Apple94 ha scritto: ↑mercoledì 29 aprile 2020, 12:36
Ingenuamente credevo che visto che ormai le terapie ci sono e sono efficaci si poteva stare lì a cercare una cura più lentamente perché non è più una malattia che porta alla morte (almeno nei paesi sviluppati).
Ma non è una visione ingenua, ha una sua logica: se vediamo con quanto affanno stanno facendo adesso ricerca sul SARS-CoV-2, facendo saltare tutte le regole che valgono in tempi di scienza normale pur di trovare qualcosa che eviti la terapia intensiva e la morte per le complicanze da COVID-19, è vero che HIV può essere controllato da tanti farmaci, quindi l'urgenza di trovare una cura definitiva è di certo minore.
Però nessun medico e nessuno scienziato (e nessun sistema sanitario) è disposto a tenere le persone con HIV in terapia per il resto della loro vita. Da quando si ha la conferma che questa infezione può essere curata, trovare una cura è diventato un imperativo morale, prima ancora che scientifico.
Solo che è un retrovirus, nessuno può illudersi che lo si possa eradicare con una bacchetta magica. O, almeno, trovare la bacchetta magica è un processo lungo e complicato, pieno di errori e di passi indietro e di nuove rincorse, di delusioni e di frustrazioni.
Non ho capito una cosa però: quando e se esisterà una cura o cura funzionale il sistema sanitario nazionale non si farà carico della spesa? Vedendo i costi dei nostri farmaci penso che anche se costerà tanto questa cura sicuramente sarà di meno rispetto a pagare per tutta la vita farmaci così costosi.
E poi tossicità perché? La cura prima di essere immessa sul mercato non dovrebbe essere totalmente sicura e sperimentata in tutte le fasi proprio per verificarne tossicità e sicurezza?
Io credo che un sistema sanitario come il nostro si farà carico della spesa, come si è assunto il carico della spesa dei farmaci contro HCV, che danno la certezza di guarire quasi tutti.
Il peso in termini di tossicità di cui parlavo è riferito al fatto che ancora non sappiamo quali vie daranno una concreta speranza di cura, ma è presumibile si tratterà di terapie combinate, che uniscano un effetto anti-reservoir a una modulazione del sistema immunitario - ad esempio un farmaco (o una combinazione di farmaci) anti-latenza che risvegli il virus archiviato nei reservoir, uniti a un vaccino terapeutico o a qualche farmaco che favorisca la distruzione delle cellule infette stimolando la reazione immunitaria. Magari ci vorrà qualche ciclo di trattamenti per ottenere una grande riduzione dei reservoir. Io dubito che tutto questo si possa ottenere senza qualche tossicità. Saranno ridotte al minimo, per poter essere messe in commercio. Ma qualche peso l'avranno.
E anche la terapia genica, che aspira a ripetere il successo del Berlin Patient e del London Patient senza però fare trapianti da donatori estranei in persone con tumori ematologici refrattari alle chemioterapie, richiederà pur sempre di modificare i CD4 o le cellule staminali per renderli resistenti al virus. Un'operazione che deve essere fatta con tante cautele, perché se l'editing genetico si inserisce nel gene sbagliato, curi magari l'HIV, ma poi sviluppi un cancro. Che non è detto sia un affare vantaggioso.
Varrà la pena affrontare questi rischi, a fronte di terapie antiretrovirali che sono sempre più efficaci e meno tossiche? Dipenderà dalla situazione di ciascuno e ciascuno dovrà essere messo nelle condizioni di fare una valutazione corretta dei rischi e dei benefici.
Ragion per cui io, appena questa maledetta epidemia di coronavirus ci darà tregua, ricomincerò a scrivere di ricerca di una cura. Perché ciascuno possa essere informato di quel che la scienza mette a disposizione e possa fare le proprie valutazioni.
Adesso lascio questo thread, perché ho già occupato anche troppo spazio ed è giusto che si torni a parlare della terapia long-acting di Gabriel.