Quando guardare al futuro diventa una pietosa bugia
Inviato: domenica 10 giugno 2012, 20:31
La settimana scorsa ascoltavo pagina3 il tema della giornata era il FUTURO, l'ho ascoltata attentamente, perchè in fondo sono pensieri che mi appartengono e che condivido. Gli spunti delle riflessioni sono coerenti con quanto vivo e penso, ma stilisticamente parlando molto più raffinati e fluidi di quanto potrei fare io. Non posso postare gli articoli in quanto il settimanale è a pagamento, così ho pensato di trascrivere qualche passo della breve puntata.
Gli inganni che si nascondono dietro la parola FUTURO.
Della sparizione del futuro come paradigma del 21° secolo se ne è già ampiamente parlato, diventa sempre più difficile fare progetti per le nostre vite, diventa quasi impossibile capire cosa ci aspetta dietro l'angolo. Il settimanale - Gli altri - dedica all'argomento quasi tutte le sue pagine culturali e lo fa da una prospettiva diversa.
''Non sarà che il miraggio del futuro è più che altro un trucco dei nuovi padroni del mondo per rubarci il presente?''
L'articolo di Daniele Zaccaria inizia così:
Siamo circondati dal futuro, pedinati dal futuro, soffocati dal futuro, il futuro è ovunque in ogni anfratto della vita che incombe, come uno spettro adescatore.
In suo onore nascono e muoiono movimenti, avanguardie, tutte a far girare l'illusoria giostra del domani. Anche nella sua teologia negativa e cioè nella retorica cupa e apocalittica della crisi, (per esempio il futuro negato e rubato ai giovani) non si fa che evocare il fantasma di un tempo smarrito, di un avvenire che non è più quello di una volta. Proprio così, il futuro proviene dal passato, in qualche modo, e lo si può persino rimpiangere.
Se finisce nelle mani sbagliate può diventare un formidabile strumento di controllo il FUTURO.
Come diceva il grandissimo scrittore Anthony Burgess autore di Arancia Meccanica - il futuro è un'ideologia - e quando incontra il potere riesce a realizzare in pieno il suo disegno naturale, cioè, neutralizzare il presente e sostituirlo con un'immagine, una sorta di aldilà terreno che non arriverà mai, sacrificandosi per un tempo che non arriverà, depauperando ciò che è la nostra vita quotidiana.
Tutti i governi del mondo parlano in nome del futuro, non possono farne a meno - La speranza di Obama - la rottura di Sarkozy - il miracolo di Berlusconi - ogni propaganda si nutre voracemente di futuro, e il suo miraggio è trasversale, tanto da sedurre addirittura i contropoteri; la società civile, le opposizioni, è l'epoca dello spread, della tecnocrazia.
Ma il futuro è soprattutto una pietosa bugia. Una bugia dalle gambe corte che fiammeggia sulla bocca di spietati ottantenni.
I capi di stato, canuti banchieri, direttori di istituzioni monetarie globali, ci traghettano ogni giorno verso il LORO futuro. Il refrain è ossessivo, sacrificarsi oggi per star bene domani, rinunciare ai diritti, al lavoro, alle libertà, rinunciare persino all'amor proprio per realizzare il disegno intelligente dell'avvenire, che però rimane un disegno tracciato da altre mani.

Dal futuro visto e disegnato dai potenti passiamo al futuro vissuto da noi, dalla gente comune.
Lorenzo Misuraca scrive:
- e allora godiamoci il presente - o almeno proviamoci, visto che il futuro è un miraggio sempre più lontano, la generazione precaria prova a reinventarsi il presente.
Non sono soltanto i cosiddetti - Neet - cioè i giovani che non studiano e non lavorano, e che sono diventati più di 2 milioni, dice l'Istat, ma anche quelli che mollano l'impiego e riprendono il mare aperto della vita, perchè ritengono talmente dure le condizioni di lavoro, talmente malpagati che preferiscono mollare il lavoro piuttosto che vestire i panni dei neo-sfruttati, di lasciarsi cadere nel vuoto, di licenziarsi addirittura, nel tentativo di trovare l'appiglio per ripartire.
E' un racconto generazionale, che nasce senz'altro da una sconfitta, per esempio dal disfacimento dell'orizzonte mobile che costituisce ancora una volta il futuro, ma è anche a ben guardare (questa la tesi provocatoria) l'inizio di una reazione, una reazione che tanto sarebbe piaciuta per esempio agli autonomi settantasettini, agli indiani metropolitani bolognesi o a Enzo Del Re che cantava picchiettando sulla sedia ''lavorare con lentezza''.
