PERCHÉ FRONTIERS DEVE RITRATTARE L’ARTICOLO NEGAZIONISTA DI PATRICIA GOODSON
Quando lo scorso febbraio Frontiers ha dimostrato di non avere nessun interesse per la propria reputazione e di volersi tenere ben stretto il capolavoro pseudoscientifico della dottoressa Goodson, Kenneth Witwer, professore alla Johns Hopkins University School of Medicine, ha lanciato da LinkedIn un appello agli scienziati perché boicottino le riviste del gruppo Frontiers.
Nessuna reazione da parte dell’editore. Nessun moto di vergogna da parte dei capiredattori di specialità, che sembrano curarsi della propria reputazione scientifica e dei propri doveri nei confronti dei lettori ancor meno degli editori.
Dieci giorni dopo è arrivata la nostra lettera di protesta. A noi almeno l’editore ha fatto una formale promessa di mandarci una “risposta esauriente” nel giro di “qualche giorno”. Pare prendersela molto comoda, però, perché ormai sono passate tre settimane e di risposte, esaurienti o meno, non se ne sono ancora viste.
Oggi Kenneth Witwer ci riprova. Lo fa da pagine molto autorevoli per il legame che rappresentano fra scienziati e attivisti, quelle di The Body Pro. E lo fa con un articolo che condivido dalla prima all’ultima parola, non soltanto perché fa proprie tutte le argomentazioni esposte nella nostra lettera, ma anche perché sottolinea un tema che mi sta particolarmente a cuore: la necessità che gli editori scientifici compiano una demarcazione molto netta fra scienza e pseudoscienza. Quella della demarcazione, infatti, non è questione soltanto epistemologica, buona per sfoggiare nei salotti le proprie letture filosofiche; ma la capacità di discernere la scienza dalla fuffa e la scelta di non pubblicare fuffa è un requisito cruciale, che stabilisce lo standard minimo in base al quale si può valutare la serietà scientifica di una rivista.
E se talvolta il confine è sottile e difficile da tracciare, come ho scritto già a febbraio, questa volta la demarcazione era un gioco da ragazzi.
Quella che segue è la traduzione dell’articolo di Kenneth Witwer.
Why Frontiers Must Retract HIV/AIDS Denialist Paper
Di recente, l’editore scientifico
Frontiers ha pubblicato un articolo che mette in discussione il nesso fra HIV e AIDS. Tuttavia, il sistema di credenze noto come negazionismo dell’HIV/AIDS non ha alcuna base scientifica. Come viene dimostrato ogni volta di nuovo quando una persona inizia un programma terapeutico di successo, il nesso causale fra HIV e AIDS è fra i più forti e i meglio indagati nella scienza medica moderna. Il manoscritto pubblicato, per di più, era debole – una arringa faziosa, mal documentata e piena di errori, scritta da una persona senza esperienza nel campo dell’HIV/AIDS e con una formazione in teologia e pedagogia.
Questo revival del negazionismo nella letteratura scientifica è doppiamente preoccupante, poiché il negazionismo rimane pericoloso nella misura in cui viene tollerato in contesti credibili. La reazione degli scienziati e degli attivisti rigorosi dovrebbe essere quella di chiedere la ritrattazione del pezzo e di evitare il marchio
Frontiers se e finché tale ritrattazione non si verifica.
IN CHE COSA CREDONO I NEGAZIONISTI, E PERCHÉ?
I negazionisti dell’HIV/AIDS credono che l’HIV non esista, o che esista ma sia innocuo. Sostengono che l’AIDS è causata dai farmaci antiretrovirali o da “stili di vita”. Un’ampia varietà di motivazioni e convinzioni sottostanno a queste conclusioni anti-scientifiche. Alcuni negano in generale le malattie contagiose, ad esempio ipotizzando che il morbillo sia il risultato di una cattiva abitudine e non di un virus. Altri mettono in discussione soltanto l’esistenza dell’HIV o la sua capacità di causare una malattia. Per molti il negazionismo dell’HIV/AIDS è solo una teoria in una bizzarra accozzaglia di teorie complottistiche. Alcuni sono fanatici o illusi zeloti della “collera di Dio”.
Purtroppo, c’è anche un’altra categoria di negazionisti: i morti. Troppo spesso i negazionisti HIV positivi hanno messo in pratica quello che predicavano e sono morti perché hanno rifiutato i trattamenti.
IL NEGAZIONISMO HA ANCORA IMPORTANZA?
L’età dell’oro del negazionismo può anche essere finita, ma ancor oggi si perdono delle vite. Ci fu un momento in cui Paesi interi erano minacciati. Quindici anni fa la discutibile “erudizione” del professor Peter Duesberg della University of California, Berkeley, fornì al governo sudafricano il razionale per rifiutare la distribuzione di farmaci antiretrovirali di cui c’era un disperato bisogno. Duesberg, che sprezzantemente si riferiva agli africani neri chiamandoli “Schwartzes”, sosteneva che i farmaci salva-vita contro l’HIV erano la vera causa dell’AIDS. La tragedia che ne risultò durò per molti anni, causando centinaia di migliaia di morti evitabili e di nuove infezioni.
