Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clements 2

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clements 2

Messaggio da Dora » giovedì 1 settembre 2011, 22:29

Questo thread è la continuazione del thread Trial su HDACI per eradicazione: Lewin/Margolis vs Clements.

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Il thread riprende con la pubblicazione sul Journal of Virology di un articolo – a firma Gautam Sahu e Miles Cloyd, della University of Texas – che, da quel che capisco, potrebbe sferrare un gran brutto colpo alla sperimentazione clinica di Margolis del SAHA come sostanza eradicante (ce n'è una sull'acido valproico ancora aperta ma, dopo le dimostrazioni di Siliciano, credo si possa già dare per scontato che sia un buco nell'acqua - cfr. Valproic Acid and Its Effects on HIV Latent Reservoirs).

Si tratta di un lavoro che esiste ancora come PDF provvisorio e che si intitola Latent HIV in primary T Lymphocytes is unresponsive to histone deacetylase inhibitors.
Conto di leggerlo con calma domani, quindi per ora mi limito a tradurre l’intervista a Carin Van Lint, che Lafeuillade ha appena postato nel suo sito.

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Gli inibitori dell’HDAC sono inattivi nei CD4 primari?

L’uso degli inibitori dell’istone-deacetilasi (HDACi) per ripulire i reservoir dell’HIV potrebbe essere compromesso dalla loro incapacità di agire nei linfociti T CD4+ primari, a differenza che nei modelli di linee cellulari che ricostruiscono la latenza dell’HIV.

Questa è la conclusione di uno studio da poco pubblicato sul Journal of Virology (1). Anche se gli HDACi, in passato, avevano dimostrato di saper riattivare l’HIV latente in modelli di linee cellulari della latenza dell’HIV, in cui le cellule si trasformavano e si dividevano in modo attivo, questo non era ancora stato confermato nei CD4 primari latentemente infetti generati nel sistema di co-cultura H80.


I risultati riportati nell’articolo di Sahu sono assai spiacevoli. Molti esperimenti fatti negli ultimissimi anni hanno dimostrato il ruolo del modellamento della cromatina nel mantenimento della latenza dell’HIV e hanno fatto sperare in nuove strategie capaci di “ripulire” il reservoir dell’HIV (2).

In questo articolo (1), gli autori hanno testato l’attività dell’acido valproico (VPA), della tricostatina A (TSA) e della prostratina (che non è un HDACi) nella riattivazione dell’HIV latente nei linfociti T primari generati nel sistema di co-cultura H80 (3). La prostratina ha indotto un aumento di 4 volte nella produzione del virus; invece, con il VPA o la TSA non si è osservato alcun effetto.

Dal momento che la bassa percentuale di linfociti T latentemente infetti nel sistema di co-cultura H80 potrebbe essere un fattore confondente quando si deve stabilire la capacità di risposta dell’HIV latente all’HDACi, gli autori hanno adattato il loro esperimento in modo da aumentare il numero di cellule latentemente infette nella coltura. Ma, di nuovo, hanno osservato gli stessi risultati per la prostratina e la stessa assenza di attività del VPA o della TSA.
Gli autori sottolineano che le condizioni per riattivare l’HIV latente sono multifattoriali. In particolare, sono essenziali le quantità di NF-kB, di CycT1 e di Cdk9.

Essi concludono che si dovrebbe studiare la latenza dell’HIV in CD4 normali che non si dividono, piuttosto che usare linee cellulari trasformate, che si dividono in modo attivo.


Abbiamo rivolto alla Professoressa Carin van Lint dell’Università di Bruxelles, una ben nota esperta nel campo, alcune domande sulle implicazioni di questi risultati. Ha gentilmente accettato di spiegarci le sottigliezze di quest’area di ricerca.



Alain Lafeuillade: lei ha studiato a fondo l’attività degli inibitori degli HDAC in vitro, su modelli cellulari della latenza dell’HIV. In base alla sua esperienza, quali sono i migliori candidati per la riattivazione dell’HIV?

Carine van Lint:fra gli HDACi testati in vitro sulle linee cellulari di cellule latentemente infette dall’HIV, il SAHA (Suberoylanilide hydroxamic acid; vorinostat), un membro della classe di acidi idrossamici inibitori della istone-deacetilasi, rappresenta oggi il miglior candidato per dare inizio alle sperimentazioni cliniche, poiché è stato approvato dall’FDA per il trattamento del linfoma cutaneo delle cellule T (4-6).

AL: Nel lavoro di Sahu (1), non si è vista nessuna attività dell’acido valproico o della tricostatina A nei CD4 primari. Come spiega questi risultati?

CVL: Sahu e Cloyd hanno appena dimostrato che l’HIV latente nei linfociti primari non risponde agli inibitori dell’istone-deacetilasi VPA e TSA (1). Il loro modello usa CD4 purificati dal sangue di donatori normali, stimolati con anti-CD3 per 2 giorni e messi in coltura con IL-2 per 5 giorni. Le cellule vengono poi infettate con una variante di HIV R4-tropica poco citopatica. Si è testata la capacità delle cellule così infettate di riattivarsi mediante l’uso di HDACi quali la TSA e il VPA in presenza di AZT. Gli autori hanno osservato un aumento di produzione di p24 dopo un trattamento (invero piuttosto leggero) con prostratina (che è un antagonista della PKC); nessun effetto, invece, usando VPA e TSA (4). Altri gruppi hanno sviluppato un modello di linee cellulari primarie per studiare la latenza dell’HIV-1 e hanno testato gli HDACi per vederne la capacità di riattivazione in questi modelli, come si è detto prima (7).

Nel modello sviluppato dal gruppo di Sharon Lewin, i CD4 latenti possono essere infettati efficacemente dopo incubazione sia con ligandi del CCR7, sia con CCL19 o CCL21 (8) (un passaggio dell’incubazione che non ha indotto attivazione consistente o proliferazione). Un contributo importante dato da questo modello ex vivo è l’idea che uno stato virale latente possa essere raggiunto mediante l’infezione diretta di un CD4 memoria quiescente (in effetti, altri modelli usano cellule attivate come target dell’infezione, cui si consente poi di tornare a uno stato di quiescenza). Questo gruppo ha dimostrato che gli HDACi (inclusi SAHA, MCT3, LBH589, MS275) riattivavano l’HIV dalla latenza in due donatori indipendenti, ma meno rispetto al PMA (phorbol-12-myristate-13-acetate), che è molto potente (dati presentati allo IAS, Vienna 2010).

