ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
L'estate scorsa, leggendo la sezione dedicata alla cura nel pipeline report 2012, mi sono imbattuta nella notizia dell'inizio di un trial clinico pilota condotto da Hiroyu Hatano e dalla University of California, San Francisco sull'uso di un ACE inibitore per diminuire la fibrosi del tessuto linfatico: uno studio proof of concept, randomizzato, controllato con placebo su una trentina di persone stabilmente in ART e con viremia irrilevabile da almeno un anno, per capire se il Lisinopril, un inibitore dell'Enzima di Conversione dell'Angiotensina (ACE), è in grado di invertire la fibrosi linfoide e se questo porta a un miglioramento delle risposte immuni HIV-specifiche, favorendo la ripresa immunitaria (ACE Inhibitors to Decrease Lymphoid Fibrosis in Antiretroviral-Treated, HIV-infected Patients: A Pilot Study).
Mi si è così spalancata davanti la questione della fibrosi del tessuto linfoide, di cui non sapevo nulla e sulla quale, come sempre, mi sono precipitata a chiedere a Leon. Lui mi ha, come sempre, raccontato quel che sapeva, spiegandomi anche che, se funzionassero, gli ACE inibitori potrebbero diventare la prima terapia di natura non virologica dell’infezione da HIV e quindi sarebbero una novità non di poco conto e potrebbero essere di grande aiuto per gli immunologic non responders, cioè circa il 25% delle persone che iniziano la ART con meno di 200 CD4 e hanno una ripresa subottimale della funzione immunitaria, pur avendo da tempo viremia azzerata grazie agli antiretrovirali.
Io ho letto qualche articolo e poi ho lasciato l’argomento da parte. Oggi lo riprendo, perché Richard Jefferys – l’autore del pipeline report dello scorso luglio - ha appena scritto un post su Fibrosi dei linfonodi, CD4 e ricostituzione immunitaria, ricordandomi che è un argomento interessante e mi ero ripromessa di accennarne qui.
L’attivazione immunitaria durante un’infezione è in genere una buona cosa, perché aiuta a distruggere il patogeno; e in effetti, nell’infezione da HIV, l’attivazione dell’immunità innata porta al diminuire della replicazione del virus mediante degli effetti antivirali diretti. Tuttavia, durante la ART, quando gli antiretrovirali controllano la replicazione dell’HIV, l’attivazione immunitaria cronica che si mantiene anche durante il trattamento ha degli effetti negativi, perché porta a un aumento del turnover e a una esaustione dei linfociti T e alla fibrosi del tessuto dei linfonodi.
L’HIV si replica soprattutto nei tessuti linfatici e li danneggia in un modo che non sempre è reversibile grazie alla ART. Una delle ragioni per cui la ricostituzione immunitaria non è perfetta è proprio il danno subito dai tessuti a causa della infiammazione cronica, soprattutto nei linfonodi. Qui l’infiammazione cronica distrugge la rete di cellule che costituiscono il reticolo fibroblastico (FRC). Durante l’infezione da HIV, i fibroblasti nei linfonodi sono stimolati a depositare il collagene che intrappola i linfociti T. A loro volta questi, intrappolati nel collagene, muoiono perché non riescono ad avere accesso all’interleuchina-7 e ad altri nutrienti.
Molti studi hanno dimostrato che c’è una associazione fra attivazione dei linfociti T e ridotta ripresa dei CD4. In particolare, una attivazione persistente dei linfociti T nonostante la ART può comportare un minore aumento del numero dei CD4 a causa dei depositi di collagene e delle alterazioni che questi creano nella struttura del tessuto linfoide. Si è visto, infatti, che il grado di fibrosi dei linfonodi è un predittore del grado di ripresa dei CD4 durante la ART. Il grado di fibrosi viene misurato dai depositi di collagene e già a inizio 2000 Ashley Haase aveva dimostrato 1) che c’è una correlazione inversa fra la fibrosi di un linfonodo e il numero dei CD4 misurabili in quel linfonodo e 2) che il grado di fibrosi è associato alla grandezza degli aumenti dei CD4 dopo l’inizio della ART: maggiore la fibrosi, minore la ripresa dei CD4.
C’è da aggiungere che, anche se non è ben chiaro il ruolo della replicazione virale residua nella scarsa ripresa dei CD4 in alcune persone in terapia, si sa che l’HIV persiste nei linfonodi (così come nel tessuto linfatico della mucosa gastrointestinale) nonostante la ART e il mantenersi di questa espressione virale nei tessuti linfatici può essere una causa di attivazione immunitaria cronica anche in persone con viremia azzerata nel sangue.