Il clima politico da allora è cambiato in meglio. Tuttavia, il negazionismo ha ancora importanza finché i suoi sostenitori rimangono una minaccia per sé stessi e per altri, che potrebbero comprensibilmente abbracciare un messaggio rassicurante su un virus innocuo e rinunciare a un trattamento necessario.
CHI È RESPONSABILE?
È dimostrato che il negazionismo uccide. Duesberg e altri leader minori nella minuscola comunità negazionista condividono senza dubbio delle responsabilità nelle morti in Sud Africa e altrove. Ma, per quanto biasimevoli, si può dire che le loro azioni sono sorprendenti? I pazzi saranno sempre in mezzo a noi e ci aspettiamo che si comportino da pazzi.
Molto più grave e ingiustificabile è il comportamento di coloro che sanno: coloro che hanno l’autorità per agire e non muovono un dito. Che fine farebbero gli argomenti di Duesberg se non avessero dietro di sé il nome della sua università? L’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki sarebbe stato più influenzato dagli scarabocchi di un arruffapopoli o da un professore ordinario a Berkeley? Purtroppo, gli amministratori della University of California hanno rifiutato di cacciare o almeno di censurare il loro occupante negazionista dell’HIV/AIDS improduttivo dal punto di vista scientifico e ripugnante dal punto di vista morale, dando maggior valore a un’idea distorta di “libertà accademica” che alla vita umana.
GLI EDITORI SCIENTIFICI HANNO UNA RESPONSABILITÀ ENORME … DISCRIMINARE!
L’editoria scientifica non è e non dovrebbe essere inclusiva. In un certo senso, si tratta di applicare con attenzione la censura: mandare al rogo gli errori, la negligenza e le assunzioni non valide. L’evidenza deve venire alla luce; le nozioni confutate dovrebbero essere rigettate ed eliminate.
Gli editori di riviste biomediche che consentono alle assurdità di comparire nelle loro pagine a causa di un’idea sbagliata della libertà di parola compromettono l’impresa scientifica e la salute pubblica. Proprio come gli spregiudicati protettori accademici di Duesberg, gli editori di Frontiers hanno fallito nella loro funzione di guardiani.
Proprio come la frode di Andrew Wakefield e il movimento anti-vaccinista si sono basati su un articolo di
The Lancet (ora ritrattato), i negazionisti dell’HIV/AIDS traggono forza dall’essere pubblicati nella letteratura scientifica. Quando ciò accade, serve una azione drastica, come ci fu anni fa in risposta a un articolo negazionista nella rivista
Medical Hypotheses. L’editore ritrattò l’articolo, rimosse l’editor responsabile e stabilì nuove linee guida.
UNA MOLTIPLICAZIONE DI ERRORI
Invece,
Frontiers ha fallito su ogni fronte dopo che un grido di protesta da parte di alcuni scienziati ha spinto
Frontiers a pubblicare uno Statement of Concern e dare inizio a un’indagine:
- • L’indagine si è conclusa con la decisione di riconfermare l’articolo, semplicemente riclassificandolo come un articolo di opinione.
• Peggio, gli editori l’hanno fatto elencare in PubMed, il catalogo della letteratura biomedica. Inspiegabilmente, l’iniziale Statement of Concern è stato distrutto e rimosso dagli archivi.
• Frontiers ha anche commissionato una risposta in stile dibattito a un ricercatore nel campo dell’HIV/AIDS, implicando che le inesattezze del negazionismo dell’HIV/AIDS meritino una seria considerazione.
Avendo l’opportunità di correggere il proprio errore,
Frontiers l’ha invece deliberatamente moltiplicato.
CHE SI DEVE FARE?
Frontiers deve ritrattare l’articolo. Non importa come sia classificato, questo manoscritto è la parodia di un lavoro accademico e non deve avere posto in letteratura, neppure come occasione per “un momento di insegnamento”.
In secondo luogo,
Frontiers dovrebbe pretendere le dimissioni degli editor coinvolti nella deliberata decisione di mantenere l’articolo, oppure spostarli ad altro incarico. È davvero sorprendente che qualcuno coinvolto nella ricerca su HIV/AIDS possa avere autorizzato la promozione di questo lavoro.
Infine,
Frontiers deve prendere dei provvedimenti per evitare irregolarità come quelle che hanno permesso la pubblicazione stessa dell’articolo. Finché questi provvedimenti non saranno attuati,
Frontiers non può essere preso sul serio come editore scientifico e dovrebbe essere boicottato.
Riflettendo su questo episodio, mi è venuto in mente il mio primo anno di università, quando a me e ai miei compagni di corso fu chiesto di invitare un oratore per una conferenza. La nostra prima scelta cadde su un ex scienziato un po’ viscido, che era anche un negazionista dell’HIV/AIDS. Nella nostra immaturità, lo trovavamo divertente. Ma il nostro professore non lo ritenne tale e saggiamente bocciò la nostra prima scelta.
Esercitando il suo ruolo di guardiano, egli riconobbe qualcosa che gli editori di
Frontiers farebbero bene a tenere in considerazione: non tutti i punti di vista hanno lo stesso valore, e alcuni punti di vista non hanno spazio in situazioni rispettabili.