Giornata mondiale contro l’Hiv
Inviato: giovedì 1 dicembre 2016, 12:10
Giornata mondiale contro l’Hiv, tra prevenzione e speranza: “Non è più una sentenza, puoi ancora sognare una vita”
Francesca (il nome è di fantasia) ha più di 50 anni. Ne aveva solo 25 quando ha scoperto di essere sieropositiva: “Frequentavo i Servizi per le Tossicodipendenze, (SerT) perché in quel periodo facevo uso di droghe per via iniettiva. Era il 1987, non c’era consapevolezza, non c’era informazione sui rischi e così la decisione di sottopormi al test per l’Hiv non è stata consapevole”. Una direttiva obbligò tutti quelli dei centri al controllo. “È stata una salvezza”, dice adesso Francesca. “Ho scoperto in tempo di avere il virus, anche se le terapie innovative per la cura in Italia sono arrivate solo 10 anni dopo, nella seconda metà degli anni ‘90”.
Nel frattempo per fortuna il virus di Francesca è silente: “Ma intorno a me ho visto gente diventare fantasmi, sfiorire, disfarsi sotto ai miei occhi da un giorno all’altro. Li ho visti morire uno ad uno, perché allora l’Hiv era una sentenza di morte, oggi non lo è più”. Non lo è più, dice Francesca. Non lo è più perché la tempestività nella cura del virus può davvero salvare la vita, permettere di credere nel proprio futuro, di vivere un’esistenza normale. “A 35 anni mi sentivo una sopravvissuta, una reduce del Vietnam. Oggi sono consapevole che si vive anche con una diagnosi del genere, ma c’è ancora troppa ignoranza sul tema. Non basta ricordarsi dell’Aids solo il 1 dicembre, in occasione della Giornata Mondiale della lotta contro l’Hiv/Aids“.
Sull’argomento quella di Francesca non è una voce fuori dal coro. La pensa così anche Massimo Oldrini, presidente della Lila, la Lega Italiana per la lotta contro l’Aids. “La comunicazione non c’è e quella che c’è è discriminatoria. Non basta dire alla gente, una volta l’anno, di usare il preservativo come precauzione. Bisogna parlare del TasP, il trattamento con antiretrovirali (che non hanno praticamente più effetti collaterali) come prevenzione, che permette di azzerare la carica virale. Bisogna parlare della Prep, la profillassi pre-esposizione, che consente alle persone ad alto rischio di contagio di prendere delle medicine per potersi proteggere in maniera preventiva. E bisogna farlo sempre, attraverso campagne mirate, protratte nel tempo e in più di un’occasione”.
Perché in Italia il virus (Hiv) e la malattia (l’Aids) anche se non fanno più paura, non devono essere sottovalutate. Non devono sottovalutarla soprattutto i giovani, tra i 25 e i 29 anni, che sono i più interessati al contagio. A dirlo sono i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità che parlano di 3444 segnalazioni di nuove diagnosi di infezione nel 2015. Un’incidenza che colloca il nostro Paese al 13° posto in Europa. L’85,5% di queste diagnosi è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, il 44,9% tra eterosessuali, il 40,6% tra omosessuali (maschi con maschi). Ma quello che più allarma è che la maggioranza delle diagnosi sono tardive.
“Negli ultimi 7-10 anni non c’è stato decremento nel numero delle diagnosi. Questo dato ci deve far riflettere”, spiega la dottoressa Barbara Suligoi, medico epidemiologo e direttore del Centro Operativo Aids dell’Iss. “È un problema culturale”, continua, “la gente non ha percezione del rischio. Negli anni ‘90 il virus era prevalentemente nell’ambito della tossicodipendenza, oggi la trasmissione avviene per lo più per via sessuale e questa non è avvertita come pericolo”.
Troppa fiducia nell’altro, poca attenzione nei rapporti occasionali che sono non protetti, portano le persone a scoprire di avere l’Hiv quando è troppo tardi e la carica virale è già alta, se non addirittura già sfociata in malattia. “Non ci stanchiamo di ripetere che fare il test dell’Hiv dopo un rapporto mercenario o comunque a rischio consente alle strutture ospedaliere di intervenire in tempo e di fornire le terapie che sono distribuite gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale”.
Il test dell’Hiv può essere effettuato gratuitamente e in forma anonima, tuttavia, non in tutte le strutture ospedaliere. “Per la maggior parte c’è ancora bisogno della ricetta medica”, specifica il presidente Oldrini, “e di certo questo potrebbe essere un impedimento per coloro che vogliono restare nell’anonimato”. Non solo. “La scarsa informazione e le pochissime campagne messe in atto dal Ministero fanno sì che questa malattia e i metodi di approccio e trattamento sia ancora sconosciuta ai più, soprattutto ai giovani sotto i 29 anni che, come testimoniano i dati del rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, sono i più colpiti”.
