
Dopo poco più di 16 anni di terapia orale, questa mattina ho preso (probabilmente) l’ultima pastiglia di antiretrovirale.
Chi mi conosce sa che in tutti questi anni ho sempre e soltanto tessuto le lodi delle mie terapie. Da quella autentica arma nucleare tattica che era il Sustiva a quell’insignificante versione pharma delle caramelle Zigulì che è stato per me il Dovato, alle mie pastiglie ho sempre voluto un gran bene. Così, quando questa mattina ho visto l’infermiera tirare fuori le scatole dell’iniettabile, per qualche secondo ho sentito un po’ di commozione, forse anche un filo di paura, perché oramai avevo costruito uno stile di vita intorno alla mia pastiglia del mattino. Però, oramai il dado era tratto.
In questi ultimi tempi, la mia qualità della vita è peggiorata in maniera significativa, non per colpa dell’HIV né della terapia, e iniziavo a fare una preoccupante confusione nonostante il portapillole settimanale. Così, visto che secondo la mia dottoressa ero un “paziente perfetto per la long acting” (sperèm) , ho colto la palla al balzo.
Questa mattina ho fatto le prime due iniezioni sui glutei (non avevo mai approfondito l’argomento, credevo si facessero come per altri trattamenti a lunga durata sugli avambracci. Devo dire che così è meglio perché, al di là della scomodità di calarsi i pantaloni, non ci sono bozzi in vista).
Naturalmente, “i risultati sono individuali e potrebbero variare”, ma lì per lì è stata un’esperienza indolore: più il fastidio dell’ago (quasi impercettibile perché l’infermiera ha una mano fatata) che tutto il resto. Sono tornato a casa un po’ disorientato (deve essere una mia reazione alla puntura prima ancora che ai farmaci, perché mi capita ogni volta che faccio una intramuscolo), ma tutto sommato bene e ho assorbito in un paio d’ore questo lieve effetto collaterale.
Piuttosto, dopo più ore dalle iniezioni, continuo a sentire l’indolenzimento ai muscoli dei glutei, il che, per un milanese abituato a fare chilometri tutti i giorni, è un po’ un fastidio, ma anche qui confido che passi in fretta.
Insomma, che noia che barba!