Il gruppo di Siliciano ha sviluppato un nuovo modello di latenza che comporta la trasduzione lentivirale di CD4 primari con un cDNA Bcl-2, per aumentare la sopravvivenza in vitro delle cellule (9). Queste cellule vengono poi attivate con anticorpi anti-CD3/CD28 e IL-2 e in seguito infettate. Le cellule latentemente infette sono ottenute consentendo alle cellule infette di tornare a uno stato di quiescenza via incubazione in assenza di citochine. Non è chiaro se l’espressione ectopica del Bcl-2 in questo sistema possa introdurre effetti artificiali in termini di attivazione cellulare e differenziazione che, a loro volta, potrebbero influenzare la latenza virale (9). Usando questo modello, hanno dimostrato che la latenza dell’HIV-1 era riattivabile con molta difficoltà se si usava il VPA (con dosi di 5nM) e che invece la TSA consentiva la riattivazione del virus a una dose di 200nM.

Nel sistema sviluppato dal gruppo di Karn (10), i CD4 primari vengono stimolati con anticorpi anti-CD3 + anti-CD28 in presenza di IL-2 e poi infettati con vettori HIV-1 privi del gene env e contenenti Tat wild-type o attenuata. Dopo 2 giorni, le cellule produttivamente infette vengono purificate ed estratte mediante citometria a flusso e poi vengono messe in coltura in presenza di aCD3 + aCD28, con anche rIL-2 per 4-6 settimane. Dopo circa 6 settimane, il 70-90% delle cellule infette ospitano virus latente, che non esprime più il gene reporter (10). L’analisi con test della immunoprecipitazione della cromatina (ChIP) ha dimostrato che l’attivazione del TCR [T-cell receptor] comporta un aumento di acetilazione istonica e un reclutamento dell’NF-kB nella regione del promoter dell’LTR (Toll-like receptor] dell’HIV-1 integrato. L’esposizione al solo SAHA riattiva leggermente la trascrizione virale, ma ciò può dipendere dai bassi livelli di P-TEFb nei linfociti T primari. Inoltre, quando usato in combinazione con altri induttori dell’HIV, il SAHA riattiva l’espressione virale in modo sinergico (11).

Il laboratorio di Planelles ha sviluppato dei modelli di cellula primaria basati sull’isolamento dei CD4 naive, che vengono poi attivati e indotti a differenziarsi in un fenotipo Tcm [T memoria centrale], conosciuto come cellule non-polarizzate (NP) (12). Quando queste cellule sono in uno stato attivato, vengono infettate con HIV-1 e la latenza virale risulta fortemente favorita dalla naturale progressione delle cellule attivate verso uno stato quiescente, simile a quello delle cellule memoria (12).

Inoltre, altri gruppi – fra cui il nostro – hanno testato il potenziale di riattivazione degli HDACi nei CD4 quiescenti isolati da pazienti HIV+ sotto HAART. Le cellule quiescenti sono state isolate mediante selezione negativa dalle PBMC di pazienti con HIV trattati con HAART e messe a coltura per 6 giorni, in presenza o meno di diverse sostanze. Si è poi valutata la riattivazione virale misurando l’HIV RNA nel supernatante delle cellule. Il nostro laboratorio ha dimostrato che gli HDACi possono riattivare l’HIV dalla latenza e agiscono in sinergia sulla riattivazione virale quando usati in combinazione con altri induttori dell’HIV (13, 14).

Per di più, Margolis ha dimostrato che gli inibitori degli HDAC di classe I sono induttori molto efficienti dello sviluppo del virus dai CD4 latenti dei pazienti aviremici, mentre raramente si riesce a recuperare HIV da cellule di pazienti esposte a inibitori degli HDAC di classe II (15). Da notare che il VPA, pur debole nell’inibire gli HDAC, riesce comunque a riattivare l’espressione virale in cellule isolate da pazienti trattati con HAART, anche se meno rispetto al più potente SAHA (14).

In conclusione, l’assenza di riattivazione virale osservata nei modelli di cellula primaria da certi gruppi, fra cui quello di Sahu e Cloyd, può dipendere dalle condizioni sperimentali. Nonostante piccole divergenze fra i loro due sistemi di cellula primaria, Sahu e Cloyd non hanno osservato riattivazione virale dopo esposizione a VPA e TSA, mentre il gruppo di Karn ha dimostrato una piccola, ma significativa, riattivazione del virus dopo trattamento con SAHA (e una riattivazione maggiore quando sono state usate combinazioni di SAHA più altri induttori dell’HIV) (11).
Da notare che i modelli di latenza dell’HIV basati su cellule primarie in vitro sono fisiologicamente più rilevanti rispetto alle linee di cellule cronicamente infette, perciò rappresentano uno strumento molto importante. Tuttavia, devono essere migliorati e i dati ottenuti con linfociti T quiescenti isolati da pazienti in HAART aviremici rappresentano un modello ancora più fisiologico.


AL: ritiene che i nostri modelli di latenza dell’HIV in vitro siano imperfetti e che sia prematuro trasferire nei trial clinici le scoperte che abbiamo fatto grazie a loro?

CVL: no, io ritengo che, per quanto nessuno dei modelli sviluppati finora di cellula primaria in vitro sia perfetto, essi ci consentano di studiare la latenza dell’HIV in un contesto più fisiologico rispetto a quello fornito dalle linee di cellule cronicamente infette trasformate. L’uso del Bcl2 e/o di attivatori quali l’IL-2, così come il passaggio attraverso la co-cultura, rappresentano dei bias e possono avere qualche influenza sullo stabilirsi della latenza dell’HIV-1. Si devono fare altre ricerche per migliorare e creare modelli di linee di cellule primarie e modelli animali più adatti. Queste ricerche sono una pre-condizione per trasferire i dati ottenuti sulla riattivazione a delle sperimentazioni cliniche.
Tuttavia, sono già iniziati almeno due trial clinici riguardanti il SAHA: uno guidato da Sharon Lewin (Monash University, Melbourne) e uno guidato da David Margolis (University of North Carolina, Chapel Hill). Questi trial certamente daranno risultati importanti e che serviranno per i futuri trial clinici sull’eradicazione.




