HIV, omosessualità e invecchiamento
HIV, omosessualità e invecchiamento
Riporto di seguito...
Una piccola ricerca britannica, pubblicata sull'edizione online di
Culture, Health & Sexuality, asserisce che il modo di comportarsi con
l'infezione degli uomini gay sieropositivi, è fortemente condizionato
dal periodo della diagnosi della malattia e dalle proprie
vicissitudini personali.
Ricercatori hanno intervistato dieci uomini gay sieropositivi, d’età
compresa tra 52 e 78 anni, sulle proprie esperienze d’invecchiamento
con il virus dell'Hiv.
"La scoperta principale di questo studio esplorativo, fornisce
un'immagine di come il diventare vecchi con l'Hiv sia influenzato dal
rapporto biografico personale avuto con la storia stessa
dell'epidemia", commentano i ricercatori. "Il modo di vivere
l'invecchiamento è stato particolarmente influenzato dalle esperienze
avute tra il convivere con l'Hiv e la propria salute personale, la
vicinanza emozionale a lutti correlati all'AIDS e ad un resoconto
individuale della storia dell'epidemia."
Tutti i dieci partecipanti hanno cercato di rappresentare se stessi
come persone in grado di riuscire a vivere bene con l'Hiv. In ogni
caso, chiare sono state le differenze nei modi di comportarsi, secondo
il periodo in cui a queste persone è stata diagnosticata l'infezione.
I pazienti ai quali è stato diagnosticato l'Hiv prima dell'avvento
delle terapie antiretrovirali (1996), erano generalmente più
ambivalenti e angosciati a proposito del loro futuro. Dover far
affidamento al welfare per una sicurezza economica, è un tema costante
per questi pazienti.
A questi pazienti, si contrappongono gli individui ai quali è stata
diagnosticata l'infezione dopo il 1996: generalmente più ottimisti a
proposito del loro futuro, occasionalmente criticano la dipendenza dal
welfare statale (pensioni e quant'altro), degli individui
sieropositivi da più tempo.
L'Hiv è stato tradizionalmente visto come una malattia, che colpisce
principalmente persone giovani. In ogni caso, la proporzione di
persone sieropositive di età superiore ai 50 anni, sta costantemente
aumentando nell'ultimo decennio. Questo è dovuto agli effetti
considerevoli delle moderne terapie antiretrovirali, e anche purtroppo
alle continue diagnosi di nuove infezioni in persone più anziane.
Poco si sa a proposito delle esperienze dei pazienti sieropositivi più
anziani. Le interviste dei ricercatori, svoltesi tra dieci pazienti di
un grosso centro clinico per malattie infettive, sono state condotte
su dieci partecipanti d’etnia differente, affetti dal virus da un
minimo di sette anni ad un massimo di ventitré. A quattro pazienti è
stata diagnosticata l'infezione prima dell'avvento delle terapie
antiretrovirali altamente attive, e sei ricevevano un assegno
d’invalidità.
A questi uomini è stato chiesto di "raccontare la propria esperienza
del diventare vecchio come uomo gay e sieropositivo.”
Dopo aver analizzato i racconti, i ricercatori hanno identificato due
differenti percorsi narrativi.
I primi, erano regressivi, e descrivevano una grossa disgregazione
causata dall'Hiv e l'allontanamento da obiettivi agognati della
propria vita. Questi racconti, spesso hanno descritto persone
intrappolate dalle esperienze vissute nel passato, l'interruzione
della carriera, l'affidarsi allo stato sociale, ed il trauma dei lutti
subiti a causa dell'AIDS. Questi racconti, erano anche caratterizzati
dalla paura e ansietà per l'invecchiare con l'Hiv. Tipicamente,
venivano da persone alle quali l'infezione era stata diagnostica prima
del 1996, o in ogni modo in quelli con un forte elemento emozionale,
legati ai primi anni dell'epidemia.
Resoconti più recenti, hanno descritto invece, una maggiore
realizzazione degli obiettivi individuali. L'Hiv è spesso definito
come "una malattia cronica trattabile." C'è meno ansia
nell’invecchiare. Le storie degli individui ai quali è stata
diagnosticata l'infezione dell'Hiv, dopo l'avvento delle moderne
terapie antiretrovirali, sono generalmente di tipo progressivo. Questi
pazienti hanno continuato a lavorare dopo la diagnosi, e non hanno
sperimentato traumi dovuti a lutti a causa dell'AIDS.
