[CROI 2012] D. Shepp: report sull’infiammazione
Inviato: venerdì 16 marzo 2012, 9:09
Non ho seguito gli innumerevoli lavori che sono stati portati al CROI sulle questioni legate all’infiammazione. Faccio quindi ammenda, traducendo un report sulle ricerche dedicate ad HIV e infiammazione che, come già aveva già fatto per le ultime edizioni del CROI, anche quest’anno David Shepp, professore al North Shore University Hospital, Manhasset (New York) ha scritto per Natap.
CROI 2012: Studies on Inflammation in HIV
La maggiore diffusione della HAART nel mondo ha portato ad una enorme diminuzione delle patologie AIDS-correlate nelle persone con HIV. Nell’ultimo decennio, le patologie non-AIDS, fra cui i disturbi cardiovascolari (CVD), le infezioni non-AIDS, il cancro e le deficienze epatiche sono divenute le più comuni cause di morte. Insieme ai fattori di rischio tradizionali quali il fumo, l’obesità, il diabete e la dislipidemia, l’attivazione immunitaria e l’infiammazione cronica contribuiscono alla patogenesi di queste condizioni. L’infiammazione è presente nell’HIV non trattato e migliora, ma non si risolve completamente, con l’uso prolungato della HAART. Le cause dell’attivazione immunitaria persistente non sono del tutto comprese. La traslocazione microbica dovuta al persistente danno immunologico al tessuto linfatico associato alla mucosa gastrointestinale è uno dei fattori principali. Altre cause possibili includono le co-infezioni croniche quali il CMV, e un’infezione da HIV persistente di basso livello, che elude la HAART.
Capire le cause e le conseguenze dell’infiammazione cronica nell’HIV e sviluppare strategie per controllarla sono aree fondamentali nella ricerca sull’HIV contemporanea. Di conseguenza, molti abstract portati al CROI 2012 si sono incentrati sull’infiammazione.
CONSEGUENZE DELL’INFIAMMAZIONE
CVD – La relazione fra CVD e infiammazione è ben stabilita sia nella malattia da HIV, sia nella popolazione generale. Il CD14 solubile (sCD14) è un marker dell’attivazione dei monociti/macrofagi, che è importante – dal punto di vista patogenetico – nello sviluppo delle placche arteriosclerotiche. L’sCD14 è usato anche come marker della traslocazione microbica, poiché è il maggior recettore del batterio lipopolisaccaride (LPS). Kelisidis et al, abstr. 122 hanno presentato uno studio su 155 persone HIV+, incrociandone i dati con 36 controlli HIV-, tutti a rischio piuttosto basso di CVD: a tutti sono stati misurati i marker al basale e sono stati tutti seguiti longitudinalmente, con misurazioni dello spessore della carotide intimo-media (cIMT), un valore che si sa essere correlato con il disturbo vascolare arteriosclerotico. In un’analisi multivariata, in cui sono stati corrette molte variabili che avrebbero potuto portare confusione, i livelli al basale dell’sDC14 e dell’LPS sono risultati strettamente e indipendentemente correlati con il tasso di aumento del cIMT durante le 96 settimane di follow-up. Questa correlazione si è riscontrata nel gruppo degli HIV+, ma non in quello degli HIV-.
ALTRE COMPLICANZE – Tre presentazioni hanno esaminato la relazione fra marker infiammatori e complicanze che in precedenza non erano state ben studiate: l’ipertensione, la neuropatia sensoriale periferica (PSN) e l’insufficienza renale cronica (CKD). Dei ricercatori norvegesi hanno misurato l’LPS e l’sCD14 prima della HAART in un gruppo di 42 pazienti con pressione normale, estratti da un più ampio studio prospettico di coorte sull’ipertensione nella malattia da HIV (Manner IW, abstr. 814). In un’analisi multivariata, in cui sono stati corretti altri possibili fattori di rischio, il rischio di sviluppare ipertensione durante il follow-up è risultato associato in modo forte e indipendente con i livelli al basale sia dell’LPS, sia dell’sCD14.
La patogenesi del dolore sensoriale nella malattia da HIV non è completamente chiara. La riduzione dell’uso di dideossi-nucleosidi ha diminuito di molto la severità del problema nei pazienti in HAART, ma si verificano ancora casi subclinici sintomatici. Alcuni studi suggeriscono che l’attivazione dei monociti sia presente nei gangli delle radici dorsali dei nervi. I ricercatori dello studio CHARTER hanno cercato una prova della attivazione dei monociti in 78 pazienti con o senza diagnosi di neuropatia sensoriale periferica, misurando l’sCD14 nel fluido cerebrospinale (Ellis R, abstr. 495). Tutti i pazienti avevano viremie irrilevabili grazie alla HAART. I livelli di sCD14 erano significativamente più alti in chi soffriva di PSN, mentre i livelli del recettore solubile 2 del TNF, un marker di attivazione non specifico dei monociti erano simili nei due gruppi. Tuttavia, le caratteristiche del gruppo con e di quello senza PSN erano differenti e non sono state fatte correzioni nell’analisi per determinare se l’associazione trovata era indipendente, forse a causa della piccola dimensione dello studio. Questo limita la cogenza dell’associazione osservata.
