[CROI 2012] D. Shepp: report sull’infiammazione

Le principali novità dai congressi riguardanti la malattia da HIV (CROI, IAS/IAC, ICAAC...) e i nostri commenti.
Dora
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[CROI 2012] D. Shepp: report sull’infiammazione

Messaggio da Dora » venerdì 16 marzo 2012, 9:09

Non ho seguito gli innumerevoli lavori che sono stati portati al CROI sulle questioni legate all’infiammazione. Faccio quindi ammenda, traducendo un report sulle ricerche dedicate ad HIV e infiammazione che, come già aveva già fatto per le ultime edizioni del CROI, anche quest’anno David Shepp, professore al North Shore University Hospital, Manhasset (New York) ha scritto per Natap.

CROI 2012: Studies on Inflammation in HIV

La maggiore diffusione della HAART nel mondo ha portato ad una enorme diminuzione delle patologie AIDS-correlate nelle persone con HIV. Nell’ultimo decennio, le patologie non-AIDS, fra cui i disturbi cardiovascolari (CVD), le infezioni non-AIDS, il cancro e le deficienze epatiche sono divenute le più comuni cause di morte. Insieme ai fattori di rischio tradizionali quali il fumo, l’obesità, il diabete e la dislipidemia, l’attivazione immunitaria e l’infiammazione cronica contribuiscono alla patogenesi di queste condizioni. L’infiammazione è presente nell’HIV non trattato e migliora, ma non si risolve completamente, con l’uso prolungato della HAART. Le cause dell’attivazione immunitaria persistente non sono del tutto comprese. La traslocazione microbica dovuta al persistente danno immunologico al tessuto linfatico associato alla mucosa gastrointestinale è uno dei fattori principali. Altre cause possibili includono le co-infezioni croniche quali il CMV, e un’infezione da HIV persistente di basso livello, che elude la HAART.
Capire le cause e le conseguenze dell’infiammazione cronica nell’HIV e sviluppare strategie per controllarla sono aree fondamentali nella ricerca sull’HIV contemporanea. Di conseguenza, molti abstract portati al CROI 2012 si sono incentrati sull’infiammazione.

CONSEGUENZE DELL’INFIAMMAZIONE

CVD – La relazione fra CVD e infiammazione è ben stabilita sia nella malattia da HIV, sia nella popolazione generale. Il CD14 solubile (sCD14) è un marker dell’attivazione dei monociti/macrofagi, che è importante – dal punto di vista patogenetico – nello sviluppo delle placche arteriosclerotiche. L’sCD14 è usato anche come marker della traslocazione microbica, poiché è il maggior recettore del batterio lipopolisaccaride (LPS). Kelisidis et al, abstr. 122 hanno presentato uno studio su 155 persone HIV+, incrociandone i dati con 36 controlli HIV-, tutti a rischio piuttosto basso di CVD: a tutti sono stati misurati i marker al basale e sono stati tutti seguiti longitudinalmente, con misurazioni dello spessore della carotide intimo-media (cIMT), un valore che si sa essere correlato con il disturbo vascolare arteriosclerotico. In un’analisi multivariata, in cui sono stati corrette molte variabili che avrebbero potuto portare confusione, i livelli al basale dell’sDC14 e dell’LPS sono risultati strettamente e indipendentemente correlati con il tasso di aumento del cIMT durante le 96 settimane di follow-up. Questa correlazione si è riscontrata nel gruppo degli HIV+, ma non in quello degli HIV-.

ALTRE COMPLICANZE – Tre presentazioni hanno esaminato la relazione fra marker infiammatori e complicanze che in precedenza non erano state ben studiate: l’ipertensione, la neuropatia sensoriale periferica (PSN) e l’insufficienza renale cronica (CKD). Dei ricercatori norvegesi hanno misurato l’LPS e l’sCD14 prima della HAART in un gruppo di 42 pazienti con pressione normale, estratti da un più ampio studio prospettico di coorte sull’ipertensione nella malattia da HIV (Manner IW, abstr. 814). In un’analisi multivariata, in cui sono stati corretti altri possibili fattori di rischio, il rischio di sviluppare ipertensione durante il follow-up è risultato associato in modo forte e indipendente con i livelli al basale sia dell’LPS, sia dell’sCD14.

