Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da Dora » giovedì 20 marzo 2014, 9:00

Ho aspettato qualche giorno per aggiornare il thread sul panobinostat al CROI, perché i due poster di Rasmussen e colleghi tardavano ad essere messi online. Ieri, vedendo che moltissimi poster continuavano a mancare all'appello, ho scritto agli organizzatori del congresso e subito, gentilmente, mi hanno mandato il PDF dei due lavori. Non posso dunque, per il momento, postare i link.


#438LB Panobinostat Induces HIV Transcription and Plasma Viremia in HIV Patients on Suppressive cART

Il trial era di fase I/II e i 15 pazienti con viremia soppressa dalla ART hanno ricevuto per via orale 20 mg di panobinostat 3 volte a settimana, una settimana sì e una no, per 8 settimane.

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L’obiettivo primario – come indicatore dell’avvenuta trascrizione del virus latente - era la valutazione dell’HIV RNA disgiunto associato alle cellule (CA-US RNA) ed è stato misurato sul totale dei CD4.
Gli obiettivi secondari erano la valutazione della sicurezza del farmaco e la misurazione dell’HIV RNA nel plasma e dell’HIV DNA sia totale, sia integrato.
Queste le caratteristiche di partenza dei partecipanti:

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Tutti i 15 pazienti hanno completato lo studio a pieno dosaggio di panobinostat. Gli eventi avversi riferiti da 10 pazienti sono stati 45, 16 dei quali probabilmente connessi all’HDACi. Sono comunque stati tutti lievi (di grado 1) e la fatigue è stato quello più frequente. Si è verificato un evento avverso grave, ma certamente non connesso al panobinostat.

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Il numero dei CD4 non è stato in alcun modo modificato dal trattamento.
E ora passiamo ai parametri virologici.
Come ci si poteva legittimamente attendere, il trattamento con un inibitore della deacetilazione istonica ha causato dei mutamenti nell’acetilazione istonica: aumenti e diminuzioni corrispondenti al ciclo delle dosi.

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L’RNA virale disgiunto associato alle cellule è aumentato in modo statisticamente significativo (p<0.0001) durante il trattamento, con aumenti in corrispondenza dei momenti successivi all’assunzione del farmaco.

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Il massimo aumento mediano dell’HIV RNA disgiunto associato alle cellule è stato di 3,5 volte (range 2,1 – 14,4). E i livelli di CA-US RNA sono rimasti leggermente più elevati per 4 settimane dopo l’assunzione del panobinostat (aumento di 1,6 volte).

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Fin qui era quel che Rasmussen ci aveva detto a Miami lo scorso dicembre. La prossima figura, però, ci parla del DNA virale totale e integrato, misurato su 1 milione di CD4 e ci dice che l’HIV DNA totale ha avuto una diminuzione transitoria verso il 14° giorno di trattamento, ma poi se ne è tornato ai livelli di partenza e lì è rimasto. Il DNA integrato, invece, non si è neppure mosso.

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La conclusione del poster è un po’ troppo sintetica – per i miei gusti. Ci dice infatti che

  • 8 settimane di terapia ciclica con panobinostat sono state sicure e ben tollerate. Il trattamento con panobinostat ha portato a un aumento significativo dei livelli di CA-US-RNA, a un aumento dell’RNA nel plasma, così come a una diminuzione transitoria dell’HIV DNA totale. I nostri risultati mostrano che il panobinostat induce la produzione di HIV in modo efficiente ed è un candidato promettente per future strategie combinate per riattivare ed eliminare il reservoir latente di HIV.


