Dora ha scritto:L'estate scorsa [2014], un lavoro della
Temple University -
RNA-directed gene editing specifically eradicates latent and prevents new HIV-1 infection -
di cui parlammo in "Scoperte" ha iniziato a introdurci al sistema CRISPR/Cas9.
Non era la prima volta che CRISPR-Cas9 veniva usato per distruggere l’HIV latente, perché già nel 2013 dei ricercatori della
Kyoto University pubblicarono un
report su Nature, in cui riferivano di avere lavorato su modelli cellulari e di avere osservato sia una perdita di espressione genica dell’HIV quando ne avevano distrutto l’LTR mediante CRISPR/Cas9, sia una estirpazione dei geni del virus dai cromosomi delle cellule in cui si era integrato.
Molto correttamente questi scienziati giapponesi, pur sottolineando che l’estirpazione del provirus dal genoma della cellula ospite poteva offrire “un raggio di speranza” per eradicare l’HIV dalle persone che ne sono infette, non nascosero i limiti del loro lavoro, ammettendo che
- “ci sono diversi ostacoli da superare prima di utilizzare la modificazione del genoma in terapie di eradicazione dell’HIV-1 quali la terapia genica. Anzitutto, l’efficienza della modificazione del genoma e/o l’estirpazione del provirus deve essere quantificata in cellule primarie latentemente infette, compresi i CD4 quiescenti latentemente infetti. In secondo luogo, si deve sviluppare un sistema di trasporto efficiente. Fortunatamente, il sistema CRISPR/Cas9 ha un vantaggio di dimensioni rispetto alle TALEN. Quindi può essere trasportato da vettori lentivirali, mentre le TALEN non possono a causa delle loro ampie dimensioni e della ripetizione delle sequenze. L’ultimo ostacolo riguarda i possibili effetti off-target, una preoccupazione per tutte le strategie di modificazione del genoma, che possono comportare modificazioni non specifiche di geni.”
Quando nel luglio scorso uscì sui
PNAS il lavoro della Temple University ci fu un profluvio di articoli di stampa, dai quali le legittime preoccupazioni espresse nel lavoro della Kyoto University pareva fossero magicamente scomparse.
Kamel Khalili e colleghi sostenevano di avere superato i problemi di insufficiente specificità che portavano a possibili effetti off-target, e dunque a tossicità, combinando diversi approcci per identificare i bersagli dell’HIV contro cui scatenare l’attacco della Cas9 e riuscendo così a creare un metodo basato sulla Cas9, che si era dimostrato capace di eradicare l’HIV DNA integrato dalle cellule latentemente infette e anche di impedire che le cellule si infettassero di nuovo. E sostenevano di esserci riusciti con alta specificità ed efficienza.
Avevano lavorato soprattutto su cellule della linea mieloide (microglia/macrofagi), che costituiscono il maggiore reservoir di HIV latente nel cervello e sono particolarmente difficili da trattare. Ma ritenevano che questa loro proof of concept fosse applicabile a qualsiasi altro tipo di cellule, compresi i linfociti T, gli astrociti e le staminali neurali.
Oltre alla completa ablazione dei provirus dell’HIV integrati nel genoma delle cellule, il passo avanti rispetto alla ricerca giapponese era stato la dimostrazione che se il genoma viene modificato con il sistema Cas9/gRNA si riesce a immunizzare la cellula dall’infezione da parte del virus. In sostanza, accadrebbe quello che accade ai batteri: quando l’HIV cerca di integrarsi nel genoma di una cellula trattata con Cas9/gRNA, viene immediatamente distrutto.
Mentre per Koyanagi e colleghi il loro lavoro offriva semplicemente “un raggio di speranza”, Khalili e colleghi terminavano il loro articolo sostenendo che si potevano esplorare vari sistemi di trasporto del Cas9/LTR-gRNA per arrivare a immunizzare i soggetti ad alto rischio di infezione e, data la facilità con cui si possono sviluppare i sistemi Cas9/gRNA, immaginavano che si potrà presto fare una genotipizzazione delle varianti di HIV-1 per avere una terapia personalizzata per ciascun paziente. Dichiararono inoltre di avere fatto abbastanza esperienza sulle cellule e di essere pronti a passare a sperimentare sugli animali.
A me quell’articolo parve concludersi con un delirio di onnipotenza e, quando ne parlammo a luglio,
provai a riportare quella ricerca con i piedi per terra.
- 1. Anzitutto, Khalili e colleghi sembrano trascurare il fatto che il loro successo è stato parziale, perché ha funzionato solo nella metà dei casi, sia per quanto riguarda l’escissione del DNA virale integrato nel genoma della cellula ospite, sia per quanto riguarda la protezione da infezioni future delle cellule trattate. La variabilità genetica dell’HIV non è una questione da sottovalutare, perché la tecnica CRISPR/Cas9 è costruita per colpire una specifica sequenza genica, che può mancare non solo in altre varianti di virus circolanti nel mondo, ma anche nei virus presenti nella medesima persona.
2. In secondo luogo, anche se questa tecnologia pare davvero molto precisa, il rischio di danneggiare altri geni oltre a quelli che si intendono colpire è sempre in agguato. Quindi la questione degli effetti off-target dovrà essere studiata in modo molto più approfondito.
3. In terzo luogo, una cosa è modificare il genoma di una cellula in laboratorio; altra cosa è trasportare CRISPR/Cas9 fino a tutte le cellule latentemente infette infrattate nei posti più remoti e difficilmente accessibili di un organismo vivente.