Gli individui con esperienze personali molto profonde dei primi anni
dell'epidemia, erano verosimilmente più portati a riferire un senso di
stanchezza e di fatica nel vivere con l'Hiv.
Un paziente ha così commentato: "Oh mio Dio, ecco che ci siamo
un'altra volta, e non finisce mai, e ogni giorno le pillole, e ancora
e ancora..."
Un altro ha dichiarato: "Come potrebbe andare meglio? Non va meglio,
affatto... E' sempre peggio, sto tornando indietro con la mia vita, la
mia salute, le mie finanze, le mie relazioni personali, con tutto
quanto."
La diagnosi nel periodo prima dell’avvento delle moderne terapie
antiretrovirali, è stata anche definita come un grosso sforzo
nell'affrontare l'inaspettato diventare anziani, così come un senso di
rimorso e perdita irrecuperabile.
"Non ho più la cerchia di amici che avevo prima", ha commentato un
partecipante. "Sono tutti andati, tutti quanti loro. Non sono mai
riuscito a sostituirli."
In contrasto, un individuo diagnosticato sieropositivo nel 1999, ha
parlato della conoscenza di "un gruppo di persone che hanno vissuto
l’intero periodo dell'Hiv, con la scoperta, le morti e tutti gli
aspetti politici, e poi della generazione post avvento delle terapie
antiretrovirali, che hanno un modo di vedere completamente diverso,
così come bisogni differenti."
Il tempo trascorso dalla diagnosi, sembra anche essere associato con
la costruzione di un’identità morale ed un modo di comportarsi dai
quali dipende "un invecchiare bene."
Paura e senso di colpa, a causa della propria dipendenza dallo stato
sociale, sono temi che sono stati toccati dagli individui con
infezioni più datate.
"Non sono più riuscito a lavorare a tempo pieno", ha dichiarato un
paziente diagnosticato nel 1989. "C'è questa costante tensione - sei
atterrito dal perdere il tuo assegno d’invalidità – ed i sensi di
colpa nel dover poi rivendicare questi benefici dallo stato sociale."
Un paziente in lacrime ha dichiarato: "Ognuno ti fa sentire colpevole
di qualsiasi cosa... Come parte del processo di colpa, pensi anche,
beh forse potrei anche tornare a lavorare, forse sono io patetico? I
miei tentativi l'anno scorso, mi hanno mostrato, che no, non potrei
riuscirci."
In contrasto, un paziente diagnosticato nel periodo post avvento delle
terapie antiretrovirali, ha fortemente criticato il modo di
comportarsi dei suoi simili sieropositivi che dipendono dal welfare
statale, descrivendoli come "vittime reali" e un aggravio per i
"contribuenti britannici."
I racconti hanno anche mostrato l'assenza totale di supporto sociale
di alcuni individui: in questo frangente, i soggetti sono preoccupati
di chi si prenderà cura di loro in futuro.
La ricerca termina con alcune considerazioni: "Questo studio, fornisce
uno scorcio del fenomeno emergente dell'invecchiamento della
popolazione affetta da Hiv". "Queste scoperte, suggeriscono che le
future ricerche dovrebbero includere coorti basate sulla biografia
personale dei pazienti, come ad esempio il periodo dalla diagnosi
dell'infezione, piuttosto che una mera divisione cronologica per età."
Una piccola ricerca britannica, pubblicata sull'edizione online di
Culture, Health & Sexuality, asserisce che il modo di comportarsi con
l'infezione degli uomini gay sieropositivi, è fortemente condizionato
dal periodo della diagnosi della malattia e dalle proprie
vicissitudini personali.
Ricercatori hanno intervistato dieci uomini gay sieropositivi, d’età
compresa tra 52 e 78 anni, sulle proprie esperienze d’invecchiamento
con il virus dell'Hiv.
"La scoperta principale di questo studio esplorativo, fornisce
un'immagine di come il diventare vecchi con l'Hiv sia influenzato dal
rapporto biografico personale avuto con la storia stessa
dell'epidemia", commentano i ricercatori. "Il modo di vivere
l'invecchiamento è stato particolarmente influenzato dalle esperienze
avute tra il convivere con l'Hiv e la propria salute personale, la
vicinanza emozionale a lutti correlati all'AIDS e ad un resoconto
individuale della storia dell'epidemia."
