Distribuzione farmaci presso l'ospedale di Pisa: vergogna!
Inviato: mercoledì 4 marzo 2015, 18:49
EDIT: Riporto di seguito il testo dell'email che ho inviato questa mattina (5 marzo) a varie associazioni attive sul tema HIV/AIDS. I contenuti sono gli stessi del mio post originale, ma sono solo scritti in modo diverso
Nel recarmi presso i presidio per la distribuzione farmaci dell'ospedale presso la cui eccellente struttura specializzata (reparto di malattie infettive) sono seguito per la mia sieropositività, mi è stata infatti comunicata una sgradevole notizia che non riguarda tanto me, quanto le decine e decine di persone che purtroppo subiranno un grave disagio a causa di quanto sto per riportare.
Quello che, in modo lapidario e senza addurre alcuna spiegazione, la dottoressa della farmacia dell'ospedale ha asserito, è che d'ora in avanti, ovvero a partire dalla prossima impegnativa - quindi all'incirca tra altri due mesi - i farmaci dovranno essere ritirati esclusivamente presso l'ospedale della ASL di residenza, presentando copia del piano terapeutico redatto dall'infettivologo che mi ha in cura.
Sia chiaro, per quanto mi riguarda non esiste un problema di privacy o di altra natura nel ritirare i farmaci presso la strutture della mia ASL di residenza (è infatti mia intenzione continuare ad essere seguito, se e finché sarà possibile, presso il reparto di malattie infettive dell'ospedale di Pisa, che pure dista non poco da dove abito), che è pur sempre una ASL della stessa regione.
E' però evidente che tale scelta - della quale non mi è stato riferito quale sia la fonte normativa - sia davvero penalizzante per alcune categorie di persone, come gli studenti fuori sede, in città davvero numerosi, che hanno la residenza addirittura fuori dalla Toscana, o chi per effettivi motivi di lavoro, di privacy o per altre ragioni non vuole o non può ritirare i farmaci presso l'ospedale della propria ASL di residenza.
Tutti questi soggetti, che di fatto si trovano davvero molto distanti dai loro luoghi d'origine e di residenza, dovrebbero effettuare viaggi ogni due mesi (sperando che il lasso temporale non sia addirittura inferiore) per recarsi a ritirare i farmaci presso la propria ASL? E' legittima, e quindi conforme alla legislazione regionale, nazionale ed europea in materia la decisione che è stata assunta - immagino - dai vertici dell'Azienda (riferimenti al link: http://www.ao-pisa.toscana.it/index.php ... Itemid=146 ) ovvero dai vertici dell'amministrazione regionale del settore (riferimenti al link: http://www.regione.toscana.it/sst/organ ... e-generale)? Oppure - cosa che sarebbe persino peggiore - una simile decisione anticipa scelte che saranno valide prossimamente sull'intero territorio nazionale?
Come cittadino e come persona sieropositiva pretendo delle spiegazioni dalle pubbliche amministrazioni chce sono respnsabili di tale scelta: Pisa è una città universitaria, frequentata - come già accennavo - da moltissimi studenti fuori sede e da lavoratori che hanno la residenza fuori regione. Tutti questi soggetti dovrebbero fare viaggi - spesso economicamente non alla loro portata, visto che si parla anche di regioni come Sardegna, Sicilia, Calabria, etc. - in continuazione per procurarsi i farmaci antiretrovirali? Un'altra domanda a cui non riesco a darmi una risposta: visto che in Europa vige il principio della "mobilità sanitaria transfrontaliera", o anche il "principio dell'uguaglianza tra i pazienti residenti e non residenti di uno Stato membro" che consente di accedere alle prestazioni di uno Stato membro anche se non vi è residente, di fatto con la decisione dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana di non distribuire più i farmaci per i soggetti non residenti nella ASL di Pisa non si finisce per discriminare i cittadini italiani (e non) che sono residenti in un'ASL diversa da quella di Pisa, a favore - ad esempio - dei cittadini europei non residenti in Italia? Un'altra domanda che mi sono fatto in queste ultime ore è: il (dis)servizio che viene offerto, è riservato a noi sieropositivi o anche a chi, ad esempio, assume altri farmaci chemioterapici o salvavita?
Mi pongo talidomande perché non riesco a rimanere indifferente se m'immedesimo in tutte quelle persone alle quali tale scelta causerà effettivamente un grave disagio. Presumo però, come già scrivevo, che un'ASL non sia una singola entità in grado di assumere autonome decisioni, ma abbia a proprio riferimento un vasto insieme di norme a livello regionale, nazionale ed europeo alle quali deve conformarsi, e ciò che chiedo dunque di sapere - da chi sicuramente ne sa più di me in materia - è se quanto sta avvenendo sia conforme al quadro giuridico di riferimento.
Vi ringrazio per l'attenzione e per il lavoro che svolgete a supporto della comunità di sieropositivi, nella speranza di ricevere quanto prima aggiornamenti sulla vicenda e su eventuali sviluppi.
