Le origini dell'aids

La condizione di sieropositività, la malattia da HIV e relativi problemi, di salute e no.
uffa2
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Re: Le origini dell'aids

Messaggio da uffa2 » giovedì 16 febbraio 2012, 22:34

Mah, se devo dire, il problema dell’evento trigger, di come cioè l’HIV abbia abbandonato le foreste e le scimmie per venire a farci compagnia non mi appassiona.
Intendo dire che la spiegazione prevalente mi pare la più convincente.
C’è un virus che probabilmente è endemico in Africa, e che lì è rimasto per migliaia di anni. Poi, con il XIX secolo, ha iniziato ad arrivare in Europa. In origine probabilmente non faceva in tempo a infettare il suo ospite che questo moriva: stiamo parlando di tempi in cui si moriva molto facilmente.
Poi c’è stato il salto di qualità, che io ho già teorizzato in non ricordo quale thread, e che vedo essere anche la teoria accolta nell’intervista postata all’inizio di questo thread da Meli.
A un certo punto il numero dei contagi individuali ha raggiunto quella che potremmo definire la “temperatura di auto innesco” e l’incendio ha iniziato a propagarsi da solo, senza più bisogno d’altro che della vita quotidiana di una generazione (quella degli anni ‘70) che, complici l’esplosione degli spostamenti umani, la liberazione sessuale, le droghe iniettive, era un covone di paglia davanti a un accendino; da lì in poi tutto era inevitabile, considerando pure quanto una parte di quella generazione fosse già devastata nella salute proprio dalle droghe e quanto la medicina fosse lontana dagli standard odierni.

La ricostruzione “storica” di ciò che è avvenuto nella prima metà degli anni ‘80 invece mi ha lasciato sgomento, come sempre resto sgomento quando vedo che non si sa dove sbattere la testa perché non sai neppure dov’è il nemico…

E questo mi porta all’analisi di Carletto su quanto questa malattia possa essere di insegnamento e paradigmatica sui rischio di pandemia ai nostri giorni.
Non sono così spaventato come mi appare Carletto, perché in realtà c’è una rete occhiuta che controlla tutti i giorni l’andamento delle epidemie: non passerebbero anni (o addirittura decenni) prima di accorgersi di quel che sta succedendo. Semmai mi lascia perplesso come ogni volta che viene segnalata una nuova pandemia (termine che allude al puro meccanismo di replicazione “autosostenuta” dell’infezione in più punti del globo, esattamente come l’HIV le varie influenze) subito ci sia qualcuno che pur di combattere chissà quale battaglia ideologica è disposto a negare che l’infezione risponda ai criteri tecnici con i quali appunto si definisce una pandemia, ma tant’è…

Cosa potrebbe succedere? e chi lo sa.
Ebola ha dimostrato come un virus troppo violento è intrinsecamente “suicida”: ammazza le sue vittime in tempi troppo rapidi perché siano vettori utili.
L’H1N1, sia pure letale, come tutte le influenze, poteva essere controllata e in concreto il suo esordio così preoccupante era probabilmente legato ai disastrosi sistemi sanitari e politici di paesi poveri e/o dittatoriali ma in concreto è stata bloccata dai superiori sistemi sanitari del nord del mondo… e probabilmente da qualche bell’acquazzone.
E domani? del doman non c’è certezza.
Tolte le infezioni ospedaliere, che effettivamente sono sempre meno controllabili e continueranno a non esserlo finché non troveremo il modo di passare dagli antibiotici a “qualcos’altro”, ma colpiscono per definizione soggetti “a rischio” e sono solitamente contenute appunto nell’ambito in cui si sviluppano, nulla ci garantisce che non sia dietro l’angolo una nuova influenza magari più subdola di Ebola e più resistente di H1N1, una nuova “spagnola” insomma.

I progressi in epidemiologia e in microbiologia fatti in questi trent’anni però non credo siano stati inutili; la velocità con la quale fino ad adesso sono state date risposte “tecniche” alle nuove infezioni ne è testimonianza.
Anche se una nuova influenza o un virus HIV-like dovessero apparire e fare all’inizio una mezza strage non credo si replicherebbe lo stesso panorama degli anni ’80 di incapacità a reagire… magari è solo una speranza, ma credo che quello che abbiamo costruito finora sarebbe utile, insomma non credo ci vorrebbero quindici anni per arrivare a una “nuova HAART”.


