Prima hai scritto "nonostante ci fosse tutto il tempo per farla" riferendoti al test genotipico, però sarebbe anche l'approccio "dare gli antiretrovirali il prima possibile", molto usato all'estero. Mi pareva che Uffa o Dora avevano scritto che in Spagna negli ultimi 2-3 anni cercano di fare gli antiretrovirali il giorno stesso della comunicazione della diagnosi di contagio, in modo che il neopaziente inizi prenderli senza dare tempo nemmeno di elaborare quel che gli è successo, prima che sviluppi qualche avversione psicologica (e, più materialmente, per impedirgli di sviluppare ulteriori reservoir, cosa particolarmente importante in un paziente contagiato da meno di 2 mesi).giovane88 ha scritto: ↑giovedì 28 ottobre 2021, 19:22Che sia obbligatorie ma non rispettate, questo è successo anche a me: viewtopic.php?f=2&t=9813paziente ha scritto: ↑giovedì 28 ottobre 2021, 14:52Anche a mio avviso le Linee Guida Italiane sono cogenti e obbligatorie (e non semplicemente norme volontarie e non coattive) in quanto richiamate dalla Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 - Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie – che all’Art. 5 comma 1 prevede: “Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guidaskydrake ha scritto: ↑mercoledì 27 ottobre 2021, 18:19Il bello delle guide italiane è che, ad ogni nuova edizione, c'era anche la versione con le nuove frasi aggiunte sottolineate in giallo, sicché era possibile al volo individuare le novità.
Inoltre, molti infettivologi hanno un atteggiamento prudenziale e non adottano altri approcci se non quelli rigorosamente previsti dalle linee guida stesse (è anche per una questione legale, così sono al sicuro per eventuali cause di risarcimento per possibili fallimenti terapeutici con piani terapeutici non previsti nelle linee guida stesse). Ad esempio, se io adottai la mia prima semplificazione (quando cominciava a diffondersi tale strategia terapeutica in USA), ma almeno due anni prima che venisse contemplata nelle linee guida italiane (nella edizione 2016, mi pare). Se avessi avuto un fallimento terapeutico in quei due anni, c'era lo spazio per una causa nei confronti della mia illuminata infettivologa, sempre aggiornata con le novità nella letteratura scientifica inglese. La maggioranza degli infettivologi invece si è attenuta rigorosamente alla triplice terapia con tutti i pazienti fino all'ultimo (appunto nel 2016, mi pare).
Cmq, è passato talmente tanto tempo dall'ultima edizione che ormai dovrà uscire la prossima fra breve. Spesso usciva prima della giornata mondiale per l'AIDS, il primo dicembre, non a caso dopo il Congresso Nazionale ICAR a Riccione, che si tiene ad ottobre. Come al solito, Dora ha coperto l'evento:
viewtopic.php?f=12&t=9899&p=118617&hilit=icar#p118617
1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.”
Ciononostante, in un noto centro di cura italiano, da circa 3/4 anni è stato addirittura eliminato il medico di riferimento! Tralascio il resto. Questo nonostante tra i firmatari delle Linee Guida ci siano importanti figure del centro stesso e nonostante molteplici reclami e segnalazioni.
Cosa fare? Forse fare un esposto al Ministero della Salute e al Simit, non vedo più altre strade.
O almeno, per loro risultava normale che la resistenza genotipica, nonostante ci sia stato tutto il tempo per farla, non mi è stata fatta. Ho ricevuto la terapia 20 giorni dopo la diagnosi, senza nessuna resistenza.
Quando ne ho parlato, citando gli articoli delle raccomandazioni, non hanno detto né hai ragione nè che avessi torto, nonostante la mia situazione fosse ad alto rischio di fallimento virologico, non solo essendo un late presenters, non solo avendo la certezza di aver contratto l'infezione da una persona sottoposta a "vecchi" regimi farmacologici, ma avendo anche assunto la prep.
Hanno preso uno dei più potenti, Symtuza, e sono andati completamente alla cieca.
Secondo me questa cosa è illegale, come mi hanno fatto notare gli altri.
Se da una parte, come mi hanno fatto notare in questo thread, le linee guida servono da parte dell'infettivologo a tutelarsi, potendo giustificare le sue scelte dicendo "ho seguito il protocollo, non puoi dirmi niente", dall'altra le linee guida servirebbero anche per tutelare il paziente che dovrebbe tutelarsi dicendo "tu non hai seguito il protocollo".
Così come viene ripetutamente vanificata nei centri ogni tutela della privacy, così viene fatto anche con le linee guida! Questo per dire che se possibile, tutelatevi, perchè in questi centri, specialmente quelli medio piccoli, i nostri diritti vengono spesso oltraggiati e non presi in considerazione.
La diretta combinazione tra questo approccio ambulatoriale/psicologico d'urgenza estero e l'approccio prudenziale italiano è dare gli antiretrovirali il prima possibile, ma prima ancora prender più provette possibili e non attendere i referti. Il guaio è che tale approccio comporta comunque una grande organizzazione da parte del reparto di malattie infettive in caso di esami molto avanzati come appunto il test genotipico delle resistenze. Quando lo feci io, una dozzina di anni fa, solo un paio di laboratori analisi in tutta la regione erano attrezzati per eseguirlo. Mi fissarono un appuntamento alle 7:15 con la forte raccomandazione di non venire oltre le 7:30, perché entro le ore 7:50 sarebbe partito un corriere speciale con le mie provette di sangue verso la clinica universitaria attrezzata per fare il test genotipico delle resistenze, a un centinaio di chilometri di distanza.
Oggigiorno tale test non è più così raro, però in certi parti d'Italia ci sono ancora intere province dove non ci sono laboratori attrezzati a farlo. Si dovrebbe compensare con l'organizzazione, ma talvolta anche l'organizzazione scarseggia.....