#438LB Panobinostat Induces HIV Transcription and Plasma Viremia in HIV Patients on Suppressive cART
Il trial era di fase I/II e i 15 pazienti con viremia soppressa dalla ART hanno ricevuto per via orale 20 mg di panobinostat 3 volte a settimana, una settimana sì e una no, per 8 settimane.

L’obiettivo primario – come indicatore dell’avvenuta trascrizione del virus latente - era la valutazione dell’HIV RNA disgiunto associato alle cellule (CA-US RNA) ed è stato misurato sul totale dei CD4.
Gli obiettivi secondari erano la valutazione della sicurezza del farmaco e la misurazione dell’HIV RNA nel plasma e dell’HIV DNA sia totale, sia integrato.
Queste le caratteristiche di partenza dei partecipanti:

Tutti i 15 pazienti hanno completato lo studio a pieno dosaggio di panobinostat. Gli eventi avversi riferiti da 10 pazienti sono stati 45, 16 dei quali probabilmente connessi all’HDACi. Sono comunque stati tutti lievi (di grado 1) e la fatigue è stato quello più frequente. Si è verificato un evento avverso grave, ma certamente non connesso al panobinostat.

Il numero dei CD4 non è stato in alcun modo modificato dal trattamento.
E ora passiamo ai parametri virologici.
Come ci si poteva legittimamente attendere, il trattamento con un inibitore della deacetilazione istonica ha causato dei mutamenti nell’acetilazione istonica: aumenti e diminuzioni corrispondenti al ciclo delle dosi.

L’RNA virale disgiunto associato alle cellule è aumentato in modo statisticamente significativo (p<0.0001) durante il trattamento, con aumenti in corrispondenza dei momenti successivi all’assunzione del farmaco.

Il massimo aumento mediano dell’HIV RNA disgiunto associato alle cellule è stato di 3,5 volte (range 2,1 – 14,4). E i livelli di CA-US RNA sono rimasti leggermente più elevati per 4 settimane dopo l’assunzione del panobinostat (aumento di 1,6 volte).

Fin qui era quel che Rasmussen ci aveva detto a Miami lo scorso dicembre. La prossima figura, però, ci parla del DNA virale totale e integrato, misurato su 1 milione di CD4 e ci dice che l’HIV DNA totale ha avuto una diminuzione transitoria verso il 14° giorno di trattamento, ma poi se ne è tornato ai livelli di partenza e lì è rimasto. Il DNA integrato, invece, non si è neppure mosso.

La conclusione del poster è un po’ troppo sintetica – per i miei gusti. Ci dice infatti che
- 8 settimane di terapia ciclica con panobinostat sono state sicure e ben tollerate. Il trattamento con panobinostat ha portato a un aumento significativo dei livelli di CA-US-RNA, a un aumento dell’RNA nel plasma, così come a una diminuzione transitoria dell’HIV DNA totale. I nostri risultati mostrano che il panobinostat induce la produzione di HIV in modo efficiente ed è un candidato promettente per future strategie combinate per riattivare ed eliminare il reservoir latente di HIV.
Tutto bene? Qualche dubbio è lecito, se ricordiamo quello che Mathias Lichterfeld (che firma anche lui questo poster) ci ha raccontato in una bella lezione sui CD4 che hanno caratteristica di staminali, durante questo stesso congresso.
Riporto quanto ho scritto un paio di settimane fa nel thread dedicato alla ricerca di Lichterfeld:
Speranza vana.Dora ha scritto:L’ultima parte della lezione è stata dedicata alla manipolazione e distruzione del reservoir mediante HDACi.
In particolare, Lichtenfeld fa riferimento al trial danese sul panobinostat: somministrazione dell’HDACi un giorno sì e uno no, tre volte a settimana, per un mese in presenza di ART, seguita da analisi degli effetti virologici e immunologici del farmaco sul reservoir dei CD4. Indagando che cosa il panobinostat abbia fatto al DNA virale associato alle cellule, Rasmussen ha visto che l’HDACi ha avuto l’effetto di riattivare del virus latente. Nei 15 pazienti che hanno partecipato allo studio si è visto un iniziale declino dell’HIV DNA nelle prime due settimane, ma poi purtroppo questo processo si è bloccato. Se però si va a indagare paziente per paziente, si vedono 11 pazienti con livelli di DNA virale molto stabili, mentre 4 pazienti hanno mantenuto nel tempo il declino dell’HIV DNA associato ai CD4.
Lichterfeld riconosce che questa è una analisi retrospettiva e che le conclusioni che si possono trarre da una analisi post hoc sono limitate, ciò nondimeno distinguere fra i due tipi di pazienti e capire in quali sottopopolazioni di CD4 memoria si è avuto un maggior declino di HIV DNA può offrire una migliore comprensione sulle dinamiche del reservoir. Quel che si è visto è che non è accaduto granché nella popolazione complessiva dei CD4, anzi nei non responder si è visto addirittura un aumento del reservoir dei CD4 memoria centrali (mica tanto bello, perché c’è stato un aumento delle cellule che vivono a lungo a scapito di quelle, come i CD4 memoria effettori, che almeno si tolgono di torno rapidamente); invece, nei pazienti che hanno risposto meglio il declino del DNA virale è avvenuto soprattutto nei CD4 memoria centrali – e questo passaggio dalla prevalenza nel reservoir di cellule con una lunga vita a cellule che muoiono in fretta è ovviamente un ottimo segno.
I Tscm sono stati analizzati solo in due pazienti, quindi i dati non sono indicativi.
Da che cosa dipenda la variabilità nella risposta al panobinostat è ancora da indagare (e speriamo che Rasmussen domani ci dica qualcosa di più).
I ricercatori danesi hanno portato al CROI anche un interessante lavoro in cui hanno cercato di dare una risposta alle preoccupazioni di coloro che temono che l’uso di HDACi per riattivare la trascrizione dell’HIV possa avere effetti dannosi a livello di sistema nervoso centrale. Si teme, infatti, che i CD4 riattivati o le proteine virali indotte dagli HDACi possano causare danno neuronale, o che si possa verificare a livello cerebrale una sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria, o che le funzioni cerebrali possano essere intaccate dall’eliminazione di cellule della microglia e/o astrociti latentemente infetti.
#482 HIV reactivation by the histone deacetylase inhibitor panobinostat: Effects on CNS
Per valutare se la riattivazione del virus indotta dal panobinostat si associava ad effetti avversi nel sistema nervoso centrale, sono stati analizzati molti marker di neurodegenerazione e neuroinfiammazione prelevando da 11 dei 15 partecipanti al trial del liquido cerebrospinale, prima della prima dose di panobinostat e durante la settimana finale della sperimentazione.
Tutti i campioni di liquor prelevati erano negativi per l’HIV RNA, sia prima, sia durante il trattamento con panobinostat.
Non ci sono state variazioni nei marker presi in esame, né in quelli di neurodegenerazione, né in quelli di neuroinfiammazione.
Rasmussen e colleghi ne hanno concluso che ripetuti cicli di trattamento con panobinostat in pazienti HIV+ con viremia soppressa non hanno avuto associazione con eventi avversi a livello di sistema nervoso centrale.

