Ciao a tutti ragazzi, volevo sottoporvi un problema non proprio scientifico, ma vecchio quanto l'HIV: cosa ne pensate della discriminazione? Credete anche voi che a volte è il risultato di un'informazione troppo forzata?
Questo quesito ha iniziato a martellarmi la testa quando sul forum ho trovato questo link:
http://www.youtube.com/watch?v=MRtWtX-njwc
sapevo dell'esistenza della famosa pubblicità dei sieropositivi con l'alone viola intorno, ma non l'avevo proprio mai vista, posso dire che è una cosa orribile? Veramente 'sto cerchio viola intorno alle persone è inguardabile... Sembra trattare di appestati, da una parte avrà favorito l'informazione sulle dinamiche del contagio da HIV, ma dall'altra, a parer mio, portò le persone a diffidare dal mondo HIV+... Allora mi chiedo: se troppa informazione finisce per avere un effetto discriminante, tra l'altro dettato dall'ignoranza, sulle persone che convivono con l'HIV, ma troppa poca informazione potrebbe aumentare il numero dei sieropositivi, qual è il giusto mezzo?
Lo so, la questione è un po' contorta, ma volevo un parere da parte di chi ha più esperienza di me, e che, magari, è riuscito a giungere ad una conclusione.
Quando l'informazione diventa discriminazione?
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Re: Quando l'informazione diventa discriminazione?
Non sono sicura di aver ben capito il tuo ragionamento, perché l’informazione è intesa proprio a dissipare l’ignoranza. Intendi qualcosa sul genere delle reazioni che si sentono al bar attorno al 27 di gennaio (giorno della memoria della shoah), sul tipo “Ma che palle questi ebrei, sempre a menarla con l’olocausto? Se Hitler li ha fatti fuori, forse qualche ragione doveva avercela!!” ?Francescoz ha scritto:cosa ne pensate della discriminazione? Credete anche voi che a volte è il risultato di un'informazione troppo forzata?
(...) Allora mi chiedo: se troppa informazione finisce per avere un effetto discriminante, tra l'altro dettato dall'ignoranza, sulle persone che convivono con l'HIV, ma troppa poca informazione potrebbe aumentare il numero dei sieropositivi, qual è il giusto mezzo?
Sulla nostra cultura occidentale esercitava un tempo un certo fascino l'idea illuministica secondo cui il pregiudizio è figlio dell'ignoranza e quindi, se si offrono alle persone delle informazioni corrette ed esaustive (in termini rozzi: la verità) su un determinato fenomeno, allora il pregiudizio sparirà.
Oggi questo ottimismo deve essere in gran parte ridimensionato, soprattutto quando abbiamo a che fare con un “fenomeno” come un virus che coinvolge alcuni degli aspetti antropologicamente più profondi e più carichi di significati simbolici: il sesso, il sangue, la morte … e via scendendo verso particolari sempre più intimi, come ricordava un mio amico l’altro giorno parlando proprio di questo: addirittura un’entità estranea che si insinua in quanto di più originario è in noi - il DNA.
Una prova del fatto che l’idea di spazzar via i pregiudizi mediante la conoscenza è a sua volta – sovente – un pregiudizio ce la fornisce il Rapporto sull’indagine Pratiche Positive, di cui ho iniziato a parlare qualche giorno fa. Speravo di riuscire a scriverne qualcosa di più, quindi ho chiesto a Gabriele Prati, il docente dell’Università di Bologna che ha coordinato l’indagine, di mandarmi il report. Lui gentilmente me l’ha mandato subito, ma io sono molto indietro sulla mia tabella di marcia.
In ogni caso, quel 10-15% di atteggiamenti gravemente negativi che persistono nei confronti delle persone con HIV in medici, dentisti, infermieri, comunque tu lo voglia leggere, ti dice che il pregiudizio continua ad esistere proprio nelle persone che sono meglio informate su come il virus si trasmette e come si può evitare che si trasmetta.
Direi che questa è una grande lezione per chi si occupa di combattere lo stigma e la discriminazione.
P.S. Sì, il video dell'alone viola è orrendo. Noto però che a fine anni '80 si riusciva a dire in uno spot televisivo la parola "preservativo", che oggi ancora è spesso tabù nel linguaggio delle nostre istituzioni.
Guarda solo che cosa è accaduto l'anno scorso con lo spot di Raul Bova: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 586#p27586.
Re: Quando l'informazione diventa discriminazione?
anche perché la conoscenza non ha mai fine?Una prova del fatto che l’idea di spazzar via i pregiudizi mediante la conoscenza è a sua volta – sovente – un pregiudizio
Re: Quando l'informazione diventa discriminazione?
Sì, forse anche per questo(, mio bel filosofo). Però qualche punto fermo la conoscenza lo mette e come ci si infetta è chiaro da molto tempo. Ci sono tante variabili personali in gioco, che spiegano perché uno si infetta e un altro no, ma la sostanza delle vie di infezione e di protezione è ben nota.Tarek ha scritto:anche perché la conoscenza non ha mai fine?Una prova del fatto che l’idea di spazzar via i pregiudizi mediante la conoscenza è a sua volta – sovente – un pregiudizio
Eppure continuiamo a ricevere nella sezione dei test persone in preda al panico che, anche quando si spiega loro che non hanno corso alcun rischio, anche quando hanno all'attivo una batteria di test negativi che ha sbancato il SSN, continuano ad essere nel panico. Perché? Perché quelli che si autoproclamano "ipocondriaci" sono così morbosamente attratti proprio dall'HIV? Che cosa c'è in questo virus più che in tanti altri patogeni che scatena paure, sensi di colpa, fantasie, che nessuna informazione razionale riesce a far dominare?
Io mi sono formata la convinzione che lo stigma che colpisce le persone con HIV è così inestricabilmente connesso con gli aspetti simbolici di sesso, sangue e morte che si riuscirà a farlo diminuire davvero (forse svanire mai) solo quando ci sarà una cura.
Non è completamente sovrapponibile, ma credo che in qualche modo potrebbe accadere per l'HIV quello che accadde nel caso della sifilide quando fu scoperta la penicillina: fino ai primi decenni del '900, la sifilide aveva invaso molti degli ambiti simbolici che oggi sono dell'HIV, ma da quando c'è una cura è tornata ad essere quello che deve essere - una malattia, che è meglio non prendere, ma che se si prende si può anche debellare.
BTW, questa è la ragione per cui non riesco a perdonare alle associazioni italiane il loro sostanziale disinteresse per la ricerca: invece di concentrare tutte le loro forze per combattere davvero il problema, hanno scelto la strada dei palliativi. Ma non si chiedono perché, da quando è arrivata la ART, non sono più riuscite a smuovere di un millimetro la coscienza collettiva? Quello zoccolo duro del 15% di operatori sanitari insensibili alle informazioni non dice loro proprio niente?
Re: Quando l'informazione diventa discriminazione?
a proposito di sifilide o Mal francese o Morbo gallico che é apparsa improvvisamente tra le truppe francesi a napoli nel 1495 e perciò chiamato in Italia Mal napolitain (anche se ora il mal napolitain è un altro: sfacelo dell'italia), sto' leggendo l'interessante vita di Pantasilea che amava Benvenuto Cellini già con lo scolo inizio libro. Pantasilea è stata cortigiana del Cardinale Alessandro Farnese successivamente Papa Paolo III. Perché ve ne parlo? non lo so era tanto per farvi sapere che la sifilide non guarda in faccia a nessuno, neanche al Papa!