Anche se è una causa di morte non comune, lo sviluppo di insufficienza renale cronica (CKD) è un disturbo relativamente comune fra i pazienti HIV+ in HAART. Il ruolo dell’infiammazione come fattore di rischio è stato ampiamente valutato. Neuhaus et al, abstr. 830 hanno misurato l’hsCRP, l’IL-6 e il D-dimero al bassale in una ampia coorte di 3403 pazienti, estratti dagli studi SMART e ESPIRIT. La CKD è stata definita sulla base della diminuzione del GFR. Non erano disponibili informazioni sulla proteinuria, necessarie per una migliore comprensione della CKD.
MORTALITÀ – Elevati marker di attivazione dell’immunità innata e della cascata di coagulazione nel plasma, quali la hsCRP, l’IL-6, l’sCD14 e il D-dimero sono stati associati a un aumentato rischio di morte in pazienti che iniziavano la HAART. Anche i marker di attivazione dei linfociti T sono stati correlati con il rischio di mortalità in pazienti non in terapia. Non si sa quali marker abbiano il miglior valore predittivo o siano direttamente coinvolti nella patogenesi di queste malattie. Hunt et al, abstr. 278 hanno misurato diversi marker in pazienti morti per cause non violente e in controlli presi da due studi longitudinali di coorte (SOCA e SCOPE). Tutti i marker dell’immunità innata (IL-6, hsCRP, sCD14, sTNFR-1), della coagulazione (D-dimero) e dell’integrità dell’epitelio intestinale (proteina che lega gli acidi grassi intestinali [I-FABP], zonulina), erano correlati alla mortalità in modo più stretto rispetto ai marker di attivazione dei linfociti T.
RIPRESA IMMUNITARIA – Studi fatti in passato hanno dimostrato che una delle conseguenze di innalzati livelli di attivazione dei linfociti T è una minore ripresa dei CD4 durante la HAART. Questa osservazione è stata estesa da Zhang et al, abstr. 274, che hanno indagato 120 fra i primi partecipanti alla coorte ALLRT, che dà un follow-up a lungo termine dei partecipanti ai trial ACTG. Dopo 10-15 anni di HAART soppressiva, coloro che presentavano i livelli più alti di attivazione dei CD8 avevano conte dei CD4 significativamente più basse (circa 100 cellule in meno) rispetto a coloro che avevano livelli di attivazione più bassi.
EFFETTI DIFFERENZIALI DELLA HAART
La HAART attuale offre la possibilità di scegliere fra molti regimi, che sono altamente efficaci e ben tollerati. Tuttavia, si sa poco delle differenze fra regimi in termini della loro capacità di ridurre e potenzialmente normalizzare l’infiammazione cronica. Molti abstract hanno cominciato a gettare una luce su questa area della ricerca antiretrovirale, che è importantissima, eppure non sufficientemente studiata.
RALTEGRAVIR – Gli effetti del passare al raltegravir (RAL) o continuare a prendere degli inibitori della proteasi (IP) rinforzati con ritonavir sono stati confrontati in un sottogruppo di pazienti dello studio SPIRAL, uno studio randomizzato, in aperto, di 48 settimane su pazienti con viremie irrilevabili (Martinez E, abstr. 834). Alla fine dello studio, i pazienti che erano passati a RAL avevano livelli significativamente più bassi di hs-CRP, IL-6, MCP-1, osteoprotegerina e TNF-alfa rispetto ai pazienti che avevano continuato con gli IP. Anche i livelli di insulina e D-dimero erano più bassi, così come i lipidi; invece i marker della funzione endoteliale non presentavano differenze.
Un secondo studio (EASIER) ha riguardato il passaggio da enfuvirtide a RAL (Silva E, abstr. 840). Dopo 24 settimane di terapia randomizzata, tutti i partecipanti hanno ricevuto RAL. Il-6, hsCRP e D-dimero alla 24° settimana si erano stabilizzati nel gruppo di pazienti che avevano ricevuto RAL, mentre i loro livelli sono rimasti costanti fino alla 24° settimana e poi sono scesi nel gruppo che all’inizio era rimasto in un regime di IP e poi era passato a RAL.
Un terzo studio ha misurato in modo intensivo i marker di attivazione immunitaria, di traslocazione microbica e di esaurimento dei linfociti T in 15 pazienti naive che hanno iniziato un regime di HAART contenete RAL. Sono stati fatti dei confronti con controlli storici che avevano ricevuto un regime di HAART senza RAL per una durata simile, e con controlli HIV negativi (Pallikkuth S, abstr. 277). Dopo 24 settimane, i livelli di CD4 e CD8 attivati, di PD-1+/CD4+ e CD8+, di LPS nel plasma e di sCD14 erano tutti significativamente ridotti rispetto al basale, a dei livelli che erano di molto inferiori rispetto ai controlli storici. Tuttavia, i livelli di CD8 attivati e di LPS sono rimasti più alti rispetto ai controlli HIV negativi.