Tutto bene? Qualche dubbio è lecito, se ricordiamo quello che Mathias Lichterfeld (che firma anche lui questo poster) ci ha raccontato in una bella lezione sui CD4 che hanno caratteristica di staminali, durante questo stesso congresso.
Riporto quanto ho scritto un paio di settimane fa nel thread dedicato alla ricerca di Lichterfeld:

Dora ha scritto:L’ultima parte della lezione è stata dedicata alla manipolazione e distruzione del reservoir mediante HDACi.
In particolare, Lichtenfeld fa riferimento al trial danese sul panobinostat: somministrazione dell’HDACi un giorno sì e uno no, tre volte a settimana, per un mese in presenza di ART, seguita da analisi degli effetti virologici e immunologici del farmaco sul reservoir dei CD4. Indagando che cosa il panobinostat abbia fatto al DNA virale associato alle cellule, Rasmussen ha visto che l’HDACi ha avuto l’effetto di riattivare del virus latente. Nei 15 pazienti che hanno partecipato allo studio si è visto un iniziale declino dell’HIV DNA nelle prime due settimane, ma poi purtroppo questo processo si è bloccato. Se però si va a indagare paziente per paziente, si vedono 11 pazienti con livelli di DNA virale molto stabili, mentre 4 pazienti hanno mantenuto nel tempo il declino dell’HIV DNA associato ai CD4.

Lichterfeld riconosce che questa è una analisi retrospettiva e che le conclusioni che si possono trarre da una analisi post hoc sono limitate, ciò nondimeno distinguere fra i due tipi di pazienti e capire in quali sottopopolazioni di CD4 memoria si è avuto un maggior declino di HIV DNA può offrire una migliore comprensione sulle dinamiche del reservoir. Quel che si è visto è che non è accaduto granché nella popolazione complessiva dei CD4, anzi nei non responder si è visto addirittura un aumento del reservoir dei CD4 memoria centrali (mica tanto bello, perché c’è stato un aumento delle cellule che vivono a lungo a scapito di quelle, come i CD4 memoria effettori, che almeno si tolgono di torno rapidamente); invece, nei pazienti che hanno risposto meglio il declino del DNA virale è avvenuto soprattutto nei CD4 memoria centrali – e questo passaggio dalla prevalenza nel reservoir di cellule con una lunga vita a cellule che muoiono in fretta è ovviamente un ottimo segno.
I Tscm sono stati analizzati solo in due pazienti, quindi i dati non sono indicativi.

Da che cosa dipenda la variabilità nella risposta al panobinostat è ancora da indagare (e speriamo che Rasmussen domani ci dica qualcosa di più).
Speranza vana.

I ricercatori danesi hanno portato al CROI anche un interessante lavoro in cui hanno cercato di dare una risposta alle preoccupazioni di coloro che temono che l’uso di HDACi per riattivare la trascrizione dell’HIV possa avere effetti dannosi a livello di sistema nervoso centrale. Si teme, infatti, che i CD4 riattivati o le proteine virali indotte dagli HDACi possano causare danno neuronale, o che si possa verificare a livello cerebrale una sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria, o che le funzioni cerebrali possano essere intaccate dall’eliminazione di cellule della microglia e/o astrociti latentemente infetti.


#482 HIV reactivation by the histone deacetylase inhibitor panobinostat: Effects on CNS

Per valutare se la riattivazione del virus indotta dal panobinostat si associava ad effetti avversi nel sistema nervoso centrale, sono stati analizzati molti marker di neurodegenerazione e neuroinfiammazione prelevando da 11 dei 15 partecipanti al trial del liquido cerebrospinale, prima della prima dose di panobinostat e durante la settimana finale della sperimentazione.
Tutti i campioni di liquor prelevati erano negativi per l’HIV RNA, sia prima, sia durante il trattamento con panobinostat.
Non ci sono state variazioni nei marker presi in esame, né in quelli di neurodegenerazione, né in quelli di neuroinfiammazione.

Rasmussen e colleghi ne hanno concluso che ripetuti cicli di trattamento con panobinostat in pazienti HIV+ con viremia soppressa non hanno avuto associazione con eventi avversi a livello di sistema nervoso centrale.

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nordsud
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da nordsud » giovedì 20 marzo 2014, 17:49

La prossima figura, però, ci parla del DNA virale totale e integrato, misurato su 1 milione di CD4 e ci dice che l’HIV DNA totale ha avuto una diminuzione transitoria verso il 14° giorno di trattamento, ma poi se ne è tornato ai livelli di partenza e lì è rimasto. Il DNA integrato, invece, non si è neppure mosso.
Non concedo nessun beneficio ( per modo di dire ) a questo trial di pochi giorni o settimane ma se l'HIV DNA non è cambiato, ciò significa che non è servito a niente ( da profano con i cojones stanchi ).



