La mia città nel passato contava due acciaierie, di cui una in città e l'altra nella prima periferia. Ricordo bene questi mostri di fabbriche perché in una ci ha lavorato mio zio e nell'altra ci ha fatto il turnista per anni mio padre. Più di vent'anni fa sono state delocalizzate (e unite in una unica società) nella zona industriale lontana diversi chilometri. Questa delocalizzazione è stato un lavoro non solo della proprietà, ma naturalmente anche interventi fortemente voluti da comune e regione perché era inamissibile che due mostri del genere rimanessero vicino alla città. Un misto di buon senso, pianificazione e programmazione (queste cose ci impiegano anni) amore per la propria città e amministratori capaci, di conseguenza la proprietà si è adeguata. Sono caratteristiche che purtroppo vedo generalmente mancare nel sud. L'ILVA è lì a Taranto da quasi 40 anni, un mostro attaccato alla città, a parte lo scandaloso inquinamento dai fumi di diossina che è stato sopportato da tutti come una fatalità "divina", ma nessun amministratore in questo lasso di tempo ha mai presentato un progetto per imporre una fascia di rispetto fra la fabbrica e la città, o spostare almeno il quartiere più inquinato (quello vicino alla cookeria). Anche se mi darete del leghista, io penso che per tollerare certe cose ci sia anche quel misto di lassismo, apatia mediterranea, insensibilità nei confronti del luogo dove si vive che troppo spesso caratterizza il nostro sud. E il Riva in questo ambiente ci ha giocato. Qui da me non si sarebbero aspettati 40 anni per sollevare un caso ILVAMelisanda ha scritto: e qua posso riagganciarmi all'ILVA, lo stabilimento siderurgico più grosso di Europa, scandalosamente ma più propriamente colpevole di non essersi adeguato alle normative che invece cadono sul groppone come macigni, e con multe salatissime, su imprese piccoline o medie soffocandole a volte.
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Eh Puzzle non ti so dire come si possa fare, non tocca a noi studiare gli interventi più giusti, però una cosa che vedo diffusa ovunque, è la visione unilaterale che c'è ora sui costi, sembra che esistano solo questi costi che indubbiamente ci sono, lo sono, e in qualche caso forse pure migliorabili, ma si può intervenire anche in altri ambiti che attualmente non vengono presi in considerazione. Forse LE soluzioni ( perchè io credo che non esiste una ricetta unica per tutti i mali, ma varie e piccine, che però assieme possono costituire LA soluzione) si possono trovare anche ascoltando i cittadini, lavoratori, artigiani e tecnici dei settori che più dei vari manager aziendali, o dei vari politici, conoscono meglio e bene, la realtà lavorativa in cui vivono, e la loro esperienza offre molto spesso soluzioni pratiche e attuabili dal basso. Ti riporto solo alcuni esempi per rendere l'idea, non sembrano a prima vista indirizzati a risolvere i nostri problemi, ma spostando l'ottica, rientrano eccome nei costi.Puzzle ha scritto:
E come si fa? Se si vuole dare una vita dignitosa a medici e paramedici, ma anche a ricercatori e lavoratori delle case farmaceutiche, a coloro che costruiscono le attrezzature degli ospedali, agli insegnanti e al personale delle scuole. Ci sono inoltre coloro che costruiscono gli edifici, siano essi ospedali o scuole. Personale specializzato e non, materiali e attrezzature a volte molto dispendiosi. Tutto questo ha un costo enorme (la sola sanità occupa oltre il 70% delle spese regionali). Come si fa a ridurne le spese senza intaccare salari e stipendi o la qualità delle cose servite? Inoltre l'età media della popolazione invecchia spesso non in buona salute. Per sostenere questi costi qualsiasi stato ha bisogno di grossi introiti.
