Ho letto molte esperienze interessanti sull’azione sul territorio in Africa, in questo devo dire che l’account Twitter del forum è stato una piccola miniera, e qualche settimana fa del resto abbiamo pubblicato un post proprio su come il coinvolgimento delle realtà locali avesse fatto la differenza tra alcuni studi clinici…
Sull’esportabilità: se il piano funzionerà, e naturalmente lo spero, credo che con gli opportuni adattamenti sia esportabile in molte realtà.
Sciaguratamente il piano non ha bisogno solo della PrEP: servono gli ospedali, una rete di sorveglianza, la copertura del territorio… in questo è credibile che i paesi più poveri avranno più difficoltà, ma anche qui un po’ di sano pragmatismo non guasta: parafrasando quel riportavo nel thread “Uso del condom: è sufficiente anche quando non è perfetto?”, potremmo dire che “male e/o poco è male, ma male è sempre meglio che niente” e probabilmente, magari con una lentezza esasperante, se il sistema funziona, si troverà il modo di applicarne delle versioni un po’ limitate ma che qualcosa faranno…
Quanto allo screening non è mica una carenza solo americana, eh: pensa a quante nuove infezioni si eviterebbero se solo si facesse “test&treat”, o almeno se tutti i sieropositivi sapessero di esserlo e almeno una parte di loro decidesse di adottare qualche strategia di minimizzazione del rischio di contagiare altri… promuovere il test HIV, metterlo in combo ogni volta che si testano gli adulti, almeno una volta l’anno, dovrebbe essere una priorità di tutti i responsabili sanitari: più sieropositivi scopri, meno nuove infezioni avrai. Invece non se ne fa nulla.
Credo che San Francisco in questo abbia un piccolo vantaggio: è una città relativamente piccola, con una grande comunità gay, immagino che “getting to zero” sarà il volano per una ancora maggiore sensibilizzazione della comunità, spero di tornarci presto (ma non credo prima del 2016), e di poter magari parlare con il consigliere Wiener e chiedergli come vanno le cose
