Buongiorno a tutti, ci sono novità (purtroppo non positive) sull'argomento. Questa mattina ho inviato una nuova email alle istituzioni regionali, i dirigenti regionali, i dirigenti delle ASL e dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana.
Di seguito il testo dell'email inviata.
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Gentile Presidente Rossi,
nello scorrere il Suo programma elettorale sui temi della salute e della sanità pubblica in Toscana, trovo snocciolati molti numeri e statistiche, e non posso non riscontrare una Sua grande attenzione al tema dell’efficienza e della qualità dei servizi. Eppure talvolta, per migliorare con poco sforzo il livello di qualità di alcuni servizi, sarebbe davvero utile un più rigoroso atteggiamento di ascolto delle esigenze e delle segnalazioni dei cittadini.
Il 20 marzo scorso, in qualità di cittadino toscano, ho inviato a Lei, all’Assessore regionale competente, ai dirigenti della Regione Toscana, ai dirigenti dell’ASL 5 di Pisa e ai dirigenti dell’Azienda ospedaliero-universitaria (AOUP) di Pisa (di seguito chiamata anche “Ospedale di Pisa”), tra cui il responsabile della distribuzione farmaci, Dott. Tiberio Corona, un’email nella quale facevo presente l’esistenza di una situazione di estremo disagio che investiva, già da alcune settimane, decine e decine di pazienti in cura per l'HIV presso l'AOUP di Pisa, e che – a dispetto di qualsiasi formale smentita – era davvero, nei fatti, una vera e propria discriminazione a carico dei non residenti nella ASL 5 di Pisa. Successivamente, è stato accertato che questo genere di discriminazione non colpiva solo le persone affette da HIV, ma anche quelle da HCV, ovvero il virus che causa l’epatite C e di cui tanto Lei stesso ha parlato più volte sulla stampa e sul web nei giorni scorsi.
Tale discriminazione è stata causata dall’introduzione, peraltro – a quanto risulterebbe – senza alcun atto formale da parte del dirigente della distribuzione dei farmaci presso l’Ospedale di Pisa, del divieto di continuare a distribuire ai non residenti nella ASL 5 di Pisa (e poco importa che si trattasse di cittadini toscani o no) i farmaci che vengono abitualmente prescritti dai medici del reparto di malattie infettive dell’Ospedale di Pisa ai pazienti in cura per infezione da HIV, HCV o per confezione di entrambi i virus. Tali pazienti si sono quindi visti, inaspettatamente, restituire il proprio piano terapeutico, con l’invito, lapidario e privo di qualsiasi spiegazione (solo per accennare a un certo modo di fare – se non altro poco cortese – che in molti hanno sempre visto arieggiare all’interno del presidio) di rivolgersi alla propria ASL di residenza per il ritiro della successiva dose di farmaci.
Ovviamente, un simile e soprattutto improvviso – giacché avvenuto alla più completa insaputa degli stessi infettivologi e del primario del reparto, il Dott. Francesco Menichetti – cambio di modalità nella distribuzione dei farmaci, che non ha precedenti in Italia, ha gettato completamente nel panico molte persone in cura a Pisa ma non residenti nella ASL 5 di Pisa, come (solo per fare qualche esempio) persone che hanno scelto tale struttura dell’AOUP per il suo livello di eccellenza, studenti fuori sede, persone che si trovano per motivi di lavoro a Pisa o tutti coloro che, per motivi di privacy o per altre ragioni, non vogliono rivolgersi alle strutture della propria ASL: cosa che, peraltro, è assolutamente legittima visto che nell’ordinamento italiano esiste il diritto alla libertà di scelta del luogo di cura. Questi casi rappresenterebbero oltre il 50% dei pazienti seguiti dal reparto.
Per fortuna, l’attenzione degli organi di informazione riguardo al problema ha fatto sì che il Direttore generale dell’ASL 5, Dott. Rocco Damone, prendesse una tempestiva e chiara posizione in merito, comunicando il raggiungimento di un accordo tra ASL 5 di Pisa e AOUP che avrebbe comunque permesso a chi ne avesse fatto richiesta per motivi di riservatezza di continuare a ritirare i farmaci a Pisa: una risposta, dal punto di vista di molti, comunque non del tutto sufficiente perché, tra l’altro, non ha permesso di conoscere le motivazioni aziendali per cui tutte le altre condizioni personali e motivazioni sopra citate, seppur valide, non sarebbero state più una condizione sufficiente per l’accesso dei pazienti alla distribuzione dei farmaci dell’Ospedale di Pisa.