Dora
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da Dora » domenica 23 marzo 2014, 11:32

nordsud ha scritto:
La prossima figura, però, ci parla del DNA virale totale e integrato, misurato su 1 milione di CD4 e ci dice che l’HIV DNA totale ha avuto una diminuzione transitoria verso il 14° giorno di trattamento, ma poi se ne è tornato ai livelli di partenza e lì è rimasto. Il DNA integrato, invece, non si è neppure mosso.
Non concedo nessun beneficio ( per modo di dire ) a questo trial di pochi giorni o settimane ma se l'HIV DNA non è cambiato, ciò significa che non è servito a niente ( da profano con i cojones stanchi ).
Forse è presto per mettere una pietra sopra anche a questo trial, ma pare così anche a me e dubito che giocando con le dosi e/o con i tempi di somministrazione si otterrà qualcosa di diverso.

Ne approfitto per postare i link dei due poster, ora online nel sito del CROI:

- Panobinostat Induces HIV Transcription and Plasma Viremia in HIV Patients on Suppressive cART
- HIV reactivation by the histone deacetylase inhibitor panobinostat: Effects on CNS



Dora
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da Dora » mercoledì 23 luglio 2014, 14:39

GLI AGGIORNAMENTI PORTATI A MELBOURNE SUL PANOBINOSTAT.

A) Un abstract presentato in una sessione orale, in cui si valuta la riduzione dei marker di infiammazione cronica nelle persone che hanno partecipato al trial, sulla base dell'ipotesi che la somministrazione di un HDACi in persone con infezione ben controllata dovrebbe avere diminuito l'infiammazione.
Dalla tabella qui sotto si vede che, in effetti, è soprattutto diminuita la hs-CRP (proteina C reattiva), perché in media si è dimezzata ed è rimasta bassa per un mese dopo la sospensione del panobinostat.
Sono anche diminuiti i livelli plasmatici di L-6, MMP-9, sE-selectina e sCD40L, mentre l'sCD14 (un marker di attivazione dei monociti) è aumentato.
I livelli di espressione genica di due interleuchine infiammatorie (IL-1β e IL-8) sono diminuiti.
L'idea di Rasmussen e colleghi è che gli HDACi potrebbero avere un ruolo anti-infiammatorio in pazienti ad alto rischio.

DdD: stanno cercando di riposizionare il panobinostat, dal momento che come sostanza anti-latenza non ha funzionato?
:roll:


Treatment with the histone deacetylase inhibitor Panobinostat markedly reduces chronic inflammation in HIV-infected patients

A.S.H.K. Kjær1, C.R. Brinkmann1, C.A. Dinarello2, H.J. Møller3, L. Østergaard1, M. Tolstrup1, O.S. Søgaard1, T.A. Rasmussen1

1Aarhus University Hospital, Department of Infectious Diseases, Aarhus, Denmark, 2University of Colorado Denver, Department of Medicine, Aurora, United States, 3Aarhus University Hospital, Department of Clinical Biochemistry, Aarhus, Denmark


Background: Chronic inflammation and immune activation have been suggested to cause cardiovascular disease in HIV-infected patients despite antiretroviral treatment (ART). Histone deacetylase inhibitors (HDACi) exert potent anti-inflammatory effects. We hypothesized that the HDACi Panobinostat would reduce inflammation in well-treated HIV-patients.

Methods: In a non-randomized interventional phase I/II trial designed to evaluate the effect of Panobinostat on the latent HIV-1 reservoir, 15 aviremic HIV-infected patients on ART were treated with Panobinostat (20 mg; dosed three times/week every other week for eight weeks). Plasma levels of eight soluble biomarkers were determined at baseline, four days after initiating treatment and four weeks after completing treatment using ELISA and Luminex. Changes from baseline were analyzed using paired t-test. Gene expression in PBMCs was analyzed on a HTA 2.0 chip (Affymetrix); fold changes and p-values were computed using TAC software.

