LONG-ACTING ANTIRETROVIRAL THERAPY: A SHOT IN THE DARK OR A PARADIGM SHIFT?
La conferenza di Flexner è iniziata con un gioco di parole: poiché parliamo di MODERN ART - dice - lasciatemi iniziare con il il mio quadro preferito di ARTE MODERNA: La voix des airs - La voce dei venti, di René Magritte, conservato nella Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Quando era giovane, Flexner pensava fosse un segno di qualche civiltà extraterrestre, mentre ora riconosce quelle sfere per quel che sono: un ingrandimento di tre nanoparticelle.
Risate in sala.

Dopo le battute, ma sempre nello spirito del Surrealismo, invece di parlare di dati Flexner parla di miti. Comincia così l'attacco a 5 miti che ancora persistono attorno alla ART iniettabile o long-acting e ricorda come nel suo Paese questi non siano più noti come miti, bensì come fatti alternativi.
Gli astanti ridono tutti e battono le mani.
MITO #1: LE PERSONE CON PATOLOGIE CRONICHE PREFERISCONO PRENDERE PILLOLE.
Basta parlare, ad esempio, con persone che hanno il diabete per capire che il paradigma è mutato e la terapia per via parenterale è ormai ampiamente accettata per un gran numero di malattie croniche.
Circa 5 anni fa Flexner e colleghi hanno condotto un'indagine per capire che cosa ne pensassero le persone con HIV che afferiscono alla loro clinica a Baltimora e più dell'85% dei pazienti hanno risposto che passerebbero certamente a un regime iniettabile. Anche altre indagini hanno rivelato un entusiasmo molto alto per questo tipo di somministrazione, soprattutto nei Paesi ricchi. Nella sua esperienza - dice Flexner - sono più i pazienti che i medici ad essere entusiasti.

Che cosa attrae nei regimi iniettabili? Ci sono dei vantaggi ovvi:
- - il dosaggio meno frequente grazie alla più lunga emivita del farmaco;
- la necessità di dosi di farmaco minori (nanoformulazioni);
- il miglioramento dell'aderenza (ma non per i pazienti con l'aderenza peggiore, perché non c'è garanzia che facciano l'iniezione nei tempi dovuti - precisa Flexner rispondendo a una domanda);
- la possibilità di una terapia osservata direttamente;
- la miglior penetrazione nei tessuti (linfonodi e macrofagi);
- il superamento della fatigue a prendere pillole che si riscontra in pazienti trattati da molti anni;
- una migliore protezione della privacy sanitaria;
- la possibilità di evitare lo stigma correlato ai farmaci anti-HIV.
Questa non è solo una fantasia valida per il mondo dell'HIV, ma è una realtà che si riscontra in molte condizioni croniche. Qui Flexner mostra il successo che gli impianti e i contraccettivi iniettabili stanno avendo nell'Africa Sub-sahariana:

MITO #2: NON CI SONO ABBASTANZA BUONI FARMACI CHE SI CANDIDINO A UNA SOMMINISTRAZIONE LONG-ACTING.
Falso, perché:
- - Cabotegravir LA e Rilpivirina LA sono in fase III;
- Ibalizumab, PRO 140, Albuvirtide e bNABs quali VRC01, VRC01-LS, 3BNC117 e 10-1074 sono in fase II avanzata;
- EFdA e MK8591 sono in fase I avanzata;
- altri farmaci come gli inibitori della funzione capsidica (GS-CA1) sono in fase preclinica.
Ma non ci sono soltanto nuove molecole. Ci sono anche vecchie molecole riformulate in nanoparticelle lipidiche: tenofovir, lopinavir, ritonavir.

Quello che queste nanoformulazioni fanno è di estendere significativamente l'emivita di questi farmaci. Flexner mostra nella slide qui sotto la permanenza nel plasma di scimmie di una singola iniezione sottocutanea di nanoformulazioni lipidiche dei tre farmaci. Per questo ha coniato il termine "estendificazione".
Un altro vantaggio è che le iniezioni sottocutaneee possono essere auto-somministrate, a differenza delle formulazioni intramuscolari come il cabotegravir LA e la rilpivirina LA.

La nanoformulazione non "estendifica" la permanenza dei farmaci soltanto nel plasma, ma anche nelle PBMC, nei tessuti linfatici e nei linfonodi.

L'ipotesi fatta per la concentrazione nei tessuti linfatici è che le nanoparticelle lipidiche restino intrappolate nei linfonodi e vengano poi rilasciate più lentamente attraverso i tessuti fino ai macrofagi.

Oltre a riformulare vecchi farmaci, è anche possibile creare nuovi profarmaci di farmaci esistenti che siano più compatibili con le nanoformulazioni e possano essere LA. Questo già è stato fatto ad esempio per lamivudina e dolutegravir.
MITO #3: LA SOMMINISTRAZIONE LONG-ACTING RICHIEDE INIEZIONI INTRAMUSCOLO.
In realtà, ci sono molti modi per creare delle formulazioni long-acting. Ad esempio, si sta studiando un impianto sottocutaneo per il TAF, concepito come gli impianti per la contraccezione.

