Placebo? No grazie, potrebbe farmi male!

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Dora
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Placebo? No grazie, potrebbe farmi male!

Messaggio da Dora » venerdì 2 novembre 2012, 9:03

Silvio Garattini ha pubblicato lo scorso settembre sullo European Journal of Clinical Pharmacology uno studio sul ruolo del placebo nei trial clinici. Quella che segue è una breve recensione tratta da PartecipaSalute.it e scritta da uno dei coautori dell'articolo.


Placebo? No grazie, potrebbe fare male

Il placebo è una sostanza inerte, cioè senza principio attivo, come una pillola di zucchero. Eppure anche il placebo potrebbe danneggiare chi lo assume.
Gli studi clinici che valutano un nuovo farmaco confrontano il nuovo trattamento con il placebo, o con un trattamento già disponibile. L’uso del placebo come confronto negli studi clinici è una questione molto dibattuta dalla comunità scientifica e dalle autorità regolatorie (vedi Approfondimento). Al di là di queste discussioni, questa scelta danneggia i pazienti che decidono di partecipare ad uno studio clinico?

Il caso che affronta questo breve articolo, traduzione e adattamento di una versione più estesa pubblicata in inglese sulla rivista European Journal of Clinical Pharmacology, è quello della sclerosi multipla. Questa malattia consiste nella progressiva degenerazione del sistema nervoso centrale e colpisce prevalentemente giovani adulti. E’ una malattia cronica e la natura, la gravità e i tempi di progressione della malattia variano da paziente a paziente. La forma più diffusa viene detta sclerosi multipla recidivante-remittente perché caratterizzata dal manifestarsi imprevedibile di nuovi sintomi o dal peggioramento di quelli preesistenti, le cosiddette ricadute.

I pazienti affetti da questa forma di sclerosi multipla hanno a disposizione diversi trattamenti che, sebbene non in grado di sconfiggere la malattia e con un’efficacia a lungo termine discutibile, riducono il numero e la frequenza delle ricadute. Interferone beta (di tipo 1b e 1a) e il copolimero 1 (glatiramer acetato) sono autorizzati in Europa e negli Stati Uniti dalla seconda metà degli anni Novanta perché il loro profilo di beneficio-rischio è stato giudicato positivo dalle rispettive agenzie di controllo dei farmaci (European Medicine Agency e Food and Drug Administration). Questi farmaci rappresentano in pratica lo standard di trattamento per i pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente.

La ricerca sulla sclerosi multipla però continua perché la risposta a questi farmaci è spesso limitata e diminuisce con il progredire della malattia. Dal tempo dell’approvazione di interferoni e glatiramer, almeno nove nuovi potenziali farmaci sono stati studiati per questa malattia attraverso studi clinici controllati e randomizzati. Analizzando questi studi e in particolare quelli di fase 3 (http://www.partecipasalute.it/cms_2/farefarmaco) che servono a stabilire l’efficacia di un nuovo farmaco ed eventualmente la sua immissione in commercio, ci si aspetterebbe di trovare un confronto tra il nuovo farmaco e le terapie disponibili, cioè interferoni o glatiramer.

Invece dal 2000 al 2012 sono stati condotti e pubblicati 10 studi clinici che hanno confrontato i nuovi potenziali farmaci per il trattamento della sclerosi multipla con il placebo, invece che con la terapia standard disponibile. Questo approccio sarebbe giustificabile se questi studi avessero incluso pazienti che non rispondono ai farmaci disponibili o non li tollerano. Non è questo il caso: in quasi tutti questi studi veniva chiesto ai pazienti di interrompere le terapie precedenti alcuni mesi prima dell’inizio del nuovo trattamento; in un caso i pazienti che avevano fallito terapie precedenti venivano addirittura esclusi.

In questi dieci studi, 2.752 pazienti sono stati trattatati con placebo, la maggior parte per circa due anni . Tecnicamente, l’esposizione al placebo è pari a , 4.800 anni persona. Gli anni persona si calcolano moltiplicando il numero dei pazienti per la durata dello studio, espressa in anni. In questo caso 4.800 è la somma di questi prodotti per ogni singolo studio. Gli studi durano quasi tutti 24 mesi (2 anni) con 3 eccezioni (su 10) che hanno durata di circa 3 mesi.

A questi pazienti non è stato somministrato il trattamento migliore disponibile e ciò ha provocato un danno che può essere in qualche modo stimato. Se consideriamo che tra i pazienti trattati con placebo si sono osservate oltre 2.000 ricadute e che interferoni e glatiramer possono ridurre il rischio di ricadute della malattia di circa il 30%, questo danno corrisponde a circa 600 ricadute che si sarebbero potute evitare utilizzando come confronto la migliore terapia disponibile invece che il placebo. Questo ragionamento, valido anche per le altre misure di esito, come la disabilità e le lesioni misurate attraverso la risonanza magnetica, dimostra il danno subito dai pazienti trattati con placebo.

L’uso del placebo anche quando esiste una terapia standard con cui confrontare nuovi farmaci è discutibile sotto molti aspetti. Primo fra tutti quello etico, perché ai pazienti trattati con il placebo viene di fatto negato un trattamento attivo e ciò determina un potenziale danno. Sarebbe interessante sapere se i consensi informati firmati dai pazienti inclusi in queste sperimentazioni citavano il fatto che venisse usato il placebo al posto di un trattamento attivo. I comitati etici che hanno valutato il disegno sperimentale di questi studi e hanno deciso comunque di approvarli avranno discusso questi svantaggi?

Il secondo aspetto riguarda la pratica clinica. Non è facile capire come il neurologo -che nella normale pratica clinica somministra determinati farmaci al paziente con sclerosi multipla - possa ritenere opportuno sospenderli per includere il paziente in uno studio, sapendo che avrà una possibilità su 2 di essere trattato con placebo.

Confronti diretti tra strategie diverse sono inoltre essenziali per capire il valore aggiunto dei nuovi farmaci rispetto a quelli già disponibili, ad esempio una maggiore efficacia o sicurezza o una maggiore selettività d’azione. Quindi non solo preservano maggiormente i diritti dei pazienti inclusi negli studi clinici ma forniscono informazioni indispensabili per un uso corretto e razionale dei farmaci a disposizione.



Rita Banzi
Laboratorio di Politiche Regolatorie del Farmaco, Istituto Mario Négri, Milano.




Abstract: Placebo? no thanks, it might be bad for me!



uffa2
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Re: Placebo? No grazie, potrebbe farmi male!

Messaggio da uffa2 » venerdì 2 novembre 2012, 13:25

In molte aree della medicina i confronti verso placebo iniziano a essere respinti, un po’ perché è “abbastanza facile” essere più efficaci del placebo, e un po’ perché appunto non è esattamente “etico” non trattare un paziente quando gli standard di cura offrono qualche soluzione.
Credo che nella SM giochi però proprio il dubbio sui farmaci: sono molti i medici non “eccezionalmente convinti” sulle terapie a disposizione (che riducono la frequenza delle recidive, tutto qui, e in realtà lasciano il dubbio se in quel paziente le recidive sarebbero state più frequenti o meno), tant’è che non ovunque i servizi sanitari rimborsano i trattamenti.
Però mi auguro che la decisione se partecipare o meno sia stata realmente lasciata al paziente, che dovrebbe essere l’unico a poter decidere se giocare alla roulette russa o no.


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