Insomma l'unico sabotaggio sensato è quello della sottrazione di sè stessi all'ingranaggio trita-sogni che il Ministro Fornero chiama mercato del lavoro. Per concludere visto che nessuno ha più il totem del futuro a cui sacrificare gli anni migliori della propria vita, in cambio di stabilità o progettualità tanto vale godersi il presente (se ci si riesce) NdM.
Gli inganni che si nascondono dietro la parola FUTURO.
Della sparizione del futuro come paradigma del 21° secolo se ne è già ampiamente parlato, diventa sempre più difficile fare progetti per le nostre vite, diventa quasi impossibile capire cosa ci aspetta dietro l'angolo. Il settimanale - Gli altri - dedica all'argomento quasi tutte le sue pagine culturali e lo fa da una prospettiva diversa.
''Non sarà che il miraggio del futuro è più che altro un trucco dei nuovi padroni del mondo per rubarci il presente?''
L'articolo di Daniele Zaccaria inizia così:
Siamo circondati dal futuro, pedinati dal futuro, soffocati dal futuro, il futuro è ovunque in ogni anfratto della vita che incombe, come uno spettro adescatore.
In suo onore nascono e muoiono movimenti, avanguardie, tutte a far girare l'illusoria giostra del domani. Anche nella sua teologia negativa e cioè nella retorica cupa e apocalittica della crisi, (per esempio il futuro negato e rubato ai giovani) non si fa che evocare il fantasma di un tempo smarrito, di un avvenire che non è più quello di una volta. Proprio così, il futuro proviene dal passato, in qualche modo, e lo si può persino rimpiangere.
Se finisce nelle mani sbagliate può diventare un formidabile strumento di controllo il FUTURO.
Come diceva il grandissimo scrittore Anthony Burgess autore di Arancia Meccanica - il futuro è un'ideologia - e quando incontra il potere riesce a realizzare in pieno il suo disegno naturale, cioè, neutralizzare il presente e sostituirlo con un'immagine, una sorta di aldilà terreno che non arriverà mai, sacrificandosi per un tempo che non arriverà, depauperando ciò che è la nostra vita quotidiana.
Tutti i governi del mondo parlano in nome del futuro, non possono farne a meno - La speranza di Obama - la rottura di Sarkozy - il miracolo di Berlusconi - ogni propaganda si nutre voracemente di futuro, e il suo miraggio è trasversale, tanto da sedurre addirittura i contropoteri; la società civile, le opposizioni, è l'epoca dello spread, della tecnocrazia.
Ma il futuro è soprattutto una pietosa bugia. Una bugia dalle gambe corte che fiammeggia sulla bocca di spietati ottantenni.
I capi di stato, canuti banchieri, direttori di istituzioni monetarie globali, ci traghettano ogni giorno verso il LORO futuro. Il refrain è ossessivo, sacrificarsi oggi per star bene domani, rinunciare ai diritti, al lavoro, alle libertà, rinunciare persino all'amor proprio per realizzare il disegno intelligente dell'avvenire, che però rimane un disegno tracciato da altre mani.

Dal futuro visto e disegnato dai potenti passiamo al futuro vissuto da noi, dalla gente comune.
Lorenzo Misuraca scrive:
- e allora godiamoci il presente - o almeno proviamoci, visto che il futuro è un miraggio sempre più lontano, la generazione precaria prova a reinventarsi il presente.
Non sono soltanto i cosiddetti - Neet - cioè i giovani che non studiano e non lavorano, e che sono diventati più di 2 milioni, dice l'Istat, ma anche quelli che mollano l'impiego e riprendono il mare aperto della vita, perchè ritengono talmente dure le condizioni di lavoro, talmente malpagati che preferiscono mollare il lavoro piuttosto che vestire i panni dei neo-sfruttati, di lasciarsi cadere nel vuoto, di licenziarsi addirittura, nel tentativo di trovare l'appiglio per ripartire.
E' un racconto generazionale, che nasce senz'altro da una sconfitta, per esempio dal disfacimento dell'orizzonte mobile che costituisce ancora una volta il futuro, ma è anche a ben guardare (questa la tesi provocatoria) l'inizio di una reazione, una reazione che tanto sarebbe piaciuta per esempio agli autonomi settantasettini, agli indiani metropolitani bolognesi o a Enzo Del Re che cantava picchiettando sulla sedia ''lavorare con lentezza''.
Insomma l'unico sabotaggio sensato è quello della sottrazione di sè stessi all'ingranaggio trita-sogni che il Ministro Fornero chiama mercato del lavoro. Per concludere visto che nessuno ha più il totem del futuro a cui sacrificare gli anni migliori della propria vita, in cambio di stabilità o progettualità tanto vale godersi il presente (se ci si riesce) NdM.