La patogenesi del dolore sensoriale nella malattia da HIV non è completamente chiara. La riduzione dell’uso di dideossi-nucleosidi ha diminuito di molto la severità del problema nei pazienti in HAART, ma si verificano ancora casi subclinici sintomatici. Alcuni studi suggeriscono che l’attivazione dei monociti sia presente nei gangli delle radici dorsali dei nervi. I ricercatori dello studio CHARTER hanno cercato una prova della attivazione dei monociti in 78 pazienti con o senza diagnosi di neuropatia sensoriale periferica, misurando l’sCD14 nel fluido cerebrospinale (Ellis R, abstr. 495). Tutti i pazienti avevano viremie irrilevabili grazie alla HAART. I livelli di sCD14 erano significativamente più alti in chi soffriva di PSN, mentre i livelli del recettore solubile 2 del TNF, un marker di attivazione non specifico dei monociti erano simili nei due gruppi. Tuttavia, le caratteristiche del gruppo con e di quello senza PSN erano differenti e non sono state fatte correzioni nell’analisi per determinare se l’associazione trovata era indipendente, forse a causa della piccola dimensione dello studio. Questo limita la cogenza dell’associazione osservata.

Anche se è una causa di morte non comune, lo sviluppo di insufficienza renale cronica (CKD) è un disturbo relativamente comune fra i pazienti HIV+ in HAART. Il ruolo dell’infiammazione come fattore di rischio è stato ampiamente valutato. Neuhaus et al, abstr. 830 hanno misurato l’hsCRP, l’IL-6 e il D-dimero al bassale in una ampia coorte di 3403 pazienti, estratti dagli studi SMART e ESPIRIT. La CKD è stata definita sulla base della diminuzione del GFR. Non erano disponibili informazioni sulla proteinuria, necessarie per una migliore comprensione della CKD.

MORTALITÀ – Elevati marker di attivazione dell’immunità innata e della cascata di coagulazione nel plasma, quali la hsCRP, l’IL-6, l’sCD14 e il D-dimero sono stati associati a un aumentato rischio di morte in pazienti che iniziavano la HAART. Anche i marker di attivazione dei linfociti T sono stati correlati con il rischio di mortalità in pazienti non in terapia. Non si sa quali marker abbiano il miglior valore predittivo o siano direttamente coinvolti nella patogenesi di queste malattie. Hunt et al, abstr. 278 hanno misurato diversi marker in pazienti morti per cause non violente e in controlli presi da due studi longitudinali di coorte (SOCA e SCOPE). Tutti i marker dell’immunità innata (IL-6, hsCRP, sCD14, sTNFR-1), della coagulazione (D-dimero) e dell’integrità dell’epitelio intestinale (proteina che lega gli acidi grassi intestinali [I-FABP], zonulina), erano correlati alla mortalità in modo più stretto rispetto ai marker di attivazione dei linfociti T.

RIPRESA IMMUNITARIA – Studi fatti in passato hanno dimostrato che una delle conseguenze di innalzati livelli di attivazione dei linfociti T è una minore ripresa dei CD4 durante la HAART. Questa osservazione è stata estesa da Zhang et al, abstr. 274, che hanno indagato 120 fra i primi partecipanti alla coorte ALLRT, che dà un follow-up a lungo termine dei partecipanti ai trial ACTG. Dopo 10-15 anni di HAART soppressiva, coloro che presentavano i livelli più alti di attivazione dei CD8 avevano conte dei CD4 significativamente più basse (circa 100 cellule in meno) rispetto a coloro che avevano livelli di attivazione più bassi.

