Si tratta di un lavoro di Alberto Bosque, Vicente Planelles e altri della University of Utah - Homeostatic Proliferation Fails to Efficiently Reactivate HIV-1 Latently Infected Central Memory CD4+ T Cells – in cui si dimostra che la proliferazione omeostatica, indotta in vitro da una combinazione di IL-2 e IL-7, riesce, sì, a riattivare parzialmente il virus latente, ma NON a diminuire la dimensione del reservoir. Inoltre, si dimostra che le cellule latentemente infette sono in grado di proliferare omeostaticamente in assenza di riattivazione virale o di differenziazione cellulare. In sostanza: LA STIMOLAZIONE CON IL-2 + IL-7 PUÒ FARE UN GRAN DANNO, FAVORENDO LA CONSERVAZIONE DEL RESERVOIR LATENTE.
C’è però forse la possibilità di riattivare in coltura l’HIV latente nelle cellule memoria centrale stimolandolo con anticorpi anti-CD3 e anti-CD28: questi avrebbero portato alla distruzione delle cellule infette grazie alla morte cellulare indotta dal virus.
Dell’articolo riporto per esteso l’Introduzione, perché spiega molto bene la questione da cui Bosque e Planelles sono partiti, e poi una sintesi dei Risultati e della Discussione.
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L’esistenza di reservoir latenti di cellule infettate dall’HIV costituisce uno dei maggiori impedimenti all’eradicazione. I reservoir sono piccoli, ma hanno una durata assai lunga e, se è vero che l’infezione latente si associa a livelli non rilevabili di espressione genetica del virus, è però anche vero che, una volta riattivato, il virus che era latente entra in uno stato di replicazione attiva, in cui è perfettamente in grado di diffondersi.
Non sono ancora del tutto chiari gli stimoli fisiologici che scatenano o impediscono la riattivazione virale nelle cellule latentemente infette, anche se si ritiene che si debba verificare una stimolazione antigenica in una situazione di generale infiammazione. Si ritiene inoltre che, per arrivare all'eradicazione, sia necessaria una combinazione di antiretrovirali e di farmaci che riattivino il virus latente. Due le limitazioni attuali: 1) non sappiamo quali farmaci siano capaci di risvegliare il virus dalla latenza senza essere troppo tossici per il paziente; 2) non abbiamo una comprensione completa dei fattori cellulari e virali che determinano l’instaurarsi della latenza e il processo di riattivazione.
La memoria è una caratteristica del sistema immunitario acquisito, che dipende dall’espansione clonale e dalla differenziazione dei linfociti antigene-specifici che durano per tutta la vita. I linfociti T memoria, infatti, nascono dall’attivazione e differenziazione dei linfociti T naive e assolvono a due funzioni complementari, svolte da due sottogruppi cellulari: 1) i linfociti T memoria effettori(Tem) migrano verso i tessuti infiammati e subito svolgono la loro funzione; 2) i linfociti T memoria centrale (Tcm), invece, si dirigono verso gli organi linfatici secondari e, in risposta a una stimolazione antigenica, proliferano e si differenziano in Tem.
Nei CD4 memoria, poi, c’è un’ulteriore suddivisione, perché i CD4 memoria effettori si dividono in diversi tipi di linfociti T helper (per esempio: Th1, Th2, Th17), caratterizzati dall’espressione di particolari recettori delle chemochine e dalla produzione di particolari citochine (per esempio: IFN-gamma, IL-4, IL-17).
La proliferazione dei linfociti T memoria può essere innescata da una stimolazione antigenica, oppure dalle citochine. In questo caso, si parla di PROLIFERAZIONE OMEOSTATICA. Attraverso la proliferazione omeostatica, il sistema immunitario può mantenere un numero normale di linfociti T e correggere gli eccessi o le carenze del serbatoio delle cellule memoria. La proliferazione omeostatica è governata da certe citochine, appunto in assenza di stimolazione da parte di antigeni: nel caso dei CD4 memoria è l’IL-7 la citochina chiave che governa l’omeostasi (anche se ultimamente si è parlato anche dell'IL-15).