L'altro giorno ascoltavo per radiorai - Prima Pagina - la telefonata di un lavoratore e tecnico del settore del fotovoltaico il quale giustamente si chiedeva perchè almeno le strutture pubbliche non si dotano di questi impianti a tetto (preciso quello a ''tetto'' perchè sembra che quelli a ''terra'' siano deleteri per i terreni) in quanto comporterebbero un notevole risparmio di costi, e non si capisce perchè paesi con condizioni climatiche più sfavorevoli alle nostre (vedi ad esempio la Germania) abbiano già da tempo dotato le loro strutture e noi manco ci pensiamo, la telefonata poi si è sviluppata sui risparmi effettivi che questi impianti apportano, soprattutto ora che i costi di questi ultimi sono notevolmente calati.
Altro esempio finalizzato a realtà localizzate, a Geo Magazine il conduttore Marco Castellazzi ospita spesso ricercatori, artigiani, tecnici che raccontano e presentano alcuni loro progetti, piccoli sicuramente, ma che a livello locale possono diventare risolutivi nel risparmio, alcune puntate fa parlavano ad esempio di un progetto per la produzione di energia rinnovabile attraverso lo sfruttamento delle correnti marine e che a quanto pare è candidato ad essere adottabile per Venezia.
Puzzle ha scritto:
E buona parte di questi introiti vengono da beni e attività dedite alle futilità. Si chiama consumismo e fino a prova contraria è quello che ci ha permesso (finora) una ricchezza tale da poter usufruire di un buon sistema sanitario e di scuole adeguate. Possiamo darci un taglio per una qualità della vita migliore e certamente ne saremo costretti, ma non vedo come possa essere possibile allo stesso tempo mantenere, o addirittura rendere meno cari, i servizi attuali, consumando meno e conseguentemente deprimendo l'attuale sistema economico. Continuano tutti a parlare di ripresa e di crescita perché non esiste alcuna idea per una diversa organizzazione sociale che possa equiparare il livello di ricchezza, quindi beni e servizi, che usufruiamo (tanto che tutti i paesi emergenti stanno seguendo le nostre orme). L'unico modello sociale alternativo a questo è stato nel recente passato il comunismo e sappiamo come è finito.
Speta non fraintendiamoci, il consumo è una cosa, ed è in qualche modo necessario, e su questo siamo d'accordo, ma il consumismo è altro, quest'ultimo indotto dalla pubblicità o dal marketing, ci ha fatto indebitare sempre più, non ci ha arricchito, un conto è indebitarsi per comprarsi la lavatrice o la macchina da cucire, sulla loro utilità mai e poi mai ne#gherei (mannaggia Uffa ma mi scatta l'edit pure sul negare?) l'importanza che hanno avuti in termini di '' benessere'' per l'uomo, e infatti fino a che consumo e produzione viaggiavano di pari passo, era tutto ok, mentre ora si consuma più di quanto si produce, e dal consumo obbligatorio ''utile'' scusa ma ora non mi viene il termine più appropriato, siamo passati per certi versi allo spreco, oltre che al peggioramento in termini di qualità delle cose.
I consumi ''velleitari'' hanno favorito, perchè prodotti là, economie ''straniere'' emergenti, a scapito della nostra, più pragmatica e di vecchio stile basata su una produzione di consumo, in Italia abbiamo perso dei settori interi che erano il nostro fiore all'occhiello, , sto pensando al tessile, al chimico, al settore metalmeccanico, alla cantieristica navale, e perchè no, pure nell'informatica, non è stata forse l'Olivetti ad aver inventato il pc? Invece che difendere a pugni chiusi e armati fino ai denti il nostro patrimonio lavorativo ci siamo sempre più assoggettati ad una produzione di servizi a svantaggio del manifatturiero.
L'esternalizzazione dei servizi non sempre comporta un vero risparmio per il pubblico, perchè a fronte di contratti con tanto di clausole da rispettare, si sconfina sempre nella straordinarietà dell'intervento e quello lo si paga fior di quattrini o nelle consulenze. C'è troppo squilibrio e tutto questo porterà inevitabili conseguenze.
