il nuovo trattamento comporta la rimozione di cellule di pazienti, la modifica e il nuovo impianto. Gli scienziati riprogrammano le cellule T dei pazienti per colpire le cellule tumorali attraverso una tecnica di modificazione genetica con un vettore lentivirus derivato dall’HIV. Il vettore codifica un anticorpo simile ad una proteina, chiamato recettore antigene chimerico (CAR), che viene espresso sulla superficie delle cellule T e progettato per legarsi ad una proteina chiamata CD19.

Le cellule modificate sono poi infuse nel corpo del paziente dopo la chemioterapia. Le cellule T iniziano esprimendo il CAR, e concentrano tutte le loro attività nell’uccisione delle cellule che esprimono CD19. Tutte le altre cellule del paziente che non esprimono CD19 sono ignorate dalle cellule T modificate, che limitano gli effetti collaterali sistemici tipicamente incontrati durante le terapie tradizionali.

Oltre l’avvio alla morte delle cellule tumorali, una molecola di segnalazione integrata stimola anche la cellula a produrre citochine che attivano altre cellule T per moltiplicarsi, in modo da costruire un esercito sempre più grande fino a quando tutte le cellule bersaglio nel tumore sono distrutte.

Nei pazienti che hanno presentato la remissione completa dopo il trattamento, le cellule T CAR hanno avuto una proliferazione vigorosa dopo l’infusione.

In definitiva, il trattamento con cellule T modificate ha sradicato una grande quantità di tumore in questi pazienti, dicono gli esperti.



isabeau
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da isabeau » martedì 11 dicembre 2012, 21:33

:cry: :cry: na'" bella" notizia ogni tanto....



lupodelsud
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da lupodelsud » lunedì 17 dicembre 2012, 15:46

La sensazione è che lo studio combinato di hiv e leucemia possa dare buoni frutti e magari un giorno saremo in grado di salvarci da entrambi. Non so ma questa notizia della bimba curata con l'hiv (ovviamente trattato) è commovente. Sono sempre più convinto che il filone di studi sull'hiv, la leucemia, il trapianto di midollo, le cellule staminali e nuovi farmaci antiretrovirali più tollerabili possano dare ottimi frutti, più di quanto possa fare un agoniato vaccino.
Incrociamo le dita



Dora
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da Dora » venerdì 9 agosto 2013, 6:54

Come credo ormai sappiamo tutti, la Graft versus Host Disease (GvHD) - la reazione di rigetto contro l'ospite - è una delle più temibili complicanze che possono verificarsi dopo un trapianto di staminali.
Insieme alle infezioni, la Graft è responsabile dell'ancora alto tasso di mortalità nei trapianti allogenici e l'abbiamo purtroppo vista portarsi via in un mese il Piccolo Ninja, il ragazzino che si sperava potesse diventare il nuovo Timothy Brown.
D'altra parte, la Graft è considerata uno degli elementi che possono portare non solo al successo del trapianto con la sconfitta della patologia ematologica che l'ha reso obbligatorio, ma anche alla eradicazione dell'HIV proprio perché contribuisce alla distruzione delle cellule rimaste infette anche dopo la ART e la terapia di condizionamento (chemio- e radioterapia) prima del trapianto. È quindi utile che si verifichi, ma deve essere limitata e si deve riuscire a controllarla.

Il suo verificarsi in forma grave e cronica resta comunque una delle maggiori preoccupazioni in chi subisce un trapianto allogenico.

Una ottima notizia: un team di ricercatori della Indiana University, della University of Michigan, del Fred Hutchinson Cancer Research Center e del Dana-Farber Cancer Institute ha identificato e validato un marker nel sangue che può essere usato per predire quali pazienti sono a più alto rischio di GvHD.
Il marker si chiama ST2 (suppression of tumorigenicity 2), appartiene alla famiglia dei recettori dell'IL-2 e quanto più è alto, tanto più si è visto che è alta la probabilità che il paziente muoia entro 6 mesi.

L'attacco del nuovo sistema immunitario contro i tessuti dell'ospite non si verifica in genere se non dopo un mese dal trapianto, ma l'ST2 può essere trovato nel sangue anche dopo due sole settimane e questo consente un intervento precoce contro lo scatenarsi della Graft.


Fonti:



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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da Dora » venerdì 13 dicembre 2013, 8:07

Ricordate quei tre pazienti di Carl June la cui leucemia, ormai refrattaria a qualsiasi chemio, era stata mandata in remissione grazie all'infusione dei loro stessi linfociti T modificati usando l'HIV come vettore? Tutti i dettagli del trattamento li trovate raccontati in un post di questo stesso thread: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 820#p27820.

Bene, quei tre pazienti (due dei quali tre anni dopo sono ancora in remissione) sono diventati una sessantina, costituendo un intero trial clinico composto da tre diversi gruppi di persone in base al tipo di leucemia e all'età:
  • - 15 su 32 pazienti adulti con LLC (leucemia linfatica cronica) - cioè il 47% - hanno risposto alla terapia, con 7 di loro che sono riusciti ad andare in remissione completa;
    - 19 su 22 pazienti pediatrici con LLA (leucemia linfatica acuta) - cioè un incredibile 86% - hanno avuto una remissione completa e il primo di loro trattato con questo protocollo, che ora ha 8 anni, rimane in remissione a 20 mesi dal trattamento;
    - tutti e 5 fra i primi adulti con LLA trattati fino ad oggi sono in remissione completa (il periodo di remissione più lungo è di 6 mesi, quindi è presto per dire che ce l'hanno fatta);
    - fra i pazienti che hanno avuto una ricaduta, alcuni hanno mostrato nuove cellule tumorali che non esprimevano la proteina contro la quale erano stati riprogrammati i linfociti T, quindi - con l'insorgenza di una seconda leucemia - diventa difficile valutare il fallimento del protocollo;
    - anche nei pazienti in cui la risposta è stata solo parziale, le cellule cancerose sono sovente scomparse dal sangue e dal midollo e i linfonodi tendono a contrarsi nel tempo, tanto che in alcuni casi delle risposte parziali si sono trasformate in remissione completa dopo diversi mesi.
Con dei risultati così esaltanti in mano [eh sì, lo sono e questa volta non ho paura di dirlo], soprattutto quelli contro quel mostro tremendo che è la leucemia linfatica acuta, June e colleghi ritengono di aver trovato una possibile buona alternativa al trapianto di staminali in cui - come sappiamo - nonostante la mortalità sia molto diminuita negli ultimi anni, resta comunque una percentuale di rischio assai alta.



Altri particolari qui: Penn Medicine Team Reports on Study of First 59 Leukemia Patients Who Received Cell Therapy



Dora
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Re: [Interviste] G. Lambertenghi su trapianti, staminali e a

Messaggio da Dora » mercoledì 2 aprile 2014, 18:00

Solo una rapidissima segnalazione: su Nature News è uscito oggi un lungo articolo dedicato alle immunoterapie nel cancro. Poiché vi si parla non solo delle diverse modificazioni genetiche dei linfociti T di cui abbiamo discusso qui, ma anche di alcuni anticorpi - e specialmente di quelli contro la proteina PD-1 - che possono trovare applicazione anche contro l'infezione da HIV, ne consiglio la lettura a tutti.



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