ALTRI ANTIRETROVIRALI – Il Maraviroc (MVC) è un antiretrovirale che colpisce il recettore CCR5 sulla superficie della cellula ospite, che è il principale co-recettore che consente l’ingresso dell’HIV. I ligandi naturali sono le chemochine CC, quindi inibire il CCR5 può avere effetti immunomodulanti. L’infiammazione vascolare, specialmente l’attivazione dei monociti, svolge un ruolo critico nella disfunzione endoteliale e nella patogenesi dell’arteriosclerosi. La delezione naturale negli uomini del gene del CCR5 e la sua inattivazione in studi animali possono ridurre l’arteriosclerosi. Studi fatti in passato hanno analizzato l’attivazione immunitaria durante l’intensificazione della HAART con MVC, con risultati contrastanti. In un trial randomizzato, controllato con placebo, Hsue et al, abstr. 123 hanno esaminato l’effetto dell’intensificazione con MVC sulla dilatazione flusso mediata (FMD) dell’arteria brachiale, un marker della disfunzione endoteliale e del rischio cardiovascolare. Sono stati studiati 52 pazienti con viremia controllata dalla HAART. Confrontati con quelli che hanno ricevuto il placebo, e in contrasto con le aspettative, 24 settimane di intensificazione con MVC non hanno avuto effetto sull’FMD, e per di più l’sCD14 e l’sCD163, marker dell’attivazione dei monociti, sono aumentati. Il MVC ha anche fatto aumentare i livelli plasmatici della chemochina CC MIP-1 beta, che può mediare l’attivazione dei monociti attraverso recettori alternativi.
Molti grandi studi di coorte hanno trovato una associazione fra l’uso di abacavir (ABC) e l’aumentato rischio di infarto del miocardio o di altri disturbi cardiovascolari, ma i risultati sono controversi, perché altri studi, fra cui alcuni trial randomizzati, hanno dato risultati negativi. L’identificazione di un meccanismo che spieghi in modo plausibile questo aumento del rischio potrebbe aiutare a chiarire la discussione.
L’ACTG 5202 ha randomizzato dei pazienti naive dando loro uno dei quattro regimi di HAART usati di solito: tenofovir (TDF)/emtricitabina (FTC), ABC/lamivudina (3TC), combinati o con efavirenz (EFV), o con atazanavir/ritonavir (ATV/r). In un sotto-studio su 269 pazienti, McComsey et al, abstr. 835 hanno misurato una serie di marker infiammatori ed endoteliali al basale, alla 24° e alla 96° settimana. La maggior parte dei marker studiati (TNF-alfa, sTNFR-I, sTNFR-II, sICAM-1, sVCAM-1) sono diminuiti alla 24° e alla 96° settimana e non hanno presentato differenze fra i 4 bracci dello studio. L’hsCRP è aumentata sia in chi ha preso ABC/3TC, sia in chi ha preso EFV, e le differenze fra ABC/3TC e TDF/TFC erano significative sia alla 24° sia alla 96° settimana. Questo studio è stato condotto senza fare il test per l’HLA-B5701, ma le differenze nei livelli di hsCRP non sono parse riferibili ai pazienti in ACB/3TC che hanno avuto reazioni di ipersensibilità. La differenza fra EFV e ATV/r, nel caso della hsCRP, è stata significativa solo alla 24° settimana. I livelli di IL-6 sono diminuiti alla 24° settimana più con il regime TDF/FTC che con ABC/3TC, ma non alla 96° settimana.
Un secondo studio, più piccolo, ha esaminato una selezione di pazienti, che inizialmente avevano partecipato ai trial randomizzati su ABC (n=46) vs TDF (n=72). In questo studio, dopo avere aggiustato le variabili confondenti, non si sono trovate differenze significative nella hsCRP, nel D-dimero o nella funzione endoteliale misurata attraverso dilatazione flusso mediata (FMD) (Wohl D, abstr. 838).
Sono state notate delle possibili differenze fra regimi di HAART contenenti lopinavir/ritonavir o EFV nei marker della traslocazione microbica in un sottoinsieme di 71 pazienti di un trial randomizzato più ampio, condotto su pazienti scandinavi naive (Barqasho B, abstr. 836). Dopo 72 settimane di trattamento, l’sCD14 e gli anticorpi anti-flagellina sono notevolmente diminuiti, senza differenze fra i regimi terapeutici. L’I-FABP, un marker della distruzione della mucosa intestinale e della morte cellulare, è aumentato rispetto al livello basale, ma il cambiamento ha raggiunto la significatività statistica soltanto nel gruppo che ha ricevuto EVF. Non si è vista una ragione per le discordanze osservate fra certi marker.