Re: Più Ayn Rand e meno sussidi per il web
Non è proprio così, non è che i Tarantini siano stati ciechi e ottusi, guarda che è dagli anni 70, quando era ancora ITALSIDER che le stesse organizzazioni sindacali, FIOM in primis, denunciarono la situazione, anche a causa dell'abnorme numero sugli infortuni e sempre la FIOM alcuni anni fa si ritrovò pure estromessi dalla fabbrica i loro rappresentanti (poi riammessi) che denunciarono la cosa. L'Arpa della Puglia aveva già redatto, monitorato e informato gli organi competenti, diciamo che le istituzioni locali hanno dormicchiato un bel po'. Ma cosa vuoi che faccia una popolazione di cittadini e lavoratori da soli, quando il sindacato all'interno è sempre stato spaccato, Cisl e Uil ora sono per lo sciopero contro l'azione della magistratura (secondo me tardiva ma dovuta), mentre la Fiom lo difende, siamo all'assurdo. Le istituzioni locali e pure i governi che via via si son succeduti, hanno sicuramente la loro parte di colpa verso questa situazione, che però ripeto non è nata oggi, perchè la stampa ne da rilievo solo ora. Per delocalizzare servono autorizzazioni, finanziamenti, e investimenti, ma senza finanziamenti e alternative, ai cittadini e ai lavoratori cosa rimaneva oltre all'ILVA? A Genova per esempio, la delocalizzazione è stata possibile come pure la chiusura di forni, perchè il territorio ha assorbito la manodopera e aveva certamente più risorse a disposizione, oltre che un maggior peso politico/economico maggiore.Puzzle ha scritto: La mia città nel passato contava due acciaierie, di cui una in città e l'altra nella prima periferia. Ricordo bene questi mostri di fabbriche perché in una ci ha lavorato mio zio e nell'altra ci ha fatto il turnista per anni mio padre. Più di vent'anni fa sono state delocalizzate (e unite in una unica società) nella zona industriale lontana diversi chilometri. Questa delocalizzazione è stato un lavoro non solo della proprietà, ma naturalmente anche interventi fortemente voluti da comune e regione perché era inamissibile che due mostri del genere rimanessero vicino alla città. Un misto di buon senso, pianificazione e programmazione (queste cose ci impiegano anni) amore per la propria città e amministratori capaci, di conseguenza la proprietà si è adeguata. Sono caratteristiche che purtroppo vedo generalmente mancare nel sud. L'ILVA è lì a Taranto da quasi 40 anni, un mostro attaccato alla città, a parte lo scandaloso inquinamento dai fumi di diossina che è stato sopportato da tutti come una fatalità "divina", ma nessun amministratore in questo lasso di tempo ha mai presentato un progetto per imporre una fascia di rispetto fra la fabbrica e la città, o spostare almeno il quartiere più inquinato (quello vicino alla cookeria). Anche se mi darete del leghista, io penso che per tollerare certe cose ci sia anche quel misto di lassismo, apatia mediterranea, insensibilità nei confronti del luogo dove si vive che troppo spesso caratterizza il nostro sud. E il Riva in questo ambiente ci ha giocato. Qui da me non si sarebbero aspettati 40 anni per sollevare un caso ILVA
Re: Più Ayn Rand e meno sussidi per il web
Melisanda ha scritto:Non è proprio così, non è che i Tarantini siano stati ciechi e ottusi, guarda che è dagli anni 70, quando era ancora ITALSIDER che le stesse organizzazioni sindacali, FIOM in primis, denunciarono la situazione, anche a causa dell'abnorme numero sugli infortuni e sempre la FIOM alcuni anni fa si ritrovò pure estromessi dalla fabbrica i loro rappresentanti (poi riammessi) che denunciarono la cosa. L'Arpa della Puglia aveva già redatto, monitorato e informato gli organi competenti, diciamo che le istituzioni locali hanno dormicchiato