Bibliografia

(1) Sahu GK, Cloyd MW. Latent HIV in primary T Lymphocytes is unresponsive to histone deacetylase inhibitors. Virol J 2011; 8 (1): 400 [epub ahead of print]
(2) Colin L, van Lint C. Molecular control of HIV-1 postintegration latency: implications for the development of new therapeutic strategies. Retrovirology 2009; 6: 111
(3) Sahu GK Lee K, Ji J, Braciale V, Baron S, Cloyd MW. A novel in vitro system to generate and study HIV latently-infected long-lived normal CD4+ T-lymphocytes. Virology 2006; 355(2): 127-37
(4) Duvic, M., and Vu, J. (2007) Expert Opin Investig Drugs 16(7), 1111-1120
(5) Marks, P. A. (2007) Oncogene 26(9), 1351-1356
(6) Mann, B. S., Johnson, J. R., Cohen, M. H., Justice, R., and Pazdur, R. (2007) Oncologist 12(10), 1247-1252
Sahu, G. K., and Cloyd, M. W. (2011) Virol J 8(1), 400
(7) Bosque, A., and Planelles, V. (2011) Methods 53(1), 54-61
(8) Saleh, S., Solomon, A., Wightman, F., Xhilaga, M., Cameron, P. U., and Lewin, S. R. (2007) Blood 110(13), 4161-4164
(9) Yang, H. C., Xing, S., Shan, L., O'Connell, K., Dinoso, J., Shen, A., Zhou, Y., Shrum, C. K., Han, Y., Liu, J. O., Zhang, H., Margolick, J. B., and Siliciano, R. F. (2009) J Clin Invest 119(11), 3473-3486
(10) Tyagi, M., Pearson, R. J., and Karn, J. (2010) J Virol 84(13), 6425-6437
(11) Friedman, J., Cho, W. K., Chu, C. K., Keedy, K. S., Archin, N. M., Margolis, D. M., and Karn, J. (2011) J Virol 85(17):9078-89
(12) Bosque, A., and Planelles, V. (2009) Blood 113(1), 58-65
(13) Quivy, V., Adam, E., Collette, Y., Demonte, D., Chariot, A., Vanhulle, C., Berkhout, B., Castellano, R., de Launoit, Y., Burny, A., Piette, J., Bours, V., and Van Lint, C. (2002) J Virol 76(21), 11091-11103
(14) Reuse, S., Calao, M., Kabeya, K., Guiguen, A., Gatot, J. S., Quivy, V., Vanhulle, C., Lamine, A., Vaira, D., Demonte, D., Martinelli, V., Veithen, E., Cherrier, T., Avettand, V., Poutrel, S., Piette, J., de Launoit, Y., Moutschen, M., Burny, A., Rouzioux, C., De Wit, S., Herbein, G., Rohr, O., Collette, Y., Lambotte, O., Clumeck, N., and Van Lint, C. (2009) PLoS One 4(6), e6093
(15) Keedy, K. S., Archin, N. M., Gates, A. T., Espeseth, A., Hazuda, D. J., and Margolis, D. M. (2009) J Virol 83(10), 4749-4756



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » sabato 10 settembre 2011, 7:37

Sahu-Cloyd ha scritto:L’uso degli inibitori dell’istone-deacetilasi (HDACi) per ripulire i reservoir dell’HIV potrebbe essere compromesso dalla loro incapacità di agire nei linfociti T CD4+ primari, a differenza che nei modelli di linee cellulari che ricostruiscono la latenza dell’HIV.
La discussione sui modelli cellulari e animali, sulla loro affidabilità e capacità di riprodurre quanto avviene nell’organismo umano, è una delle cifre che hanno caratterizzato questa estate (un bel bagno di realismo, rispetto all’”eradication summer” del 2009!).
Come era prevedibile, la risposta di Margolis a Sahu e Cloyd non si è fatta attendere: scritta in esclusiva per il sito di Lafeuillade, difende la scelta di abbandonare i modelli della latenza dell’HIV, siano essi cellulari o animali, e passare a sperimentazioni cliniche pilota, almeno per alcune sostanze. E, nell’articolo che segue, spiega dettagliatamente le sue ragioni.

Costruire la strada di mattoni gialli: sviluppare e sperimentare una cura contro l’ HIV/AIDS

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Una terapia antiretrovirale soppressiva cronica contro l’infezione da HIV può preservare il sistema immunitario, impedire la progressione della malattia e ridurne la trasmissione ad altri. Ma, causa il peso di una HAART a vita sia per l’individuo sia per la società, si stanno facendo seri tentativi di sviluppare terapie che permettano la clearance o eradicazione dell’infezione (“cura”), o consentano una stabilità clinica in assenza di HAART (“cura funzionale”).
Questi tentativi richiedono lo sviluppo di una serie di cellule e di modelli animali per testare le nuove strategie terapeutiche. Al momento, si stanno iniziando ad esaminare dei nuovi approcci in sperimentazioni cliniche pilota. Mentre pare probabile che questi tentativi porteranno presto a dei progressi, ci si aspetta che delle terapie che curino completamente e che possano essere estese a tutti richiederanno investimenti costanti di energie e di risorse negli anni.
Per fare dei progressi rapidi, dobbiamo sviluppare e ottimizzare dei paradigmi per scoprire e testare terapie eradicanti e contestualmente iniziare a proporre dei candidati farmaci in test sugli uomini, aspettandoci che dei miglioramenti successivi portino a perfezionare gradualmente sia i nostri paradigmi per sviluppare e testare i nuovi farmaci, sia le terapie che deriveranno da questi tentativi.

MODELLI DELLA LATENZA PROVIRALE

Una HAART di successo sovente porta a una situazione di stabilità clinica e a livelli plasmatici di HIV RNA al di sotto dei limiti rilevabili dai test normalmente in uso. L’idea che la HAART fosse incapace di eradicare l’HIV è stata avanzata quando per la prima volta si è dimostrata l’infezione latente dei CD4 quiescenti (la latenza provirale), una caratteristica tipica delle infezioni da retrovirus; e poi è stata dimostrata dal ritrovamento di rari HIV integrati e capaci di replicazione nei CD4 memoria quiescenti di pazienti che avevano ricevuto terapie antiretrovirali molto potenti. Ad oggi, questo reservoir rimane il più studiato e la causa meglio compresa della persistenza virale. Ci sono prove che suggeriscono che il reservoir dei linfociti T quiescenti si formi proprio agli inizi dell’infezione e sia estremamente stabile. La HAART che abbiamo a disposizione adesso non eradica l’infezione da HIV, poiché queste cellule latentemente infette rimangono infette e non vengono riconosciute dal sistema immunitario, dal momento che la loro espressione dei geni o delle proteine dell’HIV è minima. Pare dunque che la persistenza di un’infezione quiescente, in primo luogo entro i linfociti T memoria centrale, sia al momento il principale ostacolo all’eradicazione.