EFFETTI DIFFERENZIALI DELLA HAART

La HAART attuale offre la possibilità di scegliere fra molti regimi, che sono altamente efficaci e ben tollerati. Tuttavia, si sa poco delle differenze fra regimi in termini della loro capacità di ridurre e potenzialmente normalizzare l’infiammazione cronica. Molti abstract hanno cominciato a gettare una luce su questa area della ricerca antiretrovirale, che è importantissima, eppure non sufficientemente studiata.

RALTEGRAVIR – Gli effetti del passare al raltegravir (RAL) o continuare a prendere degli inibitori della proteasi (IP) rinforzati con ritonavir sono stati confrontati in un sottogruppo di pazienti dello studio SPIRAL, uno studio randomizzato, in aperto, di 48 settimane su pazienti con viremie irrilevabili (Martinez E, abstr. 834). Alla fine dello studio, i pazienti che erano passati a RAL avevano livelli significativamente più bassi di hs-CRP, IL-6, MCP-1, osteoprotegerina e TNF-alfa rispetto ai pazienti che avevano continuato con gli IP. Anche i livelli di insulina e D-dimero erano più bassi, così come i lipidi; invece i marker della funzione endoteliale non presentavano differenze.
Un secondo studio (EASIER) ha riguardato il passaggio da enfuvirtide a RAL (Silva E, abstr. 840). Dopo 24 settimane di terapia randomizzata, tutti i partecipanti hanno ricevuto RAL. Il-6, hsCRP e D-dimero alla 24° settimana si erano stabilizzati nel gruppo di pazienti che avevano ricevuto RAL, mentre i loro livelli sono rimasti costanti fino alla 24° settimana e poi sono scesi nel gruppo che all’inizio era rimasto in un regime di IP e poi era passato a RAL.
Un terzo studio ha misurato in modo intensivo i marker di attivazione immunitaria, di traslocazione microbica e di esaurimento dei linfociti T in 15 pazienti naive che hanno iniziato un regime di HAART contenete RAL. Sono stati fatti dei confronti con controlli storici che avevano ricevuto un regime di HAART senza RAL per una durata simile, e con controlli HIV negativi (Pallikkuth S, abstr. 277). Dopo 24 settimane, i livelli di CD4 e CD8 attivati, di PD-1+/CD4+ e CD8+, di LPS nel plasma e di sCD14 erano tutti significativamente ridotti rispetto al basale, a dei livelli che erano di molto inferiori rispetto ai controlli storici. Tuttavia, i livelli di CD8 attivati e di LPS sono rimasti più alti rispetto ai controlli HIV negativi.

ALTRI ANTIRETROVIRALI – Il Maraviroc (MVC) è un antiretrovirale che colpisce il recettore CCR5 sulla superficie della cellula ospite, che è il principale co-recettore che consente l’ingresso dell’HIV. I ligandi naturali sono le chemochine CC, quindi inibire il CCR5 può avere effetti immunomodulanti. L’infiammazione vascolare, specialmente l’attivazione dei monociti, svolge un ruolo critico nella disfunzione endoteliale e nella patogenesi dell’arteriosclerosi. La delezione naturale negli uomini del gene del CCR5 e la sua inattivazione in studi animali possono ridurre l’arteriosclerosi. Studi fatti in passato hanno analizzato l’attivazione immunitaria durante l’intensificazione della HAART con MVC, con risultati contrastanti. In un trial randomizzato, controllato con placebo, Hsue et al, abstr. 123 hanno esaminato l’effetto dell’intensificazione con MVC sulla dilatazione flusso mediata (FMD) dell’arteria brachiale, un marker della disfunzione endoteliale e del rischio cardiovascolare. Sono stati studiati 52 pazienti con viremia controllata dalla HAART. Confrontati con quelli che hanno ricevuto il placebo, e in contrasto con le aspettative, 24 settimane di intensificazione con MVC non hanno avuto effetto sull’FMD, e per di più l’sCD14 e l’sCD163, marker dell’attivazione dei monociti, sono aumentati. Il MVC ha anche fatto aumentare i livelli plasmatici della chemochina CC MIP-1 beta, che può mediare l’attivazione dei monociti attraverso recettori alternativi.

