Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
skydrake
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da skydrake » venerdì 5 settembre 2014, 15:01

Lo spero proprio, ma temo proprio che il figlio di Admeto, pur avendo iniziato la scuola adesso, sia destinato ad avere una adolescenza difficile causa questi ulteriori ostacoli che si presenteranno.
Presumo che la maturità come strategia di cura la possa anche vedere, ma sarà un plurirpietente finchè non saranno pronte anche nanomolecole specificatamente studiate per loro. E pensare che per quanto riguarda gli antiretrovirali mentre studiavano le nanomolecole per l'indinavir quest'ultimo ha fatto tempo a diventare superato.

Ci sarà da aspettare molto per la maturità.



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » venerdì 10 ottobre 2014, 20:27

Dora ha scritto:
admeto ha scritto:il PGT121 l'ho quasi adottato, come un figliolo :) Speriamo che mi dia delle soddisfazioni...
... Credo però che ci vorrà un bel po' per sapere se funziona così bene anche sugli esseri umani: se deve essere usato in combinazione con gli altri due bNAbs e se ciascuno dei tre deve prima essere - giustamente - testato separatamente...
ADMETOOOO, IL TUO BIMBO STA PER INIZIARE LA SCUOLA!!!

Lo dice Richard Jefferys (e se lo dice lui, io gli credo perché sta tenendo monitorate tutte le ricerche verso una cura):

  • Currently there are two ongoing phase I, first-in-human clinical trials of the monoclonal bNAbs 3BNC117 and VRC01. A study of PGT121 is also in the works.


Forse i tempi saranno meno lunghi di quanto temiamo e in un attimo ce lo troveremo a fare la maturità insieme a 3BNC117 e VRC01.
Immagine
La Fondazione Gates ha stanziato un finanziamento di 20 milioni di dollari in 4 anni per fare uno studio proof of concept nelle scimmie e lanciare trial clinici di fase 1 e di fase 2 per indagare se il PGT121, da solo o in combinazione con altri anticorpi monoclonali, riesce a sopprimere o addirittura eradicare l'HIV; il PGT121 verrà anche studiato in combinazione con la ART per vedere se riesce a ridurre i reservoir.




Fonte Philanthropy News Digest: Gates Foundation Awards $20 Million for HIV Research.



admeto
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da admeto » domenica 12 ottobre 2014, 12:54

Bene, sono molto contento di vedere che oltre a me, PGT121 è stato adottato anche da qualcuno che gli può assicurare un futuro radioso!! ;) ;) ;)

Ho letto nel thread quali sono le riserve sull'uso degli anticorpi monoclonali, ma personalmente ritengo che se anche si rivelassero "soltanto" una valida alternativa alla terapia ARV, sarebbe già un successo :)

Che dire... ora tocca a te PGT121, vai e fatti onore! :D :D :D



zimar
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da zimar » domenica 12 ottobre 2014, 19:13

Volevo fare solo una domanda su questo studio che mi sembra davvero molto promettente, ma le cellule infettate che si trovano nei cosiddetti "santuari" ? Questi anticorpi riuscirebbero quindi ad essere efficaci anche li?

Saluti

Zimar



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » domenica 12 ottobre 2014, 20:58

zimar ha scritto:Volevo fare solo una domanda su questo studio che mi sembra davvero molto promettente, ma le cellule infettate che si trovano nei cosiddetti "santuari" ? Questi anticorpi riuscirebbero quindi ad essere efficaci anche li?
Le cellule quiescenti latentemente infette non vengono riconosciute come tali dagli anticorpi: devi dunque trovare il modo di attivarle e di far loro esprimere il virus. In ogni caso, gli anticorpi da soli non bastano.
Si è visto per la prima volta NEI TOPI che, combinando diverse sostanze anti-latenza (tre) e diversi anticorpi monoclonali (tre), si arrivava ad aumentare il tempo prima del rebound virale quando si sospendeva la terapia antiretrovirale e, in poco meno della metà dei casi, a mantenere un controllo della viremia.
Ne abbiamo parlato in questo stesso thread, qui: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 340#p42340.