Servono nuovi approcci per colpire le cellule latentemente infette. In futuro, degli approcci terapeutici mirati contro lo stato provirale persistente potrebbero permettere la clearance dell’infezione e/o diminuire la durata della terapia necessaria per ottenere questa clearance. Possiamo immaginare un futuro in cui la frequenza dell’infezione sia grandemente ridotta dall’implementazione di un vaccino efficace e di altre misure preventive. Quando dovesse verificarsi un caso di infezione, il paziente dovrebbe essere identificato prima che la malattia arrivi allo stadio clinico e curato con un trattamento antiretrovirale “d’induzione” [come nelle chemioterapie], che sopprima la viremia plasmatica. In determinate situazioni cliniche, si potrebbe scegliere una terapia soppressiva cronica e la HAART potrebbe essere modificata, rendendola più semplice: una sorta di terapia “di mantenimento”. In altre situazioni, si potrebbe scegliere una terapia “di eradicazione” e i pazienti potrebbero essere trattati con sostanze specifiche, capaci di eliminare la replicazione virale residua e distruggere la persistente infezione latente.

Sono stati costruiti molti modelli dell’infezione provirale latente da HIV in linee cellulari di CD4 trasformati (per esempio le cellule J-Lat) e questi sono stati utili nello studio della latenza e della riattivazione dell’HIV, perché hanno permesso ai ricercatori di arrivare a capire i meccanismi in base ai quali la latenza si instaura e viene regolata. Abbiamo imparato come stimoli e vie di segnalazione specifici possano riattivare l’HIV latente, e come molti fattori virali (per esempio il sito di integrazione, l’espressione guidata dalla Tat) e fattori cellulari (per esempio lo stato di attivazione o di differenziazione della cellula, la proliferazione omeostatica) possano influenzare le dinamiche dei reservoir latenti in vivo. Questi modelli sono serviti per esaminare composti e testare possibili farmaci, che si potrebbero sviluppare per distruggere o ripulire l’infezione latente.

Tuttavia, poiché queste sono linee cellulari proliferanti, immortali, costituiscono dei modelli imperfetti della latenza dell’HIV in vivo. Negli ultimi anni, molti laboratori hanno creato dei modelli di latenza che utilizzano cloni virali che hanno infettato dei CD4 primari. Ma se questi modelli su cellule primarie costituiscono certamente un progresso, non esiste ancora un singolo sistema sperimentale della latenza dell’HIV che si possa ritenere che riassuma completamente le proprietà biologiche del reservoir latente in vivo. Ci sono molti fatti biologici che possono spiegare questo paradosso. Anzitutto, pare che esistano diversi meccanismi molecolari che portano al formarsi e al mantenersi dell’infezione latente. Un dato modello di latenza in una cellula primaria può non riuscire a riflettere l’ampiezza di queste influenze. In secondo luogo, il reservoir dell’HIV latente o persistente in vivo può trovarsi in diversi tipi di cellule: in entrambe le diverse sottopopolazioni dei CD4 memoria, così come in cellule diverse dai CD4. Inoltre, i modelli di cellula primaria oggi disponibili richiedono grandi sforzi per essere creati e mantenuti; il che non li rende affatto l’ideale per gli screening altamente produttivi usati dalle industrie per scoprire nuovi farmaci.

Attualmente, la via di sviluppo che abbiamo davanti a noi sembra suggerire che la ricerca preliminare e i tentativi di scoprire nuovi farmaci possano essere perseguiti con i modelli di linee cellulari che abbiamo a disposizione; stiamo però cercando di capire quali modelli di cellule primarie, da soli o in combinazione, potrebbero riflettere al meglio la reale diversità biologica della latenza provirale. Questi tentativi potrebbero portare a dei sistemi comodi da usare per sviluppare e testare terapie anti-latenza.

USARE MODELLI ANIMALI DELL’INFEZIONE PERSISTENTE DA HIV

È possibile che l’infezione latente dei CD4 non sia l’unica causa della persistenza dell’infezione, a fronte di una HAART potente e che ha successo da un punto di vista clinico.In una consistente frazione di pazienti in terapia si possono rilevare bassissimi livelli di RNA virale. Questa viremia di basso livello non sembra causare resistenze ai farmaci o fallimenti terapeutici, e sembra rappresentare l’espressione di particelle virali senza cicli effettivi di nuove replicazioni; ciò nondimeno, è un possibile ostacolo in più all’eradicazione.

Sono inoltre stati descritti altri reservoir di infezione persistente nonostante la HAART, che potrebbero rinfocolare l’infezione. Questi reservoir non sono altrettanto ben definiti nei pazienti in HAART soppressiva. Si è ipotizzato che i linfociti T naive ospitino del virus persistente, capace di replicazione, ma la frequenza di queste cellule sembra bassa.
I macrofagi sono stati già da tempo identificati come un altro tipo di cellule capace di sostenere un’infezione persistente pur in presenza di HAART. I macrofagi e i monociti sono cellule che vivono a lungo e che possono fungere da possibili siti di espressione virale persistente, che si mantiene grazie a bassi livelli di rilascio di virus nei pazienti in terapia. Si è visto che un piccolo sottogruppo di monociti CD16+ consentono la replicazione del virus meglio rispetto al più ampio gruppo di monociti CD14+CD16-, e l’HIV è stato identificato entro i monociti CD16+ di pazienti che avevano raggiunto viremie irrilevabili grazie alla HAART. Tuttavia, deve essere ancora provato in modo evidente che queste cellule contengono del provirus quiescente in vivo per molti mesi, come fanno i CD4 quiescenti. Questa è una distinzione importante, perché contro la persistenza virale in una cellula che esprime proteine o particelle virali ci si può indirizzare migliorando la HAART o stimolando una risposta immunitaria antivirale. Dei lavori recenti hanno dimostrato la ripresa di un virus capace di replicazione immediatamente dopo la morte in cellule dendritiche follicolari in pazienti in terapia; altri lavori suggeriscono che le cellule staminali ematopoietiche siano una fonte persistente di HIV, ma queste osservazioni sono controverse.