un bel po'. Ma cosa vuoi che faccia una popolazione di cittadini e lavoratori da soli, quando il sindacato all'interno è sempre stato spaccato, Cisl e Uil ora sono per lo sciopero contro l'azione della magistratura (secondo me tardiva ma dovuta), mentre la Fiom lo difende, siamo all'assurdo. Le istituzioni locali e pure i governi che via via si son succeduti, hanno sicuramente la loro parte di colpa verso questa situazione, che però ripeto non è nata oggi, perchè la stampa ne da rilievo solo ora. Per delocalizzare servono autorizzazioni, finanziamenti, e investimenti, ma senza finanziamenti e alternative, ai cittadini e ai lavoratori cosa rimaneva oltre all'ILVA? A Genova per esempio, la delocalizzazione è stata possibile come pure la chiusura di forni, perchè il territorio ha assorbito la manodopera e aveva certamente più risorse a disposizione, oltre che un maggior peso politico/economico maggiore.Puzzle ha scritto: La mia città nel passato contava due acciaierie, di cui una in città e l'altra nella prima periferia. Ricordo bene questi mostri di fabbriche perché in una ci ha lavorato mio zio e nell'altra ci ha fatto il turnista per anni mio padre. Più di vent'anni fa sono state delocalizzate (e unite in una unica società) nella zona industriale lontana diversi chilometri. Questa delocalizzazione è stato un lavoro non solo della proprietà, ma naturalmente anche interventi fortemente voluti da comune e regione perché era inamissibile che due mostri del genere rimanessero vicino alla città. Un misto di buon senso, pianificazione e programmazione (queste cose ci impiegano anni) amore per la propria città e amministratori capaci, di conseguenza la proprietà si è adeguata. Sono caratteristiche che purtroppo vedo generalmente mancare nel sud. L'ILVA è lì a Taranto da quasi 40 anni, un mostro attaccato alla città, a parte lo scandaloso inquinamento dai fumi di diossina che è stato sopportato da tutti come una fatalità "divina", ma nessun amministratore in questo lasso di tempo ha mai presentato un progetto per imporre una fascia di rispetto fra la fabbrica e la città, o spostare almeno il quartiere più inquinato (quello vicino alla cookeria). Anche se mi darete del leghista, io penso che per tollerare certe cose ci sia anche quel misto di lassismo, apatia mediterranea, insensibilità nei confronti del luogo dove si vive che troppo spesso caratterizza il nostro sud. E il Riva in questo ambiente ci ha giocato. Qui da me non si sarebbero aspettati 40 anni per sollevare un caso ILVA
Non ho mai pensato che al sud siano "ciechi e ottusi", infatti non l'ho scritto. Ho scritto invece che c'è secondo me, una generale maggiore insensibilità e lassismo nei confronti degli spazi comuni e del territorio (i veleni della Campania, l'abusivismo indiscriminato). E mi riferisco alle amministrazioni locali (che poi non sono altro che l'espressione dei cittadini). Se gli stabilimenti ILVA liguri sono stati risanati parecchi anni fa e se (da come ho appreso in rete) Riva possiede stabilimenti in Germania che sono definiti "eccellenza" del settore, mi convinco ancor più che il Riva abbia sguazzato in un ambiente a lui criminalmente favorevole.
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Uno dei punti nella sentenza in cui i magistrati hanno dedicato con più spazio è che da moltissimi anni erano state individuate pesantissime criticità ed erano stati firmati molti protocolli d'intesa, sopratutto fra la direzione dell'Ilva e la Regione che si impegnava a erogare parte dei fondi, per le messa in sicurezza, bonifica dello stabilimento e sopratutto del terreno circostante (compresa la riqualificazione del quartiere appresso). Tutto rimasto lettera morta.