Quindi l’ipotesi che si può fare è che gli immunologic non responders siano intrappolati in un ciclo che si auto-alimenta di aumento dell’attivazione immunitaria => aumento della traslocazione microbica => aumento della fibrosi del GALT => minore recupero dei CD4.
Lo schemino qui sotto si trova in un commento scritto l’estate scorsa da Steven Deeks su Blood per presentare un importante lavoro di Haase, Silvestri, Schacker e altri sul ruolo cruciale per la ricostituzione immunitaria che i CD4 hanno nel mantenimento della struttura del tessuto linfoide. Si tratta di un modello che spiega alcuni dei meccanismi per i quali l’HIV causa danni, centrando l’attenzione sui tessuti linfoidi dove si verifica la presentazione dell’antigene e dove viene regolata l’omeostasi dei linfociti T:
La rete di cellule che costituiscono il reticolo fibroblastico, se ben organizzata, fornisce l’infrastruttura “meccanica” che permette alle cellule che presentano l’antigene di attivare i CD4 e regola l’attività di quelle citochine, come l’IL-7, che mantengono l’omeostasi dei linfociti T.
In un altro articolo, uscito un anno fa su PLoS PATHOGENS - Lymphoid Tissue Damage in HIV-1 Infection Depletes Naıve T Cells and Limits T Cell Reconstitution after Antiretroviral Therapy - Haase ha confermato l'ipotesi che i depositi di collagene e la progressiva perdita della rete FRC nei linfonodi, che si verificano prima dell'inizio della ART, costituiscano un blocco all'accesso dell'IL-7 e che questo sia causa di una massiccia apoptosi dei linfociti T naive, sia CD4, sia CD8.
Ha inoltre ipotizzato che la dimensione della perdita del reticolo fibroblastico si correli con lo stadio della malattia in cui viene iniziata la terapia: poiché la ricostruzione del tessuto dei linfonodi e dei CD4 e CD8 naive è ottimale solo quando la ART è iniziata precocemente, questo viene letto come un'esortazione a iniziare gli antiretrovirali il prima possibile.
Ma anche l'aggiunta di farmaci anti-fibrotici che contrastino le conseguenze patologiche della fibrosi dei linfonodi potrebbe aiutare la ricostituzione immunitaria.
L'idea (fantastica, a mio avviso) del trial della Hatano è dunque quella di provare con un ACE inibitore a diminuire la fibrosi del tessuto linfatico per far sì che aumenti la produzione/disponibilità di IL-7 e quindi i CD4 e i CD8 naive siano di più e funzionino meglio, e così migliori la funzione immunitaria nel suo complesso.
Mi si è così spalancata davanti la questione della fibrosi del tessuto linfoide, di cui non sapevo nulla e sulla quale, come sempre, mi sono precipitata a chiedere a Leon. Lui mi ha, come sempre, raccontato quel che sapeva, spiegandomi anche che, se funzionassero, gli ACE inibitori potrebbero diventare la prima terapia di natura non virologica dell’infezione da HIV e quindi sarebbero una novità non di poco conto e potrebbero essere di grande aiuto per gli immunologic non responders, cioè circa il 25% delle persone che iniziano la ART con meno di 200 CD4 e hanno una ripresa subottimale della funzione immunitaria, pur avendo da tempo viremia azzerata grazie agli antiretrovirali.
Io ho letto qualche articolo e poi ho lasciato l’argomento da parte. Oggi lo riprendo, perché Richard Jefferys – l’autore del pipeline report dello scorso luglio - ha appena scritto un post su Fibrosi dei linfonodi, CD4 e ricostituzione immunitaria, ricordandomi che è un argomento interessante e mi ero ripromessa di accennarne qui.
L’attivazione immunitaria durante un’infezione è in genere una buona cosa, perché aiuta a distruggere il patogeno; e in effetti, nell’infezione da HIV, l’attivazione dell’immunità innata porta al diminuire della replicazione del virus mediante degli effetti antivirali diretti. Tuttavia, durante la ART, quando gli antiretrovirali controllano la replicazione dell’HIV, l’attivazione immunitaria cronica che si mantiene anche durante il trattamento ha degli effetti negativi, perché porta a un aumento del turnover e a una esaustione dei linfociti T e alla fibrosi del tessuto dei linfonodi.
