Cominciamo da uno schema che riassume la situazione:

Dalla figura si vede che i meccanismi che scatenano l’attivazione immunitaria sistemica durante l’infezione da HIV cronica sono multifattoriali e comprendono la traslocazione di prodotti microbici dal tratto gastro-intestinale, la viremia di basso livello che persiste pur in presenza di ART e le co-infezioni con altri patogeni persistenti, CMV e HCV in particolare.
Uno studio recente su macachi infetti da SIV ha dimostrato un aumento significativo della attivazione immunitaria e nei marker della coagulazione (compreso il D-dimero) a seguito di una somministrazione esogena di LPS (lipopolisaccaride).
L’eccessiva produzione di interferone-α (INF-α) e di citochine pro-infiammatorie che portano a una sovraregolazione delle molecole pro-apoptotiche, la fibrosi dei linfonodi, la disfunzione dei linfociti CD4 T-regolatori (Treg) e la deplezione dei CD161++/ (MAIT, mucosal associated invariant T-cells) sono tutti fattori che probabilmente contribuiscono all’attivazione immunitaria cronica.
STRATEGIE PER RIDURRE L’ATTIVAZIONE IMMUNITARIA PERSISTENTE NELLE PERSONE CON HIV
SOSTANZE FARMACOLOGICHE
Sono stati completati o sono in corso diversi trial clinici per ridurre l’attivazione immunitaria nelle persone con HIV (una descrizione dettagliata la si trova in un articolo di D’Ettorre, Vullo et al. del 2011: HIV-associated immune activation: from bench to bedside). In sintesi:
Statine
L’uso delle statine in persone in terapia e non in terapia antiretrovirale ha mostrato mutamenti variabili nella attivazione dei linfociti T e nei livelli di proteina C reattiva altamente sensibile (hsCRP), ma nessun effetto sul numero dei CD4. Tuttavia, in due ampi studi osservazionali su pazienti in ART, l’uso di statine si è visto associato a una riduzione della mortalità e dell’incidenza di linfoma non-Hodgkin (NHL). Non si è invece riusciti a stabilire nessuna correlazione immunologica e bisogna ancora approfondire i meccanismi sottostanti ai benefici apportati dalle statine.
Clorochina e idrossiclorochina
La clorochina e l’idrossiclorochina inibiscono l’acidificazione endosomiale nelle cellule dendritiche plasmacitoidi (pDC) e inibiscono la produzione di INF-α. In vitro, la clorochina ha inibito l’attivazione e la maturazione delle pDC, ridotto l’attivazione dei CD8 mediata dall’INF-α, sotto-modulato l’indoleamina 2,3-diossigenasi (IDO) e l’espressione del PD-L1 sulle pDC, che sono tutti regolatori negativi delle risposte dei linfociti T.
Un recente trial controllato randomizzato (RCT) su 13 pazienti naive, mai in terapia, ha trovato che la clorochina si associava con una diminuzione dell’attivazione dei CD8 memoria, della proliferazione di CD4 e CD8 e dei livelli di LPS confrontati ai valori di partenza, ma non si sono visti cambiamenti nell’HIV RNA del sangue.
Di contro, un RCT sull’idrossiclorochina in pazienti naive non ha dimostrato alcun cambiamento nella attivazione e proliferazione di CD4 e CD8, ma invece un aumento dell’HIV RNA nel sangue e una diminuzione del numero dei CD4.
In un piccolo studio non randomizzato (su 20 pazienti), la somministrazione di idrossiclorochina a persone in ART soppressiva si è associata a una riduzione di molti marker di attivazione immunitaria, senza però una ripresa significativa dei CD4.
Dati questi risultati, sono attualmente in corso trial clinici più ampi sia sulla clorochina (NCT00819390), sia sull’idrossiclorochina (NCT01232660).
Inibitori selettivi della ciclossigenasi-2 (COX-2)
Gli inibitori della COX-2 sono sostanze anti-infiammatorie che modulano l’attivazione dei linfociti T attraverso l’inibizione della prostaglandina E2 e della adenosina monofosfato ciclico (cAMP) che attiva la protein chinasi A. Nei pazienti in ART, gli inibitori selettivi della COX-2 sono stati associati a un aumento della proliferazione dei linfociti T, a una non significativa riduzione della loro attivazione e a un aumento di CD8 contenenti perforina. Un recente RCT sulla somministrazione di alte dosi di celecoxib a 31 persone con HIV non in terapia ha mostrato una diminuzione significativa dei livelli di attivazione immunitaria (vedere An Exploratory Trial of Cyclooxygenase Type 2 Inhibitor in HIV-1 Infection: Downregulated Immune Activation and Improved T Cell-Dependent Vaccine Responses).