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silence

Re: Le origini dell'aids

Messaggio da silence » giovedì 16 febbraio 2012, 22:59

nel mio piccolo penso che quello che hanno costruito fino ad ora sia il frutto di, poche purtroppo, risposte alle mille domande che questo virus obbliga a fare, a partire dalla sua origine e sviluppo, e se ora abbiamo a disposizione haart con meno effetti "indesiderati" e di nuove sempre pronte lo dobbiamo al fatto che non smetteranno di porsele quelle domande, spero, fino alla agognata risposta definitiva: IL VACCINO... L'accendiamo??? :lol: :lol:



Eilan
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Re: Le origini dell'aids

Messaggio da Eilan » sabato 3 marzo 2012, 16:39

Un estratto dal libro "Tinderbox" di Craig Timberg e Daniel Halperin è apparso sul Washington Post, sezione Salute e Scienza. Sembra che il libro verrà pubblicato (Penguin Press) in questo mese, ma a quanto leggo, ha già scatenato varie reazioni, basta leggere i commenti (996) del W.P e sui forum americani. Devo dire che nonostante quest'ipotesi, che è quella che maggiormente condivido, mi rimangono lo stesso alcune perplessità in merito, soprattutto in merito all'ora x in cui come viene scritto nel libro scoppiò il ''big bang'', ecco un breve riassunto, ma vi rimando al riassunto del Washington Post :

IL COLONIALISMO IN AFRICA E LA DIFFUSIONE DELL'HIV

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Siamo sempre convinti di conoscere probabilmnte tutti i dettagli della nascita dell'epidemia di AIDS. Ma una serie di recenti scoperte genetiche hanno gettato nuova luce su di essa, a partire dal momento in cui si innestò una connessione da scimmia a uomo che cambiò il corso della storia.

Sappiamo dove l'epidemia ha avuto inizio: una piccola zona nella densa foresta in Camerun sud-orientale. Sappiamo quando: entro un paio di decenni del 1900 e riteniamo buona la teoria del '' cacciatore''.

Mentre per quanto riguarda il perché, è qui dove la storia diventa ancora più affascinante e terribile. Noi di solito pensiamo alle malattie i termini di come ci minacciano personalmente. Le malattie nascono, crescono, vacillano, e a volte muoiono. In ogni caso questi cambiamenti avvengono per dei motivi.

Per decenni nessuno ha saputo le ragioni che stanno dietro la nascita dell'epidemia di AIDS. Ma è ormai chiaro che la nascita dell'epidemia e la sua cruciale crescita precoce è avvenuta durante l'era coloniale in Africa, tra l'intrusione massiccia di nuove persone e la tecnologia, in un paese in cui le antiche vie prevalevano ancora. Potenze europee impegnate in una corsa febbrile per le rotte di ricchezza e di gloria divampò in fiumi fangosi e in fitte foreste, che erano state percorse solo sporadicamente da esseri umani prima.

Il più dirompente di questi intrusi furono migliaia di portatori africani al servizio di potenze coloniali europee, tagliando i percorsi attraverso la zona esatta che poi i ricercatori hanno identificato come il luogo di nascita dell'epidemia di AIDS. Fu qui, in un solo istante che avvenne la trasmissione da scimmia a uomo, e un ceppo di virus denominato HIV-1 gruppo M fece la sua prima apparizione.

Nel secolo scorso, è stato responsabile per il 99% di tutti i decessi nel mondo da AIDS, non solo in Africa, ma a Mosca, Bangkok, Rio de Janeiro, San Francisco, New York, Washington. Tutto ciò è iniziato quando l'Occidente ha imposto la sua volontà su una terra sconosciuta, provocando e combinando gli ingredienti essenziali dell'epidemia di AIDS.

E' stato qui, per caso, ma con motivazioni tutt'altro che pure, che è stata gettata una scintilla in un mondo costruito su una polveriera.


Leggi il resto del brano presso il Washington Post .



Eilan
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Re: Le origini dell'aids

