SILICIANO: caratterizzazione del reservoir, studi sulla cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » venerdì 25 ottobre 2013, 5:57

Insieme ai suoi ex allievi Ya-Chi Ho e Liang Shan, alla Janet e ad una serie di altri collaboratori, Siliciano ha pubblicato ieri su Cell il frutto della sua ricerca sulle dimensioni del reservoir latente di HIV, di cui aveva iniziato a parlare la primavera scorsa al CROI (vedere questo stesso thread, da questo post in poi: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 197#p30197).

Il titolo dell'articolo è piuttosto scoraggiante, anche se chi è abituato ai titoli di Siliciano non ne sarà stupito, perché sa che è uno scienziato che non mente e non ama addolcire le amare medicine con cui obbliga i pazienti e soprattutto i colleghi a fare i conti con la realtà: Replication-competent non-induced proviruses in the latent reservoir increase barrier to HIV-1 cure.

Leggerò l'articolo, il commento di Ariel e Leor Weinberger che lo accompagna (Stochastic Fate Selection in HIV-Infected Patients) e preparerò un post entro il weekend, ma volevo avvertirvi che i giornali italiani, riprendendo un lancio dell'ANSA, ci stanno propinando titoli allarmati sul genere Aids, il virus sempre più subdolo.

Ecco, questo da marzo scorso noi lo sapevamo già
(e tu, Uffa, hai già ampiamente bestemmiato contro Bob, quindi sei pregato di non ricoprirlo di nuovo di una valanga di insulti :evil: ).



nordsud
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da nordsud » venerdì 25 ottobre 2013, 6:42

Dora ha scritto:Insieme ai suoi ex allievi Ya-Chi Ho e Liang Shan, alla Janet e ad una serie di altri collaboratori, Siliciano ha pubblicato ieri su Cell il frutto della sua ricerca sulle dimensioni del reservoir latente di HIV, di cui aveva iniziato a parlare la primavera scorsa al CROI (vedere questo stesso thread, da questo post in poi: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 197#p30197).

Il titolo dell'articolo è piuttosto scoraggiante, anche se chi è abituato ai titoli di Siliciano non ne sarà stupito, perché sa che è uno scienziato che non mente e non ama addolcire le amare medicine con cui obbliga i pazienti e soprattutto i colleghi a fare i conti con la realtà: Replication-competent non-induced proviruses in the latent reservoir increase barrier to HIV-1 cure.





Per forza che è scoraggiante il titolo, guarda cosa scrivono...

The identification of replication-competent noninduced proviruses indicates that the size of the latent reservoirand, hence, the barrier to curemay be up to 60-fold greater than previously estimated.



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » venerdì 25 ottobre 2013, 6:47

nordsud ha scritto:
Dora ha scritto:Insieme ai suoi ex allievi Ya-Chi Ho e Liang Shan, alla Janet e ad una serie di altri collaboratori, Siliciano ha pubblicato ieri su Cell il frutto della sua ricerca sulle dimensioni del reservoir latente di HIV, di cui aveva iniziato a parlare la primavera scorsa al CROI (vedere questo stesso thread, da questo post in poi: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 197#p30197).

Il titolo dell'articolo è piuttosto scoraggiante, anche se chi è abituato ai titoli di Siliciano non ne sarà stupito, perché sa che è uno scienziato che non mente e non ama addolcire le amare medicine con cui obbliga i pazienti e soprattutto i colleghi a fare i conti con la realtà: Replication-competent non-induced proviruses in the latent reservoir increase barrier to HIV-1 cure.

Per forza che è scoraggiante il titolo, guarda cosa scrivono...

The identification of replication-competent noninduced proviruses indicates that the size of the latent reservoirand, hence, the barrier to curemay be up to 60-fold greater than previously estimated.

Sì, quello che stavo cercando di dire e che evidentemente non sono riuscita a dire con chiarezza è che non è una novità per noi che abbiamo seguito il CROI (e addirittura AIDS 2012) e tutte le altre occasioni in cui Siliciano quest'anno ha raccontato di questa ricerca. La notizia è brutta e merita tutto il titolo scoraggiante che le ha dato Siliciano. Ma non è nuova.