La presente email è pubblicata integralmente anche al link seguente: http://hivforum.info/forum/viewtopic.php?f=2&t=3904
*****
Buongiorno, la presente per segnalare alle associazioni attive sul tema HIV/AIDS ciò che sta avvenendo in questi giorni presso l'ospedale di Pisa (Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana).Nel recarmi presso i presidio per la distribuzione farmaci dell'ospedale presso la cui eccellente struttura specializzata (reparto di malattie infettive) sono seguito per la mia sieropositività, mi è stata infatti comunicata una sgradevole notizia che non riguarda tanto me, quanto le decine e decine di persone che purtroppo subiranno un grave disagio a causa di quanto sto per riportare.
Quello che, in modo lapidario e senza addurre alcuna spiegazione, la dottoressa della farmacia dell'ospedale ha asserito, è che d'ora in avanti, ovvero a partire dalla prossima impegnativa - quindi all'incirca tra altri due mesi - i farmaci dovranno essere ritirati esclusivamente presso l'ospedale della ASL di residenza, presentando copia del piano terapeutico redatto dall'infettivologo che mi ha in cura.
Sia chiaro, per quanto mi riguarda non esiste un problema di privacy o di altra natura nel ritirare i farmaci presso la strutture della mia ASL di residenza (è infatti mia intenzione continuare ad essere seguito, se e finché sarà possibile, presso il reparto di malattie infettive dell'ospedale di Pisa, che pure dista non poco da dove abito), che è pur sempre una ASL della stessa regione.
E' però evidente che tale scelta - della quale non mi è stato riferito quale sia la fonte normativa - sia davvero penalizzante per alcune categorie di persone, come gli studenti fuori sede, in città davvero numerosi, che hanno la residenza addirittura fuori dalla Toscana, o chi per effettivi motivi di lavoro, di privacy o per altre ragioni non vuole o non può ritirare i farmaci presso l'ospedale della propria ASL di residenza.
Tutti questi soggetti, che di fatto si trovano davvero molto distanti dai loro luoghi d'origine e di residenza, dovrebbero effettuare viaggi ogni due mesi (sperando che il lasso temporale non sia addirittura inferiore) per recarsi a ritirare i farmaci presso la propria ASL? E' legittima, e quindi conforme alla legislazione regionale, nazionale ed europea in materia la decisione che è stata assunta - immagino - dai vertici dell'Azienda (riferimenti al link: http://www.ao-pisa.toscana.it/index.php ... Itemid=146 ) ovvero dai vertici dell'amministrazione regionale del settore (riferimenti al link: http://www.regione.toscana.it/sst/organ ... e-generale)? Oppure - cosa che sarebbe persino peggiore - una simile decisione anticipa scelte che saranno valide prossimamente sull'intero territorio nazionale?
Come cittadino e come persona sieropositiva pretendo delle spiegazioni dalle pubbliche amministrazioni chce sono respnsabili di tale scelta: Pisa è una città universitaria, frequentata - come già accennavo - da moltissimi studenti fuori sede e da lavoratori che hanno la residenza fuori regione. Tutti questi soggetti dovrebbero fare viaggi - spesso economicamente non alla loro portata, visto che si parla anche di regioni come Sardegna, Sicilia, Calabria, etc. - in continuazione per procurarsi i farmaci antiretrovirali? Un'altra domanda a cui non riesco a darmi una risposta: visto che in Europa vige il principio della "mobilità sanitaria transfrontaliera", o anche il "principio dell'uguaglianza tra i pazienti residenti e non residenti di uno Stato membro" che consente di accedere alle prestazioni di uno Stato membro anche se non vi è residente, di fatto con la decisione dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana di non distribuire più i farmaci per i soggetti non residenti nella ASL di Pisa non si finisce per discriminare i cittadini italiani (e non) che sono residenti in un'ASL diversa da quella di Pisa, a favore - ad esempio - dei cittadini europei non residenti in Italia? Un'altra domanda che mi sono fatto in queste ultime ore è: il (dis)servizio che viene offerto, è riservato a noi sieropositivi o anche a chi, ad esempio, assume altri farmaci chemioterapici o salvavita?
Mi pongo talidomande perché non riesco a rimanere indifferente se m'immedesimo in tutte quelle persone alle quali tale scelta causerà effettivamente un grave disagio. Presumo però, come già scrivevo, che un'ASL non sia una singola entità in grado di assumere autonome decisioni, ma abbia a proprio riferimento un vasto insieme di norme a livello regionale, nazionale ed europeo alle quali deve conformarsi, e ciò che chiedo dunque di sapere - da chi sicuramente ne sa più di me in materia - è se quanto sta avvenendo sia conforme al quadro giuridico di riferimento.
Vi ringrazio per l'attenzione e per il lavoro che svolgete a supporto della comunità di sieropositivi, nella speranza di ricevere quanto prima aggiornamenti sulla vicenda e su eventuali sviluppi.
La presente email è pubblicata integralmente anche al link seguente: http://hivforum.info/forum/viewtopic.php?f=2&t=3904