Messaggio da Eilan » lunedì 18 giugno 2012, 21:16

La malattia, metafora dei nostri sensi di colpa

In realtà questo sunto di intervista a Sergio Givone avrei potuto postarlo in ogni dove, il tema per come è stato trattato è lasco. Si spazia dalla filosofia alla letteratura passando da Lucrezio a Manzoni per poi accedere al contemporaneo. Perchè ho scelto di inserirlo qua piuttosto che altrove? Per trovargli sempre un senso, che travalichi il puro stato oggettivo e storico della pandemia.E' innegabile che da quando l'AIDS apparve così repentinamente abbia demolito alcune delle nostre certezze e perfino minato battaglie sui diritti civili, rigettando un intera generazione e non solo, nell'aura del castigo divino, dell'umiliazione o peggio ancora nelle ipotesi delle congiure e/o cospirazioni. Pagine e pagine che ultimavano nell'unica domanda possibile - perchè ora? - così cambiò per alcuni di noi la prospettiva di morte a cui eravamo abituati fin dalla nascita. Givoni spiega che la ''peste'' è stata spesso utilizzata da autori, scrittori, pensatori come allegoria per spiegare le nostre paure e per descrivere il tempo in cui vivevano. E anche oggi, come ieri, viviamo nell'epoca del contagio della paura, dal contagio finanziario al contagio in rete, dal contagio del linguaggio, al contagio attraverso le malattie. Non l'ho ancora comprato il libro, ho qualche remora, nel senso che i miei limiti sono quelli che sono, soprattutto della comprensione filosofica, però l'intervista mi è piaciuta, anche se non ne condivido tutti i punti. Io la ripropongo prendendo spunto anche qua dalla segnalazione di Nicola Lagioia, poi a chi interesserà vedrà se leggere o meno.


http://www.dirittiglobali.it/index.php? ... =component

Emergenza, caos e malattia: le metafore delle nostre paure.

Non teme una certa confusione di generi?

<<E perchè mai? I grandi testi che hanno preso a tema la peste non fanno differenza fra filosofia e letteratura. Cos'è Lucrezio - che della peste è il massimo poeta - filosofo o letterato? E Camus che al tema ha dedicato uno straordinario romanzo? Se guardo poi alla nostra tradizione penso che la Storia della colonna infame di Manzoni è probabilmente il più importante libro di filosofia morale del nostro Ottocento>>.

La peste è un evento che proprio Manzoni riconduce a un disegno divino. Mentre Lucrezio ha un'idea opposta.

<<Intendiamoci: la peste è un'infezione del corpo, una malattia che oggi sappiamo definire con precisione. Ma quando ho citato Lucrezio è perchè nessuno come lui ci spinge a liberarci dalla superstizione che la peste ingenera e cioè dalla credenza che essa venga dal cielo. Non c'è nessun disegno divino che ci riguardi. Il mondo è il mondo e basta. Ma proprio questa assenza di trascendenza, questo vuoto nel quale versiamo, è la colpa>>.

La peste, come tutto quello che rappresenta la regressione estrema, ci trova impreparati. Non pensa che una catastrofe ha sempre qualcosa di inaudito?

<<Ogni disastro epocale ci fa entrare in una desolazione primordiale. E' vero: prima che accada, la catastrofe è impensabile. Per questo è difficile prendere delle precauzioni. La peste è un fenomeno della natura. Ma la natura non basta a spiegarla>>.

La peste scatena sia i meccanismi mentali che quelli fisici del contagio. Quali sono i più temibili?

<<I meccanismi del contagio sono stati scoperti nell'Ottocento. Ma in fondo, già Omero parlava delle frecce che appestano, scagliate da Apollo nel campo degli Achei. Di solito però gli scrittori, i poeti, i filosofi sono stati attratti più dai meccanismi mentali ed emotivi che non dal carattere meccanico del contagio. Ipotizzando che i primi fossero più importanti del secondo. Artaud sosteneva che la peste è un fenomeno virtuale, ma aggiungeva che il virtuale è più reale del reale>>.

Oggi il contagio assume forme diverse: le pandemie, l'Aids, i virus nella Rete, il contagio finanziario. C'è in queste espressioni odierne qualcosa di diverso rispetto alle narrazioni che in passato si son fatte della peste?

<<La differenza è che oggi abbiamo occhi solo per la peste qual è veramente e non come la immaginiamo che sia. E' chiaro che la medicina combatte la peste in modo più efficace della metafisica. Però allora come oggi la peste è un tremendo carro allegorico che irrompe nelle nostre città e travolge ogni cosa. Solo se ci rendiamo conto che sempre di contagio si tratta, anche se solo in senso traslato, possiamo sperare di scamparla>>.

Questa relazione che lei stabilisce tra metafisica e peste non rischia di essere equivoca?

<< In che senso?>>

Dopotutto, siamo inclini a pensare che la metafisica debba risalire a una causa prima. In realtà la peste è esattamente l'opposto: un'irruzione del caos, dell'inspiegabile, l'assenza di un fondamento che non sia spiegazione scientifica.

