Demenza HIV-correlata
Demenza HIV-correlata
Alcuni ricercatori della Georgetown University Medical Center sembrano aver scoperto le basi del mistero per cui alcuni pazienti affetti da HIV e sotto terapia antiretrovirale, pur non manifestato alcun segno di AIDS, vanno invece contro a seri problemi di memoria, apprendimento, concentrazione e difficoltà motorie.
Il gruppo di ricercatori suppone che, anche se l'HIV non infetta i neuroni, puo' bloccare la produzione nel cervello di un fattore di crescita proteica (i BDNF maturi), essenziale per "nutrire" i neuroni. Senza di esso, si riduce la lunghezza e le il numero di ramificazioni degli assoni che i neuroni usano per collegarsi fra loro. Col tempo, perse queste vie di comunicazione, muoiono.
Lo stesso gruppo di ricercatori ha messo a punto un metodo statidtico per calcolare le probabilità di sviluppare la demenza HIV-correlata.
fonte:
http://explore.georgetown.edu/news/?ID= ... lateID=295
I dettagli saranno pubblicati sul numero di oggi 11 luglio 2012 di Journal of Neuroscience
Il gruppo di ricercatori suppone che, anche se l'HIV non infetta i neuroni, puo' bloccare la produzione nel cervello di un fattore di crescita proteica (i BDNF maturi), essenziale per "nutrire" i neuroni. Senza di esso, si riduce la lunghezza e le il numero di ramificazioni degli assoni che i neuroni usano per collegarsi fra loro. Col tempo, perse queste vie di comunicazione, muoiono.
Lo stesso gruppo di ricercatori ha messo a punto un metodo statidtico per calcolare le probabilità di sviluppare la demenza HIV-correlata.
fonte:
http://explore.georgetown.edu/news/?ID= ... lateID=295
I dettagli saranno pubblicati sul numero di oggi 11 luglio 2012 di Journal of Neuroscience
Re: Demenza HIV-correlata
Come annunciato, l'articolo è stato pubblicato sul numero dell 11 luglio di The Journal of Neurosciences. Purtroppo per avere pieno accesso occorre abbonarsi, tuttavia già dall'abstract si ricavano alcune informazioni in più:
Human Immunodeficiency Virus Type 1 Alters Brain-Derived Neurotrophic Factor Processing in Neurons
Alessia Bachis, Valeriya Avdoshina, Luigi Zecca, Maia Parsadanian, and Italo Mocchetti
Department of Neuroscience, Georgetown University Medical Center, Washington, DC 20057 and CNR Institute of Biomedical Technologies, 20090 Segrate, Italy
The molecular mechanisms leading to synaptic simplification and neuronal apoptosis in human immunodeficiency virus type 1 (HIV-1)-positive subjects are unknown.
The HIV protein gp120 reduced the length of neuronal processes similarly to the proneurotrophin pro–brain-derived neurotrophic factor (proBDNF). Intriguingly, the effects of both proBDNF and gp120 were blocked by inhibitors of the p75 neurotrophin receptor, suggesting that proBDNF and gp120 share a similar mechanism of neurotoxicity. Therefore, we tested the hypothesis that gp120 affects the release of proBDNF. Using rat primary neurons, we observed that gp120 promotes a timedependent intracellular and extracellular accumulation of proBDNF on comitantly with a decrease in mature BDNF. A similar imbalance in the ratio proBDNF/mature BDNF was confirmed in postmortem brains of HIV-positive subjects cognitively impaired and motor impaired. Therefore, it is conceivableto formulatethe hypothesisthat HIV neurotoxicity includes a gp120-mediated alteration of BDNF processing. To determinethe cellular mechanism whereby gp120 produces an accumulation of proBDNF, we examinedthe levels of intracellular and extracellular enzymesthat proteolytically cleave proBDNF furin andtissue plasminogen, respectively. In rat neurons exposed to gp120, intracellular furin levels decreased before cell death, whereastissue plasminogen changed only during apoptosis. Our data suggestthat HIV,through gp120, reduces proBDNF processing by affecting furin levels, and therefore causes an altered balance between antiapoptotic and proapoptotic neurotrophins. Our studies identify a new mechanism that may explain how HIV promotes neuronal injury.
The Journal of Neuroscience, July 11, 2012 • 32(28):9477–9484
Da notare che quattro ricercatori su cinque sono italiani e, anche se lo studio è stato finanziato perlopiù dal Georgetown University Medical Center, è stato effettuato a Segrate.
