
La scimmia infettata da SIV mostra molto meno virus (rosso-giallo) dopo il trattamento con l'anticorpo anti-α4ß7 (a destra). Philip J. Santangelo/Francois Villinger.
L'ANTICORPO MONOCLONALE α4β7 INSIEME A UN BREVE CICLO DI ART INDUCE REMISSIONE VIROLOGICA SOSTENUTA IN UN GRUPPO DI SCIMMIE
L'articolo è pubblicato oggi su Science e descrive una collaborazione serissima di un gruppo di scienziati della Emory University, guidati dall'immunologo Aftab Ansari, insieme a ricercatori del NIAID (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), guidati da Anthony Fauci.
I ricercatori hanno infettato per via intravenosa con SIVmac239 18 macachi rhesus, dopo 5 settimane hanno iniziato un regime di ART (tenofovir/emtricitabina + un inibitore dell'integrasi prodotto da Merck e chiamato L-870812), che è durato 90 giorni.
A partire da 9 settimane dopo l'infezione, mentre 7 scimmie hanno ricevuto un placebo, ad 11 è stata somministrata una serie di 8 infusioni - una ogni tre settimane - di α4β7, che è un anticorpo monoclonale contro un recettore cellulare che si chiama integrina α4β7 ed è presente sui CD4, le cellule del sistema immunitario attaccate di preferenza da SIV e HIV.
L'anticorpo usato in questo studio è simile a un anticorpo approvato per uso umano, il vedolizumab (ENTYVIO®), in vendita da pochi mesi anche in Italia per curare la colite ulcerosa e il morbo di Crohn. Una delle caratteristiche del vedolizumab è di impedire alle cellule che esprimono il recettore integrina α4β7 di stabilirsi nei tessuti gastrointestinali.
Le infusioni di anticorpo sono continuate per 23 settimane. Alla 32° settimana dopo l'infezione tutti i trattamenti sono stati sospesi.
Tutte le 18 scimmie hanno soppresso completamente la viremia grazie alla ART entro 3 settimane.
Quando le infusioni sono iniziate, 3 scimmie hanno sviluppato anticorpi contro l'α4β7 e hanno dovuto essere escluse dallo studio.
Quando le rimanenti 15 scimmie hanno sospeso ogni terapia, mentre nelle 7 che avevano ricevuto il placebo si è avuto - come atteso - un immediato rebound delle viremie, in 6 delle 8 scimmie trattate con l'anticorpo si è avuto prima un temporaneo rebound e poi un controllo delle viremie entro 4 settimane.
Nelle rimanenti 2 scimmie non c'è stato nessun rebound e le viremie sono rimaste non rilevabili.
Da 23 settimane nessuna delle 8 scimmie trattate con anti-α4β7 ha virus rilevabile né nel sangue, né nei tessuti gastrointestinali.
E lo stesso discorso vale per il DNA provirale.
Ma non è finita qui, perché il trattamento di soli 3 mesi di ART + anti-α4β7 ha portato ha portato a una quasi totale ripresa dei CD4 distrutti dal virus.
Sia Ansari, sia Fauci, si sono affrettati a precisare che non si può dire che le scimmie siano guarite, perché si dovrà attendere di vedere che cosa accadrà in futuro.
Inoltre, non è assolutamente chiaro attraverso quale meccanismo si sia raggiunto questo controllo delle viremie. Tuttavia, i ricercatori hanno identificato una serie di correlati che, individualmente o in combinazione, possono aver contribuito al controllo:
- - la ripresa dei Th17 e Th22 (due sottogruppi di CD4);
- gli aumenti significativi di NK e altre linee cellulari che sintetizzano citochine;
- l'induzione di risposte anticorpali contro la proteina virale gp120;
- la ripresa dei livelli di acido retinoico, un derivato della vitamina A che regola le risposte immuni nell'intestino e inibisce la fibrosi.
Quello che si può dire per adesso è che il risultato ottenuto sembra davvero molto importante, al punto che Rafik Sékaly, intervistato da Jon Cohen, sostiene che questo studio "orienterà la ricerca in una direzione completamente nuova".
Sharon Lewin aggiunge che i dati presentati sono molto convincenti, ma che si dovrà vedere se saranno replicabili sull'uomo, poiché "è possibile che l'anti-α4β7 abbia funzionato perché l'impostazione dell'esperimento ha influito sul successo in un modo che potrebbe non riflettere l'infezione da HIV. Ad esempio, il team di Ansari e Fauci ha messo le scimmie sotto antiretrovirali 5 settimane dopo l'infezione, che è ben prima di quando la maggior parte delle persone iniziano la terapia".
Louis Picker insinua qualche dubbio sulla fitness dell'SIV usato per infettare i macachi: sostiene che lui ha usato lo stesso virus per poter testare il suo vaccino, ma le sue scimmie hanno avuto picchi di viremia molto più alti. Picker sospetta che qualche ignota risposta immune spieghi il controllo che le scimmie di Fauci e Ansari hanno sulle viremie dopo il trattamento. Sostiene che "quello che questo esperimento sembra fare sia dare qualche colpetto di assestamento all'equilibrio fra virus e risposta immune dell'ospite piuttosto che al virus". E dice anche di sospettare che "se prendi un anticorpo contro i CD4 e fai lo stesso esperimento potresti vedere gli stessi risultati".
Bontà sua, però, Picker ammette che nessun altro gruppo ha pubblicato finora risultati simili. Inoltre, a differenza di un anticorpo anti-CD4, l'anti-α4β7 ha un equivalente umano.
In effetti, mentre Picker è ancora lì a tergiversare da anni, il NIAID ha già iniziato 3 settimane fa ad arruolare volontari per un trial clinico: sarà un trial "esplorativo", non randomizzato, in aperto, su un singolo gruppo di pazienti, di fase I, di sicurezza/efficacia del vedolizumab su una ventina di persone con viremia soppressa dalla ART e più di 450 CD4.
Dopo le infusioni, tutti sospenderanno la ART e si vedrà che cosa accade alle viremie.


FONTI:
- - articolo su Science: Sustained virologic control in SIV+ macaques following short term ART and α4β7-mAb treatment
- comunicato stampa del NIAID: Scientists at NIH and Emory Achieve Sustained SIV Remission in Monkeys
- recensione di Jon Cohen su Science News: Surprising treatment 'cures' monkey HIV infection