Molti grandi studi di coorte hanno trovato una associazione fra l’uso di abacavir (ABC) e l’aumentato rischio di infarto del miocardio o di altri disturbi cardiovascolari, ma i risultati sono controversi, perché altri studi, fra cui alcuni trial randomizzati, hanno dato risultati negativi. L’identificazione di un meccanismo che spieghi in modo plausibile questo aumento del rischio potrebbe aiutare a chiarire la discussione.
L’ACTG 5202 ha randomizzato dei pazienti naive dando loro uno dei quattro regimi di HAART usati di solito: tenofovir (TDF)/emtricitabina (FTC), ABC/lamivudina (3TC), combinati o con efavirenz (EFV), o con atazanavir/ritonavir (ATV/r). In un sotto-studio su 269 pazienti, McComsey et al, abstr. 835 hanno misurato una serie di marker infiammatori ed endoteliali al basale, alla 24° e alla 96° settimana. La maggior parte dei marker studiati (TNF-alfa, sTNFR-I, sTNFR-II, sICAM-1, sVCAM-1) sono diminuiti alla 24° e alla 96° settimana e non hanno presentato differenze fra i 4 bracci dello studio. L’hsCRP è aumentata sia in chi ha preso ABC/3TC, sia in chi ha preso EFV, e le differenze fra ABC/3TC e TDF/TFC erano significative sia alla 24° sia alla 96° settimana. Questo studio è stato condotto senza fare il test per l’HLA-B5701, ma le differenze nei livelli di hsCRP non sono parse riferibili ai pazienti in ACB/3TC che hanno avuto reazioni di ipersensibilità. La differenza fra EFV e ATV/r, nel caso della hsCRP, è stata significativa solo alla 24° settimana. I livelli di IL-6 sono diminuiti alla 24° settimana più con il regime TDF/FTC che con ABC/3TC, ma non alla 96° settimana.

Un secondo studio, più piccolo, ha esaminato una selezione di pazienti, che inizialmente avevano partecipato ai trial randomizzati su ABC (n=46) vs TDF (n=72). In questo studio, dopo avere aggiustato le variabili confondenti, non si sono trovate differenze significative nella hsCRP, nel D-dimero o nella funzione endoteliale misurata attraverso dilatazione flusso mediata (FMD) (Wohl D, abstr. 838).

Sono state notate delle possibili differenze fra regimi di HAART contenenti lopinavir/ritonavir o EFV nei marker della traslocazione microbica in un sottoinsieme di 71 pazienti di un trial randomizzato più ampio, condotto su pazienti scandinavi naive (Barqasho B, abstr. 836). Dopo 72 settimane di trattamento, l’sCD14 e gli anticorpi anti-flagellina sono notevolmente diminuiti, senza differenze fra i regimi terapeutici. L’I-FABP, un marker della distruzione della mucosa intestinale e della morte cellulare, è aumentato rispetto al livello basale, ma il cambiamento ha raggiunto la significatività statistica soltanto nel gruppo che ha ricevuto EVF. Non si è vista una ragione per le discordanze osservate fra certi marker.