L’HIV si replica soprattutto nei tessuti linfatici e li danneggia in un modo che non sempre è reversibile grazie alla ART. Una delle ragioni per cui la ricostituzione immunitaria non è perfetta è proprio il danno subito dai tessuti a causa della infiammazione cronica, soprattutto nei linfonodi. Qui l’infiammazione cronica distrugge la rete di cellule che costituiscono il reticolo fibroblastico (FRC). Durante l’infezione da HIV, i fibroblasti nei linfonodi sono stimolati a depositare il collagene che intrappola i linfociti T. A loro volta questi, intrappolati nel collagene, muoiono perché non riescono ad avere accesso all’interleuchina-7 e ad altri nutrienti.
Molti studi hanno dimostrato che c’è una associazione fra attivazione dei linfociti T e ridotta ripresa dei CD4. In particolare, una attivazione persistente dei linfociti T nonostante la ART può comportare un minore aumento del numero dei CD4 a causa dei depositi di collagene e delle alterazioni che questi creano nella struttura del tessuto linfoide. Si è visto, infatti, che il grado di fibrosi dei linfonodi è un predittore del grado di ripresa dei CD4 durante la ART. Il grado di fibrosi viene misurato dai depositi di collagene e già a inizio 2000 Ashley Haase aveva dimostrato 1) che c’è una correlazione inversa fra la fibrosi di un linfonodo e il numero dei CD4 misurabili in quel linfonodo e 2) che il grado di fibrosi è associato alla grandezza degli aumenti dei CD4 dopo l’inizio della ART: maggiore la fibrosi, minore la ripresa dei CD4.
C’è da aggiungere che, anche se non è ben chiaro il ruolo della replicazione virale residua nella scarsa ripresa dei CD4 in alcune persone in terapia, si sa che l’HIV persiste nei linfonodi (così come nel tessuto linfatico della mucosa gastrointestinale) nonostante la ART e il mantenersi di questa espressione virale nei tessuti linfatici può essere una causa di attivazione immunitaria cronica anche in persone con viremia azzerata nel sangue.
Quindi l’ipotesi che si può fare è che gli immunologic non responders siano intrappolati in un ciclo che si auto-alimenta di aumento dell’attivazione immunitaria => aumento della traslocazione microbica => aumento della fibrosi del GALT => minore recupero dei CD4.
Lo schemino qui sotto si trova in un commento scritto l’estate scorsa da Steven Deeks su Blood per presentare un importante lavoro di Haase, Silvestri, Schacker e altri sul ruolo cruciale per la ricostituzione immunitaria che i CD4 hanno nel mantenimento della struttura del tessuto linfoide. Si tratta di un modello che spiega alcuni dei meccanismi per i quali l’HIV causa danni, centrando l’attenzione sui tessuti linfoidi dove si verifica la presentazione dell’antigene e dove viene regolata l’omeostasi dei linfociti T:
La rete di cellule che costituiscono il reticolo fibroblastico, se ben organizzata, fornisce l’infrastruttura “meccanica” che permette alle cellule che presentano l’antigene di attivare i CD4 e regola l’attività di quelle citochine, come l’IL-7, che mantengono l’omeostasi dei linfociti T.
In un altro articolo, uscito un anno fa su PLoS PATHOGENS - Lymphoid Tissue Damage in HIV-1 Infection Depletes Naıve T Cells and Limits T Cell Reconstitution after Antiretroviral Therapy - Haase ha confermato l'ipotesi che i depositi di collagene e la progressiva perdita della rete FRC nei linfonodi, che si verificano prima dell'inizio della ART, costituiscano un blocco all'accesso dell'IL-7 e che questo sia causa di una massiccia apoptosi dei linfociti T naive, sia CD4, sia CD8.
Ha inoltre ipotizzato che la dimensione della perdita del reticolo fibroblastico si correli con lo stadio della malattia in cui viene iniziata la terapia: poiché la ricostruzione del tessuto dei linfonodi e dei CD4 e CD8 naive è ottimale solo quando la ART è iniziata precocemente, questo viene letto come un'esortazione a iniziare gli antiretrovirali il prima possibile.
Ma anche l'aggiunta di farmaci anti-fibrotici che contrastino le conseguenze patologiche della fibrosi dei linfonodi potrebbe aiutare la ricostituzione immunitaria.
L'idea (fantastica, a mio avviso) del trial della Hatano è dunque quella di provare con un ACE inibitore a diminuire la fibrosi del tessuto linfatico per far sì che aumenti la produzione/disponibilità di IL-7 e quindi i CD4 e i CD8 naive siano di più e funzionino meglio, e così migliori la funzione immunitaria nel suo complesso.
