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da Tarek » lunedì 1 ottobre 2012, 17:39
Per produrre le condizioni della propria esistenza, l’uomo produce ciò di cui ha bisogno (cibo, vestiario, abitazione, arnesi, strumenti, ecc.), produce cioè cose utili, il cui valore sta nell’io che se ne può fare e che pertanto Marx chiama “valori d’uso”. Ma alla radice della società capitalistica le cose utili vengono separate dalla loro utilità e diventano semplici mezzi per effettuare uno scambio. Il grano o il vestito, ad esempio, non sono più qualcosa che deve essere mangiato o indossato ma qualcosa che deve essere venduto, cioè merce, “valore di scambio”. Contemporaneamente, l’individuo, cioè il produttore dei valori d’uso, si trova separato dagli altri individui e dalla società che organizza la produzione delle merci. E poiché il valore d’uso diventa merce perché il produttore dei valori d’uso vende
al capitalista il proprio lavoro, gli individui si trovano separati anche dal prodotto del loro lavoro, che acquista un’esistenza e una potenza indipendente da essi, così come nella religione l’attività della fantasia umana diventa un’attività divina, indipendente ed estranea rispetto all’individuo. La separazione, che costituisce l’essenza del capitalismo, è insieme l’alienazione dell’uomo. Ma la separazione è anche il prodursi della contraddizione dialettica (conformemente al metodo dialettico hegeliano), perché la merce è, insieme, valore d’uso e valore di scambio, ossia negazione del valore d’uso; il lavoro concreto e particolare dell’individuo, che per essere venduto deve essere considerato come lavoro astratto e quantificabile, vale nello stesso tempo come lavoro sociale e astrattamente generale; la persona umana, alienantesi nella merce, viene oggettivata e l’oggetto, acquistando autonomia rispetto alla persona, viene personificato. Se la separazione – l’essenza del capitalismo – produce la contraddizione (e anzitutto un insieme di contraddizioni interdipendenti), il toglimento della contraddizione richiede il toglimento della separazione che ha provocato la contraddizione, e cioè richiede il superamento del capitalismo nella società comunista, ossia nella società che non isola, ma accomuna gli individui tra loro e rispetto al prodotto del loro lavoro: nella società dove il concreto lavoro dell’uomo non diventa proprietà privata del capitalista, le cose necessarie alla vita dell’uomo non diventano merce e gli individui non si isolano più tra loro e rispetto alla società. La società comunista è l’unità, la sintesi che unisce ciò che la separazione, prodotta dalla società capitalistica, ha diviso. E poiché la separazione capitalistica produce la contraddizione del capitalismo, il passagtgio dal capitalismo al comunismo non dipende dai progetto a dagli ideali esistenti nella mente degli uomini, ma da una necessità oggettiva e ineluttabile. Così come ineluttabile è stato il processo che ha condotto alla formazione del capitalismo moderno.
Emanuele Severino: La filosofia dai Greci al nostro tempo; la filosofia contemporanea