TERAPIE SUPPLEMENTARI

Anche se studi come quelli descritti sopra suggeriscono che alcuni regimi di HAART possano migliorare lo stato infiammatorio meglio di altri, la HAART da sola può non essere in grado di normalizzare completamente l’infiammazione in tutti i pazienti. La ricerca di terapie da usare insieme alla HAART inizia con sostanze che hanno dimostrato sia di avere proprietà anti-infiammatorie, sia di essere sicure in altre patologie. Uno di questi gruppi di farmaci sono le statine, che riducono il CVD molto più di quanto si poteva prevedere da parte del solo effetto di abbassamento dei lipidi, riducono l’attivazione immunitaria e i livelli di citochine infiammatorie e possono dare dei benefici sia in caso di artrite reumatoide, sia in caso di polmonite. Studi fatti in passato nella malattia da HIV hanno dimostrato una diminuzione della attivazione dei linfociti T in pazienti non in terapia e una analisi di coorte ha suggerito un possibile vantaggio in termini di sopravvivenza. I ricercatori dell’ACTG hanno cercato la prova di una riduzione degli eventi clinici fra le persone che assumevano statine nella coorte ALLRT (Overton ET, abstr. 124). Lo studio ha analizzato 3.600 pazienti e oltre 15.000 pazienti/anno di follow-up. Si è visto che i pazienti che iniziavano le statine avevano una diminuzione del 19% nell’endpoint composito degli eventi clinic complessivi, una tendenza che non ha raggiunto la significatività statistica. Fra gli endpoint individuali esaminati, si è avuta una riduzione significativa di tumori non-AIDS fra chi assumeva statine. Mentre questo studio non fornisce una buona dimostrazione a favore delle statine come terapia di sostegno nella malattia da HIV, non porta però a negare che esistono dei dati che fanno pensare che dei benefici ci siano. Controllare le variabili confondenti in una analisi di coorte non randomizzata è molto difficile, soprattutto se si usa un endpoint composito di diverse patologie, con numerosi fattori di rischio noti.
Inoltre, alcune statine sono più potenti di altre. E non sono state fornite informazioni sui farmaci specifici e sui dosaggi utilizzati. Da notare che non si è osservato alcun beneficio delle statine in caso di eventi CVD: questo suggerisce un’ulteriore limite dello studio.

Altre classi di farmaci comunemente usati che possono avere proprietà anti-infiammatorie sono gli ACE inibitori e gli ARB (bloccanti del recettore dell’angiotensina). Un piccolo studio pilota, controllato con placebo, ha randomizzato dei pazienti con viremia soppressa dalla HAART, dando loro lisinopril, pravastatina, entrambi o nessuno (Baker J, abstr. 825). Dopo 4 mesi, l’hsCRP, il TNF-alfa e la pressione diastolica risultavano ridotte con il lisinopril, rispetto al placebo. La pravastatina non ha avuto effetti sui marker infiammatori o sui lipidi, coerentemente con la sua potenza relativamente bassa, fra le varie statine. La pravastatina è la statina usata di preferenza per le persone con HIV soprattutto perché non presenta interazioni con gli antiretrovirali normalmente usati. Tuttavia, studi su statine più potenti, a dosaggi impostati in modo corretto, potrebbero essere di grande interesse.

Il telmisartan è un ARB che si sa avere effetti benefici sulla attivazione dei monociti e sul grasso viscerale nelle persone HIV negative. In un piccolo studio pilota, non controllato, è stato dato telmisartan a soggetti HIV+ con lipoipertrofia e buona soppressione virale grazie alla HAART (Lake J, abstr. 826). Dopo 24 settimane, non solo i marker di attivazione dei monociti – l’sCD14 e l’sCD136 – non erano migliorati, ma anzi erano aumentati. La ragione per questi effetti contrastanti rispetto a quanto accade nelle persone HIV negative non è chiara.

EFFETTI SULLA GRAVIDANZA – (…)