Sebbene la parte lo studio pubblicata sia molto ridotta, già mi posso sbilanciare: questo genere di neurotossicità è strettamente collegata alla carica virale dell'HIV nel cervello quindi dovrebbe essere minima tra coloro che assumono antiretrovirali con una alta capacita di penetrazione nella barriera emato-encefalica. Tra l'altro questa congettura coincide perfettamente con questo studio dell'anno scorso:
http://www.aidsbeacon.com/news/2011/01/ ... -hiv-aids/
ed altri studi statistici ancora, che evidenziavano come che nel 1989 il 7% dei sieropositivi avevano problemi di deficit cognitivi, a fronte di un 0,9% nel 2010 (non ricordo bene, vado a memoria, sarà la mia demenza hiv-correlata
)
Human Immunodeficiency Virus Type 1 Alters Brain-Derived Neurotrophic Factor Processing in Neurons
Alessia Bachis, Valeriya Avdoshina, Luigi Zecca, Maia Parsadanian, and Italo Mocchetti
Department of Neuroscience, Georgetown University Medical Center, Washington, DC 20057 and CNR Institute of Biomedical Technologies, 20090 Segrate, Italy
The molecular mechanisms leading to synaptic simplification and neuronal apoptosis in human immunodeficiency virus type 1 (HIV-1)-positive subjects are unknown.
The HIV protein gp120 reduced the length of neuronal processes similarly to the proneurotrophin pro–brain-derived neurotrophic factor (proBDNF). Intriguingly, the effects of both proBDNF and gp120 were blocked by inhibitors of the p75 neurotrophin receptor, suggesting that proBDNF and gp120 share a similar mechanism of neurotoxicity. Therefore, we tested the hypothesis that gp120 affects the release of proBDNF. Using rat primary neurons, we observed that gp120 promotes a timedependent intracellular and extracellular accumulation of proBDNF on comitantly with a decrease in mature BDNF. A similar imbalance in the ratio proBDNF/mature BDNF was confirmed in postmortem brains of HIV-positive subjects cognitively impaired and motor impaired. Therefore, it is conceivableto formulatethe hypothesisthat HIV neurotoxicity includes a gp120-mediated alteration of BDNF processing. To determinethe cellular mechanism whereby gp120 produces an accumulation of proBDNF, we examinedthe levels of intracellular and extracellular enzymesthat proteolytically cleave proBDNF furin andtissue plasminogen, respectively. In rat neurons exposed to gp120, intracellular furin levels decreased before cell death, whereastissue plasminogen changed only during apoptosis. Our data suggestthat HIV,through gp120, reduces proBDNF processing by affecting furin levels, and therefore causes an altered balance between antiapoptotic and proapoptotic neurotrophins. Our studies identify a new mechanism that may explain how HIV promotes neuronal injury.
The Journal of Neuroscience, July 11, 2012 • 32(28):9477–9484
Da notare che quattro ricercatori su cinque sono italiani e, anche se lo studio è stato finanziato perlopiù dal Georgetown University Medical Center, è stato effettuato a Segrate.
Sebbene la parte lo studio pubblicata sia molto ridotta, già mi posso sbilanciare: questo genere di neurotossicità è strettamente collegata alla carica virale dell'HIV nel cervello quindi dovrebbe essere minima tra coloro che assumono antiretrovirali con una alta capacita di penetrazione nella barriera emato-encefalica. Tra l'altro questa congettura coincide perfettamente con questo studio dell'anno scorso:
http://www.aidsbeacon.com/news/2011/01/ ... -hiv-aids/
ed altri studi statistici ancora, che evidenziavano come che nel 1989 il 7% dei sieropositivi avevano problemi di deficit cognitivi, a fronte di un 0,9% nel 2010 (non ricordo bene, vado a memoria, sarà la mia demenza hiv-correlata



Re: Demenza HIV-correlata
Buono studio!skydrake ha scritto:Come annunciato, l'articolo è stato pubblicato sul numero dell 11 luglio di The Journal of Neurosciences. Purtroppo per avere pieno accesso occorre abbonarsi
Human Immunodeficiency Virus Type 1 Alters Brain-Derived Neurotrophic Factor Processing in Neurons
Non l'ho ancora letto e non so quando avrò il tempo di leggerlo. Però, da una rapidissima scorsa, non si direbbe che la correlazione fra alte viremie nel fluido cerebrospinale e il danno cerebrale sia così scontata:Sebbene la parte lo studio pubblicata sia molto ridotta, già mi posso sbilanciare: questo genere di neurotossicità è strettamente collegata alla carica virale dell'HIV nel cervello quindi dovrebbe essere minima tra coloro che assumono antiretrovirali con una alta capacita di penetrazione nella barriera emato-encefalica.

