Sono d'accordo anch'io con la Bernardini de Pace e, più ancora, con quel Paolo Conti che ha dato il via al dibattito (
http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... no-troppi/ ).
Però non credo che in questa cosa, che mi sembra un caso particolare di un modo più generale di porsi nei confronti della vita, ci siano un giusto e uno sbagliato in assoluto: il punto sta nel personalissimo rapporto delle valutazioni che ciascuno di noi - per sua natura, vissuto e altri fattori - attribuisce da un lato alle cose che la vita può offrire e dall'altro al loro prezzo (prezzo che può essere in termini di fatica, di rischio, di orgoglio/dignità personale, di libertà, ecc. ecc.).
Ho tuttavia l'impressione che chi "partecipa molto" alla vita - vuoi infischiandosene, come minimo, del ridicolo/patetico di cui fatalmente si copre mettendosi con qualcuno che ha trent'anni di meno, vuoi anche solo affrontando gran code e facendo a gomitate unicamente per comprarsi una camicia in saldo - sia nel complesso più felice, appagato e sereno di chi dalla vita tende invece e tenersi un po' sempre "a una certa distanza". ...Ma forse questo, a sua volta, dipende solo dal "non pensarci troppo", dal non prendere sé stessi e le cose troppo sul serio, il che alleggerisce l'esistenza di diverse tonnellate (al giorno).