Al momento, sono disponibili due modelli per lo studio della persistenza dell’HIV in diversi tipi di cellule nel contesto di animali infetti da HIV e sotto antiretrovirali. Il modello più avanzato è quello dell’infezione da SIV nei macachi. Qui una HAART basata su 4 farmaci ha ridotto la viremia a livelli irrilevabili sia nel sangue periferico, sia nel fluido cerebrospinale. Questo modello è importante da tre punti di vista:
1. sia i CD4 sia i monociti/macrofagi sono infetti;
2. tessuti come cervello, milza e GALT ospitano il virus nei macachi trattati con HAART, costituendo un modello accurato della HAART negli esseri umani HIV+;
3. il numero di CD4 quiescenti latentemente infetti nel sangue e nei tessuti linfoidi è paragonabile a quello dei pazienti affetti da HIV e in terapia.
Questi vantaggi dimostrano chiaramente la capacità del modello di quantificare i reservoir virali latenti in tutti i tessuti e di testare una terapia di induzione/eradicazione per la sua idoneità ad eliminare le cellule latentemente infette negli individui infetti. Benché l’HIV sia strettamente imparentato con l’SIV, ci sono delle proteine accessorie e una variazione nella sequenza all’interno di proteine omologhe di questo lentivirus che possono alterare in modo molto sottile la patogenesi dell’infezione persistente. È vero che il modello di SIV nei macachi è importante per studiare la persistenza dell’HIV; tuttavia, data la limitata disponibilità di macachi per le ricerche, si potrebbero avere progressi più rapidi con un modello animale che riassuma l’infezione dei CD4 latenti.

Un modello alternativo per testare le terapie per l’eradicazione nel contesto dell’infezione da HIV trattata con antiretrovirali sono i diversi modelli di topi umanizzati. Nei topi umanizzati infetti da HIV, la viremia plasmatica può essere soppressa dalla HAART al di sotto della soglia di rilevabilità. L’interruzione della HAART comporta un rebound della viremia e ciò suggerisce la presenza di un’infezione persistente. In lavori preliminari, è stato possibile rinvenire dei CD4 quiescenti che esprimevano l’HIV solo dopo stimolazione ex vivo: questo è emblematico della latenza provirale.
Entrambi i modelli dell’infezione persistente nonostante la HAART, quello dei primati e quello dei topi umanizzati, ci permetteranno di valutare in modo rigoroso le strategie precliniche per eradicare l’HIV nei reservoir dei tessuti.

E ALLA FINE … LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE

Anche se sappiamo molto dell’infezione persistente e della latenza provirale, è stato difficile tradurre questo incremento delle conoscenze in terapie capaci di eradicare l’infezione cronica. È però vero che un numero crescente di idee su come eradicare stanno raggiungendo la fase in cui possono essere testate in studi umani pilota.

Si è visto che il SAHA, un potente inibitore dell’iston-deacetilasi, induce ex vivo l’espressione dell’HIV latente dai CD4 quiescenti di pazienti HIV+, trattati con HAART e aviremici, ad una concentrazione del farmaco compatibile con un dosaggio clinico. È in atto una sperimentazione clinica per testare direttamente l’ipotesi che un dosaggio clinicamente tollerabile di SAHA possa indurre l’espressione dell’HIV entro i CD4 quiescenti in vivo.
Si è visto inoltre che un antagonista della protein chinasi, la briostatina, studiata contro il cancro negli anni ’90 ed ora sperimentata per trattare la demenza da Alzheimer, riattiva l’HIV latente. E si è visto che opera in sinergia quando è stata testata in combinazione con HDACi. Interessante è che la briostatina sotto-regola l’espressione dei corecettori CD4 e CXCR4 dell’HIV e impedisce l’infezione de novo delle cellule che possono essere infettate. Un gruppo spagnolo ha in programma di testare in un trial clinico la capacità della briostatina di distruggere l’infezione latente.
Lo studio Eramune 01 sta indagando la capacità dell’IL-7 di distruggere l’HIV dai CD4 memoria, in un contesto di intensificazione della HAART; mentre l’Eramune 02 sta testando l’aggiunta di un vaccino terapeutico alla HAART intensificata, con lo stesso obiettivo.

Mentre questi studi perseguono l’obiettivo di una completa eradicazione, altri cercano una “cura funzionale”. L’unica persona che si sa essere stata curata dall’infezione è un uomo HIV+ con leucemia, che ha ricevuto due trapianti di midollo da un donatore omoziogote CCR5delta32. Nel tentativo di ripetere questo successo, ma evitando un trapianto di midollo, c’è chi sta provando ad alterare i geni che codificano per i recettori CXCR4 e CCR5 dell’HIV. A seguito di questa “chirurgia genetica”, le cellule del paziente potrebbero essere rimesse nel corpo e potrebbero portare a una cura o a una cura funzionale. Carl June e Jay Lalezari hanno presentato separatamente i risultati preliminari dell’uso delle nucleasi a dita di zinco sviluppate da Sangamo, che portano alla modificazione del normale gene umano CCR5 e quindi a cellule che esprimono un corecettore dell’HIV disfunzionale. Al momento, la trasduzione dei CD4 modificati sembra sicura, ma bisogna ancora dimostrare che ha effetti clinici duraturi.

ASPETTATIVE SUL FUTURO

Poche sfide scientifiche e mediche sono sconfortanti e difficili quanto la cura dell’infezione da HIV. Non bisogna dimenticare che gli straordinari risultati della HAART hanno richiesto più di dieci anni di studio intenso e di investimenti. Nel momento in cui vediamo che gli sforzi per raggiungere l’obiettivo ultimo dell’eradicazione fanno dei passi avanti, è anche probabile che vengano alla luce ulteriori ostacoli alla clearance dell’infezione. Anche se siamo arrivati a capire in modo dettagliato la biologia e la latenza dell’HIV, è probabile che questa comprensione sia incompleta. Ciò nonostante, questi ostacoli dovrebbero spronarci a cercare nuovi approcci, piuttosto che spingerci alla rassegnazione. Il progresso fatto fino ad oggi nel decifrare la patogenesi dell’HIV e nello sviluppare delle strategie terapeutiche ci dà la speranza che l’eradicazione dell’infezione cronica possa un giorno essere raggiunta. Milioni di persone malate di HIV sperano nel nostro lavoro.



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » mercoledì 14 dicembre 2011, 15:03

David Margolis ha portato a St Martin dei dati preliminari (MOLTO preliminari: solo su 4 pazienti, una sola somministrazione del farmaco anti-latenza) relativi al trial clinico del Vorinostat (SAHA). Mi pare tuttavia molto importante che non si siano riscontrate particolari tossicità, date le grandi paure iniziali.
Al suo abstract faccio seguire quello - miserrimo - di Daria Hazuda sulle prospettive dei farmaci per eradicare attualmente studiati dalla Merck.




