
Avete aperto il thread sperando in un aggiornamento sulla sperimentazione clinica dell'auranofin? Mi dispiace, oggi no. Le notizie che ho sono ferme ai successi presentati al congresso sui reservoir di Miami dello scorso dicembre. Appena saprò qualcosa di nuovo, vi racconterò.
Oggi, invece, desidero parlare di cornonavirus - e in modo più specifico di una sperimentazione che sta partendo in questi giorni in Cina. Quindi il post di oggi s'intitola
Inibitori della proteasi di HIV e clorochina contro il nuovo coronavirus (2019-nCoV)

Perché scriverne qui? Perché Andrea Savarino, all'inizio degli anni 2000, quando si diffuse l'epidemia di SARS-CoV, cioè del virus corona che causa la Sindrome Respiratoria Acuta Grave, studiò diversi farmaci che erano già approvati per trattare altre infezioni e confermò quanto anche altri avevano osservato: che sia gli inibitori della proteasi di HIV, sia la clorochina avevano una certa efficacia in vitro.
Quei lavori trovarono qualche ulteriore conferma di efficacia quando i ricercatori cinesi lavorarono in vivo, provando a somministrare inibitori della proteasi di HIV a malati di SARS: erano sperimentazioni fatte alla sperindio, nell'infuriare dell'epidemia, senza gruppi di controllo, senza placebo, senza tutto quel che serve per stabilire davvero l'efficacia di un trattamento. Ma qualcosa di buono gli IP fecero. Il perché, cioè il meccanismo d'azione, non è ancora chiarissimo, dal momento che sono costruiti per bloccare proprio la proteasi di HIV, ma hanno dimostrato di avere effetti inibitori contro un ampio spettro di patogeni, dal Candida albicans al Plasmodium falciparum della malaria. Forse, spiegava Savarino, questo potere inibitorio si espande anche a proteasi non-retrovirali benché siano strutturalmente diverse da quella di HIV.
E sta di fatto che qualcosa contro la SARS fecero.
Ma l'idea di Savarino non era di usare o solo gli IP o solo la clorochina, quanto piuttosto di usarli insieme. Era chiaramente un'idea che veniva dai suoi studi sull'HIV, perché anche i coronavirus sono virus a RNA, che fanno tanti errori durante la retrotrascrizione, e questi errori possono sviluppare virus mutati, resistenti ai farmaci dati in monoterapia; quindi è bene vengano aggrediti da combinazioni di farmaci. Ma in quel momento, con la conclusione dell'epidemia di SARS, rimase una bella idea senza possibilità di conferme empiriche.
Quei lavori di inizio anni 2000 erano dunque interessanti per diverse ragioni, ma principalmente perché anche se l'epidemia di SARS, con il suo pesante carico di morti, si esaurì abbastanza in fretta, si sapeva già allora che i coronavirus sono tanti e diffusi ovunque, perché infettano molte specie di animali con cui l'uomo ha frequenti contatti, quindi il rischio di zoonosi è sempre presente. E infatti dopo la SARS arrivò la MERS (la Sindrome Respiratoria Mediorientale), sempre da un betacoronavirus. E oggi la Cina si trova a dover combattere l'epidemia da nuovo coronavirus, che ancora non sappiamo per certo quanto sia infettivo e quanto sia letale, ma sta comunque paralizzando un Paese enorme e spaventando tutto il resto del mondo.
In assenza di un vaccino, avere dei farmaci è una questione vitale. E se questi farmaci sono già conosciuti, se il loro profilo di sicurezza è noto, se sappiamo a che dosi dobbiamo darli, questo ovviamente facilita il compito dei medici. Ragion per cui sugli IP mi pare che Savarino non abbia scritto altro di rilevante, ma sulla clorochina continuò a lavorare.
Fra i tantissimi lavori che stanno uscendo in queste settimane convulse, in cui fra riviste serie e BioRxiv (in cui gli articoli non hanno ancora passato la revisione paritaria, ma sono messi comunque a disposizione della comunità scientifica) innumerevoli gruppi di ricerca provano a dare il loro contributo, martedì scorso, 4 febbraio, un gruppo di ricercatori cinesi ha pubblicato una Letter su Cell Research, che è una rivista del Nature Publishing Group. Qui gli scienziati cinesi, che nell'assai scarna bibliografia non dimenticano di citare Savarino, comunicano di avere testato in vitro contro 2019-nCoV isolati dai pazienti l'efficacia antivirale di 5 farmaci approvati dall'FDA cinese (ribavirina, penciclovir, nitazoxanide, nafamostat, clorochina) e due antivirali ad ampio spettro ancora sperimentali, remdesivir (GS-5734) e favipiravir (T-705), e di averne trovati due che funzionano: il remdesivir, che è un antivirale sperimentale che Gilead stava studiando contro l'Ebola e del quale parleremo magari in un prossimo post, e la clorochina.