Alla luce di questo mutato orientamento dell’ASL 5, la situazione è andata dunque avanti per un paio di mesi senza grossi problemi, ma di recente è stata reintrodotta, seppur in forma diversa, una nuova prassi discriminatoria a carico degli stessi pazienti non residenti nella ASL 5 di Pisa che continuano a ritirare i farmaci presso il presidio di distribuzione dell’Ospedale di Pisa. Sia chiaro, la maggior parte delle persone probabilmente non capirà la gravità di un simile provvedimento, ma per chi deve invece seguire un percorso terapeutico salvavita, ogni difficoltà connessa all’approvvigionamento dei farmaci viene percepita inevitabilmente come un diretto attentato alla propria salute. La nuova prassi prevede infatti che, a differenza dei soggetti residenti nella ASL 5 di Pisa, i cittadini non residenti (ripeto, poco importa che siano toscani o no), ricevano farmaci sufficienti appena per una singola mensilità, a differenza dei privilegiati residenti nel pisano, che hanno invece diritto, ogni volta, a due mesi di terapie.
Presidente Rossi, perché questa disparità di trattamento? I cittadini residenti a Pisa, i residenti in altre ASL della toscana, i cittadini italiani e quelli comunitari non dovrebbero essere trattati tutti ugualmente da una struttura pubblica, con stessi diritti e possibilità di accedere ai servizi?
Peraltro, non so se si rende conto del fatto che, per ogni ritiro dei farmaci, allo sportello ospedaliero presso il quale avviene la distribuzione, c’è una coda da fare (a volte, a Pisa, è capitato che i tempi di attesa abbiano superato la mezz’ora), che aumenta in modo direttamente proporzionale al numero di prelievi di farmaci e che diminuisce, inevitabilmente, la qualità del servizio offerto. Se i medicinali vengono distribuiti mensilmente, vi saranno più pazienti allo sportello; se i farmaci sono consegnati di due mesi in due mesi, meno persone affolleranno il presidio.
Presidente Rossi, in questi giorni, proprio riguardo al virus HCV, Lei ha detto che Suo obiettivo è “curare tutti i 26000 malati di epatite C toscani nel più breve tempo possibile”, ma si rende conto del fatto che avere garanzie e parità di diritti nell’accesso alle cure e ai farmaci è per questi stessi malati di cui Lei parla, così come per tutte le altre persone di cui ho finora parlato, una condizione essenziale per poter portare a termine correttamente un ciclo di terapia o il proprio percorso di cura?
Presidente Rossi, ritiene giusto che, tanto per fare un esempio, un medico o un infermiere sieropositivo che da Siena decide di recarsi a Pisa per non incontrare i colleghi della propria ASL, debba prendersi ogni mese un’intera mattinata di ferie solo per recarsi a Pisa a ritirare i farmaci e rientrare a casa? O ancora, può immaginare a quali difficoltà va incontro una persona con una coinfezione da HIV e HCV che per anni si è sempre spostata dalla Sicilia alla struttura di Pisa, pur di farsi seguire da medici di cui si fida ciecamente?
Potrei farLe decine di esempi simili. Ma se nel frattempo alcuni dei pazienti non residenti nella ASL di Pisa, che nel frattempo erano stati allontanati dalla distribuzione farmaci dell’AOUP, si sono rassegnati a ritirare i medicinali presso le proprie ASL, coloro che continuano a chiedere di ricevere farmaci presso l’Ospedale di Pisa, lo fanno per effettiva necessità. Queste persone non solo vengono a tutti gli effetti discriminate senza motivo rispetto ai soggetti residenti nella ASL di Pisa, ma subiscono un disagio morale e psicologico che è davvero difficile descrivere.
Il mio auspicio – condiviso da altre decine di assistiti del reparto di malattie infettive dell’Ospedale di Pisa, che a marzo si sono lamentati della cattiva gestione, da parte del servizio del presidio di distribuzione farmaci dell’AOUP, delle criticità che ho sopra illustrato – è che questa mia lettera non venga letta da Lei direttamente, ma almeno da qualche Suo collaboratore o da un dirigente della Regione Toscana che abbia il buon cuore di interessarsi a un problema che potrebbe essere risolto soprattutto col buon senso. Per questo sarebbe gradito un qualsiasi cenno di riscontro che garantisca, una volta per tutte, l’eliminazione di questo problema che, se appena due mesi fa sembrava in via di risoluzione, tra i pazienti sta invece nuovamente tornando a sollevare malumori e ad essere portato quale cattivo esempio del funzionamento del sistema sanitario in Toscana, e al quale nessuno, eccetto gli stessi medici del reparto di malattie infettive dell’Ospedale di Pisa, che in questa battaglia sono sempre stati in prima linea insieme ai pazienti, sembra volersi interessare.