Tutti i dieci partecipanti hanno cercato di rappresentare se stessi
come persone in grado di riuscire a vivere bene con l'Hiv. In ogni
caso, chiare sono state le differenze nei modi di comportarsi, secondo
il periodo in cui a queste persone è stata diagnosticata l'infezione.
I pazienti ai quali è stato diagnosticato l'Hiv prima dell'avvento
delle terapie antiretrovirali (1996), erano generalmente più
ambivalenti e angosciati a proposito del loro futuro. Dover far
affidamento al welfare per una sicurezza economica, è un tema costante
per questi pazienti.
A questi pazienti, si contrappongono gli individui ai quali è stata
diagnosticata l'infezione dopo il 1996: generalmente più ottimisti a
proposito del loro futuro, occasionalmente criticano la dipendenza dal
welfare statale (pensioni e quant'altro), degli individui
sieropositivi da più tempo.
L'Hiv è stato tradizionalmente visto come una malattia, che colpisce
principalmente persone giovani. In ogni caso, la proporzione di
persone sieropositive di età superiore ai 50 anni, sta costantemente
aumentando nell'ultimo decennio. Questo è dovuto agli effetti
considerevoli delle moderne terapie antiretrovirali, e anche purtroppo
alle continue diagnosi di nuove infezioni in persone più anziane.
Poco si sa a proposito delle esperienze dei pazienti sieropositivi più
anziani. Le interviste dei ricercatori, svoltesi tra dieci pazienti di
un grosso centro clinico per malattie infettive, sono state condotte
su dieci partecipanti d’etnia differente, affetti dal virus da un
minimo di sette anni ad un massimo di ventitré. A quattro pazienti è
stata diagnosticata l'infezione prima dell'avvento delle terapie
antiretrovirali altamente attive, e sei ricevevano un assegno
d’invalidità.
A questi uomini è stato chiesto di "raccontare la propria esperienza
del diventare vecchio come uomo gay e sieropositivo.”
Dopo aver analizzato i racconti, i ricercatori hanno identificato due
differenti percorsi narrativi.
I primi, erano regressivi, e descrivevano una grossa disgregazione
causata dall'Hiv e l'allontanamento da obiettivi agognati della
propria vita. Questi racconti, spesso hanno descritto persone
intrappolate dalle esperienze vissute nel passato, l'interruzione
della carriera, l'affidarsi allo stato sociale, ed il trauma dei lutti
subiti a causa dell'AIDS. Questi racconti, erano anche caratterizzati
dalla paura e ansietà per l'invecchiare con l'Hiv. Tipicamente,
venivano da persone alle quali l'infezione era stata diagnostica prima
del 1996, o in ogni modo in quelli con un forte elemento emozionale,
legati ai primi anni dell'epidemia.
Resoconti più recenti, hanno descritto invece, una maggiore
realizzazione degli obiettivi individuali. L'Hiv è spesso definito
come "una malattia cronica trattabile." C'è meno ansia
nell’invecchiare. Le storie degli individui ai quali è stata
diagnosticata l'infezione dell'Hiv, dopo l'avvento delle moderne
terapie antiretrovirali, sono generalmente di tipo progressivo. Questi
pazienti hanno continuato a lavorare dopo la diagnosi, e non hanno
sperimentato traumi dovuti a lutti a causa dell'AIDS.
Gli individui con esperienze personali molto profonde dei primi anni
dell'epidemia, erano verosimilmente più portati a riferire un senso di
stanchezza e di fatica nel vivere con l'Hiv.
Un paziente ha così commentato: "Oh mio Dio, ecco che ci siamo
un'altra volta, e non finisce mai, e ogni giorno le pillole, e ancora
e ancora..."
Un altro ha dichiarato: "Come potrebbe andare meglio? Non va meglio,
affatto... E' sempre peggio, sto tornando indietro con la mia vita, la
mia salute, le mie finanze, le mie relazioni personali, con tutto
quanto."
La diagnosi nel periodo prima dell’avvento delle moderne terapie
antiretrovirali, è stata anche definita come un grosso sforzo
nell'affrontare l'inaspettato diventare anziani, così come un senso di
rimorso e perdita irrecuperabile.