C'è qualcosa che non ha funzionato. I sindacati e i comitati di zona, così attivi altrove come in Val di Susa, sono stati zitti (o "qualcosa" li ha zittiti), gli operai hanno dovuto accettare il patto mefistofelico Pane & Diossina, le autorità locali non sono intervenute finche i nodi non sono venuti al pettine. Tutti insieme.
C'è qualcosa che non ha funzionato. I sindacati e i comitati di zona, così attivi altrove come in Val di Susa, sono stati zitti (o "qualcosa" li ha zittiti), gli operai hanno dovuto accettare il patto mefistofelico Pane & Diossina, le autorità locali non sono intervenute finche i nodi non sono venuti al pettine. Tutti insieme.
Re: Più Ayn Rand e meno sussidi per il web
Cooperative o azionariato ma non tutti sono disponibili specialmente gli operai che dovrebbero sborsare piú di un imprenditore, poiché sia i Beni immobili sia i Beni mobili appartengano al proprietario( perchè io credo che non esiste una ricetta unica per tutti i mali, ma varie e piccine, che però assieme possono costituire LA soluzione) si possono trovare anche ascoltando i cittadini, lavoratori, artigiani e tecnici dei settori che più dei vari manager aziendali, o dei vari politici, conoscono meglio e bene, la realtà lavorativa in cui vivono, e la loro esperienza offre molto spesso soluzioni pratiche e attuabili dal basso.
Per la mia analisi sui consumi, oggi, lo spreco quasi non esiste più e se c'è è solo nelle classi ricche o medio-alte, quest'ultime vanno sempre più impoverendosi. Il costo della alimentazione è sempre più caro e il "consumismo" è solamente acquisto di beni che prima erano inaccessibili a molti. La produzione industriale, perciò, non è in difetto per un surplus. C'é sempre più terziario (che non serve a un H, come tutta la telematica) e meno generi alimentari ma più alimenti industrializzati. O si arriva alla pillola di alimentazione assieme alla terapia per l'Hiv , "almeno ritorniamo sani", o ci saranno serie carenze alimentari.
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Sul fatto che il terziario non serva un'acca, ho dei dubbi. Fino alla fine del settecento erano considerata, dai pochi economisti definibili come tali, come parte attiva della popolazione solo i contadini. Il resto era considerato di supporto, a volte come parassitismo economico. Una visione simile la si aveva a inizio ottocento per quanto riguarda il terziario e a fine ottocento per la servitù.
Se vogliamo vedere come è costituita la ricchezza di una nazione, il primo a darne un'idea pratica (nel senso quantificabile e utilizzabile nei calcoli contabili) fu Carl Marx. Paradossalmente col suo Capitale fu il padre della teoria moderna dell'economia capitalistica, introducendo concetto di pluslavoro (te lo ricordo solamente, tu Flavio con la tua vasta cultura filosofica non puoi non averlo studiato, causa non tanto per le implicazioni economiche, ma per quelle socio-filosofiche).
Nella società attuale, la stragrande maggioranza del terziario produce molto più pluslavoro, quindi genera molta più ricchezza dell'agricoltura, ormai settore asfittico che anzi, al pari dei ragionamenti settecenteschi, è diventato di mero supporto materiale per il resto.
Se vogliamo vedere come è costituita la ricchezza di una nazione, il primo a darne un'idea pratica (nel senso quantificabile e utilizzabile nei calcoli contabili) fu Carl Marx. Paradossalmente col suo Capitale fu il padre della teoria moderna dell'economia capitalistica, introducendo concetto di pluslavoro (te lo ricordo solamente, tu Flavio con la tua vasta cultura filosofica non puoi non averlo studiato, causa non tanto per le implicazioni economiche, ma per quelle socio-filosofiche).
Nella società attuale, la stragrande maggioranza del terziario produce molto più pluslavoro, quindi genera molta più ricchezza dell'agricoltura, ormai settore asfittico che anzi, al pari dei ragionamenti settecenteschi, è diventato di mero supporto materiale per il resto.