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
JAK Inhibitors:
Ho letto l'intervista del dott. Schinazi in merito a due farmaci che hanno dimostrato grosse potenzialità per il trattamento dell'infezione da HIV.
Tali farmaci ( di cui uno già approvato dalla FDA e l'altro ancora in sperimentazione anche se molto avanzata ) dimostrano :
A) Inibizione della replicazione virale anche a basso dosaggio
B ) Impediscono al virus di raggiungere la latenza nelle cellule
C ) Riattivano ( sembra ) la latenza
Quello che mi ha colpito è il fatto che ci sia la volontà di far partire contestualmente ai soliti trial su scimmie e macachi anche un proof of concept su umani. ERA ORA.. non ne posso più delle scimmie.( Tutta colpa della Ensoli con macachi a seguito )
http://www.thebodypro.com/content/70286 ... ?getPage=1
The fact that this drug is already approved and under controlled conditions, we're planning to do a carefully designed clinical study. We want to do this in monkeys first as a proof-of-concept, but I think there's enough interest among some of the physicians I've talked to to perhaps do a small pilot study and see whether indeed this works the way it's supposed to.
Ho letto l'intervista del dott. Schinazi in merito a due farmaci che hanno dimostrato grosse potenzialità per il trattamento dell'infezione da HIV.
Tali farmaci ( di cui uno già approvato dalla FDA e l'altro ancora in sperimentazione anche se molto avanzata ) dimostrano :
A) Inibizione della replicazione virale anche a basso dosaggio
B ) Impediscono al virus di raggiungere la latenza nelle cellule
C ) Riattivano ( sembra ) la latenza
Quello che mi ha colpito è il fatto che ci sia la volontà di far partire contestualmente ai soliti trial su scimmie e macachi anche un proof of concept su umani. ERA ORA.. non ne posso più delle scimmie.( Tutta colpa della Ensoli con macachi a seguito )
http://www.thebodypro.com/content/70286 ... ?getPage=1
The fact that this drug is already approved and under controlled conditions, we're planning to do a carefully designed clinical study. We want to do this in monkeys first as a proof-of-concept, but I think there's enough interest among some of the physicians I've talked to to perhaps do a small pilot study and see whether indeed this works the way it's supposed to.
Ultima modifica di nordsud il mercoledì 16 gennaio 2013, 13:21, modificato 1 volta in totale.
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
E inoltre, last but not least, "[a] really major mechanism of the JAK inhibitors is they reduce inflammation also". Il che rende gli inibitori della janus chinasi ancora più interessanti e li fa entrare a pieno titolo nell'argomento di questo thread.nordsud ha scritto:JAK Inhibitors:
Ho letto l'intervista del dott. Schinazi in merito a due farmaci che hanno dimostrato grosse potenzialità per il trattamento dell'infezione da HIV.
Tali farmaci ( di cui uno già approvato dalla FDA e l'altro ancora in sperimentazione anche se molto avanzata ) dimostrano :
A) Inibizione della replicazione virale anche a basso dosaggio
B ) Impediscono al virus di raggiungere la latenza nelle cellule
C ) Riattivano ( sembra ) la latenza
Perché tu, invece, dei tira e molla sui macachi di Savarino non ti sei ancora annoiato?! Ricordo che esattamente due anni fa (inizio febbraio 2011), quando andammo al suo "seminario sull'eradicazione" a Roma, sosteneva che era quasi pronto ad andare in fase clinica con l'auranofin (anche quello un farmaco già approvato; anche quello contro l'artrite reumatoide, BTW). Quasi pronto, mancava ancora qualche particolare.Quello che mi colpito è il fatto che ci sia la volontà di far partire contestualmente ai soliti trial su scimmie e macachi anche un proof of concept su umani. ERA ORA.. non ne posso più delle scimmie.( Tutta colpa della Ensoli con macachi a seguito )
A parte questo, mi ha colpito questa frase di Schinazi, che non posso non vedere come una specie di eroe anti-ensoliano dalla raffinatissima ironia (oltre che come l'immenso farmacologo che è):
- I'm well known actually in the scientific world, not in the public. I try to keep a low profile, usually (...)
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
Si hai ragione su Schinazi e sugli altri macachi. E' veramente un'autorità in campo farmaceutico. Altro che i nostri ricercatori ( eh si.. non è più l'Italia del rinascimento...le poche eccellenze che abbiamo lo confermano ).
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
In Spagna non si sono fossilizzati sui macachi.