TERAPIE SUPPLEMENTARI
Anche se studi come quelli descritti sopra suggeriscono che alcuni regimi di HAART possano migliorare lo stato infiammatorio meglio di altri, la HAART da sola può non essere in grado di normalizzare completamente l’infiammazione in tutti i pazienti. La ricerca di terapie da usare insieme alla HAART inizia con sostanze che hanno dimostrato sia di avere proprietà anti-infiammatorie, sia di essere sicure in altre patologie. Uno di questi gruppi di farmaci sono le statine, che riducono il CVD molto più di quanto si poteva prevedere da parte del solo effetto di abbassamento dei lipidi, riducono l’attivazione immunitaria e i livelli di citochine infiammatorie e possono dare dei benefici sia in caso di artrite reumatoide, sia in caso di polmonite. Studi fatti in passato nella malattia da HIV hanno dimostrato una diminuzione della attivazione dei linfociti T in pazienti non in terapia e una analisi di coorte ha suggerito un possibile vantaggio in termini di sopravvivenza. I ricercatori dell’ACTG hanno cercato la prova di una riduzione degli eventi clinici fra le persone che assumevano statine nella coorte ALLRT (Overton ET, abstr. 124). Lo studio ha analizzato 3.600 pazienti e oltre 15.000 pazienti/anno di follow-up. Si è visto che i pazienti che iniziavano le statine avevano una diminuzione del 19% nell’endpoint composito degli eventi clinic complessivi, una tendenza che non ha raggiunto la significatività statistica. Fra gli endpoint individuali esaminati, si è avuta una riduzione significativa di tumori non-AIDS fra chi assumeva statine. Mentre questo studio non fornisce una buona dimostrazione a favore delle statine come terapia di sostegno nella malattia da HIV, non porta però a negare che esistono dei dati che fanno pensare che dei benefici ci siano. Controllare le variabili confondenti in una analisi di coorte non randomizzata è molto difficile, soprattutto se si usa un endpoint composito di diverse patologie, con numerosi fattori di rischio noti.
Inoltre, alcune statine sono più potenti di altre. E non sono state fornite informazioni sui farmaci specifici e sui dosaggi utilizzati. Da notare che non si è osservato alcun beneficio delle statine in caso di eventi CVD: questo suggerisce un’ulteriore limite dello studio.
Altre classi di farmaci comunemente usati che possono avere proprietà anti-infiammatorie sono gli ACE inibitori e gli ARB (bloccanti del recettore dell’angiotensina). Un piccolo studio pilota, controllato con placebo, ha randomizzato dei pazienti con viremia soppressa dalla HAART, dando loro lisinopril, pravastatina, entrambi o nessuno (Baker J, abstr. 825). Dopo 4 mesi, l’hsCRP, il TNF-alfa e la pressione diastolica risultavano ridotte con il lisinopril, rispetto al placebo. La pravastatina non ha avuto effetti sui marker infiammatori o sui lipidi, coerentemente con la sua potenza relativamente bassa, fra le varie statine. La pravastatina è la statina usata di preferenza per le persone con HIV soprattutto perché non presenta interazioni con gli antiretrovirali normalmente usati. Tuttavia, studi su statine più potenti, a dosaggi impostati in modo corretto, potrebbero essere di grande interesse.
Il telmisartan è un ARB che si sa avere effetti benefici sulla attivazione dei monociti e sul grasso viscerale nelle persone HIV negative. In un piccolo studio pilota, non controllato, è stato dato telmisartan a soggetti HIV+ con lipoipertrofia e buona soppressione virale grazie alla HAART (Lake J, abstr. 826). Dopo 24 settimane, non solo i marker di attivazione dei monociti – l’sCD14 e l’sCD136 – non erano migliorati, ma anzi erano aumentati. La ragione per questi effetti contrastanti rispetto a quanto accade nelle persone HIV negative non è chiara.
EFFETTI SULLA GRAVIDANZA – (…)
SINTESI – La grande quantità di dati sull’infiammazione portati al CROI 2012 ha fornito nuove intuizioni e suggerisce nuove strade di ricerca, anche se per ora ci sono poche conclusioni definitive, che possano influenzare la gestione clinica della malattia.
CROI 2012: Studies on Inflammation in HIV
La maggiore diffusione della HAART nel mondo ha portato ad una enorme diminuzione delle patologie AIDS-correlate nelle persone con HIV. Nell’ultimo decennio, le patologie non-AIDS, fra cui i disturbi cardiovascolari (CVD), le infezioni non-AIDS, il cancro e le deficienze epatiche sono divenute le più comuni cause di morte. Insieme ai fattori di rischio tradizionali quali il fumo, l’obesità, il diabete e la dislipidemia, l’attivazione immunitaria e l’infiammazione cronica contribuiscono alla patogenesi di queste condizioni. L’infiammazione è presente nell’HIV non trattato e migliora, ma non si risolve completamente, con l’uso prolungato della HAART. Le cause dell’attivazione immunitaria persistente non sono del tutto comprese. La traslocazione microbica dovuta al persistente danno immunologico al tessuto linfatico associato alla mucosa gastrointestinale è uno dei fattori principali. Altre cause possibili includono le co-infezioni croniche quali il CMV, e un’infezione da HIV persistente di basso livello, che elude la HAART.
