
È stato un anno straordinario, detto senza alcuna gioia, nel senso più asettico del termine.
In questo anno molte delle cose che davamo per scontate sono state messe in discussione.
La prevedibilità delle nostre vite, le nostre libertà di base, le nostre abitudini, i nostri bisogni e i nostri progetti.
In questi mesi anche la nostra routine di persone che vivono con l’HIV è stata travolta dalle tante ricadute di questi eventi.
Alcuni tra noi hanno anche scritto sul forum di quei piccoli e grandi cambiamenti che hanno incontrato nelle visite, negli esami, nel ritiro dei farmaci; si è trattato di un cataclisma che non poteva non coinvolgere una popolazione come la nostra, la cui quotidianità è legata all’efficiente e puntuale funzionamento del sistema sanitario di riferimento.
Mentre il cataclisma è ben lontano dalla sua ultima pagina, personalmente ritengo che ci si stiano raccontando un sacco di balle consolatorie sia sull’andamento della pandemia sia sui tempi per la risposta vaccinale e su quelli per quella farmacologica, possiamo già fare un bilancio e fare delle previsioni.
“Nessun uomo è un’isola” recita la fortunata strofa che da quasi quattro secoli ci ricorda quanto siamo fisicamente e spiritualmente tutti legati… Beh, se vale per gli uomini vale anche per le nostre malattie: nel giro di poche settimane tutte le società scientifiche hanno preso posizioni simili in tutto il mondo; di fronte a un virus che alligna e che si diffonde nelle comunità la parola d’ordine è stato ovunque “svuotare gli ospedali” e allontanare chiunque non fosse inevitabilmente costretto ad entrarci. Questa scelta ha avuto ed avrà dei costi.
Milioni di persone hanno rarefatto le loro visite, allontanato i controlli, spesso sospeso terapie critiche di fronte alla difficoltà di assicurare una gestione puntuale di eventuali eventi avversi. Milioni di persone hanno inoltre volontariamente deciso di ignorare i propri sintomi e non condurre indagini mediche immediate.
Scrive Massimo Oldrini, presidente di LILA: “Le persone portatrici di patologie croniche, ad esempio, hanno subito a causa della pandemia rilevanti limitazioni nell’accesso e nella continuità delle cure e tra queste, in modo particolare, le persone con HIV. I tradizionali ambiti sanitari di riferimento, ossia reparti e ambulatori di malattie infettive, sono stati proprio quelli più investiti dalla bufera COVID mentre gli infettivologi sono stati letteralmente risucchiati dall’emergenza. Questo ha prodotto, in tanti casi, l’interruzione del rapporto medico-paziente, l’impossibilità di essere ricoverati nei reparti di riferimento, una distribuzione difficoltosa dei farmaci antiretrovirali salva-vita, lo slittamento di visite e controlli, cruciali per il successo delle terapie mentre la gestione delle comorbidità (presenti in modo rilevante tra le persone con HIV) è, per tanti, completamente saltata.”
Queste decisioni si ripercuoteranno negli anni: già oggi i medici delle più diverse specializzazioni concordano nel dire che i loro pazienti sono arrivati in condizioni peggiori alla diagnosi, favorendo l’emergere di problemi quasi scomparsi nei sistemi sanitario occidentali e bruciando molte possibilità di cura.
Come forum abbiamo cercato di affrontare questa emergenza dai primi giorni nell’unico modo in cui saremmo stati sicuri di fare la nostra parte nel modo migliore: con l’informazione, oggettiva e comprensibile.
Abbiamo offerto le prime indicazioni per le persone con HIV provenienti da associazioni, centri di ricerca, organizzazioni, coprendo un vuoto informativo che è durato a lungo sul versante italiano, e abbiamo seguito la letteratura scientifica per diffondere i dati degli studi clinici non appena disponibili.
Poi c’è stato tutto il lavoro di informazione sul COVID in quanto tale e le sue terapie, fondamentale per chi vive con il tarlo di una possibile “resa” a un virus. Questo è stato forse il fronte più difficile, perché battuto dai venti della propaganda, degli interessi economici e politici, delle paure irrazionali. In questi mesi è stato difficile far capire a tutti che non si parteggiava per nulla e per nessuno se non per un metodo, quello di sempre, quello degli studi clinici “fatti bene”, forse pure noi ci siamo arresi tropo tardi all’evidenza che in questa storia gli studi clinici “fatti bene” non erano molti, ma era l’unico metodo possibile, e ringrazio in particolare Dora per avere “tenuto botta” in mezzo al turbinio di immondizia scientifica che ha dovuto affrontare.
I numeri dell’ultimo rapporto sull’HIV in Italia sono riferiti al 2019, e sono ridicoli come sempre… Ci ricordano peraltro che la gestione dell’HIV era uno schifo già prima del COVID: gli italiani non hanno avuto bisogno della pandemia per arrivare in ritardo alla diagnosi di sieropositività: è così da sempre ed è stato così anche nel 2019. Gli italiani continuano ad infettarsi con trend non europei, non occidentali perché la PrEP è ancora una bestemmia…
Vedremo i dati l’anno prossimo, per paradosso è pure possibile che la ridotta mobilità delle persone possa avere favorito un minor numero di contagi ma credo di poter già prevedere un aumento del numero delle diagnosi tardive.
C’è poi un altro aspetto tragico di questa storia: gli studi clinici.
In tutto il mondo, per tutte le patologie, il 2020 è stato devastante sulla conduzione degli studi clinici: se non puoi far venire i pazienti in ospedale, se il tuo ospedale è stato convertito quasi completamente in COVID center, non c’è spazio, non c’è tempo per condurre studi clinici. È credibile che la ricerca dovrà considerare il 2020 come un anno sabbatico, un anno sabbatico che pagheremo tutti…
Ma, forse, questa tragedia non lascerà dietro di sé soltanto la devastazione.
Così come dopo un incendio i boschi rinascono grazie al ricco strato di fertilizzante creato, forse anche da questo disastro emergerà qualcosa di buono.
Lo sforzo di ricerca sui virus e di sviluppo tecnologico su anticorpi e vaccini potranno portare a ricadute che vanno oltre questa emergenza: “nessuna malattia è un’isola”. È la mia speranza, forse una certezza: quello che abbiamo appreso anche “solo” sui vaccini che lavorano con l’mRNA è un patrimonio che resterà e aiuterà tutta la medicina nei decenni a venire.
I giorni presto riprenderanno a correre e con loro la ricerca scientifica, cerchiamo di continuare a stare attenti, e ad avere fiducia: come dice un’altra abusata frase “nessuna notte dura per sempre”.
Keep Smiling,
Keep Shining