SINTESI – La grande quantità di dati sull’infiammazione portati al CROI 2012 ha fornito nuove intuizioni e suggerisce nuove strade di ricerca, anche se per ora ci sono poche conclusioni definitive, che possano influenzare la gestione clinica della malattia.
  • • Si è avuta ulteriore prova che il CVD è in parte causato dalla infiammazione cronica.
    • L’ipertensione e forse anche il dolore della neuropatia sensoriale possono essere aggiunti all’elenco delle complicanze che sono influenzate dall’infiammazione cronica dei pazienti in HAART.
    • La CDK, almeno se definita dalla sola diminuzione del GFR, può essere influenzata soprattutto da altri fattori.
    • L’attivazione sia del sistema immunitario innato, sia di quello adattivo causa infiammazione cronica nella malattia da HIV, ma i marker dell’immunità innata sembrano avere un valore predittivo più forte in termini di mortalità.
    • Una scarsa ripresa dei CD4 è legata a più alti livelli di attivazione immunitaria, e questo effetto può permanere anche dopo molti anni di HAART.
    • Stanno cominciando ad essere fatti dei confronti fra gli effetti dei vari antiretrovirali sull’infiammazione. Dei primi risultati suggeriscono possibili vantaggi del raltegravir e del tenofovir/emtricitabina. Sarebbero molto interessanti degli studi comparativi più ampi su regimi che combinino questi farmaci.
    • Sono stati fatti anche degli studi per capire se si vedono simili effetti con i nuovi farmaci, ancora sperimentali, nella classe degli inibitori dell’integrasi – elvitegravir e dolutegravir – e sul profarmaco sperimentale del tenofovir, il GS7340.
    • Gli studi sulle terapie supplementari per ridurre l’infiammazione sono ancora preliminari. Devono essere ulteriormente valutati sia delle statine potenti, sia forse anche degli ACE inibitori e degli ARB.
    • Un trial ACTG randomizzato, ancora in corso, sta confrontando l’effetto a breve termine sui marker infiammatori delle statine, della HAART o di entrambe.
    • Infine, ogni benefica riduzione dei marker infiammatori vista sia con specifici regimi di HAART, sia con terapie supplementari, richiederà una correlazione con i risultati clinici.
    • Differenze nel profilo delle citochine rilevate in gravidanza con diversi regimi di HAART offrono un possibile meccanismo per l’aumentato rischio che le donne HIV+ hanno di portare a termine la gravidanza prima del tempo. L’improvviso declino dell’infiammazione visto nel periodo successivo al parto potrebbe significare che una sospensione della HAART sia meno problematica durante questo periodo; servono però sia un follow-up più lungo, sia il monitoraggio degli eventi clinici.



Dora
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Re: [CROI 2012] D. Shepp: report sull’infiammazione

Messaggio da Dora » martedì 27 marzo 2012, 9:00

È uscito su Natap un altro report – questa volta scritto da Pablo Tebas, della University of Pennsylvania - relativo ai lavori portati al CROI su infiammazione, complicanze metaboliche e strategie per eradicare. In questo thread riporto la parte dedicata a infiammazione e problemi metabolici, nel thread [CROI 2012] D. Shepp: report su latenza ed eradicazione la parte relativa a persistenza, latenza ed eradicazione del virus.


CROI Summary 2012 Inflammation, metabolic complications and strategies for eradication.

Now this is not the end. It is not even the beginning of the end. But it is, perhaps, the end of the beginning.
Sir Winston Churchill, Speech in November 1942.


This year the CROI meeting took place in Seattle, a beautiful, vibrant and multicultural city. The weather was better than the usually expected grey and rain. This was a different CROI meeting. Although we still saw the results of some large randomized trials (like the QUAD studies), the scientific focus was different: there was a lot about "treatment as prevention" and PREP, tuberculosis and hepatitis C. I will leave to others talking about those topics.

In the basic science, the big themes of the meeting were the structural characterization of neutralizing antibodies against HIV, the study of cellular factors that help to block HIV infection in vivo: TRIM5alpha, TREX1 and SAMHD1 and how HIV gets around those mechanisms. In the clinical and therapeutic side the focus was for the first time in strategies for eradication. I had the feeling that something was changing in this retrovirus meeting. Traditionally this meeting has been the avenue to present large randomized therapeutic trials. Although there was some of that (the QUAD studies, the dolutegravir phase II, the new and improved tenofovir, etc); this time the focus was in small proof of concept studies. We were shown for the first time that it's possible to reactivate HIV infection from latency in HIV-infected individuals using histone deacetylase inhibitors (SAHA). Whether this reactivation makes the cells that harbors HIV virus "visible" to the immune system is the big question, although we saw that, at least in vitro, it is possible to target those cells.

We have not cured HIV, but there are a heck of very smart people thinking about it, and it is very exciting. In Seattle there was a general feeling that we are entering a new era in research about this disease. These themes are going to dominate the meeting for the next few years. I think we are just at the very beginning of this new field, and that is why I decided to use the famous quote from Winston Churchill.