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » sabato 26 ottobre 2013, 7:07

In questo video della Johns Hopkins University, Siliciano e Ya-Chi Ho spiegano - in modo molto semplice - i risultati di questa loro ricerca.




nordsud
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da nordsud » sabato 26 ottobre 2013, 9:46

Se trovassero il modo di risvegliare le cellule infette e contemporanemante o successivamente di farle morire ( con anticorpi costruiti ad hoc e/o con l'aiuto del sistema immunitario ).. discutere se nel corpo ci sono 2 miliardi di cellule reservoirs o 120 miliardi.... mi sembra accademia di poco conto....Non voglio sminuire certamente il lavoro di Siliciano ma la mia considerazione è più che legittima e sensata.
E come discutere sulla quantita dei batteri presenti durante l'infezione. Se fossero 20 miliardi o 2000 miliardi poco cambia se l'antibiotico funziona.



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » sabato 26 ottobre 2013, 10:15

nordsud ha scritto:Se trovassero il modo di risvegliare le cellule infette e contemporanemante o successivamente di farle morire ( con anticorpi costruiti ad hoc e/o con l'aiuto del sistema immunitario ).. discutere se nel corpo ci sono 2 miliardi di cellule reservoirs o 120 miliardi.... mi sembra accademia di poco conto....
Ma il problema è ben quello!
La tua obiezione è la stessa che fece Margolis quando Siliciano presentò per la prima volta i suoi dati ("In my opinion is it not depressing to discover that the size of the latent reservoir may be two or even 5 times bigger than previously estimated, as in absolute numbers of infected cells, it is still pretty small. But if can we develop eradication therapies, we will need better tools to measure the size of the reservoir as we whittle it down."). Ora però anche Margolis ha cambiato idea (vedi sue dichiarazioni a The Scientist due giorni fa).

Scusa, non ho ancora avuto il tempo di raccogliere le idee e scrivere un post completo, che faccia capire l'importanza di quest'ultimo lavoro e come davvero non sia pura accademia, soprattutto perché apre un modo totalmente nuovo di vedere il reservoir latente: se ha ragione lui - e pare proprio che ce l'abbia - il fatto che la riattivazione sia stocastica obbligherà a rivedere ogni strategia di purging. Per dire, lo shock & kill riceve un colpo micidiale da questo lavoro.
Cercherò di scrivere il post fra oggi e domani.



nordsud
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da nordsud » sabato 26 ottobre 2013, 10:34

Ho letto l'articolo su Scientist.

Most HIV treatments depend on the activation of all CD4+ memory T cells that harbor the latent reservoir (LR), which is composed of inactive HIV proviruses integrated into the genomes of these resting cells. Knowing the size of the LR is essential for measuring the success of antiviral therapies.
Iniziano premettendo che il trattamento ( per l'eradicazione ) dipende dall'attivazione dei cd4 memoria.
Ed aggiungono che è essenziale misurare la quantità delle cellule ancora infette per verficare il successo della terapia.
Io, da profano, potrei dire che basterebbe sospendere la terapia e stare semplicemente a guardare. Se il rimbalzo virale non si verifica entro 6-12-18 mesi vorrà pur dire qualcosa. Ovvio che avere un metodo tecnico per sapere effettivamente la quantità delle cellule infette permetterebbe di ridurre eventualmente la tempistica per dichiarare la remissione o guarigione o per decidere quando terminare il trattamento per l'eradicazione ( non la solita haart ).
Potrebbero fare dei trial clinici con tempistiche diverse ( con molecole idonee ad attivare i CD4 ), cioè terapia per 1 mese ad un gruppo, terapia di 2 mesi ad un altro gruppo terapia di 4 mesi a un altro gruppo ancora.. e DOPO SOSPENDERE E VEDERE COSA SUCCEDE.



admeto
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da admeto » sabato 26 ottobre 2013, 15:18