Capire le cause e le conseguenze dell’infiammazione cronica nell’HIV e sviluppare strategie per controllarla sono aree fondamentali nella ricerca sull’HIV contemporanea. Di conseguenza, molti abstract portati al CROI 2012 si sono incentrati sull’infiammazione.
CONSEGUENZE DELL’INFIAMMAZIONE
CVD – La relazione fra CVD e infiammazione è ben stabilita sia nella malattia da HIV, sia nella popolazione generale. Il CD14 solubile (sCD14) è un marker dell’attivazione dei monociti/macrofagi, che è importante – dal punto di vista patogenetico – nello sviluppo delle placche arteriosclerotiche. L’sCD14 è usato anche come marker della traslocazione microbica, poiché è il maggior recettore del batterio lipopolisaccaride (LPS). Kelisidis et al, abstr. 122 hanno presentato uno studio su 155 persone HIV+, incrociandone i dati con 36 controlli HIV-, tutti a rischio piuttosto basso di CVD: a tutti sono stati misurati i marker al basale e sono stati tutti seguiti longitudinalmente, con misurazioni dello spessore della carotide intimo-media (cIMT), un valore che si sa essere correlato con il disturbo vascolare arteriosclerotico. In un’analisi multivariata, in cui sono stati corrette molte variabili che avrebbero potuto portare confusione, i livelli al basale dell’sDC14 e dell’LPS sono risultati strettamente e indipendentemente correlati con il tasso di aumento del cIMT durante le 96 settimane di follow-up. Questa correlazione si è riscontrata nel gruppo degli HIV+, ma non in quello degli HIV-.
ALTRE COMPLICANZE – Tre presentazioni hanno esaminato la relazione fra marker infiammatori e complicanze che in precedenza non erano state ben studiate: l’ipertensione, la neuropatia sensoriale periferica (PSN) e l’insufficienza renale cronica (CKD). Dei ricercatori norvegesi hanno misurato l’LPS e l’sCD14 prima della HAART in un gruppo di 42 pazienti con pressione normale, estratti da un più ampio studio prospettico di coorte sull’ipertensione nella malattia da HIV (Manner IW, abstr. 814). In un’analisi multivariata, in cui sono stati corretti altri possibili fattori di rischio, il rischio di sviluppare ipertensione durante il follow-up è risultato associato in modo forte e indipendente con i livelli al basale sia dell’LPS, sia dell’sCD14.
La patogenesi del dolore sensoriale nella malattia da HIV non è completamente chiara. La riduzione dell’uso di dideossi-nucleosidi ha diminuito di molto la severità del problema nei pazienti in HAART, ma si verificano ancora casi subclinici sintomatici. Alcuni studi suggeriscono che l’attivazione dei monociti sia presente nei gangli delle radici dorsali dei nervi. I ricercatori dello studio CHARTER hanno cercato una prova della attivazione dei monociti in 78 pazienti con o senza diagnosi di neuropatia sensoriale periferica, misurando l’sCD14 nel fluido cerebrospinale (Ellis R, abstr. 495). Tutti i pazienti avevano viremie irrilevabili grazie alla HAART. I livelli di sCD14 erano significativamente più alti in chi soffriva di PSN, mentre i livelli del recettore solubile 2 del TNF, un marker di attivazione non specifico dei monociti erano simili nei due gruppi. Tuttavia, le caratteristiche del gruppo con e di quello senza PSN erano differenti e non sono state fatte correzioni nell’analisi per determinare se l’associazione trovata era indipendente, forse a causa della piccola dimensione dello studio. Questo limita la cogenza dell’associazione osservata.
Anche se è una causa di morte non comune, lo sviluppo di insufficienza renale cronica (CKD) è un disturbo relativamente comune fra i pazienti HIV+ in HAART. Il ruolo dell’infiammazione come fattore di rischio è stato ampiamente valutato. Neuhaus et al, abstr. 830 hanno misurato l’hsCRP, l’IL-6 e il D-dimero al bassale in una ampia coorte di 3403 pazienti, estratti dagli studi SMART e ESPIRIT. La CKD è stata definita sulla base della diminuzione del GFR. Non erano disponibili informazioni sulla proteinuria, necessarie per una migliore comprensione della CKD.
MORTALITÀ – Elevati marker di attivazione dell’immunità innata e della cascata di coagulazione nel plasma, quali la hsCRP, l’IL-6, l’sCD14 e il D-dimero sono stati associati a un aumentato rischio di morte in pazienti che iniziavano la HAART. Anche i marker di attivazione dei linfociti T sono stati correlati con il rischio di mortalità in pazienti non in terapia. Non si sa quali marker abbiano il miglior valore predittivo o siano direttamente coinvolti nella patogenesi di queste malattie. Hunt et al, abstr. 278 hanno misurato diversi marker in pazienti morti per cause non violente e in controlli presi da due studi longitudinali di coorte (SOCA e SCOPE). Tutti i marker dell’immunità innata (IL-6, hsCRP, sCD14, sTNFR-1), della coagulazione (D-dimero) e dell’integrità dell’epitelio intestinale (proteina che lega gli acidi grassi intestinali [I-FABP], zonulina), erano correlati alla mortalità in modo più stretto rispetto ai marker di attivazione dei linfociti T.