<< Dipende da cosa vogliamo intendere con l'espressione ''metafisica''. Secondo Aristotele essa è la scienza dell'essere in quanto tale. Dopo di lui si è pensato che in questione fosse appunto il fondamento, la ragione delle cose. Ma questo schema conoscitivo è assai più convincente se è svolto dalla scienza che dalla metafisica. Quest'ultima ritengo debba occuparsi non tanto della ragione delle cose, ma del loro senso>>.

Con quali effetti?

<< E' la metafisica a dirci che la peste non ha nessun senso e questa insensatezza è il senso dell'essere>>.

A proposito di insensatezza come giudica l'idea che ci siano in Europa paesi come la Grecia, la Spagna e forse domani l'Italia che minacciano di contagiare il resto del mondo?

<< Da un lato digrigno i denti perchè trovo eccessivo il tentativo da parte dei paesi che si presumono sani o immuni di colpevolizzare i paesi appestati. Dall'altro mi domando se davvero non abbiamo colpa. E penso al nostro paese e a quegli allegri monatti che per quasi vent'anni hanno distribuito a piene mani intrugli malefici. Chi li ha voluti? Chi li ha eletti democraticamente?>>

Anche la politica è vista oggi come un luogo di appestati.

<<E' un mondo chiuso in se stesso, autoreferenziale, poco incline a farsi da tramite delle istanze dei cittadini>>.

E perchè lei ha accettato di farne parte?

<< E' la prima volta in vita mia che assumop un incarico politico, per la precisione, come assessore alla cultura. Penso, o mi illudo, che ci sia ancora lo spazio per la correttezza del linguaggio del fare e delle parole chiare e coerenti>>.

La lingua è proprio l'organismo più esposto al contagio.

<< Appestata è la lingua che ci ritroviamo a parlare per inerzia, per imitazione: la lingua di Facebook, di Twitter, figlia della televisione, a confronto della quale quella del vecchio glorioso Bar Sport mi appare salutarmente ironica. La verità è che chi parla male pensa male. E chi pensa male, prima o poi il male lo fa>>.

Il male, come la peste, produce il disordine?

<<L'arrivo della peste produce caos. Ma c'era chi, come Boccaccio, pensava che il crollo di ogni realtà civile fosse già la peste. In ogni caso, la peste è un'occasione per il pensiero: invita a pensare dall'impensabile, dal nulla che ci minaccia>>.

Caos, disordine, stato d'eccezione.Il tempo della peste sospende il tempo della normalità?

<<Daniel Defoe, che scriveva sulla peste di Londra intorno alla metà del XVII secolo, in anni non lontani dal Leviatano di Hobbes, pensava così. Ma sapeva anche che la sospensione del tempo della normalità, in cui ciascuno attende ai suoi doveri, mette capo a un'alternativa. O la rinuncia alla libertà e a tutti i diritt, tranne quello di aver salva la vita. O l'assunzione di una libertà totale, grazie alla quale farsi responsabili di tutto nei confronti di tutti. Anche di ciò che non abbiamo voluto>>.

Non le pare che è chiedere un po' troppo a questa fragile creatura che è l'uomo? Non le pare che viviamo ormai immersi nel tempo del colera?

<< Penso che si viva sempre nel tempo del colera. E se questo è vero, allora hanno senso quelle vite che, nonostante la fragilità, si fanno carico del problema. Non hanno senso quelle che il problema lo ignorano, come se vivessero nel tempo della beata innocenza>>.

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Questa la recensione Einaudi

http://www.einaudi.it/libri/libro/sergi ... 8880620807

Questo libro parla di quasi niente.
Di un quasi-niente che riguarda ogni essere umano e che, aduso com'è al (diabolico?) camuffamento, ci giunge qui celato sotto la doppia maschera del morbo piú celebre della storia e della finzione letteraria, che di quel morbo fa metafora, canto, fabula. Le voci antiche e recentissime (da McCarthy a Lucrezio, a Camus, a Poe, a Leopardi...) che si susseguono e si richiamano «in eco» da queste pagine sono altrettante declinazioni di un'unica domanda, che è poi il quesito fondamentale di ogni filosofia: perché? Perché siamo al mondo, se dobbiamo morire? Specie se la morte può arrivare nella forma di una catastrofica, immotivata e noncurante malattia che appare e scompare senza senso alcuno. Una malattia che uccide, ma che può far di peggio, lasciando le sue vittime «solo» vive, nude e private di qualunque parvenza di civile umanità. Perché anche l'umanità può rivelarsi una maschera. Siamo qui per scontare una colpa? Magari solo quella di essere? È un'ipotesi amara, che però lascia spazio alla speranza, alla scintilla divina che scopre un senso possibile nel cuore stesso del non-senso. Oppure non c'è alcun destino e nessuna colpa? La natura è una macchina demente, il cielo è vuoto, e il niente la vince sul quasi-niente.

