uffa2 ha scritto:replico un mio post di molto tempo fa (
Dei contagi, dei sensi di colpa e cose del genere., 18 set 2013), io sono "quello buono", ma la mia opinione è questa...
uffa2 ha scritto:Questo forum si occupa di HIV che, come tutti sanno, tolta una piccolissima e statisticamente insignificante percentuale di casi, si trasmette solo in due modi: lo scambio di siringhe e i rapporti sessuali.
Chi tra i frequentatori di questo forum se l’è beccato sa bene come è gli accaduto e, quindi, essendo persona saggia, non giudica il prossimo.
Eppure, ogni tanto, sembrerebbe che ci ergiamo a giudici, pronti a condannare chi arriva qui spaventato.
Non è così.
È che, pur non avendo nessuna intenzione di giudicare le condotte passate (così simili a quelle che ci hanno portati in questa condizione), vediamo quelle presenti e da quelle siamo solitamente oltraggiati.
Personalmente, attivando uno per uno i nuovi utenti, faccio una pesante raccolta di negatività, che mi spinge a frequentare il meno possibile questa sezione.
Leggo i nick di chi si iscrive e inizio a “farmi i film”, poi passo alla moderazione del primo intervento, lo leggo sommariamente e vedo che la sceneggiatura è talvolta peggio dei film che m’ero fatto io.
Con tutta la solidarietà umana verso chi arriva qui col timore di avere incontrato l’HIV, chi ce l’ha già ha qualche ragione per sentirsi urtato/a quando legge certe trame, più o meno tutte uguali.
Il plot è sempre lo stesso: una persona “innocente” che, in un momento di obnubilamento, cade nel peccato senza averne colpa e ora s’è pentita per sé e per il mondo di qualcosa di cui comunque non ha responsabilità, sperando che una simile sciagura non colpisca proprio lei/lui, così buona/o e pura/o (manca solo la musica di Giuseppe Verdi e poi il melodramma è completo).
E qui “casca l’asino”: quello che per taluni potrebbe sembrare solo un florilegio di sciocchezze dettate della paura, alle sensibilità più accorte, o agli animi più esacerbati, appare come un florilegio di insulti.
Al di là delle cortesie formali rivela un approccio moralisteggiante alla malattia intesa come punizione per i peccati, da cui quindi andare esenti essendo d’animo puro, a differenza di quelli che ne sono portatori, che evidentemente vivevano nel peccato e “meritavano” tale punizione.
Forse mi sbaglio, ma leggendo certe cose ne traggo questo messaggio, un messaggio di autentico egoismo, che mette il “me” al centro di tutto.
...
Ora, la sezione “Ho contratto l’HIV?” continuerà a funzionare come ha sempre funzionato, accogliendo, spiegando, rassicurando, e chi risponde continuerà a far finta di non accorgersi di questi strani sottesi morali… ma si sappia che in questi casi non sarò io a censurare una risposta per le rime, perché il più delle volte è quella risposta che avrei dato io per primo…
Dico la mia sull'argomento, non per qualche ragione in particolare, ma perchè me la sento.
Secondo me il discorso di "essere gli unici buoni e puri che non si meritano e blablabla" non è affatto vero.
Siamo realisti, invece.
Chiunque, se ha una "disgrazia" sulla proprai testa, il primo pensiero che ha/ha avuto è "perchè proprio a me". E questo non ti succede solo se hai o hai paura di aver preso l'HIV. Ma pure se temi di avere un cancro o ce l'hai, pure se mettono sotto tua figlia/il tuo partner.
Chi viene qui al massimo è preoccupato/spaventato per una ipotetica "nuova condizione" e forse non si concentra sul fatto che qui c'è altra gente che invece l'HIV ce l'ha già per davvero. Qui, forse sbaglia. Ma, e non dico che è facile (il contrario, ci vuole grande forza), forse chi si ritrova in una "condizione/situazione" già da tempo si fa gli "anticorpi" - scusate il gioco di parole- verso quella situazione. Insomma, impara ad essere forte e sopravvivere e poi vivere nella nuova situazione: che sia HIV, cancro, morte di un caro, amputazione o che.
Ma chiunque, chiunque al mondo venga catapultato in una nuova situazione negativa ha come prima reazione il "perchè proprio a me? cosa ho fatto di male per meritarmi questo". Forse, forse anche tanti che sono qui dentro quando l'hanno saputo di avere l'HIV l'hanno pensato e così tanto lo pensano quando si deve affrontare una delle tante difficoltà della vita. E' ovvio e normale che ognuno di noi e qualsiasi umano si "merita" un "perchè proprio a me?" E' giusto che sia così. Nessuna persona comune, che non fa male a nessuno, si meriterebbe una disgrazia, un'infezione o che.
Però così come una persona non affetta da HIV o cancro dovrebbe capire come potrebbe stare una persona che lo è e che magari psicologicamente non è fortissima e leggendo certi messaggi può anche innervosirsi; così dovrebbe accadere viceversa. Una persona che bene o male ha imparato a convivere in una nuova condizione, ha imparato a realizzati in quella situazione e trarre il massimo da sè e dalla propria vita comunque...dovrebbe capire che il prossimo catapultato in una situazione che, senza nasconderlo, fa paura può tentennare, può chiedersi "perchè proprio a me", può non essere psicologicamente preparato. Che poi risulti positivo all'HIV o negati, con il cancro o senza, con i cari o con un lutto. Può non essere psicologicamente preparato. Può venire e lamentarsi una persona, dunque, fasciandosi prima la testa inutilmente, può venire una persona più forte che si fa meno problemi, può venire una persona che accentua un problema in realtà meno serio del previsto, può venire una persona che si fascia la testa e poi quando ottiene la conferma che ha l'HIV l'accetta perchè non può far altro e impara a farne fronte magari immediatamente, chi si fascia la testa terrorizzato e poi appena ottiene la conferma cade in un tunnel di depressione ,sconforto e non trova più un senso.
In qualsiasi caso bisognerebbe rispettare l'altra persona: che sia HIV+ o negativo, che sia sano come un pesce o con qualsiasi malattia o problema di questo mondo. Ognuno fa fronte ai problemi, alle paure in un modo unico.
Senza alcuna ipocrisia, ma guardando alla vita. Nessuno si meriterebbe nulla, ma questa vita è tanto bella, quanto schifosa e ingiusta (dalla malattia, alla persona della propria vita che muore o ci lascia, ad altre disgrazie ancora). Ognuno le vive psicologicamente a suo modo e ognuno si meriterebbe solo il meglio. Quando così non è occorre imparare ad affrontarle come si può.