Results: Multiple significant changes from baseline in plasma inflammation were observed during and after Panobinostat treatment (table 1). Notably, hs-CRP decreased by a mean of 50% during treatment and this change persisted 4 weeks post-treatment. Plasma levels of IL-6, MMP-9, sE-selectin and sCD40L also decreased, while sCD14 increased. On day 4, IL-1β and IL-8 gene expression levels were downregulated 2-fold (P=7.9*10-9, FDR= 4*10-6) and 4-fold (P=1*10-6, FDR=0.00016) respectively, compared to baseline.

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Conclusions: Panobinostat treatment significantly reduced levels of soluble inflammatory biomarkers known to be associated with all-cause mortality and cardiovascular events. Further, gene expression of potent inflammatory interleukins was strongly downregulated indicating a potential role for HDACis as anti-inflammatory agents in high-risk patients. These findings warrant further investigation.



B) Un poster "late breaker", in cui si descrivono i correlati immunologici della riduzione del reservoir provirale nei 15 pazienti che, con viremia soppressa dalla ART, hanno ricevuto cicli di terapia con panobinostat per 8 settimane. Qui la cosa viene raccontata in modo furbetto, perché si ammette che - a livello di coorte - non si sono viste diminuzioni dell'HIV DNA, ma dal momento che in qualche paziente qualcosa forse il panobinostat ha fatto al reservoir, allora sono state studiate le associazioni fra i cambiamenti dell'HIV DNA e 1) il rebound della viremia quando la ART è stata interrotta (con l'HIV RNA misurato, insieme ai CD4, due volte a settimana) e 2) frequenza e fenotipo delle cellule NK, dei linfociti T e dei linfociti Treg.
In breve, nei 9 pazienti che hanno sospeso la ART, il rebound della viremia sopra le 1000 copie si è visto dopo una mediana di 17 giorni (range 14-56). Il tempo di rebound è risultato correlato con riduzioni nell'HIV DNA totale (p=0.0003) e integrato (p=0.018). Si sono viste delle risposte dei CD8, ma queste non sono state correlate con cambiamenti nel reservoir. Diminuzioni dei livelli di DNA virale si sono invece associate con una maggiore attivazione delle cellule NK.

Ed ecco la conclusione scontata: per far funzionare il panobinostat sarà meglio usarlo insieme a una qualche immunoterapia.



Immunological correlates of HIV-1 DNA decline during latency reversal with panobinostat in patients on suppressive cART

M. Tolstrup1,2, S. Vigano3, R. Olesen1, C. Brinkmann1, M. Buzon3, L. Østergaard1,2, T. Rasmussen1,2, M. Lichterfeld3, O. Søgaard1,2

1Aarhus University Hospital, Department of Infectious Diseases, Aarhus, Denmark, 2Aarhus University, Institute of Clinical Medicine, Aarhus, Denmark, 3Ragon Institute, MGH, MIT and Harvard University, Boston, United States


Background: Reversing HIV-1 latency is a possible strategy to reduce the HIV-1 reservoir, but elimination of latently infected cells likely depends on immune mechanisms. In a clinical trial that included 15 HIV-patients, 8 weeks of cyclic therapy with the HDACi panobinostat, significantly increased HIV-1 transcription and plasma HIV-1 RNA. At cohort level, HIV-1 DNA did not change but persistent reductions in total HIV-1 DNA were observed in some patients. Here, we report associations between changes in HIV-1 DNA during panobinostat treatment and 1) viral rebound during analytical treatment interruption (ATI); and 2) immune effector characteristics.

Methods: During ATI, viral load and CD4 T cell counts were monitored twice weekly. Total and integrated HIV-1 DNA in CD4 T cells was determined using digital droplet PCR. HIV-1-specific CD8 T cells were analyzed using interferon-γ elispots with an individual HLA-class I-matched library of epitopic peptides. Frequencies and phenotypic characteristics of NK cells, T cells, as well as regulatory T cells were determined before, during, and after panobinostat treatment using multiparametric flow cytometry.

