Due premesse:
- 1. Nei mesi scorsi, Norcini Pala ha avuto l’opportunità di studiare/lavorare a Baltimora [... no, non da Bob alla Johns Hopkins, ma alla University of Mariland] dalla professoressa Lydia Temoshok, che è uno dei principali studiosi di marker immunitari e depressione e che studia l'HIV più o meno dagli esordi (qui trovate un paio di lavori recenti della Temoshok, che sono interessantissimi: Coping as a Multisystem Construct Associated With Pathways Mediating HIV-Relevant Immune Function and Disease Progression e Type C coping alexithymia and heart rate reactivity are associated independently and differentially with specific immune mechanisms linked to HIV progression). Ha la speranza di riuscire a invitarla a Milano e, se sì, ce lo farà sapere.
2. Tutta la parte iniziale della relazione di ieri verte sui benefici e le difficoltà della HAART, sull’importanza di una perfetta aderenza per evitare la creazione di resistenze e il conseguente fallimento terapeutico, ma anche sui disturbi che l’assunzione degli antiretrovirali comporta, dall’ansia agli incubi vividi del Sustiva, dalla lipo ai disturbi gastrointestinali. Credo quindi che la si possa trascurare.
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È stata creata una scala di “self efficacy”, relativa alla capacità di assumere correttamente la HAART e si è constatato che un alto grado di percezione della propria buona aderenza alla terapia ...
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Nell’ultimo anno, sono stati condotti tre studi su pazienti HIV+, uno attraverso il questionario online (158 questionari perfettamente compilati) e uno attraverso interviste dal vivo condotte al Sant’Orsola di Bologna (110, con minor collaborazione rispetto ai questionari online).
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La HAART self efficacy predice bassi livelli di depressione e minor uso di sostanze, minori livelli di stress e migliore compliance.
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Il terzo studio ha comportato la valutazione dello stato di infiammazione connesso all’infezione da HIV, mediante la rilevazione dei livelli di alcune citochine infiammatorie (in particolare interleuchina 6 e tumor necrosis factor). Se ne è ricavato che la HAART self efficacy media la relazione fra stress e IL-6 (questa attiva degli enzimi che riducono la serotonina, così favorendo l’instaurarsi della depressione; inoltre, attivando i leucociti T, favorisce l’attivazione del virus latente).
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Quali le conclusioni tratte da Norcini Pala?
- • Che in ambito clinico gli interventi psicoeducativi per aumentare la HAART self efficacy possono possono comportare un beneficio clinicamente significativo per i pazienti;
• che attraverso questi interventi è possibile favorire la compliance, e con ciò la riduzione sia dello stress sia della depressione;
• che, per quanto siano necessari altri studi, si può tuttavia già ipotizzare che l’effetto della HAART self efficacy abbia una ricaduta positiva a livello fisiologico e quindi sulla progressione della malattia.
P.S. A breve dovrebbe uscire un articolo, in cui verranno pubblicati tutti i dati raccolti mediante i questionari.