PrEP – Profilassi Pre-Esposizione
Inviato: giovedì 25 agosto 2011, 15:45
Le questioni connesse di “Test and treat” (ovvero “Treatment as prevention”) e della “PrEP – Profilassi Pre Esposizione” sono state molto dibattute sia nella comunità scientifica (basti pensare a quanto spazio hanno ricevuto all’ultimo IAS di Roma), sia – di conseguenza - nel nostro forum. In particolare, nei quattro thread che trovate ai seguenti indirizzi:
• Ormai non ABBIAMO, ma SIAMO, un problema di salute (pubblica)
• Trattamento e contagiosità
• Truvada preventivo
• AIDS un'altra vittoria fermato il contagio
Si tratta di argomenti ancora controversi, anche se la tendenza predominante nel pensiero “politico-sanitario”, molto più che in quello strettamente clinico, pare ormai essere quella di un inizio quanto più possibile precoce della terapia perché, più ancora che della salute del paziente HIV+, ci si preoccupa di quella dei suoi eventuali partner sieronegativi. Si prende infatti atto del fallimento delle strategie di prevenzione adottate fino ad oggi e si sfrutta l’abbattimento della viremia sotto la soglia di rilevabilità conseguente alla HAART, nella speranza che ciò sia sufficiente ad evitare la trasmissione dell’infezione.
Il passo successivo al trattare precocemente – appena si riceve la conferma della sieropositività al test, indipendentemente dai parametri tradizionalmente usati per stabilire l’opportunità di iniziare la terapia (CD4 e viremia) - è quello del trattare il sano perché non si ammali: la profilassi pre-esposizione, appunto.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a proclami sempre più trionfalistici sui benefici della PrEP, contrastati da singole voci perplesse. Una per tutte, quella di Sean Strub, uno dei fondatori di POZ, che anche di recente si chiedeva nel suo blog se i malati con alti CD4 e basse viremie che rifiutano di iniziare la terapia solo per proteggere i loro partner finiranno per essere considerati dei criminali (Treatment Refusal = Criminal?).
In Italia, a parte il nostro forum, ogni critica tace; forse perché, quando si tratta di fare la fatica di elaborare qualche pensiero, le associazioni e i forum ad esse collegati tendono a tirarsi indietro, sempre pronti – invece – ad accodarsi a pronunciamenti e prese di posizione delle istituzioni (meglio se svizzere perché – si sa – la Svizzera è sempre un passo avanti a tutti).
Perché ho ripreso l’argomento? Perché oggi è uscito su The Bay Area Reporter un articolo, a firma di Rob Roher, intitolato Preparing for PrEP, che dà diffusione all’iniziativa di Project Inform (che come certamente almeno Melisanda ricorderà poiché fu fonte per noi di delusione, prima sembrava contrarissima alla PreP, ma nel giro di poche settimane si è convertita anima e corpo alla HAART data ai sieronegativi) di una “chiamata all’azione” delle associazioni americane perché i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) arrivino presto a stabilire se i risultati ottenuti nei trial clinici possano essere tradotti con successo nel mondo reale (http://www.projectinform.org/news/leade ... tion-tool/).
Insomma, è urgente capire se i sieronegativi possono prendere una pillola di Truvada e fare sesso non protetto con la ragionevole speranza di non prendersi l’HIV.
E questo è tanto più urgente in quanto da una relazione che si è tenuta il 19 agosto alla 2011 National HIV Prevention Conference (NHPC) (Two-Thirds of HIV-Negative MSM Likely to Use PrEP) è emerso che più del 60% di 1333 uomini HIV- che fanno sesso con uomini, che hanno risposto a un’indagine online fatta dal Dipartimento di Epidemiologia della Emory University, si è detto dispostissimo ad usare la PrEP.
Ma ho ripreso l’argomento anche per un’altra ragione: perché proprio sul numero di settembre di The Lancet Infectious Diseases esce un editoriale di una paginetta, non firmato, che all’entusiasmo generale oppone non poche perplessità. Sarà l’oggetto del prossimo post.
• Ormai non ABBIAMO, ma SIAMO, un problema di salute (pubblica)
• Trattamento e contagiosità
• Truvada preventivo
• AIDS un'altra vittoria fermato il contagio
Si tratta di argomenti ancora controversi, anche se la tendenza predominante nel pensiero “politico-sanitario”, molto più che in quello strettamente clinico, pare ormai essere quella di un inizio quanto più possibile precoce della terapia perché, più ancora che della salute del paziente HIV+, ci si preoccupa di quella dei suoi eventuali partner sieronegativi. Si prende infatti atto del fallimento delle strategie di prevenzione adottate fino ad oggi e si sfrutta l’abbattimento della viremia sotto la soglia di rilevabilità conseguente alla HAART, nella speranza che ciò sia sufficiente ad evitare la trasmissione dell’infezione.
Il passo successivo al trattare precocemente – appena si riceve la conferma della sieropositività al test, indipendentemente dai parametri tradizionalmente usati per stabilire l’opportunità di iniziare la terapia (CD4 e viremia) - è quello del trattare il sano perché non si ammali: la profilassi pre-esposizione, appunto.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a proclami sempre più trionfalistici sui benefici della PrEP, contrastati da singole voci perplesse. Una per tutte, quella di Sean Strub, uno dei fondatori di POZ, che anche di recente si chiedeva nel suo blog se i malati con alti CD4 e basse viremie che rifiutano di iniziare la terapia solo per proteggere i loro partner finiranno per essere considerati dei criminali (Treatment Refusal = Criminal?).
In Italia, a parte il nostro forum, ogni critica tace; forse perché, quando si tratta di fare la fatica di elaborare qualche pensiero, le associazioni e i forum ad esse collegati tendono a tirarsi indietro, sempre pronti – invece – ad accodarsi a pronunciamenti e prese di posizione delle istituzioni (meglio se svizzere perché – si sa – la Svizzera è sempre un passo avanti a tutti).
Perché ho ripreso l’argomento? Perché oggi è uscito su The Bay Area Reporter un articolo, a firma di Rob Roher, intitolato Preparing for PrEP, che dà diffusione all’iniziativa di Project Inform (che come certamente almeno Melisanda ricorderà poiché fu fonte per noi di delusione, prima sembrava contrarissima alla PreP, ma nel giro di poche settimane si è convertita anima e corpo alla HAART data ai sieronegativi) di una “chiamata all’azione” delle associazioni americane perché i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) arrivino presto a stabilire se i risultati ottenuti nei trial clinici possano essere tradotti con successo nel mondo reale (http://www.projectinform.org/news/leade ... tion-tool/).
Insomma, è urgente capire se i sieronegativi possono prendere una pillola di Truvada e fare sesso non protetto con la ragionevole speranza di non prendersi l’HIV.
E questo è tanto più urgente in quanto da una relazione che si è tenuta il 19 agosto alla 2011 National HIV Prevention Conference (NHPC) (Two-Thirds of HIV-Negative MSM Likely to Use PrEP) è emerso che più del 60% di 1333 uomini HIV- che fanno sesso con uomini, che hanno risposto a un’indagine online fatta dal Dipartimento di Epidemiologia della Emory University, si è detto dispostissimo ad usare la PrEP.
Ma ho ripreso l’argomento anche per un’altra ragione: perché proprio sul numero di settembre di The Lancet Infectious Diseases esce un editoriale di una paginetta, non firmato, che all’entusiasmo generale oppone non poche perplessità. Sarà l’oggetto del prossimo post.