Results: Viral rebound occurred in all ATI participants (n=9) with a median time to viral rebound >1,000 copies/ml of 17 days (range 14-56). Time to viral rebound correlated significantly with reductions in both total (p=0.0003) and integrated HIV-1 DNA (p=0.018) during panobinostat treatment. The breadth and magnitude of HIV-1-specific CD8 T cell responses to HIV peptides expanded significantly during panobinostat treatment, but this was not correlated to changes in HIV-1 DNA. However, low baseline levels of PD-1 expressing CD8 T cells strongly predicted a sustained decrease in HIV-1 DNA levels (p=0.001). Further, declining HIV-1 DNA levels during panobinostat treatment were associated with increasing proportions of activated (CD69+) NK cells (p=0.04) and decreasing expression of the inhibitory NK cell marker NKG2A (p=0.001). Levels of PD-1 on CD4 T cells as well as expression of inhibitory molecules CTLA-4 and CD39 on regulatory T cells were not associated with HIV-1 DNA changes.

Conclusions: In this exploratory analysis, we identified key innate and adaptive immune effector characteristics that correlated with HIV-1 DNA changes during latency reversal. Combining panobinostat with immunotherapy may result in improved elimination of the HIV-1 reservoir.



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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da uffa2 » mercoledì 23 luglio 2014, 14:52

del maiale non si butta via niente, come insegnano sull'agro pontino...


HIVforum ha bisogno anche di te!
se vuoi offrire le tue conoscenze tecniche o linguistiche (c'è tanto da tradurre) o sostenere i costi per mantenere e sviluppare HIVforum, contatta con un PM stealthy e uffa2, oppure scrivi a staff@hivforum.info

Dora
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da Dora » mercoledì 23 luglio 2014, 14:57

uffa2 ha scritto:del maiale non si butta via niente, come insegnano sull'agro pontino...
Sì, ma QUANTO DEVONO ESSERE "AD ALTO RISCHIO" QUESTI PAZIENTI, PERCHÉ IL RISCHIO DEL PANOBINOSTAT DIVENTI ACCETTABILE? E per quanto tempo pensano di poterglielo dare?



nordsud
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da nordsud » mercoledì 23 luglio 2014, 15:01

Qualcuno ha il telefono di Piero Angela o del figlio ?
Bisogna assolutamente dirgli di non fare più disinformazione quando decantano le lodi di quello che si può fare con la genetica la biologia e tutto il resto... tanto da inculcare l'idea che qualsiasi laboratorio universitario possa operare a livello quasi molecolare in maniera mirata su cellule di ogni tipo
Nel 2014 i test più sofisticatissimi NON RIESCONO NEMMENO a scovare il virus HIV integrato.. e io dovrei credere a tutte la balle che ogni giorno escono sui miracoli della manipolazione genetica .. ma che vadano a dar via le chiappe.....tromboni di regime.



alfaa
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da alfaa » mercoledì 20 agosto 2014, 22:46

Lo scrivo qui perche non trovo gli altri thread. I farmaci anti latenza che stanno studiando sono 3-4 vero? Ora, ho capito io male o CONCRETAMENTE nessuno sa solo funziona e quindi stanno provando a combinarli?



Dora
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da Dora » giovedì 21 agosto 2014, 6:09

alfaa ha scritto:Lo scrivo qui perche non trovo gli altri thread. I farmaci anti latenza che stanno studiando sono 3-4 vero? Ora, ho capito io male o CONCRETAMENTE nessuno sa solo funziona e quindi stanno provando a combinarli?
Non a combinare i farmaci che sono già stati testati in fase clinica (cioè a mettere insieme i tre inibitori della istone-deacetilasi sperimentati finora sull'uomo: vorinostat, panobinostat e romidepsina); ma a combinare farmaci antilatenza che agiscono usando meccanismi diversi di riattivazione della trascrizione dell'HIV.
Gli studi sulle cellule hanno mostrato che, se si mettono insieme due o più sostanze di questo tipo, l'effetto che si ottiene può essere sinergico, cioè maggiore della somma degli effetti delle singole sostanze.
Questo, in vitro. Il primo caso di combinazione di sostanze antilatenza in vivo che io conosco è quello dei topi di Nussenzweig, che oltre che con ART e sostanze antilatenza sono stati trattati anche con un mix di bNAbs e di cui ho parlato qui:

http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 340#p42340



Dora
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Re: Altri HDACi anti-latenza in fase clinica: panobinostat

