L’articolo pubblicato su “Stat” è veramente interessante, perché rende la complessità tuttora da affrontare intorno ai long acting, tanto che per il sito “gli esperti non sono convinti che il progresso cambierà significativamente presto il modo in cui trattiamo l'HIV”.
La premessa è che lenacapavir, prende di mira una proteina dell'HIV chiamata capside. Il targeting del capside indebolisce il rivestimento esterno del virus HIV, rendendo più difficile per il virus infettare le nostre cellule o proteggersi dalle difese del nostro corpo. Gli attuali trattamenti per l'HIV - che la maggior parte dei pazienti deve assumere quotidianamente - prendono di mira le coinvolte nelle prime fasi del ciclo di vita del virus, ma il targeting del capside influisce su più fasi.
Dal punto di vista dell’efficacia, lenacapavir sembra funzionare: fino a sei mesi dopo, 40 individui sani iniettati con il farmaco avevano ancora tracce del farmaco nel loro sistema. Il trattamento in 32 pazienti sieropositivi trattati con basse concentrazioni del farmaco ha ridotto significativamente la quantità di virus dopo soli nove giorni. I 40 individui sani reclutati avevano 19-44 anni - il 13% erano donne e l'11% erano neri. Nessuno dei 32 pazienti con infezione da HIV erano donne e il 3% erano neri.
Il punto critico principale, più commerciale che scientifico è la eventuale monosomministrazione semestrale.
Gli studi iniziali in vitro hanno rivelato che alcuni ceppi di HIV possono essere leggermente resistenti al trattamento. Questo è vero anche con le attuali terapie – ed è il motivo per cui i diversi farmaci antiretrovirali vengono somministrati in combinazione, per aiutare a garantire che colpiscano più fasi del ciclo di vita del virus e prevenire la resistenza ai farmaci.
Stat dice che “Gilead spera ancora di poter sviluppare altri antiretrovirali a lunga durata d'azione che potrebbero essere somministrati ai pazienti in associazione con lenacapavir”, ma questo significa che al momento, un farmaco “da accoppiare” non ce l’hanno e forse non sanno neppure dove cercarlo: Gilead sta attualmente studiando se lencapavir funziona in combinazione con gli attuali antivirali per HIV sul mercato, ma nessuno agisce così a lungo.
Sempre per Stat, gli esperti affermano che questo problema deve essere affrontato nelle fasi successive della sperimentazione clinica: «Qui hai un solo farmaco, che sembra fantastico, ma [ha] una potenziale capacità di resistenza, quindi questo è un grande punto interrogativo. Possiamo trovare antiretrovirali ad azione prolungata da dare in combinazione? Ciò garantirebbe che la resistenza non sia un problema», ha affermato Sumit Chanda, direttore e professore del programma Immunity and Pathogenesis Program presso la Sanford Burnham Prebys Medical Discovery.
In ogni modo, l'uso del farmaco in monoterapia non sarebbe il piano a lungo termine di Gilead, che avrebbe l’obiettivo di una combinazione tra lenacapavir e un altro farmaco a lunga durata d'azione contro altre proteine dell'HIV.
La mia personale opinione è che Gilead, per la prima volta, sia forse in ritardo nell’innovare: ha molte molecole ed è in una posizione dominante, ma è non è protagonista nella sfida del long acting, anche se forse questo è voluto (Gilead è abbastanza spregiudicata nelle sue strategie) per sfruttare fino in fondo i brevetti di cui dispone.
Siamo solo all’inizio della saga dei long acting: Cabenuva (cabetogravir+rilpivirina - ViiV+Janssen) è approvato solo in Canada per ora, e richiede iniezioni mensili; lenacapavir sarebbe un game changer a somministrazione semestrale, capace di ribaltare il mercato, ma da solo non andrà da nessuna parte.
Le strade, in definitiva, sono tre: trovare una nuova molecola long acting modificando magari una esistente, trovare una propria molecola che possa essere usata con i substrati per la dissoluzione long acting già esistenti, o fare un accordo con un concorrente come ai gloriosi tempi di Atripla… per ora, se le avete, non buttate le vostre azioni di Gilead…