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » giovedì 9 aprile 2015, 8:45

Dora ha scritto:
Dora ha scritto:escono in contemporanea su Nature due articoli di due gruppi di ricerca diversi, ma in entrambi i quali ritroviamo il nome di Michel Nussenzweig a fare da trait d’union (e da ispiratore delle ricerche). Parlerò soprattutto del primo - quello di Barouch, Barton e collaboratori (Harvard)- e al secondo – quello di Martin, Shingai et al. (NIH) – dedicherò solo poche parole, perché mi pare in sostanza una conferma della validità della prima ricerca. (...)
  • • Nello studio di Martin e degli NIH, invece, è stata somministrata una combinazione di altri due anticorpi a dei macachi che erano in una fase meno avanzata dell’infezione e si è visto che i livelli di SHIV sono crollati sotto la soglia di rilevabilità in una decina di giorni, mentre nei macachi che erano in una fase più avanzata gli effetti sono stati meno spettacolari.
(...)
Secondo dichiarazioni rilasciate sia da Barouch, sia da Martin, l'obiettivo è di passare al più presto a una sperimentazione clinica.
È consolante quando dalle dichiarazioni raccolte dagli scienziati che hanno appena pubblicato un lavoro si passa con rapidità ai fatti. E questo è uno di quei casi fortunati, in cui l'attesa è davvero breve.
Sta infatti cominciando la sperimentazione di uno degli anticorpi monoclonali che hanno dato inizio a questo thread: si tratta del 3BNC117, che i ricercatori della Rockefeller University hanno testato insieme al 10-1074 nei macachi infetti da SIV e con bassi CD4, scoprendo che un singolo trattamento con i due anticorpi insieme riusciva a sopprimere la viremia per 3-5 settimane.

Il trial - A Phase 1, Open Label, Dose-escalation Study of the Safety, Pharmacokinetics and Antiretroviral Activity of 3BNC117 Monoclonal Antibody in HIV-infected and HIV-uninfected Volunteers - non è ancora aperto al reclutamento dei volontari, ma è stato pubblicato a dicembre su ClinicalTrials.

Si tratta di uno studio interventional, non randomizzato, in cui verrà somministrato l'anticorpo a circa 60 persone sia con HIV, sia volontari sani, per valutare:
  • 1. obiettivo primario: sicurezza e tollerabilità di una singola infusione intravenosa del 3BNC117 a 3 dosaggi via via maggiori;
    2. obiettivo secondario: il profilo farmacocinetico di una singola somministrazione del 3BNC117;
    3. nei partecipanti HIV+ sarà valutata anche la capacità antivirale del mAb.
Lo studio, che è sponsorizzato e condotto interamente dalla Rockefeller University, comincia adesso e si prevede che verrà completato fra due anni.
I PRIMI SUCCESSI NELL’UOMO DI UNA IMMUNOTERAPIA PASSIVA CONTRO L'HIV: L’ANTICORPO MONOCLONALE 3BCN117

Quando le ricerche sono fatte seriamente, i risultati arrivano. E perfino prima del previsto!
Anzitutto, vi ricordo che quando l'anno scorso l'anticorpo monoclonale ampiamente neutralizzante 3BNC117, che si lega ai CD4 impedendo alla envelope del virus di attaccarsi al recettore sulla cellula, è stato sperimentato sui topi in una terapia di combinazione insieme alla cART e alla cALT (con ben tre farmaci antilatenza), le cose hanno funzionato straordinariamente bene e ne abbiamo parlato qui.

Ieri Michel Nussenzweig e colleghi della Rockefeller University hanno pubblicato su Nature i risultati della prima sperimentazione su esseri umani del 3BNC117: Viraemia suppressed in HIV-1-infected humans by broadly neutralizing antibody 3BNC117.

Si era visto in vitro che l’anticorpo 3BNC117 – originariamente isolato da Johannes Scheid nel laboratorio di Nussenzweig e clonato da una delle rare persone che lo producono e che sono naturalmente capaci di controllare la viremia - era in grado di neutralizzare 195 varianti di HIV-1 su 237 contro le quali è stato testato.
Ora a 12 volontari sani e a 17 persone con HIV paragonabili per genere, razza ed età, è stata somministrata per endovena una singola dose fra quattro diversi dosaggi (1, 3, 10 o 30 mg/kg). Poi sono stati monitorati le concentrazioni sieriche dell’anticorpo, la viremia plasmatica, i CD4 e CD8 totali e qualsiasi effetto avverso.