Leflunomide
L’A77 1726, il metabolita attivo del leflunomide, una sostanza usata contro l’artrite reumatoide, ha una attività anti-HIV, inibisce la sintesi della pirimidina e riduce in vitro la proliferazione dei linfociti T attivati.
Un piccolo RCT su 16 pazienti naive non ha trovato mutamenti significativi nel numero di CD4 e CD8 o nei livelli di HIV RNA rispetto ai pazienti trattati con placebo. Inoltre, ci sono stati eventi avversi di grado 1 e 2. Tuttavia, un uso del leflunomide per un breve periodo si è associato a una riduzione del ciclo cellulare e della attivazione dei linfociti T. Al momento non è chiaro se simili effetti immunologici si vedranno anche in persone in ART.
SOSTANZE BIOLOGICHE
Colostro bovino, micronutrienti e pre-/probiotici
Si stanno tentando diversi approcci per ridurre direttamente il carico e la traslocazione microbica nelle persone con HIV. Questi includono l’integrazione con micronutrienti, con colostro bovino e con pre- e pro-biotici: si è visto che tutte queste sostanze diminuiscono la diarrea associata all’HIV. Queste strategie, inoltre, possono alterare la composizione della microflora intestinale e questo potrebbe essere importante per modulare la traslocazione microbica causata dall’attivazione immunitaria.
La maggior parte di questi studi si sono svolti con pazienti naive e alcuni hanno riportato un aumento nel numero dei CD4. (*)
In un RCT in cui è stato somministrato oralmente del colostro bovino iperimmune (che contiene anticorpi contro l’LPS) non si è visto alcun effetto sull’attivazione immunitaria o sulla ripresa dei CD4 in pazienti in ART.
(*) Vedere:
- - Floren CH, Chinenye S, Elfstrand L, Hagman C, Ihse I. Colo-Plus, a new product based on bovine colostrum, alleviates HIV-associated diarrhoea. Scandinavian journal of gastroenterology 2006; 41:682–686.
- Anukam KC, Osazuwa EO, Osadolor HB, Bruce AW, Reid G. Yogurt containing probiotic Lactobacillus rhamnosus GR-1 and L. reuteri RC-14 helps resolve moderate diarrhea and increases CD4 count in HIV/AIDS patients. J Clin Gastroenterol 2008; 42:239–243.
- Kaducu FO, Okia SA, Upenytho G, Elfstrand L, Floren CH. Effect of bovine colostrum-based food supplement in the treatment of HIV-associated diarrhea in Northern Uganda: a randomized controlled trial. Indian journal of gastroenterology: official journal of the Indian Society of Gastroenterology 2011; 30:270–276.
- Fawzi WW, Msamanga GI, Spiegelman D, Wei R, Kapiga S, Villamor E, et al. A randomized trial of multivitamin supplements and HIV disease progression and mortality. N Engl J Med 2004; 351:23–32.
- Kaiser JD, Campa AM, Ondercin JP, Leoung GS, Pless RF, Baum MK. Micronutrient supplementation increases CD4 count in HIV-infected individuals on highly active antiretroviral therapy: a prospective, double-blinded, placebo-controlled trial. J Acquir Immune Defic Syndr 2006; 42:523–528.
- Trois L, Cardoso EM, Miura E. Use of probiotics in HIVinfected children: a randomized double-blind controlled study. Journal of tropical pediatrics 2008; 54:19–24.
- Irvine SL, Hummelen R, Hekmat S, Looman CW, Habbema JD, Reid G. Probiotic yogurt consumption is associated with an increase of CD4 count among people living with HIV/AIDS. J Clin Gastroenterol 2010; 44:e201–e205.
L’attivazione immunitaria cronica in persone in ART può anche essere causata dalla viremia di basso livello. In diversi studi osservazionali e in RCT, l’aggiunta di raltegravir a una ART soppressiva non ha portato a una diminuzione significativa della attivazione immunitaria nel sangue, nel liquido cerebro-spinale o nei tessuti, né ha causato cambiamenti nella funzione endoteliale, un marker surrogato di disturbo cardio-vascolare.