«Perché una metafisica della peste? Perché la peste è un fenomeno della natura, che però non può essere spiegato su base puramente naturale. C'è qualcosa di fatale, nella peste, qualcosa come un destino».


Sergio Givone, Metafisica della peste



mariolinoa

Re: Le origini dell'aids

Messaggio da mariolinoa » mercoledì 20 giugno 2012, 8:04

Melisanda ha scritto:
Questo libro parla di quasi niente.
Di un quasi-niente che riguarda ogni essere umano e che, aduso com'è al (diabolico?) camuffamento, ci giunge qui celato sotto la doppia maschera del morbo piú celebre della storia e della finzione letteraria, che di quel morbo fa metafora, canto, fabula. Le voci antiche e recentissime (da McCarthy a Lucrezio, a Camus, a Poe, a Leopardi...) che si susseguono e si richiamano «in eco» da queste pagine sono altrettante declinazioni di un'unica domanda, che è poi il quesito fondamentale di ogni filosofia: perché? Perché siamo al mondo, se dobbiamo morire? Specie se la morte può arrivare nella forma di una catastrofica, immotivata e noncurante malattia che appare e scompare senza senso alcuno. Una malattia che uccide, ma che può far di peggio, lasciando le sue vittime «solo» vive, nude e private di qualunque parvenza di civile umanità. Perché anche l'umanità può rivelarsi una maschera. Siamo qui per scontare una colpa? Magari solo quella di essere? È un'ipotesi amara, che però lascia spazio alla speranza, alla scintilla divina che scopre un senso possibile nel cuore stesso del non-senso. Oppure non c'è alcun destino e nessuna colpa? La natura è una macchina demente, il cielo è vuoto, e il niente la vince sul quasi-niente.

«Perché una metafisica della peste? Perché la peste è un fenomeno della natura, che però non può essere spiegato su base puramente naturale. C'è qualcosa di fatale, nella peste, qualcosa come un destino».


Sergio Givone, Metafisica della peste
bè... interessante la maschera della "civile umanità" :geek:...e sotto la maschera?



friendless

Re: Le origini dell'aids

Messaggio da friendless » mercoledì 20 giugno 2012, 9:01

Mi scuso anticipatamente per il commento frivolo, ma volevo chiedere a melisanda: ne ha parlato lagioia a pagina 3 alle 9 di mattina su radiotre durante la rassegna stampa delle pagine culturali? Scusa melisanda, ma tu non sei in ufficio alle 9 di mattina? Come fai ad ascoltare?



friendless

Re: Le origini dell'aids

Messaggio da friendless » mercoledì 20 giugno 2012, 9:26

Avete ragione, ho fatto una domanda stupida e mi correggo prima che me lo facciate notare voi perché in effetti ci sono anche i podcast (e li uso anche perdipiù ...).



carletto
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Re: Le origini dell'aids

Messaggio da carletto » mercoledì 20 giugno 2012, 11:43

ecco uno dei motivi per cui non bisognerbbe mai raccontarsi. . . .



friendless

Re: Le origini dell'aids

Messaggio da friendless » mercoledì 20 giugno 2012, 16:14

Ne hanno parlato anche oggi a fahrenheit di questo libro. Domani è sicuramente disponibile il podcast per chi volesse riascoltare.

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/prog ... 43fc6.html



Eilan
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Re: Le origini dell'aids

Messaggio da Eilan » mercoledì 20 giugno 2012, 17:58

friendless ha scritto:Mi scuso anticipatamente per il commento frivolo, ma volevo chiedere a melisanda: ne ha parlato lagioia a pagina 3 alle 9 di mattina su radiotre durante la rassegna stampa delle pagine culturali? Scusa melisanda, ma tu non sei in ufficio alle 9 di mattina? Come fai ad ascoltare?
friendless ha scritto:Avete ragione, ho fatto una domanda stupida e mi correggo prima che me lo facciate notare voi perché in effetti ci sono anche i podcast (e li uso anche perdipiù ...).
Si ovviamente uso i podcast, anche se in questo caso, l'intervista è stata pubblicata su Repubblica e l'ho ricopiata dal giornale, perchè online non c'era, poi ho cercato per il copyright cosa ci fosse in giro e l'unica cosa che ho trovato è stato quel link. In ogni caso la radio quando posso la sento anche in ufficio.



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