"Non ho più la cerchia di amici che avevo prima", ha commentato un
partecipante. "Sono tutti andati, tutti quanti loro. Non sono mai
riuscito a sostituirli."
In contrasto, un individuo diagnosticato sieropositivo nel 1999, ha
parlato della conoscenza di "un gruppo di persone che hanno vissuto
l’intero periodo dell'Hiv, con la scoperta, le morti e tutti gli
aspetti politici, e poi della generazione post avvento delle terapie
antiretrovirali, che hanno un modo di vedere completamente diverso,
così come bisogni differenti."
Il tempo trascorso dalla diagnosi, sembra anche essere associato con
la costruzione di un’identità morale ed un modo di comportarsi dai
quali dipende "un invecchiare bene."
Paura e senso di colpa, a causa della propria dipendenza dallo stato
sociale, sono temi che sono stati toccati dagli individui con
infezioni più datate.
"Non sono più riuscito a lavorare a tempo pieno", ha dichiarato un
paziente diagnosticato nel 1989. "C'è questa costante tensione - sei
atterrito dal perdere il tuo assegno d’invalidità – ed i sensi di
colpa nel dover poi rivendicare questi benefici dallo stato sociale."
Un paziente in lacrime ha dichiarato: "Ognuno ti fa sentire colpevole
di qualsiasi cosa... Come parte del processo di colpa, pensi anche,
beh forse potrei anche tornare a lavorare, forse sono io patetico? I
miei tentativi l'anno scorso, mi hanno mostrato, che no, non potrei
riuscirci."
In contrasto, un paziente diagnosticato nel periodo post avvento delle
terapie antiretrovirali, ha fortemente criticato il modo di
comportarsi dei suoi simili sieropositivi che dipendono dal welfare
statale, descrivendoli come "vittime reali" e un aggravio per i
"contribuenti britannici."
I racconti hanno anche mostrato l'assenza totale di supporto sociale
di alcuni individui: in questo frangente, i soggetti sono preoccupati
di chi si prenderà cura di loro in futuro.
La ricerca termina con alcune considerazioni: "Questo studio, fornisce
uno scorcio del fenomeno emergente dell'invecchiamento della
popolazione affetta da Hiv". "Queste scoperte, suggeriscono che le
future ricerche dovrebbero includere coorti basate sulla biografia
personale dei pazienti, come ad esempio il periodo dalla diagnosi
dell'infezione, piuttosto che una mera divisione cronologica per età."
Re: HIV, omosessualità e invecchiamento
Certo capisco bene cosa significhi, e forse in questo caso direi che è più o meno la stessa reazione che hanno vissuto tanti ''vecchi'' di HIV, etero o gay che fossero.
Re: HIV, omosessualità e invecchiamento
Meli , credo che un distinguo tra gay e etero lo si deve, per forza di cose, fare. Come si legge i vecchi gay lamentano una solitudine nelle amicizie, vuoi perché gli amici sono morti ammalati o eremiti, e perciò non riescono più a relazionarsi col mondo gaio. La fortuna di molti etero è aver costruito una famiglia e perciò dei figli di riferimento cui sopraggiungeranno (e molti sono già nonni) i nipoti. Se per qualcuno questi avvenimenti non contano per qualcun altro sono importanti. Certo sono sempre punti di vista ma se si facesse uno studio su donne e uomini etero non leggeremmo questi drammi sociali
Re: HIV, omosessualità e invecchiamento
Si certo hai ragione, comprendo il distinguo, sarà che non ho figli e quindi in qualche modo mi accomunavo anche io. 

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Re: HIV, omosessualità e invecchiamento
flavio ha scritto:, e perciò non riescono più a relazionarsi col mondo gaio.
questo centra in pieno tante situazioni... anche attuali...
Re: HIV, omosessualità e invecchiamento
davidino85 ha scritto:flavio ha scritto:, e perciò non riescono più a relazionarsi col mondo gaio.
questo centra in pieno tante situazioni... anche attuali...
Sì, ma ci sono state imposte (le situazioni) poiché non ci hanno Mai riconosciuti come "categoria", ecco il perché di tanti drammi.
E comunque la tendenza degli eterosessuali è seguire quello che i gay stanno facendo da quarant'anni: libertinaggio (le tante infezioni Hiv+ tra gli etero ne sono un esempio).