I will focus my review of some studies presented about inflammation and metabolic complications (fields that have come close together lately) and around the theme of eradication.

Inflammation/metabolic complications

There was a whole symposium, the last of the meeting (The Long and Winding Road of HIV Complications), about the classic metabolic complications of HIV infection and its treatment, including aging, bone, cardiovascular disease and neurological complications. It is worth seeing it (you can do it online for free at http://retroconference.org/static/webcasts/2012/). The tone of the symposium was somewhat subdued because the main message was a word of caution, suggesting that what is happening to HIV infected individuals, although may be unique in many ways, it is not much different from what's happening in the general population, and that we should be careful to quickly attribute to HIV or its treatment many of the complications that we are seeing in our patients. Our patients are part of the society and the culture that we live in, and much of what we see is just a reflection of the combination of regular aging and traditional risk factors. We still need to do studies to understand better how much of it is related to HIV itself and its treatment.

(from Jules: the oral talk by Judith Currier on 'HIV Complications' was I thought more on target)

http://app2.capitalreach.com/esp1204/se ... odiumVideo

CROI 2012: Studies on Inflammation in HIV - written by David H. Shepp, MD Associate Professor of Medicine Hofstra North Shore-LIJ School of Medicine North Shore University Hospital - Manhasset, NY - (03/16/11)

The presentation of the two QUAD studies allowed us to compare the lipid effects of efavirenz and atazanavir to cobicistat/elvitegravir, which certainly will become a popular first choice when it is approved in the summer of 2012 (1-2). Efavirenz (with tenofovir and FTC) is associated with greater increases in lipids, particularly cholesterol and LDL when compared to the elvitegravir/cobicistat combination1. The Quad pill is associated with similar changes in cholesterol to a combination with boosted atazanavir, but the latter increases more triglycerides (2). In general the changes in lipids are not very dramatic with any combination and I do not know how much the decision of what to start in a naive patient will be driven by these changes in lipid parameters, rather than antiviral efficacy, cost and other side effect profile.

CROI: Antiretroviral Therapy at CROI - PHASE III, PHASE II, PHASE I -written by Joseph Eron MD Professor of Medicine University of North Carolina at Chapel Hill - (03/19/11)

CROI: The Efficacy and Safety of Elvitegravir/Cobicistat/Emtricitabine/Tenofovir DF ("Quad") Compared to Efavirenz/Emtricitabine/Tenofovir DF in Treatment Naive HIV-1 Infected Subjects: Primary Results of Study GS-US-236-0102 - (03/8/11)

CROI: Efficacy and Safety of Elvitegravir/Cobicistat/Emtricitabine/Tenofovir DF "Quad" Compared to Ritonavir-boosted Atazanavir plus Emtricitabine/Tenofovir DF in Treatment Naive HIV-1 Infected Subjects - (03/9/11)

CROI: Dolutegravir ViiV Integrase Inhibitor phase 2b SPRING Study 96-Week Results in Treatment-Naives - (03/8/11)

Esteban Martinez presented data from the SPIRAL study (3) looking at the changes in lipids and markers of inflammation after switching from a boosted protease inhibitor to raltegravir. There were clear improvements particularly in triglycerides and cholesterol and in several biomarkers that have been traditionally associated with cardiovascular disease and insulin resistance. This type of "switch approach" may be important for the management of patients that have difficulty controlling some of those parameters while receiving treatment with a boosted protease inhibitor. An integrase inhibitor like raltegravir is definitely more lipid friendly. However, it is important to remember that all switches have to be done with caution particularly if the patient that has had prior virological failure.

CROI: Changes in Cardiovascular Biomarkers in Subjects Switching from Ritonavir- Boosted Protease Inhibitors to Raltegravir: The SPIRAL Study - (03/20/11)

Atazanavir is probably the most lipid friendly of the protease inhibitors (maybe not very different from darunavir -although not a lot of that that was presented in the meeting-).