L’anticorpo si è dimostrato sicuro e ben tollerato a tutti i dosaggi in entrambi i gruppi di partecipanti. Non si sono avuti effetti avversi di una certa entità e i parametri di laboratorio si sono mantenuti costanti per tutti i 56 giorni di follow up.

Le conte dei CD4 e dei CD8 nei partecipanti con HIV non hanno avuto variazioni di rilievo, probabilmente perché i valori assoluti dei CD4 erano normali nella maggior parte dei partecipanti (la media dei CD4, infatti, era 665 cellule/mL).
Tralascio i particolari delle considerazioni sulla farmacocinetica del 3BNC117, e passo al suo effetto sulle viremie, che sono state misurate sia con test standard, sia con single copy assays.
I valori di partenza delle viremie nelle persone non in ART variavano fra 640 e 53.470 copie/mL, con una media di 9420. Due partecipanti erano in terapia al momento dell’infusione dell’anticorpo, ma avevano viremie rilevabili (30 e 100 copie).

Si è visto che le risposte virologiche erano in correlazione con la dose di anticorpo ricevuta:

  • - chi ha ricevuto 1 o 3 mg/kg ha avuto solo una piccola variazione nella viremia, consistita in aumenti fino a 3 volte il giorno successivo all’infusione, seguita da una diminuzione durata brevissimo tempo e da un rapido ritorno ai livelli di partenza. La grandezza e la cinetica di questo iniziale aumento della viremia corrispondono a quanto si vede con gli inibitori dell’ingresso;

    - invece, di 11 persone che hanno ricevuto 10 o 30 mg/kg 10 hanno avuto un crollo delle viremie che è arrivato fino a 2,5 log. Delle due persone che non erano in terapia e hanno ricevuto il dosaggio dei 10 mg/kg, una non ha avuto effetti di rilievo perché aveva un virus completamente resistente all’anticorpo, ma l’altra ha avuto una diminuzione di 1,36 log;

    - tutte le 8 persone che hanno ricevuto il dosaggio massimo di 30 mg/kg hanno avuto diminuzioni delle viremie altamente significative e rapide, in un range fra 0,8 e 2,5 log;

    - si è visto che l’ampiezza del declino della viremia era in relazione con il livello di partenza della viremia e con la sensibilità all’anticorpo del virus presente nelle singole persone;

    - il tempo mediano per vedere il livello di viremia più basso è stato di 7 giorni e il crollo medio è stato di 1,48 log;

    - quando sono state confrontate con le misure dei valori presi prima della terapia, si è visto che le diminuzioni delle viremie erano altamente significative da 4 giorni dopo l’infusione fino a 28 giorni;

    - sono state fatte analisi molecolari di ogni tipo, clonando e sequenziando le envelope dell’HIV estratto dai partecipanti prima e dopo il trattamento con l’anticorpo per capire se e come si creavano resistenze che rendessero l’anticorpo inefficace, e quel che Nussenzweig e colleghi ne hanno concluso è che una singola infusione di 3BNC117 porta a selezionare dei virus resistenti in alcune persone, ma fortunatamente non in tutte.


Immagine

Ricapitolando, sappiamo che in generale lo sviluppo di bNAbs in quel 10-30% di persone con HIV che li producono naturalmente non ha un effetto risolutivo sul controllo delle viremie. Inoltre, la prima generazione che è stata prodotta in laboratorio di questi anticorpi aveva un’ampiezza ancora piuttosto modesta e quando è stata testata in topi umanizzati e poi anche uomini non ha avuto effetti misurabili sulle viremie.

Sappiamo però che gli anticorpi possono imporre sul virus una forte pressione selettiva. Inoltre, quando la nuova generazione di bNAbs (cui appartengono il 3BNC117, il VRC01 che è anch’esso in fase clinica, il PGT121 che dovrebbe arrivarci a breve …) è stata somministrata ai topi in monoterapia ha ridotto le viremie in modo transitorio, e quando è stata somministrata in terapie di combinazione ha permesso di controllare le viremie finché le concentrazioni degli anticorpi rimanevano a livelli terapeutici. Nelle scimmie, invece, singoli bNAbs sono stati in grado di controllare i virus chimera SHIV finché restavano a livelli terapeutici e si sono osservate raramente varianti di escape, in grado di sfuggire al controllo dell’anticorpo.