Alcuni lavori (in particolare quelli di Siliciano) hanno portato a ipotizzare che – in vivo – i CD4 memoria quiescenti costituiscano un reservoir virale che ha una durata lunghissima e che decade in tempi che possono andare da mesi ad addirittura anni. Più di recente, il lavoro di Chomont ha fornito ulteriori prove all’ipotesi che i CD4 memoria centrale e i CD4 memoria transitoria siano il principale reservoir in vivo dell'HIV. Chomont ha anche ipotizzato che le cellule di questo reservoir latente possano subire una proliferazione omeostatica e che questo porti al mantenimento o addirittura all’espansione del reservoir latente.
Il problema è che questa ipotesi non può essere testata su cellule tratte da pazienti, perché di cellule che portano l’infezione latente ce ne sono pochissime. Quindi Bosque e Planelles hanno usato un modello di latenza sui Tcm in coltura per capire l’effetto della proliferazione omeostatica delle cellule latentemente infette.
I risultati in estrema sintesi:
- 1. La proliferazione omeostatica dei linfociti T memoria centrale avviene innescando il ciclo di divisione della cellula, tuttavia in assenza di differenziazione della cellula stessa. È stata confermata la capacità dei CD4 memoria centrale di proliferare in senso omeostatico in risposta a stimolazione con IL-2 più IL-7, in un modo che però non consente di distinguere fra le cellule sane e quelle latentemente infette. Si è dunque visto che entrare in questo modo nel ciclo di divisione della cellula non influenza - né in senso positivo, né in senso negativo – se il virus latente sarà riattivato mediante trattamento con IL-2 più IL-7.
2. A ciò si aggiunga che i Tcm latentemente infetti messi a coltura passano attraverso la proliferazione omeostatica anche senza che il virus si riattivi. Si è visto, infatti, che la proliferazione delle cellule infette in risposta a stimolazione con IL-2 più IL-7 si accompagna con una riattivazione virale inefficace, a causa della quale molte cellule rimangono infette in modo latente e possono essere riattivate in seguito mediante stimolazione antigenica. Cioè: se si stimolano i Tcm in coltura con degli antigeni (in particolare, se li si espongono ad anticorpi anti-CD3/anti CD28), si arriva a distruggere il reservoir latente – cosa che NON si riesce a fare mediante proliferazione omeostatica.
Dal momento che i CD4 memoria latentemente infetti non esprimono degli antigeni virali che possano essere rilevati all’esterno, non si può pensare che la proliferazione omeostatica avvenga in modo diverso nelle cellule infette e in quelle non infette. E infatti Bosque e Planelles non hanno trovato delle differenze statisticamente significative.
Di qui hanno ipotizzato che la normale capacità di proliferare delle cellule latentemente infette sia un fattore importante del mantenimento del reservoir nel tempo. Inoltre, questo indicherebbe che LO STATO DI QUIESCENZA NON SIA UN PREREQUISITO INDISPENSABILE PER L’INSTAURARSI DELLA LATENZA (a questo proposito, ricordano il fatto ben noto che certe linee cellulari rese immortali possono ospitare virus latente per un tempo indefinito e che questo virus può essere riattivato in qualsiasi momento). Questo significa che LO STATO DI DIVISIONE CELLULARE PUÒ ESSERE INDIPENDENTE DALLA LATENZA.
Usando i Tcm messi a coltura, Bosque e Planelles sono riusciti a dar conto del grande effetto che la stimolazione antigenica ha sulla dimensione del reservoir latente e ritengono che i loro risultati indichino che LA STIMOLAZIONE ANTIGENICA PUÒ DISTRUGGERE IL RESERVOIR LATENTE, RIATTIVANDO IL VIRUS E FACENDO QUELLO CHE L’IL-2 E L’IL-7 SONO TROPPO DEBOLI PER FARE.
Concludono con un ammonimento a STARE BENE ATTENTI A CHE I FARMACI TESTATI CONTRO LA LATENZA NON ABBIANO ANCHE L’EFFETTO INDESIDERATO DI INDURRE UNA PROLIFERAZIONE CELLULARE IN PRESENZA DI UNA RIATTIVAZIONE DEL VIRUS INCOMPLETA.
Speriamo che chi sta conducendo i trial sull’IL-7 come sostanza “eradicante” faccia tesoro di questo ammonimento.