Non è ancora la "cura" che possa avere la pretesa di tale nome.. ma è comunque un passo avanti.
http://www.hiv-reservoir.net/index.php/ ... ccine.html
A new step is reported by a spanish group (1) using using autologous myeloid dendritic cells (MD-DCs) pulsed with autologous heat-inactivated whole HIV.
Although this blinded placebo-controlles trial did not prevent viremia rebound after cART discontinuation, it showed a significant reduction in viremia levels in the vaccine arm.
DC-HIV patients experienced significant changes of plasma viral load (pVL) setpoint after cART interruption compared to DC controls.
At weeks 12 and 24, a decrease of pVL setpoint of >1 log was observed in 12 of 22 (55%) verus 1 of 11 (9%) individuals, and in 7 of 20 (35%) verus 0 of 10 (0%) individuals in DC-HIV and DC controls, respectively (p=0.02 and p=0.03).
Despite these reductions, VL rebounded to detectable levels in all patients.
Una riduzione della viremia di un logaritmo signfica che è di un fattore ( non quello dei campi ) di 100 la riduzione.
Non ho controllatto bene, o manca , l'altro dato importante : "i cd4" ... avere pochissima viremia e tanti cd4 potrebbe andare bene.. ma poca viremia e pochi cd4 .. mica tanto..
Non è ancora la "cura" che possa avere la pretesa di tale nome.. ma è comunque un passo avanti.
http://www.hiv-reservoir.net/index.php/ ... ccine.html
A new step is reported by a spanish group (1) using using autologous myeloid dendritic cells (MD-DCs) pulsed with autologous heat-inactivated whole HIV.
Although this blinded placebo-controlles trial did not prevent viremia rebound after cART discontinuation, it showed a significant reduction in viremia levels in the vaccine arm.
DC-HIV patients experienced significant changes of plasma viral load (pVL) setpoint after cART interruption compared to DC controls.
At weeks 12 and 24, a decrease of pVL setpoint of >1 log was observed in 12 of 22 (55%) verus 1 of 11 (9%) individuals, and in 7 of 20 (35%) verus 0 of 10 (0%) individuals in DC-HIV and DC controls, respectively (p=0.02 and p=0.03).
Despite these reductions, VL rebounded to detectable levels in all patients.
Una riduzione della viremia di un logaritmo signfica che è di un fattore ( non quello dei campi ) di 100 la riduzione.
Non ho controllatto bene, o manca , l'altro dato importante : "i cd4" ... avere pochissima viremia e tanti cd4 potrebbe andare bene.. ma poca viremia e pochi cd4 .. mica tanto..
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
Sì, sembra un passo avanti sia per la riduzione delle viremie, sia anche perché mi pare che sia uno studio impostato molto bene.nordsud ha scritto:In Spagna non si sono fossilizzati sui macachi.
Non è ancora la "cura" che possa avere la pretesa di tale nome.. ma è comunque un passo avanti. (...)
Una riduzione della viremia di un logaritmo signfica che è di un fattore ( non quello dei campi ) di 100 la riduzione.
Non ho controllatto bene, o manca , l'altro dato importante : "i cd4" ... avere pochissima viremia e tanti cd4 potrebbe andare bene.. ma poca viremia e pochi cd4 .. mica tanto..
Collego questo post con il thread in cui parliamo di questo Vaccino a cellule dendritiche [che] controlla replicazione HIV, ricordando anche qui le limitazioni che avevo sottolineato lì non per smorzare gli entusiasmi, ma perché di strada da fare, obiettivamente, questa ricerca ne ha ancora un po'. Inoltre, si parla di CD4:
Dora ha scritto:Certo! Gli autori dicono che questa è la prima volta che si ottiene un simile risultato sul controllo delle viremie con un vaccino terapeutico. Lo stesso gruppo di ricerca, pochi anni fa, aveva tentato anche con un altro tipo di vaccino (che invece che l'HIV autologo disattivato mediante calore usava un Canarypox virus ricombinato con l'HIV), ma non era riuscito a stimolare una attivazione specifica di CD4 e CD8; anzi, gli effetti erano stati pessimi.Tarek ha scritto:è un vaccino 'personalizzato' che dura 6 mesi , non male se si può far e a meno della ART per un periodo così lungo
Io non ricordo esattamente i dati presentati da Bionor per il Vacc-4x, che è l’altro vaccino terapeutico in fase avanzata di sperimentazione; in particolare, non ricordo se i volontari avessero sospeso la ART, che in questi casi è l’esperimento cruciale.