Re: Demenza HIV-correlata
La risposta a questa domanda dovrebbe essere nello studio dell'anno scorso citato nel link sopra:
http://journals.lww.com/aidsonline/Abst ... al.10.aspx
Di cui però nell'abstract non vi sono le viremie, ma un laconico:
Conclusion: Use of antiretroviral drugs with better estimated CNS penetration may be associated with better neurocognitive functioning...
Inoltre nella tabella postata vi sono troppi casi anomali (encefaliti da citomegalovirus, infezioni da cryptococcus o altri batteri, uso di cocaina, ischemia, arteriosclerosi, infarti focali ecc.). Più che deficienze neurocognitive HIV correlate, qui abbiamo a che fare con una collezione delle sfighe più disparate
http://journals.lww.com/aidsonline/Abst ... al.10.aspx
Di cui però nell'abstract non vi sono le viremie, ma un laconico:
Conclusion: Use of antiretroviral drugs with better estimated CNS penetration may be associated with better neurocognitive functioning...
Inoltre nella tabella postata vi sono troppi casi anomali (encefaliti da citomegalovirus, infezioni da cryptococcus o altri batteri, uso di cocaina, ischemia, arteriosclerosi, infarti focali ecc.). Più che deficienze neurocognitive HIV correlate, qui abbiamo a che fare con una collezione delle sfighe più disparate
Re: Demenza HIV-correlata
Non ha molto senso andare a cercare la ragione dei danni cerebrali in persone, che pure hanno l'HIV, ma stanno bene. Quelle le usi come controlli.skydrake ha scritto:nella tabella postata vi sono troppi casi anomali (encefaliti da citomegalovirus, infezioni da cryptococcus o altri batteri, uso di cocaina, ischemia, arteriosclerosi, infarti focali ecc.). Più che deficienze neurocognitive HIV correlate, qui abbiamo a che fare con una collezione delle sfighe più disparate
Re: R: Demenza HIV-correlata
Sei sempre gentile, Stealthy. Buona lettura.stealthy ha scritto:Grazie Dora per l'articolo! Me lo leggerò stasera a casa!

Re: Demenza HIV-correlata
Doppia dolce notizia, fra ieri e oggi, relativa a cioccolato e miglioramento delle funzioni cerebrali.
Partiamo da quella specificamente connessa all'HIV.
Una ricerca della Johns Hopkins (Joseph Steiner) ha portato alla scoperta che un gruppo di polifenoli vegetali noti come catechine, che sono presenti soprattutto nelle foglie del tè verde e nei semi di cacao potrebbero aiutare a prevenire le complicanze connesse al deterioramento cognitivo che colpisce alcune persone con HIV.
Si sa che una proteina, chiamata Fattore Neurotrofico Derivato dal Cervello (BDNF), svolge un ruolo cruciale nella crescita e nella sopravvivenza dei neuroni. Questa proteina agisce soprattutto in aree del cervello deputate all’apprendimento, alla memoria e al pensiero superiore e si è visto che alcune persone con HIV presentano livelli di BDNF più bassi rispetto agli standard.
Steiner ha analizzato gli effetti sulle cellule del sistema nervoso centrale di circa 2000 composti, sia sostanze naturali, sia farmaci già approvati, e ha individuato 9 sostanze che hanno una una ben nota funzione antiossidante e protettiva dei neuroni e che sono derivate dall’epicatechina. Confrontandole con il resveratrolo, un antiossidante che si trova tipicamente nel vino, ha identificato l’epicatechina e l’gallato di epigallocatechina (EGCG) come le più efficaci nel proteggere i neuroni, inducendo la produzione di BDNF.
Queste sostanze hanno una struttura piuttosto semplice, quindi hanno anche la capacità di passare facilmente la barriera ematoencefalica. E ciò le rende dei buoni candidati come farmaci neuroprotettori.
L’altra notizia di ieri, che va nella medesima direzione, è di uno studio in doppio cieco italiano appena pubblicato su Hypertension, condotto da Giovambattista Desideri, della Divisione Geriatrica dell'Università dell'Aquila.
Pare che il cacao, oltre ad avere doti antidepressive e genericamente antiossidanti, sia anche in grado di migliorare la funzionalità dei vasi sanguigni, di ridurre la pressione e di contrastare l’insulino-resistenza, rallentando così l’invecchiamento delle cellule cerebrali.
Merito di tutte queste meraviglie sembra sia dei flavonoli.