Abstract 40

The Effect of Vorinostat on Latent HIV-1 Expression in vivo: Preliminary Findings from a Clinical Study in ART-suppressed HIV-1-infected Patients

D Margolis1, NM Archin1, JD Kuruc1, A Lees1, A Kashuba1, N Dahl1, A Crooks1, MS Cohen1, JJ Eron1, Hazuda DJ2

1 The University of North Carolina at Chapel Hill, Chapel Hill, NC, USA; 2 Merck Research Laboratories, West Point,Pennsylvania, USA


Background: Among the many important goals for future HIV research is the development of temporally contained therapies capable of eradicating HIV infection.
The persistence of quiescent HIV infection within a small population long-lived CD4+ T cells is currently a major obstacle to eradication of HIV infection. Human transcription factors recruit histone deacetylases (HDACs) to the HIV long terminal repeat promoter (LTR), establishing one of several restrictions that can limit LTR expression and viral production.
Studies of the weak HDAC inhibitor (HDACi) valproic acid failed to measure a consistent depletion of resting cell infection in patients on antiretroviral therapy (ART), an effect is far downstream of the site of action of HDAC inhibitors. The potent inhibitor licensed for use in oncology, suberoylanilide hydroxamic acid (Vorinostat,VOR), selective for the Class I HDACs most important for repression of HIV expression, can induce LTR expression and virus production from the resting CD4+ T cells of ART treated, aviremic HIV+ patients ex vivo.
We are measuring the potential of potent HDAC inhibitors to induce the expression of persistent proviral HIV in vivo. The study aims to 1) compare HIV RNA expression within pools resting CD4+ T cells before and after a dose of VOR in vivo, with parallel measures of biomarkers of HDAC inhibitor activity, and 2) demonstrate the safety and tolerability of a limited exposure to VOR.

Methods: In this Phase I-II single-center study, HIV+ participants maintain suppressive ART, and resting CD4+ T cells were obtained via leukapheresis. If a measurable increase in the frequency of HIV RNA expression is measured following exposure to VOR of resting CD4+ T cells ex vivo, patients receive single doses of VOR (200 to 600 mg) at monthly intervals with measurements of VOR pharmacokinetics, biomarker measurements of HDACi activity within resting CD4+ T cells, and measurements of HIV gag RNA in pools of 1 million resting CD4+ T cells.

Results: VOR has been well tolerated with no adverse events greater than Grade I, and no adverse events attributable to VOR observed in 4 patients studied thus far. Pharmacokinetics observed have been similar to those reported in oncology studies. As observed in oncology studies, measures of cellular histone acetylation and chromatin-bound histone acetylation at the human p21 gene promoter appear significantly increased following VOR dosing in all patients studied thus far. HIV RNA levels within pools of resting CD4+ T cells are increased following VOR dosing in all patients studied thus far.

Conclusions: Preliminary data support the conclusion that a single, clinically tolerable dose of VOR induces the predicted biological effects consistent with HDACi exposure within resting CD4+ T cells of HIV-infected, ART-treated, aviremic patients. These effects are temporally associated with increased levels of HIV RNA expression detected within these cells. The implications of these findings will be discussed.


****************************************************


Abstract 39

The HIV-1 Eradication Pipeline: Challenges and Opportunities

D Hazuda
Merck Research Laboratories, West Point PA 19486


Despite the significant advances in managing HIV-1 infection with anti-retroviral dugs, lifelong therapy is not a realistic option for the vast majority of those infected with HIV-1 throughout the world. However, developing interventions which can eradicate HIV-1 infection or achieve a functional cure presents a considerable challenge as it will likely require strategies to purge the reservoir of latently infected cells as well as approaches which can enhance the clearance of cells that are either latently or persistently infected. An increasing understanding of the nature of the HIV-1 reservoir and the molecular mechanisms which control latent infection have suggested potential approaches for developing novel interventions and implicated a number of agents developed for other disease indications whose mechanism of action suggest a rational basis for evaluating their effect on viral reservoirs in vivo as a means to establish proof of principle either in HIV-1 infected patients or animal model systems. The mechanism of action for some of these most advanced opportunities and the challenges related to advancing this pipeline and future drug discovery and development efforts on eradication will be reviewed in the context of ongoing and planned studies.



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » sabato 10 marzo 2012, 7:38

L'abstract di David Margolis al CROI, integrato delle slides relative alla sperimentazione clinica sul SAHA tratte dalle relazioni di Sharon Lewin e di Daria Hazuda. Si tratta forse di uno dei lavori più importanti presentati quest'anno, almeno dal punto di vista delle strategie di eradicazione.
Mi auguro che Margolis abbia presto a disposizione dei dati più completi e possa aumentare di molto il campione di pazienti.


Quello che mi chiedo, vista la poca tossicità che questo trattamento sembra avere, nonostante le enormi paure della "vigilia", è se Margolis non potrebbe integrare questa sperimentazione con gli ultimi risultati portati da Siliciano sull'induzione di una risposta citolitica da parte dei CD8, che rafforzi in modo più efficiente la distruzione delle cellule latentemente infette riattivate dal SAHA (cfr. http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 360#p15360). (*)


(*)
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Session 42-Oral Abstracts - HIV Persistence, Latency, and Eradication

Paper #157LB - Administration of Vorinostat Disrupts HIV-1 Latency in Patients on ART

N Archin1, A Liberty1, A Kashuba1, S Choudhary1, J Kuruc1, M Hudgens1, M Kearney2, J Eron1, D Hazuda3, and David Margolis*1
1Univ of North Carolina at Chapel Hill, US; 2HIV Drug Resistance Prgm, NCI-Frederick, MD, US; and 3Merck Res Labs, West Point, PA, US

Background: Nonostante la HAART, la latenza provirale dell’HIV-1 rimane uno degli ostacoli principali alla cura dell’infezione. Indurre l’espressione dei genomi latenti entro i CD4 quiescenti è una strategia fondamentale per ripulire questo reservoir. Mentre gli inibitori dell’iston-deacetilasi (HDACi) quali l’ acido idrossamico suberoilanilide (SAHA o vorinostat [VOR]) possono distruggere in vitro la latenza dell’HIV-1, l’utilità di questo approccio non è mai stata dimostrata direttamente in uno studio su pazienti con HIV.