Quella di Garcia e colleghi è chiaramente una via che deve essere migliorata, perché
- 1. il controllo della viremia plasmatica è durato solo 6 mesi e l’obiettivo di una cura funzionale (replicazione virale a livelli irrilevabili in assenza di ARV) ancora non è raggiunto;
2. l’immunizzazione non ha evitato una diminuzione dei CD4, probabilmente a causa di una persistente replicazione virale (quindi un vaccino terapeutico capace di mantenere irrilevabili i livelli della replicazione del virus potrebbe evitare questo effetto sui CD4);
3. un terzo dei pazienti randomizzati ha dovuto ricominciare la ART durante il follow-up.
Tuttavia, mentre gli altri pochi trial in cui c’è stata una risposta virologica all’immunizzazione con un vaccino a cellule dendritiche erano non controllati e non randomizzati, qui hanno impostato un trial secondo tutti i crismi: in cieco, controllato con placebo.
L’idea è di fare nuove dosi di vaccino dopo l’interruzione della ART e vedere se questo evita che l’effetto immunizzante svanisca nel tempo.
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
Non mi entusiasmo per questo vaccino spagnolo ma, nello stesso tempo, ho un barlume di ottimismo nel constatare una riduzione di un fattore 100 della viremia ( è un buon inizio che spero possa essere migliorato )
Se uno ha una viremia di 49.000 copie, si troverebbe ad averne 490 se risponde in maniera ottimale. ( il set point per una riduzione significativa era di un logaritmo.. di sicuro qualcuno lo ha anche superato questo set point ... spero di non aver preso un granchio con i logaritmi..)
Fino ad una quindicina di anni orsono 500 copie era la soglia della rilevabilità standard, pratcamente il limite che indicava il "successo" della haart.
Se per ipotesi tale vaccino fosse stato testato alla fine degli anni 90 si sarebbe quasi gridato al miracolo..
Sperem...
Se uno ha una viremia di 49.000 copie, si troverebbe ad averne 490 se risponde in maniera ottimale. ( il set point per una riduzione significativa era di un logaritmo.. di sicuro qualcuno lo ha anche superato questo set point ... spero di non aver preso un granchio con i logaritmi..)
Fino ad una quindicina di anni orsono 500 copie era la soglia della rilevabilità standard, pratcamente il limite che indicava il "successo" della haart.
Se per ipotesi tale vaccino fosse stato testato alla fine degli anni 90 si sarebbe quasi gridato al miracolo..
Sperem...
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
Abbiamo dovuto aspettare 5 anni, ma infine i risultati del trial sono arrivati e sono pubblicati sull'ultimo numero di Pathogens and Immunity: A Randomized Controlled Trial of Lisinopril to Decrease Lymphoid Fibrosis in Antiretroviral-Treated, HIV-infected Individuals.Dora ha scritto:L'estate scorsa, leggendo la sezione dedicata alla cura nel pipeline report 2012, mi sono imbattuta nella notizia dell'inizio di un trial clinico pilota condotto da Hiroyu Hatano e dalla University of California, San Francisco sull'uso di un ACE inibitore per diminuire la fibrosi del tessuto linfatico: uno studio proof of concept, randomizzato, controllato con placebo su una trentina di persone stabilmente in ART e con viremia irrilevabile da almeno un anno, per capire se il Lisinopril, un inibitore dell'Enzima di Conversione dell'Angiotensina (ACE), è in grado di invertire la fibrosi linfoide e se questo porta a un miglioramento delle risposte immuni HIV-specifiche, favorendo la ripresa immunitaria (ACE Inhibitors to Decrease Lymphoid Fibrosis in Antiretroviral-Treated, HIV-infected Patients: A Pilot Study).
[...] Ma anche l'aggiunta di farmaci anti-fibrotici che contrastino le conseguenze patologiche della fibrosi dei linfonodi potrebbe aiutare la ricostituzione immunitaria.
L'idea (fantastica, a mio avviso) del trial della Hatano è dunque quella di provare con un ACE inibitore a diminuire la fibrosi del tessuto linfatico per far sì che aumenti la produzione/disponibilità di IL-7 e quindi i CD4 e i CD8 naive siano di più e funzionino meglio, e così migliori la funzione immunitaria nel suo complesso.[il post completo è quello che ha dato inizio al thread]
C'è poco da dire: le cose con il Lisinopril non sono andate come si sperava e Hatano e colleghi lo ammettono apertamente.