All'inizio dell'epidemia, fra dicembre e gennaio, ai malati di 2019-nCoV non si dava niente: solo supporto con ossigeno ai casi più gravi che finivano in rianimazione. Spesso, per alleviare i sintomi di distress respiratorio acuto (Acute Respiratory Distress Syndrome, ARDS) si dà del cortisone, ma nel caso di 2019-nCoV dare corticosteroidi si è rivelata una pessima idea, perché ha abbassato le difese immunitarie e permesso al virus di dilagare incontrollato.
Quando si è iniziato a capire qualche caratteristica in più di questo nuovo coronavirus, ad esempio non soltanto il fatto che con il SARS coronavirus esso condivide circa l'80% del genoma, ma che usa anche lo stesso recettore per colpire le cellule target, si sono cominciati a somministrare inibitori della proteasi di HIV, con AbbVie, Gilead e altre pharma che hanno immediatamente risposto all'appello delle autorità cinesi - e infatti anche i pazienti ricoverati allo Spallanzani stanno ricevendo lopinavir/ritonavir, cui è stato aggiunto il remdesivir proprio grazie al lavoro su Cell Research degli studiosi cinesi.
Partono però, parallelamente, le sperimentazioni cliniche e speriamo che, nonostante la fretta e le evidenti enormi difficoltà in cui la sanità cinese sta lavorando, siano fatte come si deve. Un trial, giustamente pubblicizzato da Gilead, è quello sul remdesivir, su 761 pazienti ricoverati a Wuhan, 308 con infezione lieve o moderata, 453 con infezione grave.
E un altro trial è sulla clorochina, che conosciamo da un secolo e quindi riceve meno pubblicità. È uno studio prospettico, in aperto, che si svolge in diversi ospedali della provincia di Guangdong e su diverse coorti di pazienti di età compresa fra i 18 e gli 80 anni, allo scopo di valutare efficacia e sicurezza della clorochina in adulti con diagnosi di polmonite da 2019-nCoV.
I pazienti saranno divisi in gruppi in base alla gravità dell'infezione e riceveranno o solo clorochina, o solo gli inibitori della proteasi lopinavir e ritonavir, o una combinazione dei farmaci:

Si vedrà in un mese se i trattamenti sono efficaci e comportano una cura dell'infezione. Intanto, verranno valutati anche la mortalità a 4 settimane, i tempi di ospedalizzazione, i tempi di permanenza in terapia intensiva.
Anche l'Istituto Superiore di Sanità si è svegliato e pubblica - mantenendo un profilo bassissimo - un articoletto nel proprio sito per fare il punto sui farmaci contro il nuovo coronavirus, in cui si dice (o si sussurra) che "tra i primi studi a verificarne l’attività antiretrovirale [della clorochina], nella fattispecie contro l’Hiv, uno è stato eseguito da ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità" [mica solo antiretrovirale, caro Dr Rezza! Sennò che senso avrebbe usarlo contro un coronavirus?].
Siamo ben strani, noi in Italia: facciamo conferenze e comunicati stampa per dire che siamo i primi ad avere isolato e sequenziato 2019-nCoV facendoci ridere dietro da mezzo mondo, ma se abbiamo un'eccellenza in casa la nascondiamo sotto strati di understatement (sì, forse non è proprio la parola giusta, ma preferisco mantenere anch'io un profilo basso).
D'altra parte, in questi 10 e passa anni che scrivo sulla ricerca su HIV, questo stupefacente rovesciamento della realtà da parte dell'Istituto Superiore di Sanità l'ho visto più e più volte: io non dimentico i continui intralci (anche ora uso l'understatement, eh?) frapposti alle ricerche di Savarino; io non dimentico che Iart Shytaj è stato licenziato (e oggi - a soli 34 anni! - è professore in un'università estera). Proprio come non dimentico la sequela di errori di valutazione fatti al contrario, con Ricciardi che si smarcava debolissimamente da una assoluta porcheria come il Trigno M, o che voleva a tutti i costi un ciarlatano come perché giudicava eccellente il suo CV.
E non dimentico che la dottoressa Ensoli è ancora al suo posto dopo decenni di fuffa mediatica e débâcle scientifiche - l'ultima è la svolta onirica presa dal vaccino Tat, che ora viene sognato addirittura come adiuvante per la PrEP. Non ho ancora avuto cuore di scrivere un post, mi viene un attacco di nausea ogni volta che provo a riprendere in mano l'articolo.
Basta, meglio che mi fermi qui. Che Savarino sia un eccellente scienziato chi segue questo thread lo sa, così come lo sa chi segue i post dell'Oca Sapiens. Quando i suoi capi all'ISS finalmente lo riconosceranno, brinderemo tutti insieme con del Trignolino d'annata. E intanto speriamo che gli IP, la clorochina e il remdesivir funzionino e mettano fine all'epidemia di 2019-nCoV.
EDIT 11 febbraio - per chi non legge regolarmente il blog dell'Oca Sapiens (male, perché è una pagina da cui si può imparare tantissimo):