Secondo Nussenzweig, la differenza fra scimmie e topi potrebbe dipendere in parte dal fatto che il sistema immunitario dei macachi era integro, oppure dalla differenza fra SHIV e HIV.
Ma ora che siamo passati agli uomini, quello che conta è che si è visto che una singola infusione passiva di bNAbs ha avuto degli effetti molto consistenti sulla viremia.

Ora, come si è visto che gli antiretrovirali non devono essere dati in monoterapia e che quando si danno in terapie combinate si creano molte meno resistenze alle singole molecole, analogamente – secondo Nussenzweig – si dovrà fare con gli anticorpi: una monoterapia con 3BNC117 da solo è insufficiente a controllare in modo stabile l’infezione. Ma delle combinazioni di anticorpi + farmaci o di diversi anticorpi fra loro potrebbero portare a un completo controllo della viremia.

Anche se per ora gli anticorpi monoclonali costano moltissimo, migliaia di dollari per ogni trattamento, hanno però delle emivite molto più lunghe rispetto a quelle degli antiretrovirali. Inoltre, hanno la capacità di uccidere le cellule infette e di migliorare l’immunità delle persone con HIV, il che potrebbe a sua volta portare a un migliore controllo dell’infezione. Inoltre, l’ingegneria genetica può renderli sempre più potenti (addirittura di 100 volte).
E poi abbiamo visto che la combinazione di diversi anticorpi, diverse sostanze anti-latenza e diversi antiretrovirali ha dimostrato di ridurre al lumicino il reservoir nei topi.

Insomma, la conclusione è che le immunoterapie mediate da anticorpi, che coinvolgono direttamente l’immunità delle persone con HIV, hanno certamente un futuro nelle strategie di cura. Dovranno essere studiate ancora, sperimentate in un maggior numero di persone, combinate con chissà cos’altro, ma per la prima volta si è visto che possono funzionare.



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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da uffa2 » giovedì 9 aprile 2015, 9:19

È un risultato veramente affascinante, anche perché è solo il primo.
Superata questa prova di fattibilità, inizieranno le ricerche parallele su altri anticorpi, insomma è credibile che si possa arrivare a una via completamente diversa rispetto alla HAART di controllo dell’infezione…


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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » giovedì 9 aprile 2015, 12:39

uffa2 ha scritto:È un risultato veramente affascinante, anche perché è solo il primo.
Superata questa prova di fattibilità, inizieranno le ricerche parallele su altri anticorpi, insomma è credibile che si possa arrivare a una via completamente diversa rispetto alla HAART di controllo dell’infezione…
Sì, una via diversa rispetto alla ART, soprattutto per persone multi-resistenti, che hanno esaurito gli anti-retrovirali classici.
Ma io spero che da questi bNAbs si possa ottenere molto di più. Non stiamo parlando di "semplici" anticorpi monoclonali, sul genere del PRO 140 o dell'ibalizumab, ma di anticorpi che hanno un potere neutralizzante amplissimo. Io spero e penso che verranno usati all'interno di una *cALT deluxe*.



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Re: R: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di

Messaggio da admeto » giovedì 9 aprile 2015, 13:17

Molto bene, io ripongo molte speranze in questi anticorpi. Sicuramente la strada da fare sarà molto lunga, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. E comunque mi sembra che queste ricerche stiano procedendo abbastanza speditamente rispetto ai tempi medi a cui siamo abituati... Incrociamo le dita e aspettiamo i prossimi sviluppi...



alfaa
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da alfaa » giovedì 9 aprile 2015, 16:09

Finalmente una bella ( concreta)notizia!!

Dora questi se ho ben capito sono i risultati iniziali della fase 1, fase 1 quindi ancora da concludersi?

Chi sa comunque se questi anticorpi funzionano allo stesso modo pure su chi ha resistenze o se queste ultime non hanno nulla a che vedere con gli anticorpi



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