In another analysis of the DAD study (4), the use of atazanavir was not associated with an increased risk of myocardial infarction, something that had happened before with lopinavir and indinavir. The news was reassuring as atazanavir is the most popular of the protease inhibitors of the present time.

We thought for a while that the use of CCR5 antagonists, like maraviroc, will be associated with improvements in cardiovascular function. Priscilla Hsue from the San Francisco group presented data in a randomized trial that added maraviroc (or not) to individuals with well controlled viral replication (5-6). In this study the addition of maraviroc was not associated with improvements in flow mediated dilatation, a surrogate marker of progression of cardiovascular disease.

Surprisingly, the use of maraviroc was associated with an increase in markers of inflammation of monocytes and macrophages (sCD14). The investigators showed that this was associated with increases in the natural ligands of CCR5 (that mediate inflammation in monocytes). The study clearly shows the complexity of the immune system, and that blocking a particular receptor sometimes can lead to unexpected distant consequences in a cascade effect that it is difficult to predict.

What can we do about this persistent inflammation despite virological control that patients with HIV infection suffer? Should all patients with HIV infection take a statin or aspirin? Turner Overton looked at the experience in the ACTG, in the massive ALRT study (7). The use of statins seemed to be associated with a decrease in non-AIDS events and mortality after controlling for traditional risk factors. The benefits were more obvious in older individuals. Although the study is retrospective, a lot of care was placed in controlling for bias statistically. I think the overall conclusion is that it may be possible to do simple interventions in HIV patients with persistent inflammation despite of antiretroviral treatment to address this problem. The Jupiter study (8), published two years ago in the New England Journal of Medicine, suggests that individuals with chronic inflammation may benefit from the use of statins beyond the direct effect of these drugs in lipids. Patients with HIV infection might represent a similar population "at risk" for bad outcomes. I think prospective studies evaluating statins for this indication in HIV infected patients are needed, but I do not know who is going to pay the bill for doing them. Studies looking at clinical endpoints are not particularly exciting; they require a large sample size and long-term follow-up. In this era of shrinking budgets, it seems unlikely that anybody would swallow the pill (figuratively) and do what needs to be done.

CROI: Effect of Statin Therapy on Reducing the Risk of Serious Non-AIDS-Defining Events and Non-Accidental Death in the AIDS Clinical Trials Group (ACTG) Longitudinal Linked Randomized Trials (ALLRT) Cohort - (03/11/11)

CROI: ACEi or HMG-CoA Reductase Inhibitor (Statin) Treatment as Adjunct Therapy for Persons with HIV infection: A Pilot Study - (03/20/11)

There was less new data about bone problems. Starting tenofovir was associated with increased bone turnover in the PREPARE study (9). The use of tenofovir is also associated with modest increases in creatinine (10), something we already knew and that was also seen in individuals using some boosted protease inhibitors.

However these changes were modest and I do not think that we are going to see an epidemic of severe kidney failure in patients with HIV infection associated with antiretroviral treatment. I think it is important to monitor the kidney function of patients, particularly those at high risk, including the elderly, and individuals with comorbidities that could affect kidney function like hypertension or diabetes.

CROI: CROI Report: Bones, Frailty, and Vitamin D -written by Todd Brown, MD, PhD Associate Professor of Medicine Division of Endocrinology and Metabolism Johns Hopkins University - (03/19/11) (…)


References

1. Sax P, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Abst. 101

2. DeJesus E, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Abst. H 627

3. Martinez E, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Abst. 834.

4. D'Arminio Monforte A, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Abst. 823.

5. Hsue P, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Absts. 123

6. Hsue P, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Absts. 828

7. Overton E, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Abst. 124.

8. Ridker et al. Rosuvastatin to Prevent Vascular Events in Men and Women with Elevated C-Reactive Protein. N Engl J Med 2008; 359:2195-2207

9. Cotter A, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Abst. 125LB

10. Ryom L, et al. 19th CROI; Seattle, WA; March 5-8, 2012. Abst. 865.



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