Per questo, proprio in occasione della Giornata Mondiale contro l’Hiv/Aids sono molte le associazioni che promuovono iniziative di comunicazione e prevenzione. Il Telefono Verde AIDS e Infezioni Sessualmente Trasmesse (800.861.061), co-finanziato dall’Iss e dal Ministero della Salute in collaborazione con Uniti contro l’Aids, è attivo, fornendo un’informazione scientificamente corretta, aggiornata e personalizzata, dalle ore 10 alle 18. Anche la Croce Rossa è nelle scuole e nelle piazze per sensibilizzare alla prevenzione e far conoscere i rischi dei rapporti non protetti.
Inoltre in alcune farmacie Italiane, sono disponibili i test per l’autodiagnosi dell’Hiv. Il dispositivo, che in Europa è venduto al momento solo in Francia, costa 20 euro e può essere acquistato senza ricetta dai maggiorenni. A distribuirlo, al momento, 2800 farmacisti formati ad hoc per la consulenza agli utenti, mentre l’associazione di pazienti Bridge monitorerà i dati che potrebbero aiutare ad avere una fotografia più chiara delle richieste, in modo da promuovere una maggiore consapevolezza.
Un obiettivo condiviso anche dall’Oms che, proprio in vista della giornata contro l’Aids, ha deciso di raccomandare l’auto test come strumento per raggiungere più persone con Hiv e contribuire a realizzare l’obiettivo mondiale, lanciato nel 2014, di rendere consapevole del loro stato il 90% di tutte le persone con Hiv entro il 2020.
“Ma domani, passato il 1 dicembre, l’Hiv e l’Aids esisteranno ancora”, chiosa Massimo Oldrini. “Teniamo alta l’attenzione e superiamo una volta per tutti lo stigma. Anche io ho l’HIV, l’ho scoperto a 23 anni, nel 1986, quando non c’era terapia, non c’era informazione. La possibilità di curarmi mi ha permesso di restare in buona salute e soprattutto di avere una viremia a zero”. Ci mette la faccia, il presidente per dire a tutti i giovani che “immaginare una vita, dopo la diagnosi, si può, grazie ai trattamenti che oggi sono di facile gestione e che non hanno più i pesanti effetti collaterali che avevano in precedenza. Si può sognare” prosegue “avere una famiglia, fare dei figli anche in modo naturale e che nascano sani. Ma bisogna conoscere e non avere paura. Sapere di avere l’HIV in tempo salva più di una vita: la tua e quella delle persone che si hanno intorno”.
[Fonte: http://m.huffpost.com/it/entry/13326646]
Francesca (il nome è di fantasia) ha più di 50 anni. Ne aveva solo 25 quando ha scoperto di essere sieropositiva: “Frequentavo i Servizi per le Tossicodipendenze, (SerT) perché in quel periodo facevo uso di droghe per via iniettiva. Era il 1987, non c’era consapevolezza, non c’era informazione sui rischi e così la decisione di sottopormi al test per l’Hiv non è stata consapevole”. Una direttiva obbligò tutti quelli dei centri al controllo. “È stata una salvezza”, dice adesso Francesca. “Ho scoperto in tempo di avere il virus, anche se le terapie innovative per la cura in Italia sono arrivate solo 10 anni dopo, nella seconda metà degli anni ‘90”.
Nel frattempo per fortuna il virus di Francesca è silente: “Ma intorno a me ho visto gente diventare fantasmi, sfiorire, disfarsi sotto ai miei occhi da un giorno all’altro. Li ho visti morire uno ad uno, perché allora l’Hiv era una sentenza di morte, oggi non lo è più”. Non lo è più, dice Francesca. Non lo è più perché la tempestività nella cura del virus può davvero salvare la vita, permettere di credere nel proprio futuro, di vivere un’esistenza normale. “A 35 anni mi sentivo una sopravvissuta, una reduce del Vietnam. Oggi sono consapevole che si vive anche con una diagnosi del genere, ma c’è ancora troppa ignoranza sul tema. Non basta ricordarsi dell’Aids solo il 1 dicembre, in occasione della Giornata Mondiale della lotta contro l’Hiv/Aids“.
Sull’argomento quella di Francesca non è una voce fuori dal coro. La pensa così anche Massimo Oldrini, presidente della Lila, la Lega Italiana per la lotta contro l’Aids. “La comunicazione non c’è e quella che c’è è discriminatoria. Non basta dire alla gente, una volta l’anno, di usare il preservativo come precauzione. Bisogna parlare del TasP, il trattamento con antiretrovirali (che non hanno praticamente più effetti collaterali) come prevenzione, che permette di azzerare la carica virale. Bisogna parlare della Prep, la profillassi pre-esposizione, che consente alle persone ad alto rischio di contagio di prendere delle medicine per potersi proteggere in maniera preventiva. E bisogna farlo sempre, attraverso campagne mirate, protratte nel tempo e in più di un’occasione”.