Messaggio da Dora » martedì 3 marzo 2015, 11:32

CROI 2015 – RIFINITURE E DETTAGLI SUL TRIAL CLINICO DEL PANOBINOSTAT


L'articolo conclusivo di Thomas Rasmussen, Ole Søgaard e colleghi dell'Aarhus University Hospital sul trial del panobinostat è stato pubblicato su Lancet HIV di ottobre, ma l'avevo temporaneamente messo da parte, perché riassume quanto già abbiamo visto nel corso dell'anno. Tranne un particolare non trascurabile, di cui alle presentazioni ai congressi non avevo colto la rilevanza (o forse non era proprio menzionato, dovrei controllare) ...

Molto brevemente, i risultati di questo trial sono consistenti con quanto si è visto nei trial sul vorinostat e la romidepsina: tutti gli HDACi testati riescono - chi più, chi meno - ad attivare un poco la trascrizione dell’HIV latente in vivo. In questo caso, si è visto un aumento di 2-3 volte dell’HIV RNA associato alle cellule e un’ombra di transitoria diminuzione dell’HIV DNA totale è stata intravista il 14° giorno dello studio. Tuttavia, di effettiva incidenza sul reservoir latente non si può parlare.
Dei 14 partecipanti iniziali, 9 hanno affrontato un’interruzione della ART e in 17 giorni (range 14-56) tutti hanno avuto un rebound della viremia sopra le 1000 copie.
In una analisi post hoc, che è da prendere con le pinze perché non programmata fin dall’inizio, pare che la diminuzione dei livelli di HIV DNA totale misurata in 4 partecipanti sia stata persistente e si sia correlata con un breve ritardo nel rebound della viremia dopo l’interruzione della ART.

Veniamo all’HIV RNA nel sangue, perché questo è stato rilevato più spesso durante (e dopo) il trattamento con panobinostat rispetto ai livelli di prima del trattamento. Quell’RNA nel plasma Rasmussen e colleghi lo considerano un successo (qualcosa, dopotutto, siamo riusciti a smuovere!).
La cosa che non mi pare fosse stata detta ai congressi è che già un 30% dei partecipanti era "positivo" all'HIV RNA nel plasma prima di iniziare il trattamento. Gli autori dicono che hanno misurato la viremia nel plasma per vedere se l'aumento dell'RNA associato alle cellule aumentava grazie agli LTR e che riuscire a documentarlo era "crucial for showing that panobinostat effectively disrupts HIV latency in vivo".
Quindi, il fatto che il 54% dei campioni dopo il panobinostat fossero positivi all'HIV RNA loro lo considerano una conferma del successo antilatenza del panobinostat. E la correlazione che hanno trovato fra RNA nel plasma e RNA associato alle cellule durante il trattamento rafforzerebbe la loro ipotesi.

Inoltre, c’è un paziente – il paziente #8 – che ha continuato ad avere viremia rilevabile a 145 giorni dalla sospensione del trattamento con panobinostat.
Ma di quell’HIV RNA del paziente #8 non viene resa pubblica alcuna analisi, né per sapere da dove veniva, né per capire se si erano create resistenze.


E arriviamo così alla presentazione di Sarah Palmer al CROI 2015: Panobinostat Broadly Activates Latent HIV-1 Proviruses in Patients.


La ricerca presentata al CROI si proponeva di dare risposta proprio alla questione di quell’RNA virale ritrovato nel sangue di alcuni pazienti dopo il trattamento con panobinostat.
Sia il DNA, sia l’RNA virali associati alle cellule sono stati quantificati e sequenziati per poterli confrontare con le popolazioni virali presenti fra zero e tre anni prima dell’inizio della ART e per poter associare questi dati con l’RNA e il DNA rilevati in due diversi momenti durante il trattamento con panobinostat, quando l’HDACi è stato sospeso mentre continuava il trattamento con la ART, e poi durante l’interruzione della ART quando si è avuto il rebound delle viremie.

