È da qualche mese che desidero scrivere sulle endonucleasi di homing (o di inserimento) e sulla ricombinasi-Tre. Però non ho mai il tempo di raccogliere le idee ed è un argomento non proprio semplicissimo.
Ho pensato, quindi, di accennare in modo sommario qualcosa sulle endonucleasi e poi di tradurre un’intervista di Lafeuillade a Joachim Hauber, del Leibniz Insitute for Experimental Virology di Amburgo, che ha appena pubblicato un lavoro sulla ricombinasi-Tre.
Così, almeno, apro il thread e prima o poi spero di riuscire a lavorarci un po' meglio.
Molto brevemente, le endonucleasi di homing o di inserimento sono degli enzimi di restrizione, cioè delle proteine, che agiscono sul DNA delle cellule che li sintetizzano. Anche se sia la loro origine, sia la loro funzione non sono ancora del tutto chiare, la ricerca più recente tende a considerarli degli elementi genetici “egoisti”, simili ai trasposoni, perché facilitano la perpetuazione degli elementi genetici che li codificano.
Si è pensato di usare queste proteine per tagliare via il DNA dell’HIV, che si è insediato nel genoma delle cellule infette. Se questa idea dovesse funzionare, offrirebbe un APPROCCIO IN GRADO DI CURARE LE CELLULE INFETTATE DAL VIRUS: ciò che, fino ad oggi, non è stato possibile fare.
Le endonucleasi di homing fanno una sola cosa, e la fanno molto bene, con estrema precisione: vanno alla ricerca di specifiche sequenze di DNA all’interno di genomi complessi e, quando le trovano, tagliano il DNA in due.
In natura, queste endonucleasi di homing esistono entro organismi unicellulari e la loro funzione consiste nel tagliare una determinata sequenza di DNA e poi inserire una copia del loro proprio DNA entro la breccia così creata. Nelle cellule umane, il processo di riparazione del DNA funziona in modo un po’ diverso: piuttosto che inserire del materiale entro la rottura del DNA, le estremità spezzate dei filamenti del DNA vengono ricongiunte. Durante questo processo di riparazione, parte del DNA che circonda il punto di rottura va perduto e il DNAspezzato viene infine distrutto dai meccanismi di riparazione cellulare.


Da Keith Jerome, “Gene Therapy is the path to a Cure” – IAS 2011 – slides 5 e 4 (il sito dello IAS 2011 al momento non funziona).
Ci si è dunque chiesti che cosa accadrebbe se l’endonucleasi di homing fosse capace di trovare e spaccare, separandole, delle sequenze di DNA di un retrovirus, quale l’HIV, che si nasconde all’interno dei cromosomi delle cellule che ha infettato.
In un esperimento pubblicato l’anno scorso (Successful Targeting and Disruption of an Integrated Reporter Lentivirus Using the Engineered Homing Endonuclease Y2 I-Ani I, Keith Jerome ha indotto una endonucleasi di homing ad andare a scovare un virus, che lui stesso aveva creato perché fosse suscettibile a questo enzima.
Questo esperimento ha dimostrato che l’endonucleasi di homing è stata capace di distruggere parti del DNA virale abbastanza estese da eliminare l’espressione di proteine virali.
NON è scomparsa ogni traccia del virus; tuttavia, ciò che ne è rimasto era un guscio vuoto, inoffensivo.
Ma c’è di più: IL TRATTAMENTO NON HA DANNEGGIATO LE CELLULE.
In altre parole, LE CELLULE SONO STATE CURATE – GUARITE – DAL VIRUS.
Sfortunatamente, in natura, le endonucleasi di homing NON sono in grado di riconoscere le sequenze dell’HIV. Ma, ora che si sa che queste proteine possono eliminare un virus da una cellula umana, si può cercare di riprogettarle in modo da renderle capaci di riconoscere l’HIV.
Usando la cristallografia a raggi X, una tecnica di laboratorio che mostra la struttura delle proteine, Jerome sta cercando di visualizzare delle endonucleasi di homing legate ai loro DNA target naturali. Una volta capito che forma prendono quando si legano ai loro obiettivi naturali, dovrebbe essere possibile costruire dei modelli per predire le modificazioni strutturali che consentiranno a queste proteine di legarsi alle sequenze specifiche dell’HIV.
La fase successiva dovrebbe essere la costruzione di una endonucleasi di homing che riconosca il DNA dell’HIV e possa colpire diversi siti del genoma del virus (fra cui la Env, la Pol, la Tat e la Vif). Poiché far arrivare questi enzimi fino al genoma del virus latente nel corpo delle persone malate in modo sia specifico sia sicuro è una sfida non di poco momento, passerà ancora del tempo prima che si possa arrivare a una fase clinica.
Ricordo che degli sviluppi di questa ricerca Keith Jerome ha parlato a St Martin lo scorso dicembre (SESSION X: NEW APPROACHES & ERADICATION TRIALS - Part 2 - Direct Targeting of Integrated HIV Sequences Using Engineered Homing Endonucleases, abstract 48).