Perché in Italia il virus (Hiv) e la malattia (l’Aids) anche se non fanno più paura, non devono essere sottovalutate. Non devono sottovalutarla soprattutto i giovani, tra i 25 e i 29 anni, che sono i più interessati al contagio. A dirlo sono i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità che parlano di 3444 segnalazioni di nuove diagnosi di infezione nel 2015. Un’incidenza che colloca il nostro Paese al 13° posto in Europa. L’85,5% di queste diagnosi è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, il 44,9% tra eterosessuali, il 40,6% tra omosessuali (maschi con maschi). Ma quello che più allarma è che la maggioranza delle diagnosi sono tardive.
“Negli ultimi 7-10 anni non c’è stato decremento nel numero delle diagnosi. Questo dato ci deve far riflettere”, spiega la dottoressa Barbara Suligoi, medico epidemiologo e direttore del Centro Operativo Aids dell’Iss. “È un problema culturale”, continua, “la gente non ha percezione del rischio. Negli anni ‘90 il virus era prevalentemente nell’ambito della tossicodipendenza, oggi la trasmissione avviene per lo più per via sessuale e questa non è avvertita come pericolo”.
Troppa fiducia nell’altro, poca attenzione nei rapporti occasionali che sono non protetti, portano le persone a scoprire di avere l’Hiv quando è troppo tardi e la carica virale è già alta, se non addirittura già sfociata in malattia. “Non ci stanchiamo di ripetere che fare il test dell’Hiv dopo un rapporto mercenario o comunque a rischio consente alle strutture ospedaliere di intervenire in tempo e di fornire le terapie che sono distribuite gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale”.
Il test dell’Hiv può essere effettuato gratuitamente e in forma anonima, tuttavia, non in tutte le strutture ospedaliere. “Per la maggior parte c’è ancora bisogno della ricetta medica”, specifica il presidente Oldrini, “e di certo questo potrebbe essere un impedimento per coloro che vogliono restare nell’anonimato”. Non solo. “La scarsa informazione e le pochissime campagne messe in atto dal Ministero fanno sì che questa malattia e i metodi di approccio e trattamento sia ancora sconosciuta ai più, soprattutto ai giovani sotto i 29 anni che, come testimoniano i dati del rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, sono i più colpiti”.
Per questo, proprio in occasione della Giornata Mondiale contro l’Hiv/Aids sono molte le associazioni che promuovono iniziative di comunicazione e prevenzione. Il Telefono Verde AIDS e Infezioni Sessualmente Trasmesse (800.861.061), co-finanziato dall’Iss e dal Ministero della Salute in collaborazione con Uniti contro l’Aids, è attivo, fornendo un’informazione scientificamente corretta, aggiornata e personalizzata, dalle ore 10 alle 18. Anche la Croce Rossa è nelle scuole e nelle piazze per sensibilizzare alla prevenzione e far conoscere i rischi dei rapporti non protetti.
Inoltre in alcune farmacie Italiane, sono disponibili i test per l’autodiagnosi dell’Hiv. Il dispositivo, che in Europa è venduto al momento solo in Francia, costa 20 euro e può essere acquistato senza ricetta dai maggiorenni. A distribuirlo, al momento, 2800 farmacisti formati ad hoc per la consulenza agli utenti, mentre l’associazione di pazienti Bridge monitorerà i dati che potrebbero aiutare ad avere una fotografia più chiara delle richieste, in modo da promuovere una maggiore consapevolezza.
Un obiettivo condiviso anche dall’Oms che, proprio in vista della giornata contro l’Aids, ha deciso di raccomandare l’auto test come strumento per raggiungere più persone con Hiv e contribuire a realizzare l’obiettivo mondiale, lanciato nel 2014, di rendere consapevole del loro stato il 90% di tutte le persone con Hiv entro il 2020.
“Ma domani, passato il 1 dicembre, l’Hiv e l’Aids esisteranno ancora”, chiosa Massimo Oldrini. “Teniamo alta l’attenzione e superiamo una volta per tutti lo stigma. Anche io ho l’HIV, l’ho scoperto a 23 anni, nel 1986, quando non c’era terapia, non c’era informazione. La possibilità di curarmi mi ha permesso di restare in buona salute e soprattutto di avere una viremia a zero”. Ci mette la faccia, il presidente per dire a tutti i giovani che “immaginare una vita, dopo la diagnosi, si può, grazie ai trattamenti che oggi sono di facile gestione e che non hanno più i pesanti effetti collaterali che avevano in precedenza. Si può sognare” prosegue “avere una famiglia, fare dei figli anche in modo naturale e che nascano sani. Ma bisogna conoscere e non avere paura. Sapere di avere l’HIV in tempo salva più di una vita: la tua e quella delle persone che si hanno intorno”.
[Fonte: http://m.huffpost.com/it/entry/13326646]