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Come ci era stato detto nell'articolo su Lancet, l’analisi dell’HIV RNA associato alle cellule ha rivelato che il panobinostat ha indotto espressione dell’HIV in vivo e che questa espressione è stata significativamente più alta rispetto ai valori di partenza.

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Sequenziando quell’RNA e quel DNA virale si è dunque cercato di comprendere se il panobinostat abbia causato una attivazione selettiva o una non selettiva delle cellule latentemente infette.
Se l’attivazione delle cellule contenenti provirus causata dal panobinostat è selettiva, ci si aspetta che l’analisi filogenetica mostri sequenze più omogenee (o addirittura identiche) nell’RNA virale associato alle cellule, perché si ha un’espansione clonale delle poche cellule attivate. Inoltre, ci si aspetta che la diversità genetica dell’RNA associato alle cellule sia minore rispetto a quella del DNA associato alle cellule.
Se invece l’attivazione è non selettiva, allora ci si aspetta di vedere maggiore diversità genetica nell’HIV RNA associato alle cellule e maggiore diversità fra RNA e DNA.


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Il paziente d’elezione da indagare è stato – come c’era da aspettarsi – il paziente #8. Un po’ meno attesa l’affermazione di Sarah Palmer, secondo cui questo paziente rappresenta quello che hanno “visto in generale, nella maggior parte dei partecipanti”.
I valori di CA-HIV RNA e CA-HIV DNA sono stati misurati alla partenza, in due diversi momenti durante il trattamento e infine dopo il trattamento.

Si è vista un’alta diversità genetica e non si è vista alcuna espansione clonale. In particolare, nei due momenti in cui l’RNA associato alle cellule è stato misurato durante la somministrazione di panobinostat, si è proprio visto un virus geneticamente diverso.
Durante il rebound della viremia dopo la sospensione della ART, invece, si è vista espansione clonale. Questo indica che il virus del rebound veniva da poche cellule specifiche.


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L’analisi del paziente #18, per il quale erano disponibili campioni del virus trovato nel plasma e che ha iniziato la ART durante l’infezione cronica (questo si vede dalla diversità genetica dell’HIV RNA nel plasma), ha mostrato una situazione molto simile a quella del paziente #8.
Insomma, da tutte queste analisi si è visto che il panobinostat attiva le cellule in modo NON selettivo.

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Palmer ha poi parlato della pecora nera del trial, il paziente #17, il cui virus (sia RNA, sia DNA) ha mostrato un’ampia espansione clonale, anzi ben tre diverse espansioni clonali, sia durante il trattamento, sia quando c’è stato il rebound del virus dopo l’interruzione della ART (a una domanda di Francesco Simonetti, Palmer ha specificato che questo paziente ha iniziato la ART durante la fase cronica, è rimasto in terapia per ben 12 anni e ricorda come, nelle persone in terapia da molto tempo, sia normale osservare un’espansione clonale molto estesa).

Questo dimostra che può in effetti verificarsi espansione clonale.

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La diversità genetica dell’RNA e del DNA virale durante il trattamento con panobinostat si è mantenuta inalterata – a dimostrazione dell’attivazione non selettiva causata dal panobinostat alle cellule latentemente infette.

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Quasi il 40% dell’HIV RNA associato alle cellule era ipermutato e incapace di replicazione durante il trattamento con panobinostat, a dei livelli di gran lunga maggiori di quelli che si sono rilevati nel DNA associato alle cellule.

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Le conclusioni tratte da questo lavoro sono state che

  • 1. il panobinostat induce una TRASCRIZIONE NON SELETTIVA dei provirus dell’HIV in persone con viremia soppressa da lungo tempo – questo dimostra la sua capacità di attivare l’HIV latente;
    2. il fatto che circa il 38% dell’RNA virale associato alle cellule fosse ipermutato e non in grado di svilupparsi in virus capace di replicazione ci ricorda la necessità di creare dei test che sappiano misurare il virus capace di replicazione quando si tentano di valutare dei farmaci anti-latenza;
    3. in questa ricerca si è riusciti ad identificare dell’HIV DNA associato alle cellule che ha contribuito al rebound virale quando la ART è stata interrotta.




Per approfondire:



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