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da uffa2 » lunedì 23 gennaio 2012, 12:54
I generici ci fanno compagnia da molti decenni. Negli Stati Uniti per esempio, il primo generico “ufficiale” è nato con la fine della seconda guerra mondiale, quando negli accordi con la Germania sconfitta si stabilì che l’aspirina potesse essere prodotta senza royalty da chiunque negli USA e che Bayer non potesse usare quel nome. Chi di voi ha fatto una passeggiatina da Wal Mart e simili avrà visto tante scatole di “aspirin” e quella di “Bayer original”…
Nei generici ciò che cambia è “il resto”, ossia gli eccipienti usati per raggiungere la massa della pastiglia. Effettivamente nulla esclude che tale possibile diversità abbia anche un significato reale, anche se l’eccipiente, per definizione, dovrebbe essere inerte, i limiti di bioequivalenza però sono abbastanza stretti (+o- 5% rispetto al farmaco originario).
La prova del nove sulla bioequivalenza, dal mio punto di vista, è proprio nei farmaci salvavita: ho seguito qualche mese fa il processo di genericizzazione di un famoso farmaco. Il fabbricante le ha cercate tutte per convincere i medici che il farmaco “di marca” in sé era migliore di quello generico, tentando anche la carta della superiorità degli eccipienti. Inutile dire che i medici e -peggio- i farmacisti ospedalieri non ci sono “cascati”, e l’unico vero plus del prodotto è stata una nuova formulazione che, a identica efficacia e sicurezza, consentiva però di gestire meglio il farmaco, risparmiando sugli sprechi nella sua ricostituzione (è un iniettivo) e che comunque non ha impedito il crollo del prezzo del farmaco “originale”.
Alla fine, i fabbricanti di generici non sono degli sfigati, il più delle volte sono aziende che fabbricano “anche” generici oppure sister companies di farmaceutiche che vendono medicinali di marca. I nomi? l’israeliana Teva che produce farmaci “branded” e generici, la tedesca Sandoz, la francese Sanofi, che ha dato vita alle società Zentiva e Kendrick e Medley specializzate nel generico, l’americana Greenstone sussidiaria di Pfizer...
E le differenze riscontrate da qualche consumatore allora? Va’ a saperlo...
Personalmente credo che molto sia dovuto all’effetto placebo/nocebo, e che l’attesa di una maggiore/minore qualità giochi un certo ruolo. Un pochino come quando al supermercato dobbiamo scegliere tra due confezioni, contenenti esattamente lo stesso prodotto, evidentemente realizzato seguendo la stessa “ricetta”, dalla stessa società, nello stesso stabilimento, usando persino gli stessi contenitori… eppure la percezione è diversa.
Posso solo portare un esempio che –come tutti gli esempi sui singoli- non fa statistica ma è illuminante: io abbatto la febbre con l’aspirina, mia mamma invece l’aspirina non la regge, le dà ogni sorta di problema... e allora, quando ha la febbre, prende l’ASPRO®… che contiene esattamente la stessa quantità di acido acetilsalicilico contenuta in una compressa di aspirina, 500 mg; la spiegazione? l’unica apparentemente possibile è data, appunto, dagli eccipienti, effettivamente diversi tra i due farmaci…