Metodi: Pazienti HIV+ in HAART, con viremie stabilmente inferiori a 50 cp/mL, e CD4 quiescenti ottenuti per leucaferesi. Si voleva vedere se un aumento nella frequenza dell’espressione dell’HIV RNA veniva osservato a seguito di esposizione ex vivo dei CD4 quiescenti al VOR; i pazienti hanno ricevuto 400 mg di vor ad ogni visita. Prima è stata misurata la farmacocinetica del VOR. Poi i marker dell’inibizione dell’HDAC nelle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) ed è stata quantificata la gag dell’HIV RNA unspliced durante l’esposizione al VOR.

Risultati: Sono stati studiati 5 uomini (mediane: 45 anni; 562 CD4; 4 anni di HAART). Il VOR è stato ben tollerato, senza eventi avversi maggiori al Grado I e senza eventi avversi attribuibili al VOR. Le misure dell’acetilazione istonica cellulare delle PBMC e della acetilazione istonica legata alla cromatina sul promoter del gene umano p21 sono aumentate di più del doppio entro 8 ore dalla somministrazione di VOR. La farmacocinetica del VOR è stata comparabile a quella degli studi oncologici, con Cmax 263 ng/mL (range 204 – 301) e Tmax 2 ore (range 1 – 4). In tutti i partecipanti, i livelli di HIV RNA sono aumentati nei gruppi di CD4 quiescenti ottenuti dopo somministrazione di VOR rispetto alle misure al basale (una media di 5 volte, con un range da 3 a 10 volte).

Conclusioni: Abbiamo misurato l’espressione dell’HIV RNA direttamente entro I CD4 quiescenti circolanti di pazienti in cui la viremia era completamente soppressa dalla HAART. Fino ad oggi, in tutti i pazienti una singola dose di VOR ha sia aumentato i marker di acetilazione cellulare, sia contemporaneamente indotto un aumento fino a 10 volte dell’espressione dell’HIV RNA nei CD4 quiescenti. Questa è la prima dimostrazione che un meccanismo molecolare che si sa rinforzare la latenza dell’HIV può essere usato in modo specifico e con successo su esseri umani, con il risultato di un’espressione dell’HIV RNA rapidamente misurabile in linfociti T CD4+ quiescenti altamente purificati. Il nostro studio fornisce una proof-of-concept che gli inibitori dell’HDAC sono una classe terapeutica che può attaccare direttamente e potenzialmente eradicare l’infezione latente da HIV, e definisce un approccio preciso per valutare tali strategie.




Le prime tre slides corrispondono alla sperimentazione condotta da Sharon Lewin in Australia (gli effetti collaterali segnalati sono stati tutti di lieve o moderata entità e tutti reversibili), la quarta descrive invece la sperimentazione di Margolis:

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Ecco le due slides dedicate al SAHA da Daria Hazuda, una alla sperimentazione clinica “proof of concecpt”, che ha l’obiettivo di comprendere se si riesca a rilevare un aumento di HIV RNA nei CD4 quiescenti dopo esposizione al SAHA ex vivo; di studiare la farmacocinetica 12 ore dopo la somministrazione di 400 mg di SAHA; di confrontare l’espressione dell’HIV RNA associato ai CD4 latenti al basale e dopo una singola somministrazione di 400 mg di SAHA.
Si devono inoltre riuscire a correlare gli effetti di questo HDACi sui marker con l’HIV RNA e definire il potenziale di distruzione della latenza del SAHA (descritti nella seconda slide).

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Dichiarazione di Margolis a Tim Horn di POZ:

  • “This study provides first proof of concept, demonstrating disruption of latency, a significant step toward eradication,” Margolis concluded. “The effort to fully understand the potential of such approaches to influence both the natural history and clinical management of HIV infection deserves urgent and accelerated investigation.”



nordsud
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da nordsud » sabato 10 marzo 2012, 8:53

Dora ha scritto:
il SAHA (Suberoylanilide hydroxamic acid; vorinostat), un membro della classe di acidi idrossamici inibitori della istone-deacetilasi, rappresenta oggi il miglior candidato per dare inizio alle sperimentazioni cliniche, poiché è stato approvato dall’FDA per il trattamento del linfoma cutaneo delle cellule T (4-6).
Dico io: Sono anni che si parla di questo SAHA ( farmaco già approvato in precedenza dalla FDA nel 2006 ...dunque dopo anni e anni di sperimentazione clinica), e discutono come se dovessero testare chissà quale nuova molecola.
Dico io: Savarino perchè non ha imbastito, come se fosse un eroe solitario, un trial clinico a Roma o MIlano ? ( capirai che responsabilità sigh...testare un farmaco già approvato come terapia per qualcosa d'altro potrà tutto sommato richiedere qualche "attenzione" in più ).
Ragazzi la fretta questi non sanno proprio cosa sia. E' giusto che sia ancora così quando il contesto non è proprio pionieristico?

Conclusioni: Abbiamo misurato l’espressione dell’HIV RNA direttamente entro I CD4 quiescenti circolanti di pazienti in cui la viremia era completamente soppressa dalla HAART. Fino ad oggi, in tutti i pazienti una singola dose di VOR ha sia aumentato i marker di acetilazione cellulare, sia contemporaneamente indotto un aumento fino a 10 volte
dell’espressione dell’HIV RNA nei CD4 quiescenti
Se ho capito bene i pazienti erano sottoposti ad haart con viremia non rilevabile e l'aggiunta del VOR ha indotto l'espressione virale HIV RNA....Ma come è possibile in presenza di haart indurre viremia ?



In definitiva Siliciano sostiene che si dovrà anche stimolare il sistema immunitario per orchestrare un'azione congiunta con HAART-FARMACI ANTILATENZA-RISPOSTA CITOTOSSICA. ( mi viene in mente il gc-maf pensate un pò).



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » sabato 10 marzo 2012, 9:16

nordsud ha scritto:
Dora ha scritto: il SAHA (Suberoylanilide hydroxamic acid; vorinostat), un membro della classe di acidi idrossamici inibitori della istone-deacetilasi, rappresenta oggi il miglior candidato per dare inizio alle sperimentazioni cliniche, poiché è stato approvato dall’FDA per il trattamento del linfoma cutaneo delle cellule T (4-6).
Dico io: Sono anni che si parla di questo SAHA ( farmaco già approvato in precedenza dalla FDA nel 2006 ...dunque dopo anni e anni di sperimentazione clinica), e discutono come se dovessero testare chissà quale nuova molecola.
Dico io: Savarino perchè non ha imbastito, come se fosse un eroe solitario, un trial clinico a Roma o MIlano ? ( capirai che responsabilità sigh...testare un farmaco già approvato come terapia per qualcosa d'altro potrà tutto sommato richiedere qualche "attenzione" in più ).
Ragazzi la fretta questi non sanno proprio cosa sia. E' giusto che sia ancora così quando il contesto non è proprio pionieristico?
Nordsud, forse ti è sfuggito che Savarino ha buttato nella spazzatura la sua teoria "shock & kill", dopo aver visto che il SAHA rendeva incontrollabili le viremie di due macachi? Ha perfino litigato con la Lewin e dato a Margolis e alla Merck dei criminali, perché sosteneva che avrebbero ammazzato i pazienti, se avessero tentato di riattivare il virus latente con il SAHA ... :lol:

Conclusioni: Abbiamo misurato l’espressione dell’HIV RNA direttamente entro i CD4 quiescenti circolanti di pazienti in cui la viremia era completamente soppressa dalla HAART. Fino ad oggi, in tutti i pazienti una singola dose di VOR ha sia aumentato i marker di acetilazione cellulare, sia contemporaneamente indotto un aumento fino a 10 volte dell’espressione dell’HIV RNA nei CD4 quiescenti
Se ho capito bene i pazienti erano sottoposti ad haart con viremia non rilevabile e l'aggiunta del VOR ha indotto l'espressione virale HIV RNA....Ma come è possibile in presenza di haart indurre viremia?
Mi pare che sia proprio qui il punto: se la HAART ha azzerato la viremia, quell'HIV RNA che rilevi deve essere stato rilasciato dai reservoir latenti, riattivati grazie al SAHA.



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » sabato 10 marzo 2012, 16:09

Ho ascoltato adesso la lezione di David Margolis relativa alla sperimentazione clinica del SAHA. Non dice molto di più di quanto abbiamo già visto attraverso l’abstract e le relazioni di Sharon Lewin e Daria Hazuda, ma mi sembra comunque utile riportare le diapositive principali, che qualche dettaglio ulteriore lo danno.

Administration of Vorinostat Disrupts HIV-1 Latency in Patients on ART

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Non so da dove venga e che significato abbia la passione di Margolis per immagini bucoliche di pagliai (con aghi infilzati) e di fiori e, in particolare, la passione per il giallo che apre e chiude questa relazione (si veda anche l’immagine che dà inizio al secondo messaggio di questo thread, con il richiamo alla strada di mattoni gialli e al Mago di Oz). Ma … tant’è. È una specie di firma, che dà un tono un po’ surreale e insieme ingentilisce tanti suoi interventi.

È anche fra i pochi che hanno la cortese abitudine di ringraziare i pazienti che hanno partecipato ai suoi trial.


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carletto
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da carletto » sabato 10 marzo 2012, 17:45

Un po' di fuoco al culo non ci starebbe male, magari sembra un piccolo passo ma è importantissimo, vuoi vedere che mi trovano le due mie copie nascoste.. 8-) ....ma non ho capito una cosa se questi farmaci fanno uscire il virus dai serbatoi la haart li distrugge e la sicurezza che non ce ne siano altri latenti nascosti come si avrebbe? solo provando.... quando cominciano l'esperimento?......il traduttore mi dice che Margolis dice che è urgente....sono pronto 8-) 8-)



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » lunedì 18 giugno 2012, 18:33

Durante l'International Workshop on HIV & Hepatitis Virus Drug Resistance che si è svolto una decina di giorni fa a Sitges, Sharon Lewin ha tenuto una delle sue solite relazioni sulle strategie per eliminare i reservoir. Un report sugli aspetti salienti del seminario è stato scritto per Natap da Mark Wainberg (McGill University AIDS Centre, Jewish General Hospital, Montreal). Al momento non è ancora online, ma lo si troverà a breve nella pagina che J.Levin ha dedicato al workshop: http://www.natap.org/2012/ResisWksp/ResisWksp.htm.

Della relazione della Lewin raccontata da Wainberg mi hanno interessato alcuni punti relativi alle sperimentazioni con HDACi, quali il SAHA. In particolare:
  • Dr. Lewin focused on the use of Hdac inhibitors that could turn on genes and that might result in elaboration of newly made virus. The goal of such approaches would be to ensure that patients remain on antiretroviral therapy during time of exposure to Hdac inhibitors, such that all residual virus might be eliminated from the body. A number of clinical trials on this topic are now in progress. Certain of these involve compounds already approved for a certain type of cancer such as cutaneous T Cell leukemia and one such compound is Vorinostat (SAHA). One potential problem is that numbers of these compound have tested positively in AMES tests for possible carcinogenic activity. This remains a concern and there are, as well, a multitude of other ethical concerns associated with eradication strategies. As an example, it is still not known whether it will be facile to take patients, who are thought to potentially be cured of HIV, off of all antiretroviral drugs in order to test the hypothesis that eradication of virus might have taken place. Nonetheless, there is consensus in the field that ongoing research in this area is vital and that we must continue to make important progress in terms of having effective means of dealing with the HIV epidemic on a worldwide scale.
Sto ancora aspettando che esca l'articolo di Jana Blazkova (cioè Chun & Fauci) che, nel marzo scorso, durante uno dei congressi dei Keystone Symposia, pare che abbia portato dei dati che dimostrano che gli HDACi hanno molto meno impatto di quanto si sperava nel risvegliare il virus dalla latenza: "a 48-hour SAHA treatment of resting CD4+ T cells taken from HIV-infected individuals on ART did not increase HIV RNA expression compared with untreated CD4+ T cells".

Ma se a tutto questo aggiungiamo che Carine Van Lint, ad un seminario che l'ANRS ha tenuto circa un mese fa sui reservoir, ha anticipato i risultati preliminari del trial sul SAHA fatto da Sharon Lewin stessa, sostenendo che "no latent virus activation could be found after a 2 weeks administration period in 9 patients", queste notizie insieme mi sembrano mettere seriamente in forse la continuazione del trial di Margolis.



nordsud
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da nordsud » martedì 19 giugno 2012, 11:11

Dora ha scritto: ....a multitude of other ethical concerns associated with eradication strategies. As an example, it is still not known whether it will be facile to take patients, who are thought to potentially be cured of HIV, off of all antiretroviral drugs in order to test the hypothesis that eradication of virus might have taken place.
Ma che bel falso dilemma. Non hanno ancora uno straccio di prova che una qualche molecola possa colpire con successo i reservoirs in vivo e si pongono questi tipo di problema un tantino "filosofico" sulla pericolosità o meno di tirare via ad un certo momento gli antivirali al povero/fortunato Cristo. Ma cosa potrà succedere nella peggiore delle ipotesi? Che li dovrà riprendere !



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