FONTI:
**************************************
Partiamo da quella specificamente connessa all'HIV.
Una ricerca della Johns Hopkins (Joseph Steiner) ha portato alla scoperta che un gruppo di polifenoli vegetali noti come catechine, che sono presenti soprattutto nelle foglie del tè verde e nei semi di cacao potrebbero aiutare a prevenire le complicanze connesse al deterioramento cognitivo che colpisce alcune persone con HIV.
Si sa che una proteina, chiamata Fattore Neurotrofico Derivato dal Cervello (BDNF), svolge un ruolo cruciale nella crescita e nella sopravvivenza dei neuroni. Questa proteina agisce soprattutto in aree del cervello deputate all’apprendimento, alla memoria e al pensiero superiore e si è visto che alcune persone con HIV presentano livelli di BDNF più bassi rispetto agli standard.
Steiner ha analizzato gli effetti sulle cellule del sistema nervoso centrale di circa 2000 composti, sia sostanze naturali, sia farmaci già approvati, e ha individuato 9 sostanze che hanno una una ben nota funzione antiossidante e protettiva dei neuroni e che sono derivate dall’epicatechina. Confrontandole con il resveratrolo, un antiossidante che si trova tipicamente nel vino, ha identificato l’epicatechina e l’gallato di epigallocatechina (EGCG) come le più efficaci nel proteggere i neuroni, inducendo la produzione di BDNF.
Queste sostanze hanno una struttura piuttosto semplice, quindi hanno anche la capacità di passare facilmente la barriera ematoencefalica. E ciò le rende dei buoni candidati come farmaci neuroprotettori.
L’altra notizia di ieri, che va nella medesima direzione, è di uno studio in doppio cieco italiano appena pubblicato su Hypertension, condotto da Giovambattista Desideri, della Divisione Geriatrica dell'Università dell'Aquila.
Pare che il cacao, oltre ad avere doti antidepressive e genericamente antiossidanti, sia anche in grado di migliorare la funzionalità dei vasi sanguigni, di ridurre la pressione e di contrastare l’insulino-resistenza, rallentando così l’invecchiamento delle cellule cerebrali.
Merito di tutte queste meraviglie sembra sia dei flavonoli.
FONTI:
- - Green Tea and Chocolate Compounds Offer Hope for Patients With HIV-Associated Cognitive Impairment
- Hope For Patients With Cognitive Impairment Associated With HIV
- Abstract: Catechins protect neurons against mitochondrial toxins and HIV proteins via activation of the BDNF pathway
**************************************
- - Hot Cocoa May Boost Seniors' Brain Power
- Il potere del cacao: in giuste dosi aiuta il cervello a non invecchiare
- Abstract: Benefits in Cognitive Function, Blood Pressure, and Insulin Resistance Through Cocoa Flavanol Consumption in Elderly Subjects With Mild Cognitive Impairment - The Cocoa, Cognition, and Aging (CoCoA) Study
Re: Demenza HIV-correlata
Andiamo più sul gastronomico

Sempre notizia di ieri:
alla Warwick University, in Inghilterra, sono riusciti a produrre un cioccolato con un 50% di grassi in meno, impiegando una tecnica particolare di emulsionamento con microgocce (30 micron) di succo di mirtillo e arancia (in altre parole hanno fatto una microschiuma con i grassi rimanenti). Il gusto risultante è po’ fruttato, ma aspetto e la consistenza sono assolutamente identici. Inoltre vi è anche l’ipotesi di mantenere il gusto classico utilizzando acqua e vitamina C.
Abstract (sul Journal of Materials Chemistry):
http://pubs.rsc.org/en/Content/ArticleL ... c2jm34233b
articolo divulgativo in italiano:
http://www.net1news.org/arriva-cioccola ... -meno.html

Sempre notizia di ieri:
alla Warwick University, in Inghilterra, sono riusciti a produrre un cioccolato con un 50% di grassi in meno, impiegando una tecnica particolare di emulsionamento con microgocce (30 micron) di succo di mirtillo e arancia (in altre parole hanno fatto una microschiuma con i grassi rimanenti). Il gusto risultante è po’ fruttato, ma aspetto e la consistenza sono assolutamente identici. Inoltre vi è anche l’ipotesi di mantenere il gusto classico utilizzando acqua e vitamina C.
Abstract (sul Journal of Materials Chemistry):
http://pubs.rsc.org/en/Content/ArticleL ... c2jm34233b
articolo divulgativo in italiano:
http://www.net1news.org/arriva-cioccola ... -meno.html