Ci sono però stati due studi che hanno mostrato che l’aggiunta di raltegravir ha portato a una riduzione significativa nei marker di attivazione dei linfociti T in un sotto gruppo di pazienti e a una diminuzione delle dimensioni del reservoir.
Servono altri studi randomizzati e più ampi per determinare in modo conclusivo l’impatto dell’intensificazione con raltegravir sull’attivazione immunitaria.
Diversi studi di intensificazione con maraviroc hanno dimostrato una riduzione dell’attivazione immunitaria, ma in uno studio si è avuto un inatteso aumento. Gli antagonisti del CCR5 inibiscono i ligandi del CCR5 (fra cui CCL3, CCL4 e CCL5), portando a un aumento della loro concentrazione nel sangue. Questo potrebbe attivare i monociti/macrofagi attraverso il CCR1 e/o aumentare i linfociti T antigene-specifici e le risposte anticorpali, che si sono osservate in alcuni studi, ma non in tutti. Servono dunque altre ricerche per caratterizzare meglio i cambiamenti immunologici che si accompagnano all’uso di maraviroc.
Il momento di inizio della ART può essere un importante parametro che influenza l’attivazione immunitaria. Studi su pazienti trattati durante la fase cronica dell’infezione hanno dimostrato che persistono livelli elevati di attivazione immunitaria e insufficiente ricostituzione dei CD4 anche in pazienti in ART, se confrontati con persone HIV negative.
Un recente studio prospettico sulla ART iniziata in fase acuta ha dimostrato che dopo 48 settimane l’attivazione immunitaria scendeva a livelli normali. Servono dunque dei trial prospettici o randomizzati per determinare l’effetto di una ART precoce e di una ritardata sull’attivazione immunitaria di persone con infezione da HIV cronica.
TRATTAMENTO DELLE CO-INFEZIONI
Trattamento anti-CMV con valgancyclovir
L’aumento di anticorpi o di linfociti T CMV-specifici è stato associato ad arteriosclerosi e a scarsa ripresa dei CD4 in pazienti in ART. Questo ha fatto ipotizzare che la co-infezione con CMV possa causare attivazione immunitaria persistente. Un RCT con valgancyclovir su 30 pazienti HIV e CMV positivi in ART ha dimostrato che, durante la somministrazione di valgancyclovir, diminuivano in modo significativo sia il CMV DNA, sia l’espressione del CD38 e dell’HLA DR sui linfociti T. Al momento, non è chiaro se questo comporti dei benefici clinici e se il vancyclovir possa essere somministrato per lunghi periodi o questo comporti eccessiva tossicità.
Trattamento anti-HCV con interferon-alfa e ribavirina
Il trattamento dell’HCV con INF-α e ribavirina nei pazienti co-infetti con HIV e in ART si è visto associato a una significativa riduzione dei marker di attivazione dei linfociti T e della disfunzione endoteliale. Tuttavia, al momento non si conosce il suo impatto dal punto di vista clinico.
Altre strategie che includono il trattamento intravenoso con immunoglobuline (IVIG) e con minociclina sono state tentate in piccoli trial, ma hanno dato risultati negativi.
LE SFIDE NELL’IMPOSTARE I TRIAL CLINICI PER RIDURRE L’ATTIVAZIONE IMMUNITARIA
Ci sono diverse sfide nell’impostazione di trial clinici per ridurre l’attivazione immunitaria in persone in terapia antiretrovirale. Anzitutto, per questi studi è necessario che pazienti che per altri versi stanno clinicamente bene assumano farmaci aggiuntivi che potrebbero avere delle tossicità. Pertanto bisogna determinare con attenzione i rischi e i benefici.
In secondo luogo, sono tanti i marker dell’attivazione immunitaria e dell’infiammazione che sono stati studiati e al momento non è chiaro quale funzioni meglio per predire morbilità AIDS e non-AIDS correlate in pazienti che sono in ART soppressiva. Biomarker come l’IL-6, il D-dimero e l’sCD14 sono forse preferibili, perché sono relativamente facili da standardizzare partendo da misurazioni nel plasma. Ma bisogna ancora valutare se siano davvero i marker giusti per predire risultati clinici a seguito di interventi specifici.
Infine, dal momento che gli eventi clinici sono rari nei pazienti in ART soppressiva, saranno necessari campioni di pazienti abbastanza grandi per riuscire a dimostrare la rilevanza clinica di qualsiasi intervento volto a ridurre l’attivazione immunitaria.