Aspetto anch'io con ansia il post di Dora.
Nel frattempo ho provato a leggere il saggio originale e ovviamente non ho capito quasi nulla.
Quel poco che ho intuito è che finora era stato osservato che in vitro era possibile riattivare solo l'1% delle cellule latentemente infette e che si riteneva che il restante 99% fosse costituito da cellule contenenti materiale genetico virale danneggiato incapace di attivarsi.
Pare che invece il saggio dimostri che ciò è vero solo nell'88% dei casi (per una serie diverse di ragioni che vengono illustrate), mentre resterebbe un 12% di cellule latentemente infette che non si "risvegliano" per motivi stocastici - che, per quanto ne so, significa "per caso" - ma che contengono materiale virale comunque idoneo ad attivarsi in un secondo momento...
Certo che se io ho capito bene (cosa molto improbabile) e questa osservazione è giusta, e se è giusta anche la teoria per cui esiste anche un reservoir virale produttivo e non latente (nella mia beata ignoranza vorrei sperare che almeno queste due tesi fossero tra loro incompatibili) le cose si complicherebbero assai...



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » domenica 27 ottobre 2013, 10:53

admeto ha scritto:se è giusta anche la teoria per cui esiste anche un reservoir virale produttivo e non latente (nella mia beata ignoranza vorrei sperare che almeno queste due tesi fossero tra loro incompatibili) le cose si complicherebbero assai...
Mi spiace confermartelo: dei reservoir composti da cellule produttivamente infette, in cui il virus si replica attivamente producendo una viremia di basso livello, esistono per esempio in tutti quei comparti anatomici che non vengono raggiunti bene dai farmaci.
Se intendi "reservoir" semplicemente come "serbatoio", poi puoi attaccargli un'etichetta che lo definisca. "Latente" è soltanto l'etichetta che siamo abituati a vedere più spesso.



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » domenica 27 ottobre 2013, 10:59

Ho pensato di cercare di raccontare quello che mi sembra il senso di quest’ultimo lavoro di Siliciano e le prospettive che esso apre (e anche chiude, forse) nella ricerca di una efficace strategia di eradicazione, mentre molti dettagli tecnici sui risultati possono essere letti nel post dedicato alla presentazione di Ya-Chi Ho al CROI 2013 e soprattutto nella sezione RESULTS dell’articolo su Cell.


Una delle principali vie per eradicare il reservoir latente (d’ora in poi – salvo diversa specificazione - solo “reservoir”) prevede l’inversione della latenza nei pazienti in terapia. Come Siliciano ci ha insegnato un paio d’anni fa, le cellule che contengono provirus che sono stati indotti a trascriversi mediante qualche sostanza anti-latenza tipo un HDACi possono essere distrutte dalle reazioni citolitiche dei CD8 HIV-specifici preventivamente rafforzati, mentre la ART si occupa di impedire che nuovi cicli di produzione virale reinneschino l’infezione.

Poter misurare in modo accurato il reservoir non è una questione accademica, ma è invece essenziale per valutare qualsiasi strategia di eradicazione, perché è vero quello che dice Nordsud: interrompi la terapia e stai a vedere che accade. Ma se non hai ripulito completamente il reservoir, avrai un rebound della viremia e un ripopolamento immediato del reservoir – con ritorno alla casella di partenza. Solo che questo non è un gioco e i pazienti non sono oche.

Il test standard usato per misurare le dimensioni del reservoir è il VOA (Viral Outgrowth Assay), messo a punto – indovinate da chi? Ma dal team di Siliciano, naturalmente (così si vede l’onestà dello scienziato, capace di rivedere, criticare e all’occorrenza buttare via il suo stesso lavoro).
Senza scendere nei particolari, il VOA misura la frequenza di CD4 quiescenti che producono virus infettivo dopo un singolo ciclo di massima attivazione possibile in vitro. Per invertire la latenza inducendo attivazione dei linfociti T, si è visto che la sostanza più efficace è la fitoemoagglutinina (PHA)
(non cominciate a fregarvi le mani tutti contenti, pensando “ecco con cosa si può eradicare il virus”, perché la PHA è così potente che attiva troppi linfociti T tutti insieme, quindi la si può usare solo in vitro, pena l’”avvelenamento” del paziente a seguito di una tempesta di citochine infiammatorie prodotte in conseguenza di un’attivazione così massiccia e generalizzata).