Questi impianti consentono un rilascio lentissimo per lunghissimi periodi di tempo. Nella slide qui sotto si vedono le concentrazioni di TAF nel sangue di 4 cani per un periodo di 40 giorni, che suggeriscono che questi impianti possano consentire il rilascio per diversi mesi.

Un altro farmaco che può essere formulato per un impianto che duri moltissimo tempo è l'EFdA. Qui sotto si vedono le concentrazioni di due diverse formulazioni durare più di 6 mesi nel sangue di ratti. L'ipotesi è che si possa arrivare a dare una copertura di un anno o più.

D'altra parte, gli impianti anticoncezionali possono durare fino a tre anni.

Gli impianti, dunque, offrono una serie di vantaggi e anche di svantaggi rispetto agli iniettabili:
- - VANTAGGI: sono rimovibili, hanno un rilascio del farmaco più consistente e meglio prevedibile, la loro farmacocinetica non dipende dal sito di iniezione, possono rimanere in loco per anni (nella loro versione inerte e non degradabile):
- SVANTAGGI: richiedono strumenti specialistici per inserirli, procedure chirurgiche, ancorché semplici, per rimuoverli, sottostanno a regolamenti sia dei farmaci, sia degli strumenti medici, sarà difficile portarli sui mercati dei generici.
MITO #4: DOSARE LE FORMULAZIONI LONG-ACTING PER I NEONATI E I BAMBINI SARÀ PRATICAMENTE IMPOSSIBILE.
Flexner riconosce che questa è una delle maggiori difficoltà affrontate da chi lavora su queste formulazioni, ma non ritiene sia una difficoltà insormontabile.
Mostra dunque un modello di farmacocinetica fisiologica pubblicato da Mario Siccardi e colleghi dell'Università di Liverpool un paio d'anni fa. I modelli farmacocinetici tradizionali sono approcci dall'alto in basso: partono dalle concentrazioni nel plasma e vanno all'indietro, costruendo un modello su quel che il corpo sta facendo al farmaco.
Il modello di Siccardi è opposto e segue un approccio dal basso verso l'alto: separa il corpo nei suoi componenti, ciascuno dei quali ha fattori noti come il flusso sanguigno. Da lì si costruisce la distribuzione matematica del farmaco in quel comparto. Il risultato è qualcosa che imita più da vicino la fisiologia umana.


Applicando un modello come quello di Siccardi è stato possibile prevedere il dosaggio empirico necessario di rilpivirina LA (data ogni 8 settimane) per bambini e adolescenti.

MITO #5: LE FORMULAZIONI LONG-ACTING SARANNO SEMPRE TROPPO CARE PER I PAESI POVERI.
Ci sono, in realtà, alcuni problemi che le nanotecnologie possono risolvere, così riducendo i costi. Un esempio presentato a questo CROI è quello della nanoformulazione di lopinavir ed efavirenz che dimezza la dose giornaliera e consentirebbe un risparmio di 250 milioni di dollari all'anno. È solo un esempio di come una tecnologia migliore può abbattere i costi.

Flexner dice che non vuole lasciare i suoi ascoltatori con l'impressione che tutti i problemi siano risolti. In effetti, perché il mutamento di paradigma sia completo ci sono ancora delle cose da fare:
- - ridurre il volume delle iniezioni;
- eliminare la necessità di prendere insieme dei farmaci per via orale;
- formulare strategie per evitare o gestire gli eventi avversi, soprattutto per i farmaci nuovi;
- coprire quella che viene chiamata la "coda lunga" farmacocinetica che queste formulazioni producono (cioè le concentrazioni di farmaci che restano alte per un lungo periodo e declinano lentamente - [un problema serio del cabotegravir LA studiato per la PrEP, perché può causare lo svilupparsi di resistenze]);
- ridurre la variabilità farmacocinetica;
- formulare strategie di dosaggio per bambini, adolescenti e donne in gravidanza.
Per risolvere questi problemi non basta sviluppare nuovi farmaci, ma servono nuovi approcci di problem solving. Uno di questi è il programma LEAP (Long-acting/Extended Release Antiretroviral Resource Program):

Per concludere, i campi in cui i farmaci LA possono avere il maggiore impatto (cioè dove davvero risiede il mutamento di paradigma) sono:
- - in altre malattie infettive (tubercolosi, HCV, HBV, malaria, Ebola, etc. dove farmaci a lento rilascio stanno cominciando a non essere più pura fantascienza);
- nella prevenzione (antimicrobici iniettabili come sostituto dell'immunizzazione per controllare epidemie per le quali non c'è un vaccino - HIV, TCB, HCV, malaria, Ebola, etc.).