RIPRESA IMMUNITARIA – Studi fatti in passato hanno dimostrato che una delle conseguenze di innalzati livelli di attivazione dei linfociti T è una minore ripresa dei CD4 durante la HAART. Questa osservazione è stata estesa da Zhang et al, abstr. 274, che hanno indagato 120 fra i primi partecipanti alla coorte ALLRT, che dà un follow-up a lungo termine dei partecipanti ai trial ACTG. Dopo 10-15 anni di HAART soppressiva, coloro che presentavano i livelli più alti di attivazione dei CD8 avevano conte dei CD4 significativamente più basse (circa 100 cellule in meno) rispetto a coloro che avevano livelli di attivazione più bassi.
EFFETTI DIFFERENZIALI DELLA HAART
La HAART attuale offre la possibilità di scegliere fra molti regimi, che sono altamente efficaci e ben tollerati. Tuttavia, si sa poco delle differenze fra regimi in termini della loro capacità di ridurre e potenzialmente normalizzare l’infiammazione cronica. Molti abstract hanno cominciato a gettare una luce su questa area della ricerca antiretrovirale, che è importantissima, eppure non sufficientemente studiata.
RALTEGRAVIR – Gli effetti del passare al raltegravir (RAL) o continuare a prendere degli inibitori della proteasi (IP) rinforzati con ritonavir sono stati confrontati in un sottogruppo di pazienti dello studio SPIRAL, uno studio randomizzato, in aperto, di 48 settimane su pazienti con viremie irrilevabili (Martinez E, abstr. 834). Alla fine dello studio, i pazienti che erano passati a RAL avevano livelli significativamente più bassi di hs-CRP, IL-6, MCP-1, osteoprotegerina e TNF-alfa rispetto ai pazienti che avevano continuato con gli IP. Anche i livelli di insulina e D-dimero erano più bassi, così come i lipidi; invece i marker della funzione endoteliale non presentavano differenze.
Un secondo studio (EASIER) ha riguardato il passaggio da enfuvirtide a RAL (Silva E, abstr. 840). Dopo 24 settimane di terapia randomizzata, tutti i partecipanti hanno ricevuto RAL. Il-6, hsCRP e D-dimero alla 24° settimana si erano stabilizzati nel gruppo di pazienti che avevano ricevuto RAL, mentre i loro livelli sono rimasti costanti fino alla 24° settimana e poi sono scesi nel gruppo che all’inizio era rimasto in un regime di IP e poi era passato a RAL.
Un terzo studio ha misurato in modo intensivo i marker di attivazione immunitaria, di traslocazione microbica e di esaurimento dei linfociti T in 15 pazienti naive che hanno iniziato un regime di HAART contenete RAL. Sono stati fatti dei confronti con controlli storici che avevano ricevuto un regime di HAART senza RAL per una durata simile, e con controlli HIV negativi (Pallikkuth S, abstr. 277). Dopo 24 settimane, i livelli di CD4 e CD8 attivati, di PD-1+/CD4+ e CD8+, di LPS nel plasma e di sCD14 erano tutti significativamente ridotti rispetto al basale, a dei livelli che erano di molto inferiori rispetto ai controlli storici. Tuttavia, i livelli di CD8 attivati e di LPS sono rimasti più alti rispetto ai controlli HIV negativi.
ALTRI ANTIRETROVIRALI – Il Maraviroc (MVC) è un antiretrovirale che colpisce il recettore CCR5 sulla superficie della cellula ospite, che è il principale co-recettore che consente l’ingresso dell’HIV. I ligandi naturali sono le chemochine CC, quindi inibire il CCR5 può avere effetti immunomodulanti. L’infiammazione vascolare, specialmente l’attivazione dei monociti, svolge un ruolo critico nella disfunzione endoteliale e nella patogenesi dell’arteriosclerosi. La delezione naturale negli uomini del gene del CCR5 e la sua inattivazione in studi animali possono ridurre l’arteriosclerosi. Studi fatti in passato hanno analizzato l’attivazione immunitaria durante l’intensificazione della HAART con MVC, con risultati contrastanti. In un trial randomizzato, controllato con placebo, Hsue et al, abstr. 123 hanno esaminato l’effetto dell’intensificazione con MVC sulla dilatazione flusso mediata (FMD) dell’arteria brachiale, un marker della disfunzione endoteliale e del rischio cardiovascolare. Sono stati studiati 52 pazienti con viremia controllata dalla HAART. Confrontati con quelli che hanno ricevuto il placebo, e in contrasto con le aspettative, 24 settimane di intensificazione con MVC non hanno avuto effetto sull’FMD, e per di più l’sCD14 e l’sCD163, marker dell’attivazione dei monociti, sono aumentati. Il MVC ha anche fatto aumentare i livelli plasmatici della chemochina CC MIP-1 beta, che può mediare l’attivazione dei monociti attraverso recettori alternativi.
