Sì è davvero una buona notizia.bugs ha scritto:Sembra un ottima notizia .
Significa che vogliono veramente accelerare la possibile risoluzione a questo incubo ...
Grazie Dora come sempre
Grazie Dora per avercela comunicata.
Sì è davvero una buona notizia.bugs ha scritto:Sembra un ottima notizia .
Significa che vogliono veramente accelerare la possibile risoluzione a questo incubo ...
Grazie Dora come sempre
Mi fa piacere che tu sia interessato a capire anche gli aspetti più filosofici, perché penso siano quelli alla base, da cui tutto il resto deriva, quindi capirli e discuterli permette di avere una visione più profonda di una questione che è estremamente complessa.Gabriel81 ha scritto:Dorà che dire...in questi due mesi post scoperta per me è tuttora di fondamentale importanza avere la possibilità di imparare e aggiornarmi sulle evoluzioni di maggior interesse ma anche sulle questioni più "filosofiche" se così possiamo definirle, per cui grazie!
Sì, sono d'accordissimo! L'altruismo era riferito principalmente al fatto che è poco realistico attendersi un beneficio clinico diretto dalla partecipazione a queste sperimentazioni, che sono tutte - quale più, quale meno - sperimentazioni pilota. Ma che ci possano essere una serie di altri benefici è innegabile, dal piacere dell'altruismo, al sentirsi utili dando il proprio contributo alla ricerca e forse un giorno anche alle sue ricadute cliniche, al sentirsi meglio seguiti e quindi più curati indipendentemente da quello che definiamo *cura*, fino al sentire che non si vive nel vuoto, ma si è parte di qualcosa di molto più grande del singolo. Ci può anche essere un senso di gratitudine nei confronti delle migliaia di persone che hanno partecipato in passato ai trial per cercare farmaci. Però bisogna avere una certa predisposizione alla riflessione su questioni complesse per cogliere tutto questo e non credo sia da tutti.Dal mio punto di vista naive, e di chi inizierà la cura settimana prossima a 5/6 mesi dal presumibile contagio con una sperimentazione di fase III sulle long acting, posso solo dire che se mi avessero proposto un trial più rischioso avrei accettato probabilmente molto volentieri e ti spiego anche il perché:
Da un lato possiamo parlare di altruismo legato alla sensazione di partecipare a qualcosa che possa portare ad un bene più alto e sociale, da un lato anche egoismo nel senso che il fatto di sentirmi "utile" mi permette di affrontare meglio la mia condizione è in qualche modo di dare un senso a quello che mi è successo.
In questi anni, ho osservato una grande variabilità nella definizione che ciascuno dà di *cura*, sempre in correlazione con il carattere di chi definiva la cura e con la durata e lo stato attuale dell'infezione. Direi che il tuo approccio "realista" è una posizione di grande equilibrio e ti mette nella condizione migliore per stare a vedere che cosa accadrà, senza farti illusioni ogni volta (circa una volta alla settimana) che sui giornali vengono sparati titoloni su studi fatti in vitro, ma anche senza vedere tutto nero a priori. Non è facile mantenersi in una posizione così razionale, perché gli alti e bassi emotivi sono per lo più la norma quando si è avuta la diagnosi da poco. Ma questa stessa razionalità è lo strumento che si può usare per recuperare ogni volta l'equilibrio. Quindi ... tienitela cara!Su cosa poi significhi possibilità di cura per me, probabilmente mi "accontenterei" di una modalità che mi permetta di tenere sotto controllo l'infezione autonomamente o con richiami poco frequenti, e che mi garantisca una qualità di vita assolutamente normale, per l'eradicazione...bhe sono realista
Io oscillo spesso su questo. In genere tendo ad avere un atteggiamento riduzionista e a pensare che sarà la cura in senso clinico a spazzare via lo stigma, come è accaduto per altre infezioni nel passato, soprattutto la sifilide. D'altra parte, finché una cura per tutti non c'è, è vitale continuare a lavorare sulla narrativa che ancora domina in larghe fette della nostra società ed è obsoleta, stigmatizzante e impedisce di vedere gli enormi cambiamenti fatti in questi 30 anni. Qui ci proviamo, ma è un lavoro enorme.Aspetto filosofico: dal mio punto di vista, affrontare il tema cura globalmente significa impegnarsi a trovare una "cura" anche sociale e nella percezione di questa malattia e di chi ne è affetto. Possiamo parlare già di cura quando tutto è stabilmente controllato clinicamente ma soprattutto i sieropositivi possono sentirsi accettati e trattati alla stessa stregua dei sieronegativi. La cura dall'hiv deve essere anche e soprattutto cura sociale e non solo clinica.
Quando finalmente ci sarà questo senso di libertà le persone si sentiranno sicuramente più curate (o almeno io) e il tema dell'eradicazione definitiva diventerà solo un dettaglio clinico.
D.Bacio
Gabriel
Sì, credo anch'io (non solo io, ovviamente: lo dicono tutti quelli che si occupano del problema) che il grosso delle perplessità etiche possa essere affrontato mediante un consenso informato che sia davvero tale. Bisogna che chi arruola i partecipanti sia capace di spiegare benissimo le finalità dello studio, i suoi rischi (che non sono solo quelli della sospensione terapeutica, ma anche quelli delle biopsie) e il fatto che di benefici non se ne devono attendere.Gabriel81 ha scritto:Io credo (ovviamente opinione puramente personale) che, laddove di fronte a tutti queste possibili complicazioni che possono scaturire dall'interruzione della Art, se espresse in modo chiaro e con un altrettanto chiaro consenso da parte di chi accetta, siamo nell'ambito de libero arbitrio ed il problema etico non si ponga più di tanto in confronto alla libert personale di scegliere di aiutare la ricerca (e se stessi) in questo modo. Mi rendo conto però di quanto possa essere un sentiero spinoso da discutere...
Non mi è molto chiaro in che senso possa "funzionare la cosa". No, credo che chi è stanco dei farmaci e desidera una vacanza terapeutica difficilmente si imbarcherebbe in una sperimentazione in cui deve farsi prelevare il sangue un paio di volte a settimana e in cui deve sottoporsi a diverse biopsie. Mi pare abbia poco senso, tanto più che il periodo di "vacanza" dai farmaci che ci si può attendere è in media di 14 giorni e non varrebbe la fatica.rosso80 ha scritto:Io non credo proprio che chi si fa fare l'interruzione della HAART lo faccia per amore della ricerca.
Secondo me sono solo persone che sono stanche di prendere medicine e farebbero di tutto per interromperla.
Insomma sperano che su di loro la cosa funzioni. Tutto qui.