Bene, si pensava che la dimensione del reservoir potesse essere valutata usando sostanze come la PHA, che inducono appunto un’attivazione uniforme dei linfociti T. Ma si è scoperto che la frequenza delle cellule latentemente infette calcolate mediante il VOA è di ben 300 volte più bassa rispetto alla frequenza di CD4 quiescenti contenenti del provirus, che può essere rilevato se si usa la PCR.

Qual è il problema? Il VOA calcola soltanto i provirus riattivati, invece la PCR calcola le copie totali di provirus presenti, che siano latenti o riattivati. In genere, quelli che con il VOA vengono trascurati in quanto provirus “non indotti”, si riteneva che fossero difettivi, in qualche modo incapaci di risvegliarsi e proliferare. Ma, in realtà, non erano mai stati ben caratterizzati da un punto di vista molecolare. In particolare, non era chiaro se i provirus non indotti possano essere indotti in vivo.

Questo è quello che la bravissima Ya-Chi Ho ha cercato di fare in una serie magnifica di esperimenti, durante i quali ha sequenziato l’intero codice genetico dei provirus dell’HIV, sia di quelli che erano stati riattivati, sia di quelli che non si era riusciti ad indurre. E quel che si è visto è stato che, quando venivano sequenziati e confrontati con i provirus riattivati, circa il 12% dei provirus non indotti avevano dei genomi perfettamente intatti. Il restante 88%, invece, aveva delle mutazioni e/o delle delezioni genetiche che li rendevano difettivi, cioè incapaci di riprodursi.

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Con ciò si è data una spiegazione delle discrepanze fra i risultati del VOA e quelli della PCR sulle dimensioni del reservoir. Infatti, quella consistente frazione di provirus con i genomi perfettamente funzionanti che non vengono rilevati dai metodi di misurazione normalmente usati può essere indotta in vivo a replicarsi e, anzi, presenta una cinetica di crescita paragonabile a quella dei provirus indotti.

Ciò significa che il VOA sottostima marcatamente le dimensioni del reservoir; e non si tratta solo di una questione di sensibilità del test.
Infatti, Siliciano e colleghi hanno dimostrato che la stimolazione con PHA attiva TUTTI i CD4 quiescenti (lo si vede dall’espressione dei marker di proliferazione e attivazione presenti sui CD4).
Usando una PCR molto sensibile (real time: RT-PCR), si è visto che SI AVEVA A CHE FARE CON UNA POPOLAZIONE DI PROVIRUS INTATTI CHE NON ERANO STATI INDOTTI A PRODURRE VIRUS INFETTIVI DOPO UN SINGOLO CICLO DELLA MASSIMA ATTIVAZIONE POSSIBILE IN VITRO. SI È INOLTRE VISTO CHE TUTTI QUEI PROVIRUS NON INDOTTI ERANO CAPACI DI REPLICAZIONE.

Ora, dal momento che una cura sterilizzante richiede l’eliminazione di tutto l’HIV capace di replicazione, scoprire che ci sono tutti questi provirus non indotti e tuttavia capaci di replicarsi comporta che IL NUMERO DI PROVIRUS CHE DEVONO ESSERE ELIMINATI È MOLTO PIÙ GRANDE DI QUANTO SI PENSASSE.
Una stima piuttosto conservativa fatta da Siliciano calcola che questi provirus potrebbero essere circa 60 volte più numerosi di quelli stimati dal VOA (da tener conto che c’è una grande variabilità fra paziente e paziente).

Nelle parole di Siliciano:

  • Nel complesso, i nostri risultati indicano che la strategia di eradicazione “shock and kill” è messa in discussione da una ampia ma non misurata popolazione nascosta di provirus capaci di replicazione. È interessante che, nonostante la ricerca intensiva di nuove sostanze capaci di invertire la latenza, nessuno dei farmaci testati fino ad oggi raggiunga l’alto livello di induzione dell’HIV-1 in vitro raggiunto dalla PHA. Ne segue che la scoperta che le vere dimensioni del reservoir latente possono essere di circa 60 volte maggiori di quelle stimate usando l’attivazione mediante PHA è particolarmente inquietante. È però anche importante sottolineare che anche un basso livello di espressione genetica del virus può essere sufficiente a consentire l’eliminazione delle cellule infette mediante una risposta CTL opportunamente innescata e che la variabile critica può essere la frazione di cellule latentemente infette che vengono indotte ad esprimere i geni dell’HIV-1.