Molti grandi studi di coorte hanno trovato una associazione fra l’uso di abacavir (ABC) e l’aumentato rischio di infarto del miocardio o di altri disturbi cardiovascolari, ma i risultati sono controversi, perché altri studi, fra cui alcuni trial randomizzati, hanno dato risultati negativi. L’identificazione di un meccanismo che spieghi in modo plausibile questo aumento del rischio potrebbe aiutare a chiarire la discussione.
L’ACTG 5202 ha randomizzato dei pazienti naive dando loro uno dei quattro regimi di HAART usati di solito: tenofovir (TDF)/emtricitabina (FTC), ABC/lamivudina (3TC), combinati o con efavirenz (EFV), o con atazanavir/ritonavir (ATV/r). In un sotto-studio su 269 pazienti, McComsey et al, abstr. 835 hanno misurato una serie di marker infiammatori ed endoteliali al basale, alla 24° e alla 96° settimana. La maggior parte dei marker studiati (TNF-alfa, sTNFR-I, sTNFR-II, sICAM-1, sVCAM-1) sono diminuiti alla 24° e alla 96° settimana e non hanno presentato differenze fra i 4 bracci dello studio. L’hsCRP è aumentata sia in chi ha preso ABC/3TC, sia in chi ha preso EFV, e le differenze fra ABC/3TC e TDF/TFC erano significative sia alla 24° sia alla 96° settimana. Questo studio è stato condotto senza fare il test per l’HLA-B5701, ma le differenze nei livelli di hsCRP non sono parse riferibili ai pazienti in ACB/3TC che hanno avuto reazioni di ipersensibilità. La differenza fra EFV e ATV/r, nel caso della hsCRP, è stata significativa solo alla 24° settimana. I livelli di IL-6 sono diminuiti alla 24° settimana più con il regime TDF/FTC che con ABC/3TC, ma non alla 96° settimana.
Un secondo studio, più piccolo, ha esaminato una selezione di pazienti, che inizialmente avevano partecipato ai trial randomizzati su ABC (n=46) vs TDF (n=72). In questo studio, dopo avere aggiustato le variabili confondenti, non si sono trovate differenze significative nella hsCRP, nel D-dimero o nella funzione endoteliale misurata attraverso dilatazione flusso mediata (FMD) (Wohl D, abstr. 838).
Sono state notate delle possibili differenze fra regimi di HAART contenenti lopinavir/ritonavir o EFV nei marker della traslocazione microbica in un sottoinsieme di 71 pazienti di un trial randomizzato più ampio, condotto su pazienti scandinavi naive (Barqasho B, abstr. 836). Dopo 72 settimane di trattamento, l’sCD14 e gli anticorpi anti-flagellina sono notevolmente diminuiti, senza differenze fra i regimi terapeutici. L’I-FABP, un marker della distruzione della mucosa intestinale e della morte cellulare, è aumentato rispetto al livello basale, ma il cambiamento ha raggiunto la significatività statistica soltanto nel gruppo che ha ricevuto EVF. Non si è vista una ragione per le discordanze osservate fra certi marker.
TERAPIE SUPPLEMENTARI
Anche se studi come quelli descritti sopra suggeriscono che alcuni regimi di HAART possano migliorare lo stato infiammatorio meglio di altri, la HAART da sola può non essere in grado di normalizzare completamente l’infiammazione in tutti i pazienti. La ricerca di terapie da usare insieme alla HAART inizia con sostanze che hanno dimostrato sia di avere proprietà anti-infiammatorie, sia di essere sicure in altre patologie. Uno di questi gruppi di farmaci sono le statine, che riducono il CVD molto più di quanto si poteva prevedere da parte del solo effetto di abbassamento dei lipidi, riducono l’attivazione immunitaria e i livelli di citochine infiammatorie e possono dare dei benefici sia in caso di artrite reumatoide, sia in caso di polmonite. Studi fatti in passato nella malattia da HIV hanno dimostrato una diminuzione della attivazione dei linfociti T in pazienti non in terapia e una analisi di coorte ha suggerito un possibile vantaggio in termini di sopravvivenza. I ricercatori dell’ACTG hanno cercato la prova di una riduzione degli eventi clinici fra le persone che assumevano statine nella coorte ALLRT (Overton ET, abstr. 124). Lo studio ha analizzato 3.600 pazienti e oltre 15.000 pazienti/anno di follow-up. Si è visto che i pazienti che iniziavano le statine avevano una diminuzione del 19% nell’endpoint composito degli eventi clinic complessivi, una tendenza che non ha raggiunto la significatività statistica. Fra gli endpoint individuali esaminati, si è avuta una riduzione significativa di tumori non-AIDS fra chi assumeva statine. Mentre questo studio non fornisce una buona dimostrazione a favore delle statine come terapia di sostegno nella malattia da HIV, non porta però a negare che esistono dei dati che fanno pensare che dei benefici ci siano. Controllare le variabili confondenti in una analisi di coorte non randomizzata è molto difficile, soprattutto se si usa un endpoint composito di diverse patologie, con numerosi fattori di rischio noti.
