Ribalto il tuo discorso e parto dalle conclusioni.
ho la sensazione che comunque sia ormai troppo tardi per fermare il riscaldamento. Il processo di scongelamento dei ghiacciai e dei poli terrestri è ormai irreversibile e nonostante gli scienziati facciano parecchie previsioni più o meno drammatiche, i fenomeni sono talmente grandi, globali e intersecati fra loro che ci potrebbero essere conseguenze imprevedibili che potranno essere valutate e risolte solo di volta in volta.
Ho trovato molto interessante nel
testo reso pubblico a fine settembre dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che, dopo tutta l’immane serie di dati a conferma del riscaldamento antropogenico, sia stata considerata l’ipotesi che si faccia davvero qualcosa a livello globale per ridurre le emissioni di gas serra.
Gli scienziati dell’IPCC hanno infatti ipotizzato due scenari estremi possibili da qui al 2100 (Representative Concentration Pathways - RPC), uno “ad alta mitigazione” (RCP 2.6) e uno più emissivo (RCP 8.5). In mezzo, due scenari “di stabilizzazione”, che non sono riportati nella figura qui sotto.
Sono solo dei modelli e le variabili che potrebbero inficiarli sono – come ricordi tu – innumerevoli (inoltre, non si offrono soluzioni
à la carte e – come noti tu – i problemi pratici da affrontare per cambiar le cose sono scoraggianti).
Tuttavia, da quanto ci mostrano, la differenza TEORICA fra l’andare avanti così e il trovare una soluzione è impressionante.
Puzzle ha scritto:Io resto scettico sull'idea che in breve tempo possano essere intraprese grosse azioni atte ad incidere in modo significativo nella riduzione del riscaldamento globale. Non servono grandi studi, basta un semplice testo di storia per vedere che nel passato, anche recente, spesso grandi civiltà sono andate incontro ai disastri agendo senza logica e razionalità e che solo attraverso i disastri sono riuscite a crescere ed imparare dai propri errori (e non sempre) per poi ricostruire. (Basta pensare che solamente dopo decine di milioni di morti e un genocidio, in Europa si è cominciato a dire "mai più guerre" e successivamente agire di conseguenza). Purtroppo gli scienziati non contano niente in campo decisionale e nemmeno i politici possono fare granché, nemmeno quelli che sono idealmente convinti che bisogna "salvare il mondo" perché nessuno dei paesi in via di sviluppo accetterà di rallentare la propria crescita in nome dell'ecologia e dall'altro lato nessun paese ricco accetterà di rinunciare ai suoi agi e alle sue ricchezze (e al suo potere) fintantoché non si vedrà costretto a doverlo fare in modo drammatico.
Se pensiamo che in Australia, che è in prima linea a dover affrontare il climate change, il primo atto politico del nuovo governo conservatore di Abbott il giorno dopo le elezioni è stata la soppressione della Climate Commission e della Climate Change Authority, che servivano rispettivamente a informare l’opinione pubblica sull’impatto del cambiamento climatico e a consigliare il governo su come ridurre le emissioni - credo che nessuno possa farsi illusioni sul desiderio e forse la capacità dei politici di contrastare le industrie e di imporre politiche impopolarissime.
E che un consenso - che un tempo avremmo definito bulgaro - fra gli scienziati (il 97%!) sul fatto che il riscaldamento sia opera umana (al 95% - ci dice adesso il report dell’IPCC) conti ben poco nell’influenzare le decisioni politiche, a mio parere rende ancora più importante parlare del negazionismo che circonda la questione.
In proposito, segnalo a tutti che il mio amato Stephan Lewandowsky ha pubblicato tre giorni fa su
PLOS ONE un nuovo articolo, dedicato a
The Role of Conspiracist Ideation and Worldviews in Predicting Rejection of Science. Qui – detto molto in sintesi - Lewandowsky cerca di capire se ci sia qualcosa che unifica i diversi negazionismi, in particolare quello climatico, l’odio per i prodotti OGM e il rifiuto delle vaccinazioni. Infatti, se si guarda alle preferenze politiche delle persone che sostengono teorie negazioniste, si vede che i negazionisti climatici tendono ad essere conservatori e sostenitori del libero mercato, mentre gli anti OGM e gli antivaccinisti paiono collocarsi molto più “a sinistra”. E quel che Lewandowsky dimostra sperimentalmente è che la distinzione destra-sinistra è poco indicativa per capire che cosa soprattutto influenzi la propensione al negazionismo, perché c’è un aspetto sottostante, comune a (quasi) tutti i negazionisti (
grazie, Stephan, un’altra conferma sperimentale alla mia ipotesi teorica!).
E indovinate che cos'è?
Ma il complottismo, naturalmente!!
Quella solita dilagante paranoia di cui i negazionisti danno incessantemente prova.
Non racconto tutto l’articolo, perché è open access
(*) e chi lo desidera se lo può scaricare.
(*) Ci sarebbe da aprire un intero nuovo thread su uno scandalo scoppiato due giorni fa grazie alla pubblicazione su Science News di un articolo che dà conto di un’inchiesta fatta dal biologo molecolare e giornalista scientifico John Bohannon: Who's Afraid of Peer Review? (Un articolo sorprendentemente ben fatto che racconta tutta la storia nei dettagli, su Repubblica di ieri: Scienza web, c'è una fabbrica delle "bufale" a pagamento; tutto il numero del 4 ottobre di Science è inoltre dedicato a Communication in Science: Pressures and Predators.)
In una sorta di *nuovo Sokal Hoax*, Bohannon ha presentato una finta ricerca piena di errori banalissimi a 300 riviste “open access” (cioè quelle riviste che non chiedono un pagamento per la loro consultazione) e ben 157 (circa il 60%) di quelle riviste gliel’hanno accettata per la pubblicazione senza fare una piega.
Mi ha rincuorato leggere che PLOS non è stata fra queste, ma temo che tutto l'impianto dell'open access rischi di uscirne distrutto. Con buona pace di chi aspira a una sempre maggior apertura della scienza e ad una libera circolazione delle idee scientifiche.
Purtroppo, chi nel forum ha seguito la vicenda Yamamoto ed eradicazione al GcMAF, così come la più recente vicenda Ruggiero e Italian Journal of Anatomy and Embryology, già sa che la pubblicazione anche su una peer review non rende automaticamente seria e veritiera una ricerca. Ma devo ammettere che non pensavo che il cancro della ciarlataneria nelle riviste che si pretendono *scientifiche* fosse così esteso.