Ne segue che la questione cruciale da affrontare per comprendere il significato clinico di quanto detto finora è capire perché i provirus non indotti dopo la massima attivazione in vitro dei linfociti T non producono un virus infettivo.
Ci sono diverse spiegazioni possibili, che vanno dal silenziamento mediante modificazioni repressive della cromatina a qualche interferenza durante la trascrizione.
Di qui un’altra serie di esperimenti, alla fine dei quali l’ipotesi di Siliciano è la seguente:

  • Noi suggeriamo che, nonostante la massima attivazione dei linfociti T, l’induzione dei provirus latenti sia stocastica.


E cioè, come ricordava Admeto: casuale, aleatoria, da trattarsi con strumenti matematici che fanno riferimento principalmente alla teoria delle probabilità per descrivere un modello dinamico, un sistema biologico che si evolve in modo non del tutto prevedibile.

Siliciano spiega che l’espressione dei geni dell’HIV dopo l’attivazione dei CD4 può seguire una distribuzione digitale o analogica come risultato di processi stocastici e dinamici, in particolare si sa che i livelli di induzione della trascrizione del provirus presentano delle fluttuazioni stocastiche che dipendono dai livelli della proteina Tat.
L’IPOTESI DI SILICIANO È DUNQUE CHE ALCUNI PROVIRUS SARANNO INDOTTI DOPO UN PRIMO CICLO DI ATTIVAZIONE, MENTRE ALTRI RESTERANNO SILENTI, PUR MANTENENDO INTATTO IL POTENZIALE DI ESSERE RIATTIVATI IN UN ALTRO MOMENTO.

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Ecco la vera rogna per l’eradicazione, dal momento che è necessario che TUTTI i provirus vengano riattivati.

Il fatto che il VOA sottostimi i provirus intatti può comportare un rebound virale ritardato dopo una “cura” apparente; mentre il fatto che la PCR sopravvaluti le dimensioni del reservoir perché rileva anche i provirus difettivi può comportare un’esposizione eccessiva dei pazienti all’azione tossica dei farmaci anti-latenza.
Urgono dunque strumenti per misurare l’esatta dimensione e composizione del reservoir, che superino i problemi dei due test oggi utilizzati.

A chi desiderasse comprendere meglio la questione della variabilità stocastica della riattivazione del provirus latente suggerisco la lettura del commento di Ariel e Leor Weinberger (fratelli: il primo un chimico di Harvard, il secondo un virologo della University of California, San Francisco), che accompagna l'articolo di Siliciano: Stochastic Fate Selection in HIV-Infected Patients.
Si tratta di tre paginette davvero illuminanti, che non soltanto azzardano una spiegazione in termini evoluzionistici del prevalere di un meccanismo stocastico nella latenza dell'HIV, ma anche spiegano perché l’ipotesi della stocasticità della riattivazione del reservoir possa imporre di rivalutare tutti i tentativi fatti finora nei trial clinici sull’eradicazione, che si basavano sull’assunzione che la popolazione di virus latente potesse essere distrutta in modo deterministico.

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L’idea dello “shock and kill” era infatti quella di attivare (“shock”) le cellule dei pazienti in modo da indurre tutto il virus latente e poi far intervenire una terapia antiretrovirale standard per ripulire (“kill”) i virus riattivati e ritrovarsi così con i pazienti liberati dall’HIV.
Beh, quello che Siliciano ci sta insegnando adesso è che anche gli “shock” più potenti che abbiamo a disposizione riescono a riattivare solo una parte dei virus latenti. È possibile che degli “shock” ripetuti siano più efficaci; ma è anche possibile che ciascuna ripetizione dello “shock” sia solo un altro stocastico lancio di dadi, a seguito del quale ci sarà comunque del virus che resta latente.



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