Dovresti chiederlo all'autore della recensione c'è posto per i commenti.mariolinoa ha scritto:bè... interessante la maschera della "civile umanità"Melisanda ha scritto:
Questo libro parla di quasi niente.
Di un quasi-niente che riguarda ogni essere umano e che, aduso com'è al (diabolico?) camuffamento, ci giunge qui celato sotto la doppia maschera del morbo piú celebre della storia e della finzione letteraria, che di quel morbo fa metafora, canto, fabula. Le voci antiche e recentissime (da McCarthy a Lucrezio, a Camus, a Poe, a Leopardi...) che si susseguono e si richiamano «in eco» da queste pagine sono altrettante declinazioni di un'unica domanda, che è poi il quesito fondamentale di ogni filosofia: perché? Perché siamo al mondo, se dobbiamo morire? Specie se la morte può arrivare nella forma di una catastrofica, immotivata e noncurante malattia che appare e scompare senza senso alcuno. Una malattia che uccide, ma che può far di peggio, lasciando le sue vittime «solo» vive, nude e private di qualunque parvenza di civile umanità. Perché anche l'umanità può rivelarsi una maschera. Siamo qui per scontare una colpa? Magari solo quella di essere? È un'ipotesi amara, che però lascia spazio alla speranza, alla scintilla divina che scopre un senso possibile nel cuore stesso del non-senso. Oppure non c'è alcun destino e nessuna colpa? La natura è una macchina demente, il cielo è vuoto, e il niente la vince sul quasi-niente.
«Perché una metafisica della peste? Perché la peste è un fenomeno della natura, che però non può essere spiegato su base puramente naturale. C'è qualcosa di fatale, nella peste, qualcosa come un destino».
Sergio Givone, Metafisica della peste...e sotto la maschera?
In ogni caso io credo che dietro a tutto ci siano sempre i bisogni che smuovono le cose, e le interpretazioni che si tenta di dargli, anche le più antitetiche, siano a loro volta condizionate dai propri vissuti, esperienze e stati d'animo del momento. A mio avviso è sempre molto difficile, se non impossibile, tentare di dare delle risposte, che siano ''pure'' o al di sopra di ogni contaminazione. In ogni caso la ''scienza'' la ''ragione'' aiutano in questo senso e mettono dei paletti per non sconfinare oltre ai limiti oggettivi, storici e sociali dell'evento. Vero è, che la ''catastrofe'', fa riaffiorare le paure più recondite, e l'istinto di sopravvivenza può rivelarsi, per alcuni almeno, distruttivo, regressivo, per altre invece scatta la condivisione per uscire dall'oscurantismo (ora non mi viene un altro termine) o meglio dalla superstizione verso l'ignoto, e scattano altri meccanismi d'azione. Nel caso specifico di questo argomento, ad esempio, è stata la ricerca e la prova scientifica della zoonosi dell'Aids a convincermi. Poi è chiaro che uno aderisce o meno a seconda della propria testa e del proprio sentire, ma avere a disposizione sempre più strumenti che permettano una critica basata su dei fatti, più che sulle ipotesi e su congiure ( le tre famose H) secondo me è già una notevole scrematura.