31 persone con HIV controllato dalla ART (HIV VL < 40-75 copie/mL) da più di un anno e senza diabete o problemi cardiovascolari sono state stratificate in base al numero dei CD4: <350 (immunologic non responders); >350 (immunologic responders). Sono poi state randomizzate in modo da ricevere lisinopril o un placebo e l'aderenza è stata stretttamente monitorata. A 22 settimane, tutte sono state sottoposte a biopsia rettale. Inoltre, sono stati fatti frequenti prelievi di sangue lungo tutta la durata dello studio.
I partecipanti erano tutti uomini, l'età mediana 54 anni (range 47-57), la mediana dei CD4 386 cellule/mL (range 241-636).
Nessuno ha interrotto volontariamente lo studio per eventi avversi; uno ha abbandonato perché gli si era alzata la creatinina (tornata poi normale). Due partecipanti hanno avuto un po' di tosse, risolta spontaneamente. Dopo 24 settimane di lisinopril, la creatinina è aumentata in media di 0,06 mg/dL rispetto al placebo, ma questa differenza non è statisticamente significativa.
Veniamo alle note dolenti:
- 1. Il trattamento con Lisinopril non ha alterato i livelli di RNA o DNA virali associati ai CD4 del retto o circolanti nel sangue e non si sono viste differenze fra immunologic responders e non responders.
2. Non si sono viste differenze fra i due gruppi nelle percentuali di CD4 e CD8 attivati - anche se gli INR avevano livelli di attivazione maggiore dei responders e questo si correlava negativamente con i livelli di CD4 nel sangue.
3. Non si sono visti miglioramenti nei livelli dei marker infiammatori presi in considerazione (IL-6, D-dimero, sCD14 ...) - con tutto che molti dei marker di infiammazione e di coagulazione si associano sia a fattori demografici come l'età, sia al livello dei CD4, sia al livello di attivazione dei CD4 e dei CD8.
4. Si è vista una qualche minima diminuzione della deposizione del collagene nel gruppo Lisinopril, ma nulla di statisticamente significativo.
In sostanza, non si è avuta né una reversione della fibrosi del tessuto linfoide, né una ripresa immunologica negli immunologic non responders.
Qualche luce di speranza, tuttavia, c'è: sappiamo che nel Berlin Patient, con la cura, la situazione della fibrosi dei tessuti linfatici si è normalizzata. E sappiamo che in uno studio su macachi rhesus la somministrazione di un altro agente anti-fibrotico, il pirfenidone, ha ridotto i livelli di fibrosi. Solo che i macachi sono stati trattati a soli 6 mesi dall'inizio dell'infezione, mentre i partecipanti al trial del Lisinopril erano in uno stato avanzato.
Dal momento che la fibrosi linfoide comincia a manifestarsi presto, è possibile che il maggior beneficio i farmaci anti-fibrotici lo diano se somministrati nei primi tempi dell'infezione, come integrazione alla ART, per ristabilire una normale funzionalità del sistema immunitario e così contribuire alla riduzione del reservoir latente.
I prossimi passi da fare: studiare in vitro e in vivo gli effetti di altri farmaci contro la fibrosi e identificare dei marker che possano predire la regressione della fibrosi.
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
Peccato, è una strada molto interessante.
Dora, sai per caso per quale ragione abbiano scelto di partire proprio con un ACE-inibitore come agente antifibrotico? Mi sembra una scelta alquanto particolare considerando che l'effetto antifibrotico degli ACE-inibitori si è osservato in patologie principalemnte cardiache e renali, dove l'angiotensina ha un ruolo chiave nell'insorgenza dell'ipertensione e nella progressione delle malattie renali croniche.
Ci sono evidenze che l'angiotensina abbia un qualche ruolo nell'indurre fibrosi linfonodale nei pazienti con HIV? Io non ho trovato nulla a riguardo. Altri farmaci con meccanismi d'azione completamente diversi potrebbero avere più successo, come il pirfenidone come dicevi tu... Speriamo
Dora, sai per caso per quale ragione abbiano scelto di partire proprio con un ACE-inibitore come agente antifibrotico? Mi sembra una scelta alquanto particolare considerando che l'effetto antifibrotico degli ACE-inibitori si è osservato in patologie principalemnte cardiache e renali, dove l'angiotensina ha un ruolo chiave nell'insorgenza dell'ipertensione e nella progressione delle malattie renali croniche.