Inoltre, alcune statine sono più potenti di altre. E non sono state fornite informazioni sui farmaci specifici e sui dosaggi utilizzati. Da notare che non si è osservato alcun beneficio delle statine in caso di eventi CVD: questo suggerisce un’ulteriore limite dello studio.
Altre classi di farmaci comunemente usati che possono avere proprietà anti-infiammatorie sono gli ACE inibitori e gli ARB (bloccanti del recettore dell’angiotensina). Un piccolo studio pilota, controllato con placebo, ha randomizzato dei pazienti con viremia soppressa dalla HAART, dando loro lisinopril, pravastatina, entrambi o nessuno (Baker J, abstr. 825). Dopo 4 mesi, l’hsCRP, il TNF-alfa e la pressione diastolica risultavano ridotte con il lisinopril, rispetto al placebo. La pravastatina non ha avuto effetti sui marker infiammatori o sui lipidi, coerentemente con la sua potenza relativamente bassa, fra le varie statine. La pravastatina è la statina usata di preferenza per le persone con HIV soprattutto perché non presenta interazioni con gli antiretrovirali normalmente usati. Tuttavia, studi su statine più potenti, a dosaggi impostati in modo corretto, potrebbero essere di grande interesse.
Il telmisartan è un ARB che si sa avere effetti benefici sulla attivazione dei monociti e sul grasso viscerale nelle persone HIV negative. In un piccolo studio pilota, non controllato, è stato dato telmisartan a soggetti HIV+ con lipoipertrofia e buona soppressione virale grazie alla HAART (Lake J, abstr. 826). Dopo 24 settimane, non solo i marker di attivazione dei monociti – l’sCD14 e l’sCD136 – non erano migliorati, ma anzi erano aumentati. La ragione per questi effetti contrastanti rispetto a quanto accade nelle persone HIV negative non è chiara.
EFFETTI SULLA GRAVIDANZA – (…)
SINTESI – La grande quantità di dati sull’infiammazione portati al CROI 2012 ha fornito nuove intuizioni e suggerisce nuove strade di ricerca, anche se per ora ci sono poche conclusioni definitive, che possano influenzare la gestione clinica della malattia.
- • Si è avuta ulteriore prova che il CVD è in parte causato dalla infiammazione cronica.
• L’ipertensione e forse anche il dolore della neuropatia sensoriale possono essere aggiunti all’elenco delle complicanze che sono influenzate dall’infiammazione cronica dei pazienti in HAART.
• La CDK, almeno se definita dalla sola diminuzione del GFR, può essere influenzata soprattutto da altri fattori.
• L’attivazione sia del sistema immunitario innato, sia di quello adattivo causa infiammazione cronica nella malattia da HIV, ma i marker dell’immunità innata sembrano avere un valore predittivo più forte in termini di mortalità.
• Una scarsa ripresa dei CD4 è legata a più alti livelli di attivazione immunitaria, e questo effetto può permanere anche dopo molti anni di HAART.
• Stanno cominciando ad essere fatti dei confronti fra gli effetti dei vari antiretrovirali sull’infiammazione. Dei primi risultati suggeriscono possibili vantaggi del raltegravir e del tenofovir/emtricitabina. Sarebbero molto interessanti degli studi comparativi più ampi su regimi che combinino questi farmaci.
• Sono stati fatti anche degli studi per capire se si vedono simili effetti con i nuovi farmaci, ancora sperimentali, nella classe degli inibitori dell’integrasi – elvitegravir e dolutegravir – e sul profarmaco sperimentale del tenofovir, il GS7340.
• Gli studi sulle terapie supplementari per ridurre l’infiammazione sono ancora preliminari. Devono essere ulteriormente valutati sia delle statine potenti, sia forse anche degli ACE inibitori e degli ARB.
• Un trial ACTG randomizzato, ancora in corso, sta confrontando l’effetto a breve termine sui marker infiammatori delle statine, della HAART o di entrambe.
• Infine, ogni benefica riduzione dei marker infiammatori vista sia con specifici regimi di HAART, sia con terapie supplementari, richiederà una correlazione con i risultati clinici.
• Differenze nel profilo delle citochine rilevate in gravidanza con diversi regimi di HAART offrono un possibile meccanismo per l’aumentato rischio che le donne HIV+ hanno di portare a termine la gravidanza prima del tempo. L’improvviso declino dell’infiammazione visto nel periodo successivo al parto potrebbe significare che una sospensione della HAART sia meno problematica durante questo periodo; servono però sia un follow-up più lungo, sia il monitoraggio degli eventi clinici.