Ci sono evidenze che l'angiotensina abbia un qualche ruolo nell'indurre fibrosi linfonodale nei pazienti con HIV? Io non ho trovato nulla a riguardo. Altri farmaci con meccanismi d'azione completamente diversi potrebbero avere più successo, come il pirfenidone come dicevi tu... Speriamo
Re: ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide
Il meccanismo su cui volevano intervenire è l'inibizione del TGF-β1, il cui ruolo nella progressione della fibrosi dei linfonodi è stato riconosciuto come fondamentale da Haase e colleghi.Semola ha scritto:Dora, sai per caso per quale ragione abbiano scelto di partire proprio con un ACE-inibitore come agente antifibrotico? Mi sembra una scelta alquanto particolare considerando che l'effetto antifibrotico degli ACE-inibitori si è osservato in patologie principalemnte cardiache e renali, dove l'angiotensina ha un ruolo chiave nell'insorgenza dell'ipertensione e nella progressione delle malattie renali croniche.
Ci sono evidenze che l'angiotensina abbia un qualche ruolo nell'indurre fibrosi linfonodale nei pazienti con HIV? Io non ho trovato nulla a riguardo.
Dall'Introduzione dell'articolo di Hatano citato sopra:
- Multiple studies have shown that angiotensin converting enzyme (ACE) inhibitors have anti-fibrotic properties through inhibition of TGF-β1 [16-19]. Due to the long clinical history of safely using ACE-inhibitors, and due to its putative anti-fibrotic potential, we conducted a randomized, double-blind placebo-controlled trial to examine whether addition of the ACE-inhibitor lisinopril decreases collagen deposition in the gut tissue and ultimately decreases the amount of HIV RNA and DNA in HIV-infected individuals receiving suppressive ART
16. Molteni A, Wolfe LF, Ward WF, Ts’ao CH, Molteni LB, Veno P, Fish BL, Taylor JM, Quintanilla N, Herndon B, Moulder JE. Effect of an angiotensin II receptor blocker and two angiotensin converting enzyme inhibitors on transforming growth factor-beta (TGF-beta) and alpha-actomyosin (alpha SMA), important mediators of radiation-induced pneumopathy and lung fibrosis. Curr Pharm Des. 2007;13(13):1307-16. PubMed PMID: 17506716.
17. Gross O, Schulze-Lohoff E, Koepke ML, Beirowski B, Addicks K, Bloch W, Smyth N, Weber M. Antifibrotic, nephroprotective potential of ACE inhibitor vs AT1 antagonist in a murine model of renal fibrosis. Nephrol Dial Transplant. 2004;19(7):1716-23. PubMed PMID: 15128880. 10.1093/ndt/gfh219
18. Brilla CG, Funck RC, Rupp H. Lisinopril-mediated regression of myocardial fibrosis in patients with hypertensive heart disease. Circulation. 000;102(12):1388-93. PubMed PMID: 10993857.
19. Sharma K, Eltayeb BO, McGowan TA, Dunn SR, Alzahabi B, Rohde R, Ziyadeh FN, Lewis EJ. Captopril-induced reduction of serum levels of transforming growth factor-beta1 correlates with long-term renoprotection in insulin-dependent diabetic patients. Am J Kidney Dis. 1999;34(5):818-23. PubMed PMID: 10561136.
A parte il pirfenidone - che è nominato da Hatano come una possibile migliore alternativa al Lisinopril per gli effetti visti sulle scimmie - ho visto che ci sono due trial aperti in questo momento per studiare come contrastare la fibrosi:Altri farmaci con meccanismi d'azione completamente diversi potrebbero avere più successo, come il pirfenidone come dicevi tu
- - uno della University of Minnesota (+ NIAID e Merck) sul Losartan: Reversing Tissue Fibrosis to Improve Immune Reconstitution in HIV;
- uno di Yale (Serena Spudich) sul Telmisartan: Analysis of Telmisartan Administered With Antiretroviral Therapy (ART) in Patients With Acute HIV Infection (SEARCH018).
Di entrambi si dovrebbe sapere qualcosa l'anno prossimo.
Detto questo, al di là della delusione per il Lisinopril, la cosa che mi è piaciuta di meno delle conclusioni di Hatano e colleghi è che, ancora una volta, si sottolinei la necessità di un intervento precoce sulla fibrosi. Questo non tanto perché io non sia convinta che prima si interviene con tutto (la ART, le sostanze anti-latenza, i vaccini terapeutici, i bNABs e qualsiasi cosa si rivelerà efficace), meglio è. Quanto piuttosto perché questi studi sulla fibrosi sono indirizzati in primo luogo a risolvere il drammatico problema degli immunologic non responders e se si rivelano utili solo all'inizio dell'infezione, allora ancora una volta gli INR restano indietro.